Società a controllo pubblico: attribuzione della qualifica dirigenziale in assenza di procedura selettiva
22 Luglio 2022
Massima
Nelle società a controllo pubblico il conferimento di incarichi dirigenziali presuppone una procedura concorsuale o comunque comparativa, in assenza della quale il provvedimento di attribuzione della qualifica di dirigente deve ritenersi nullo, e con esso devono ritenersi a cascata invalidi i provvedimenti che quel conferimento presuppongono. Il caso
La questione affrontata dal Tribunale di Pavia riguarda un dipendente assunto quale impiegato in una società a capitale interamente pubblico, cui in corso di rapporto e mediante provvedimento dell'amministratore unico della società erano stati conferiti in prima battuta l'incarico di dirigente e dopo pochi mesi l'incarico di direttore generale della società.
Insediatasi una nuova amministrazione in seno alla società, al nominato dirigente veniva revocato l'incarico di direttore generale, fermo restando l'inquadramento nella qualifica dirigenziale, sia per inadempienze rilevato nello svolgimento dell'incarico, sia in quanto quest'ultimo non era stato preceduto da una procedura selettiva.
Al dirigente veniva altresì revocato l'incarico di responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, medio tempore conferito.
Avverso tali provvedimenti ricorreva il dipendente, chiedendo al Tribunale di accertarne la illegittimità; si costituiva in giudizio la società, contestando la domanda del ricorrente e spiegando altresì' domanda riconvenzionale volta all'accertamento della nullità sia dell'atto di nomina a dirigente del dipendente che di quello, successivamente conferito, di direttore generale, in quanto entrambi non preceduti da procedure concorsuali e pertanto adottati in violazione di norme imperative di legge. Le questioni
Con il Testo Unico sulle società partecipate, introdotto con il decreto legislativo 175/2016
Fatte salve, quindi, le eccezioni specificatamente e tassativamente previste nel decreto legislativo 175/2016, ai dipendenti delle società a controllo pubblico si applica dei dipendenti privati.
Una delle eccezioni alla disciplina privatistica applicabile ai dipendenti delle società a controllo pubblico, specificatamente contemplata dal decreto legislativo 175/2016, riguarda il sistema di reclutamento del personale.
L'art. 19 comma 2 del decreto legislativo 175/2016 dispone infatti che le società a controllo pubblico stabiliscono, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale nel rispetto dei principi, anche di derivazione europea, di trasparenza, pubblicità e imparzialità e dei principi di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
Le modalità di reclutamento del personale nella società a controllo pubblico sono quindi equiparate a quelle previste per le pubbliche amministrazioni, ma ciò non significa che l'accesso alle società pubbliche debba essere necessariamente effettuato tramite concorso (C. Cost. 30 ottobre 2020 n. 227), essendo ritenuta sufficiente qualsivoglia modalità selettiva di natura comparatistica effettuata nel rispetto dei criteri innanzi evidenziati.
Novità di rilievo, comunque mutuata dalla giurisprudenza di merito anteriore alla entrata in vigore del decreto legislativo 175/2016 (Trib. Monza 4 agosto 2015), riguarda l'espressa sanzione di nullità per i contratti di lavoro stipulati in assenza dei provvedimenti o delle procedure previste dal decreto, fatta salva l'applicazione dell'art. 2126 del codice civile, ai soli fini retributivi; numerose pronunce della Suprema Corte hanno peraltro affermato che sotto tale profilo va esclusa la portata innovativa del d.lgs. 175 del 2016 (art. 19 co. 4), che, nel prevedere espressamente la nullità dei contratti stipulati in violazione delle procedure di reclutamento, ha solo reso esplicita una conseguenza già desumibile dai principi in tema di nullità virtuali (Cass., 27 gennaio 2022, n. 2538; Cass., 7 febbraio 2019 n. 3662; Cass., 14 febbraio 2018 n. 3621).
I principi espressi dalla Suprema Corte in ordine alla nullità dei contratti di assunzione nelle società a controllo pubblico stipulati in assenza della adozione dei provvedimenti previsti ex lege, ovvero delle procedure previste dal decreto investono, di riflesso, anche i contratti flessibili, ed in particolare i contratti a termine ed i contratti di somministrazione, in cui la società a controllo pubblico funga da soggetto utilizzatore.
Nonostante il decreto legislativo 175/2016 non menzioni, tra le ipotesi derogatorie alla disciplina comune, i contratti a termine ovvero di somministrazione, la Suprema Corte, con orientamento ormai consolidato, esclude che la nullità del termine apposto al contratto di lavoro del dipendente di una società a controllo pubblico possa comportare la conversione del contratto in contratto a tempo determinato (Cass. 11 maggio 2021 n. 12421, Cass. 11 novembre 2020 n. 25400/2020), sul presupposto che le disposizioni di carattere imperativo che impongono, per il reclutamento del personale nelle società a controllo pubblico, procedure paraconcorsuali o selettive, configurandosi quali norme interposte rispetto al paramento di cui all'art. 97 co. 4, impediscono, ove violate, la conversione dei rapporti di lavoro a tempo determinato in rapporto a tempo indeterminato (Cass., ord. 30 settembre 2020, n. 20911; Cass., 23 settembre 2019, n. 23580; Cass., 29 agosto 2018, n. 21378). Le soluzioni giuridiche
Il Tribunale di Pavia, per una evidente questione di priorità logico/giuridica, prima di valutare l'eventuale illegittimità dei provvedimenti di revoca degli incarichi dirigenziali conferiti al dipendente, ha ritenuto di valutare la legittimità ab imis del conferimento degli stessi, in quanto attribuiti in assenza di procedura concorsuale.
Pacifico il fatto che l'inquadramento nella qualifica dirigenziale e la successiva nomina a direttore generale della società fossero stati attribuiti in assenza di qualsivoglia procedura concorsuale, o comunque comparativa, in violazione delle disposizioni, di natura imperativa, contenute nel decreto legislativo 175/2016.
Il Tribunale ha evidenziato che le disposizioni normative in tema di reclutamento debbano ritenersi operanti non solo in fase di prima assunzione, ma anche con riferimento agli avanzamenti di carriera, e quindi anche nelle ipotesi, quale quella scrutinata, di conferimento di funzioni dirigenziali in favore di un soggetto già presente in organico con inquadramento differente.
Secondo il Tribunale, infatti, la nozione di reclutamento del personale non deve intendersi riferita soltanto alle procedure preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico, ma anche ai procedimenti concorsuali interni destinati, cioè, a consentire l'inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie più elevate, con novazione oggettiva dei rapporti di lavoro (Cass. 26270/2016).
Sulla scorta di tali premesse, rilevata l'inesistenza, nella fattispecie, di procedure selettive prodromiche all'attribuzione della qualifica dirigenziale del ricorrente, il Tribunale, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dalla società, ha dichiarato la nullità del provvedimento di attribuzione della qualifica di dirigente e delle successive delibere di conferimento dell'incarico di direttore generale della società. Osservazioni
Correttamente il Tribunale di Pavia ha affermato che l'obbligo normativamente imposto di reclutare il personale nelle società a controllo pubblico mediante procedure selettive – che evidentemente assolve alla condivisibile funzione di individuare, tra i diversi aspiranti, il soggetto più meritevole – esclude che l'attribuzione della qualifica di dirigente, in favore di un dipendente inquadrato come impiegato, possa effettuarsi, in assenza di procedure concorsuali, mediante provvedimento unilaterale della parte datoriale.
In tali ipotesi, infatti, la copertura del posto non può che avvenire mediante procedura selettiva finalizzata alla selezione del soggetto più titolato in relazione al posto da coprire.
Diverso e più complicato è il caso in cui la rivendicazione della qualifica superiore sia connessa allo svolgimento di mansioni superiori.
Il decreto legislativo 175/2016 nulla dispone, in via derogatoria, con riferimento alla questione del diritto alla qualifica superiore per effetto di svolgimento di mansioni superiori, sicché dovrebbero ritenersi applicabili ai dipendenti delle società a controllo pubblico le disposizioni contenute nell'art. 2103 c.c., che prevedono, nelle ipotesi di svolgimento di mansioni superiori, il diritto all'inquadramento superiore ove lo svolgimento di mansioni superiori – espletate non per ragioni sostitutive di altro dipendente in servizio - si protragga oltre il periodo fissato dai contratti collettivi ovvero, ed in mancanza, dopo sei mesi continuativi.
La giurisprudenza successiva all'emanazione del decreto legislativo 175/2016 pare muoversi, tuttavia, in senso contrario, nel senso di escludere qualsivoglia automatismo nell'acquisizione della qualifica superiore ove si svolgano mansioni superiori, ritenendo viceversa essenziale ed indefettibile il superamento di una procedura concorsuale o comunque comparativa.
Tale orientamento giurisprudenziale risente di una impostazione pubblicistica della questione, posto che le progressioni di carriera per i dipendenti delle società a controllo pubblico vengono sostanzialmente equiparate alle progressioni verticali dei pubblici dipendenti, per i quali – come è noto – il passaggio ad una fascia funzionale superiore comporta l'accesso ad un nuovo posto di lavoro ed è pertanto soggetto alla regola del concorso pubblico (C. Cost. 4 gennaio 1999, n. 1; C. Cost. 29 dicembre 1995, n. 528)
In tal senso pare muoversi la giurisprudenza di merito più recente (C. App. Catania 31 luglio 2019; Trib. Brindisi, ord. 2584 e 2585/2020; Trib. Napoli 14 febbraio 2019 n. 1085; contra Trib. Taranto, 15 luglio 2020, n. 1323, che viceversa ritiene speciali e non applicabili estensivamente le norme in tema di reclutamento).
Evidente, tuttavia, come tale orientamento finisca per depotenziare fortemente l'opzione privatistica contenuta nel decreto legislativo 175/2016, nel senso di escludere – anche in assenza di previsioni derogatorie nel decreto – l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 2103 c.c., viceversa applicabili nei confronti dei dipendenti privati.
In attesa di interventi, sul punto, della Suprema Corte, è stata avanzata, in dottrina, una diversa opzione interpretativa, secondo cui sarebbero applicabili le norme imperative relative alle procedure concorsuali unicamente alle progressioni verticali che determinano il passaggio del lavoratore verso una superiore categoria legale (operaio, impiegato, quadro, dirigente), ravvisandosi solo in tale passaggio una effettiva vicenda novativa del rapporto che giustifica la necessità della preventiva procedura concorsuale, con esclusione, quindi, degli avanzamenti di carriera nell'ambito della medesima categoria, come declinati dalla contrattazione collettiva di settore. Riferimenti bibliografici
P. ALBI: La disciplina dei rapporti di lavoro nelle società a partecipazione pubblica fra vincoli contabili e garanzie giuslavoristiche, in PASSALACQUA (cura di) Il “disordine” dei servizi pubblici locali, Torino, 2015.
A. GARILLI: La gestione del personale nelle società a controllo pubblico., Riordino della disciplina speciale e soluzioni interpretative, LPA, 2018, 3. e ss.
E. GRAMANO: Il reclutamento e la gestione del personale alle dipendenze delle società a partecipazione pubblica, in WPCSDLE “Massimo D'Antona”. IT – 332/2017.
A. MARESCA: Il lavoro alle dipendenze delle società a controllo pubblico, in Federalismi.it, 2018. |