Cresce l'inflazione: effetti sulle locazioni abitative "libere"
18 Luglio 2022
Il quadro normativo
E' sotto gli occhi di tutti in questi ultimi tempi la crescita rapida e rilevante dell'inflazione, che non sembra sia destinata a fermarsi nel prossimo futuro e che pare invece possa ulteriormente aggravarsi. L'aumento dell'inflazione dà luogo a profonde conseguenze anche nel campo delle locazioni: essa modifica l'equilibrio tra le posizioni delle parti relativamente ai contratti in corso e provoca conseguenze anche sul piano delle valutazioni e delle decisioni circa la stipulazione dei nuovi contratti di locazione. Esamineremo qui di seguito alcuni degli aspetti dei contratti di locazione che possono essere interessati dalla situazione ora descritta cercando di ricavare dalle osservazioni che potremo formulare suggerimenti circa le modalità di impostazione del contratto e di conduzione del rapporto che consentano di ridurre gli effetti di pregiudizio derivanti dalla situazione anzidetta. Da segnalare che quanto qui di seguito indicheremo potrebbe presentare utilità non solo nel caso in cui si trattasse di stipulare un nuovo contratto di locazione ma anche nel caso in cui il contratto di locazione fosse già stato stipulato e fosse al momento in corso poiché nulla vieta che le parti, pur mentre è in corso un contratto di locazione, si determinino a stipulare un nuovo contratto che sostituisca il primo o comunque ad introdurre - pur mantenendo in vita il vecchio contratto - modifiche o integrazioni nei confronti di un contratto già esistente. Ricordato che gli effetti dell'inflazione sulle locazioni non abitative abbiamo avuto modo di esaminare in altra occasione, considereremo qui di seguito l'ipotesi della locazione abitativa “libera” (la locazione di cui al comma 1 dell'art. 2 della l. n. 431/1998), rinviando ad altra sede - attesa la complessità delle questioni che si pongono nell'una e nell'altra delle due ipotesi - l'esame della fattispecie della locazione “agevolata” (la locazione di cui al comma 3 dell'art. 2 della stessa l. n. 431/1998). Consideriamo dunque - nell'ottica che ora si è indicata - l'ipotesi della locazione libera e cioè della locazione prevista dal comma 1 dell'art. 2 della l. n. 431/1998: locazione della durata di almeno quattro anni più quattro per la quale la determinazione del canone è lasciata alla libera decisione delle parti. Anche con riguardo alle locazioni abitative “libere” lo strumento più idoneo a dare soluzione ai problemi che derivano dalla crescita dell'inflazione - o quanto meno a ridurre tali problemi - è dato dalla presenza nel contratto della clausola che preveda l'aggiornamento del canone.
La clausola contrattuale di aggiornamento del canone
Elemento fondamentale per comprendere la portata delle clausole contrattuali di aggiornamento del canone è che per le locazioni abitative “libere” le previsioni circa l'aggiornamento del canone - così come le previsioni circa la misura del canone - sono lasciate alla libera determinazione delle parti. Ciò significa che le parti possono stabilire in piena libertà se prevedere l'aggiornamento del canone ed eventualmente fissare quali debbano essere la misura dell'aggiornamento e le relative modalità applicative. Importante è che si tenga presente che nel caso delle locazioni abitative libere è necessario che nel contratto sia inserita una specifica previsione che concerna l'aggiornamento: se questa previsione non fosse presente nel contratto l'aggiornamento del canone non sarebbe dovuto. Si noti che in questo caso - a differenza di quanto è previsto per le locazioni non abitative - l'intera materia è lasciata alla libera determinazione delle parti: in questo caso non vi è il limite del 75% della variazione degli indici Istat né vi è alcuna prescrizione circa le modalità operative da seguire. Dal fatto che ogni determinazione circa l'aggiornamento sia lasciata alla libera decisione delle parti deriva che nell'ipotesi che stiamo esaminando le questioni che si pongono sono (almeno parzialmente) diverse da quelle che si presentano nel caso delle locazioni non abitative. Una prima questione da considerare è quella che concerne la scelta del criterio da seguire per il calcolo dell'aggiornamento. Al proposito, va ricordato che per le locazioni non abitative il criterio da utilizzare è quello della variazione assoluta degli indici Istat: come è stato segnalato in giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2004, n. 15034), “con riguardo alla locazione di immobili destinati ad uso non abitativo per l'aggiornamento del canone di locazione, … l'art. 32 della l. n. 392/1978, come modificato dall'art. 1 della l. n. 118/1985, pone come dato sul quale operare annualmente l'aggiornamento il canone iniziale, con le conseguenze che a tale canone di partenza occorre fare riferimento in occasione degli aggiornamenti annuali, considerando unitariamente la variazione verificatasi per tutto il periodo considerato e che, ai soli fini di questo calcolo, è ininfluente che per qualche annualità intermedia non sia stato richiesto in precedenza l'aggiornamento, in quanto detta mancata richiesta impedisce solo l'accoglimento della domanda degli aggiornamenti pregressi (c.d. arretrati)” (nello stesso senso, v. Cass. civ., sez. III, 8 novembre 2006, n. 23836). Nel caso delle locazioni abitative “libere” deve ritenersi invece che - non trovando applicazione l'art. 32 della l. n. 392/1978 - la materia sia lasciata alla regolamentazione che le parti si determinino a fissare: in questo caso diviene pertanto fondamentale l'esame del testo della clausola del contratto che disciplini l'aggiornamento del canone perché è sulla base delle previsioni del contratto che dovranno individuarsi nei singoli casi le regole da applicare. Vi è da dire però - con riguardo alla questione del criterio da seguire per operare l'aggiornamento - che deve ritenersi in chiave generale che quello della variazione assoluta sia il criterio di aggiornamento più corretto (si tratta infatti del criterio che consente di mantenere inalterato sul piano della sostanza il rapporto tra le prestazioni delle parti): da questa considerazione potrebbe trarsi l'opinione che ove le parti del contratto di locazione si fossero limitate a prevedere l'aggiornamento del canone senza indicare quale dovesse essere il criterio e quali le modalità applicative da seguire dovrebbe trovare applicazione il criterio della variazione assoluta degli indici Istat. Altra questione che si pone è quella che concerne la richiesta da parte del locatore dell'applicazione dell'aggiornamento. Secondo la giurisprudenza, per le locazioni non abitative la richiesta di applicazione dell'aggiornamento - richiesta che il locatore deve formulare ogni anno - costituisce la condizione perché sorga il diritto del locatore di pretendere l'aggiornamento (così Cass. civ., sez. III, 7 ottobre 2008, n. 24753): essa deve vedersi dunque - in base a quanto prevede l'art. 32 della l. n. 392/1978 - come un onere del locatore al cui adempimento è legato il suo diritto a ottenere l'adeguamento (con la conseguenza che la clausola che esoneri il locatore da tale onere facendogli conseguire con un'unica richiesta il diritto a ottenere gli importi relativi a tutti gli aggiornamenti Istat maturati nel corso del rapporto dovrebbe considerarsi affetta da nullità ex art. 79 della l. n. 392/1978 perché diretta ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con le previsioni di tale legge: così Cass. civ., sez. III, 28 febbraio 2012, n. 3014). Se quanto ora ricordato è ciò che la giurisprudenza afferma con riguardo alle locazioni non abitative, va notato che l'art. 32 non opera nel caso delle locazioni abitative e che nei confronti di queste non opera nemmeno l'art. 79 della l. n. 392/1978 (che è proprio la norma che viene richiamata per affermare la nullità - nel caso delle locazioni non abitative - delle clausole contrattuali che esonerino il locatore dall'obbligo di formulare la richiesta dell'aggiornamento). Ne deriva che, con riguardo alla questione in esame, le considerazioni che possono svolgersi a proposito delle locazioni non abitative non possono valere anche per le locazioni abitative. Conseguenza di questa osservazione è che - se può ritenersi che anche per le locazioni abitative il criterio corretto di applicazione dell'aggiornamento sia quello che considera la variazione assoluta degli indici Istat - deve invece escludersi che i principi enunciati dalla giurisprudenza a proposito delle modalità operative in tema di aggiornamento - ed in particolare le regole enunciate a proposito della funzione della richiesta e della irretroattività di questa - possano valere anche per le locazioni abitative “libere”. Per questa specie di locazione dovrà dunque farsi riferimento solamente al testo del contratto: in difetto di diverse indicazioni dovrà farsi utilizzo del criterio della variazione assoluta ma dovrà escludersi che valga il principio secondo cui la richiesta dell'aggiornamento può essere formulata solo in via preventiva, con esclusione della sua irretroattività. I canoni differenziati o scalettati
Altra questione che è stata affrontata a proposito delle locazioni non abitative è quella che concerne la possibilità della fissazione dei canoni in misura differenziata e la possibilità di concordare aumenti del canone. Al riguardo, va ricordato che con riferimento alle locazioni non abitative la giurisprudenza si è venuta orientando per una soluzione aperta: è ormai prevalente l'indirizzo giurisprudenziale che afferma la validità delle previsioni contenute nei contratti di locazione non abitativa che stabiliscano canoni differenziati o scalettati. Al proposito, si è precisato che “alla stregua del principio generale della libera determinazione convenzionale del canone locativo per gli immobili destinati ad uso non abitativo, deve ritenersi legittima la clausola con cui venga pattuita l'iniziale predeterminazione del canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto” (così Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2016, n. 22909; nello stesso senso, v. Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2016, n. 22908). In argomento, è stato sottolineato anche come il meccanismo che determina il canone della locazione in misura differenziata può operare con modalità differenti: “mediante la previsione del pagamento di rate quantitativamente differenziate e predeterminate per ciascuna frazione di tempo”, “mediante il frazionamento dell'intera durata del contratto in periodi temporali più brevi a ciascuno dei quali corrisponda un canone passibile di maggiorazione” oppure ancora “correlando l'entità del canone all'incidenza di elementi o di fatti (diversi dalla svalutazione monetaria) predeterminati e influenti, secondo la comune visione dei paciscenti, sull'equilibrio economico del sinallagma”. Orbene, pare evidente che anche nel caso delle locazioni abitative “libere” sia consentita la fissazione del canone in misura differenziata nel tempo e sia consentita la fissazione di aumenti del canone nel corso del rapporto locatizio. Ciò deve affermarsi - come per le locazioni non abitative - sulla base del principio generale della libera determinazione del canone per gli immobili oggetto di locazione “libera”: con l'avvertenza, peraltro, che nel caso non opererà alcun limite di legge (come avviene invece per le locazioni non abitative). Gli oneri accessori
Anche con riguardo agli oneri accessori si pongono questioni con riguardo agli effetti della crescita dell'inflazione quanto alla locazione abitativa “libera”. Ricordato che le previsioni dell'art. 9 della l. n. 392/1978 trovano applicazione - così come nei confronti delle locazioni non abitative - anche nei confronti delle locazioni abitative e dunque anche nei confronti delle locazioni abitative “libere”, vi è da dire che il fatto che la previsione dell'art. 79 della l. n. 392/1978 sia stata abrogata relativamente alle locazioni abitative (dall'art. 14 della l. n. 431/1998) conduce a ritenere che le previsioni dell'art. 9 - differentemente dal caso delle locazioni non abitative - possano essere derogate pattiziamente nel caso delle locazioni abitative. Ciò posto, va ricordato che le prescrizioni dell'art. 9 riguardano sia l'indicazione degli oneri accessori che il locatore può pretendere che il conduttore gli rimborsi, sia l'indicazione delle modalità operative relative al rimborso: tutte tali previsioni sono dunque nel caso in esame suscettibili di deroga pattizia. L'eventuale accordo tra le parti che derogasse alle previsioni in questione dovrebbe considerarsi appunto valido. Alla luce di queste considerazioni, deve ritenersi dunque che non sia vietato che - eventualmente anche allo scopo di cercare di porre rimedio agli effetti dell'inflazione - le parti del contratto di locazione si determinino a prevedere, nel caso delle locazioni abitative “libere”, modalità di pagamento che - non rispettando le regole fissate dall'art. 9 anzidetto - prevedano per esempio l'obbligo del pagamento di somme in via di anticipo da parte del conduttore o fissino in via forfettaria gli oneri accessori a carico del conduttore. Né potrà ritenersi vietata l'introduzione - nel caso in esame - di eventuali meccanismi volti ad operare l'automatico adeguamento all'aumento dei prezzi o della variazione degli indici Istat delle somme che il conduttore dovrà corrispondere al locatore per le spese condominiali.
Il deposito cauzionale
La fattispecie del deposito cauzionale a garanzia delle obbligazioni contrattuali del conduttore è disciplinata dall'art. 11 della l. n. 392/1978, norma che dispone che il deposito cauzionale debba essere determinato in una somma fissa da versarsi da parte del conduttore al locatore al momento dell'inizio del contratto. La norma prevede anche che la somma in questione non possa eccedere quella di tre mensilità del canone e debba essere produttiva degli interessi da corrispondersi al conduttore ogni anno. Se queste sono le disposizioni di legge in tema di deposito cauzionale, deve essere notato - così come si era notato a proposito delle locazioni non abitative - che con la progressiva perdita di valore del danaro conseguente all'inflazione la somma inizialmente fissata per la cauzione viene inevitabilmente a perdere la sua idoneità a garantire il locatore: ciò sia con riguardo all'eventuale morosità del conduttore (si consideri, infatti, che l'entità nominale del canone - nel caso di presenza nel contratto della clausola di aggiornamento - viene ad essere aumentata mentre l'entità della cauzione resta invariata) sia soprattutto con riguardo alle altre ipotesi di eventuale inadempimento del conduttore (si consideri - a questo riguardo - che la cauzione deve essere strumento di garanzia anche per i danni all'immobile e che gli eventuali danni, con il variare del valore della moneta, saranno coperti in misura sempre minore dalla garanzia fornita da una somma che è fissata all'inizio del contratto e non varia). Ciò che è importante notare con riguardo alle locazioni che stiamo considerando è che la previsione dell'art. 11 della l. n. 392/1978, ancorché continui a trovare applicazione anche nei confronti delle locazioni abitative, non è comunque più assistita - per quanto concerne queste locazioni - dalla previsione dell'art. 79 della stessa l. n. 392/1978: il che significa che se le parti del contratto di locazione abitativo disattendessero la previsione dell'art. 11 - stabilendo, per esempio, una misura del deposito cauzionale eccedente quella fissata dall'art. 11 oppure stabilendo che la cauzione non fosse fruttifera di interessi (si veda con riguardo a questa fattispecie - nel senso che stiamo qui segnalando, v. Trib. Modena, 23 luglio 2004) - queste previsioni pattizie non potrebbero essere considerate nulle appunto perché l'art. 79 sopra ricordato è stato abrogato quanto alle locazioni abitative. Deve concludersi, pertanto, che per le locazioni che stiamo considerando le parti possono validamente fissare per il deposito cauzionale misure e forme anche difformi dalle previsioni dell'art. 11 della legge anzidetta. In quest'ottica, si profila anche, quale possibilità cui le parti potrebbero fare ricorso nella prospettiva che stiamo qui considerando, l'inserimento nel contratto di locazione della previsione dell'aggiornamento anche dell'importo della cauzione: importo che verrebbe ragguagliato a quello del canone che venisse via via aggiornato in relazione al mutare del valore della moneta. Da segnalare, infine, che anche con riguardo alle locazioni abitative qui in esame si prospetta la possibilità del ricorso a strumenti di garanzia anche diversi dalla cauzione tradizionale, strumenti che potrebbero eventualmente aggiungersi alla cauzione (può pensarsi, per esempio, all'ipotesi della fideiussione). In conclusione
Possiamo trarre la sintesi di quanto abbiamo detto fino ad ora; dalle osservazioni che precedono emerge che:
Riferimenti
Cuffaro, Le clausole di determinazione del canone nelle locazioni ad uso diverso dall'abitazione, in Corr. giur., 2017, 310; Sinisi - Troncone, Modalità di calcolo dell'aggiornamento del canone, in Condominioelocazione.it, focus del 18 ottobre 2017. |