Art. 700 c.p.c. e tutela anticipatoria nelle azioni di mero accertamento

Antonio Lombardi
25 Luglio 2022

La decisione del Tribunale di Verona torna sul tema – tradizionalmente dibattuto ma di ampia rilevanza pratica – dell'ammissibilità della tutela d'urgenza nelle azioni di mero accertamento, optando per la soluzione negativa, ormai minoritaria in giurisprudenza.
Massima

Non è ammissibile la tutela cautelare atipica di cui all'art. 700 c.p.c. in funzione di una richiesta di mero accertamento, per insuscettibilità di attuazione coattiva del dictum giudiziale ed assenza del requisito della strumentalità. Difetta, inoltre, di interesse ad agire la richiesta giudiziale volta ad ottenere la delibazione della legittimità di una condotta futura ed eventuale, quale quella dei soggetti destinatari di obbligo vaccinale, ai sensi dell'art. 1 d.l. 1/2022, in assenza di previa attivazione di alcun procedimento propedeutico alla comminazione della sanzione prevista.

Il caso

Un gruppo di ricorrenti, destinatari dell'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV2, introdotto per i cittadini ultracinquantenni dall'art. 1 d.l. 1/2022, adisce in via cautelare di urgenza, ai sensi dell'art. 700 c.p.c., il Tribunale di Verona, al fine di accertare e dichiarare l'impossibilità di osservare il già menzionato obbligo.

Il giudice dichiara l'inammissibilità del ricorso sotto il duplice e concorrente profilo dell'incompatibilità tra lo strumento cautelare atipico di cui all'art. 700 c.p.c. e le pronunce di mero accertamento, ed il difetto di attualità e concretezza dell'interesse ad agire, in ragione dell'anticipazione della soglia della tutela richiesta ad un momento in cui non si registra, se non in termini di mera eventualità, il rischio di pregiudizio dell'interesse da proteggere.

La questione

Il d.l. 1/2022, all'art. 1, ha provveduto ad innovare il d.l. 44/2021, conv. in l. 76/2021, estendendo, all'art. 4-quater, l'obbligo di vaccinazione per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2 ai cittadini italiani e di altri Stati membri dell'Unione europea residenti nel territorio dello Stato, nonché ai cittadini stranieri di cui agli artt. 34 e 35 del d.lgs. 286/1998, che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età.

Al successivo art. 4-sexies si prevede l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria nella misura fissa di euro cento, per il caso di inosservanza di tale obbligo, in termini di attivazione o completamento del ciclo vaccinale primario, alla data del 1° febbraio 2022.

L'irrogazione della sanzione è effettuata dal Ministero della salute per il tramite di Agenzia delle Entrate – Riscossione, che vi provvede sulla base degli elenchi dei soggetti inadempienti predisposti e trasmessi dal Ministero.

Il procedimento sanzionatorio risulta articolato nella comunicazione iniziale ai soggetti inadempienti, con concessione di un termine perentorio di dieci giorni per la dimostrazione di cause di differimento o esenzione dall'obbligo vaccinale, trascorso il quale, in assenza di certificazione di impossibilità o esenzione, si provvede all'irrogazione della sanzione mediante notifica di avviso di addebito, avente valore di titolo esecutivo.

Appare evidente, dalla lettura del provvedimento in commento, la circostanza che i ricorrenti in esame abbiano agito non soltanto “in prevenzione”, in assenza cioè di attivazione di alcun procedimento sanzionatorio – il che risulta evidente anche dall'esame della tempistica, risultando il ricorso depositato il 30 gennaio 2022 e la scadenza normativa per l'attivazione o il completamento dell'obbligo vaccinale fissata al 1° febbraio 2022 – ma altresì al solo fine di conseguire una pronuncia di accertamento dell'impossibilità di osservanza dell'obbligo vaccinale.

Le soluzioni giuridiche

La prima delle questioni esaminate dal Tribunale, in chiave di valutazione di ammissibilità del ricorso, concerne la compatibilità tra lo strumento cautelare atipico ex art. 700 c.p.c. e le pronunce di mero accertamento, che non siano prodromiche e strumentali ad una pronuncia di condanna, ma costituiscano il nucleo essenziale ed esclusivo della richiesta giudiziale.

La questione ha costituito oggetto di ampio dibattito dottrinario e giurisprudenziale, nell'ambito del quale si sono registrate posizioni contrapposte, contrassegnate, all'interna di ciascuna delle medesime, da varietà di percorsi argomentativi.

Secondo un primo orientamento dottrinale, data per pacifica e presupposta la tipicità dell'azione di accertamento nel novero delle tutele astrattamente azionabili ai sensi dell'art. 24 Cost.., non sussisterebbero ostacoli teorici al riconoscimento di un regolamento cautelare provvisorio di salvaguardia del futuro giudicato sostanziale di accertamento (o costitutivo), che ne presidi subito la piena valenza.

In ragione, dunque, della caratteristica strumentalità tra rimedio cautelare ed azione di merito, il riconoscimento della tutela atipica rivestirebbe una fondamentale funzione preventiva ed inibitoria che precluderebbe, per il tempo necessario all'accertamento del diritto, la conformazione de facto della posizione giuridica sostanziale controversa.

La giurisprudenza di merito appare in larga prevalenza schierata su tale posizione.

Si registrano, difatti, plurime pronunce nelle quali si ammette la tutela di cui all'art. 700 c.p.c. in funzione di mero accertamento nel caso in cui il provvedimento d'urgenza serva a fissare un principio, ferma restando la rigorosa verifica dei requisiti di imminenza ed irreparabilità del pregiudizio e della sussistenza di interesse ad agire.

A ritenere diversamente, difatti, si determinerebbe la prevalenza di una parte sull'altra in ragione della mera posizione di potestà di fatto sull'attività o sulla cosa, o dell'inibizione derivante dal timore di compiere un atto illegittimo, che prescinde dalla situazione di diritto ed è, in tale chiave, ingiustificabile ai sensi degli artt. 3 e 24 Cost.

Così, dunque, si è ritenuta ammissibile la richiesta di accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro di fatto, della corretta interpretazione dell'art. 2357-ter c.c. in tema di voto assembleare di una s.p.a., ovvero dell'insussistenza della contraffazione di un brevetto altrui.

Secondo il contrario orientamento, cui la pronuncia in commento sembra prestare adesione, occorre valutare l'ammissibilità di un rimedio cautelare di mero accertamento in relazione all'utilità che il provvedimento può rivestire per la tutela del diritto dell'istante. Sotto tale profilo, la funzione del provvedimento di urgenza, connotata da provvisorietà ed instabilità, apparirebbe estremamente fragile nella sua declinazione di mero accertamento, ed inidonea a dare sufficiente certezza giuridica, nel tempo necessario all'adozione della pronuncia di merito, ad un diritto o obbligo di fonte contrattuale o legale.

Per di più, anche a voler legittimare un provvedimento cautelare con contenuto dichiarativo, si tratterebbe di un provvedimento del tutto insuscettibile di esecuzione forzata. Tale situazione concorrerebbe a far venir meno la funzione di prevenzione del pregiudizio irreparabile, potendosi esclusivamente confidare nella cooperazione del soggetto in posizione di prossimità ed attitudine alla conformazione del bene, nelle more del giudizio di merito, e non nella potestà impositiva ordinamentale, realizzabile attraverso l'esecuzione forzata dell'ordine giudiziale.

Altra e concorrente questione, oggetto di rilievo e valorizzazione in chiave di inammissibilità della tutela richiesta attiene al requisito dell'interesse ad agire, quale condizione dell'azione ai sensi dell'art. 100 c.p.c., che deve necessariamente ricorrere anche laddove la tutela giurisdizionale azionata non sia a cognizione piena ma sommaria ed urgente, come nel caso di specie, necessariamente connotato dai requisiti della concretezza ed attualità.

In via di ulteriore approssimazione, tale connotazione viene specificata in termini di necessaria tensione ad un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, non potendo il processo essere utilizzato in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli, con l'ulteriore corollario di inammissibilità, per carenza di una condizione dell'azione, delle autonome azioni di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, il quale può costituire oggetto di accertamento esclusivamente nella sua interezza ed attuale configurazione.

Occorre, dunque, affinché la situazione di incertezza si obiettivizzi, che su di essa intervenga un atto o fatto esteriore, che conferisca attualità e concretezza allo stato di dubbio del quale si vuole rimuovere l'effetto pregiudizievole, cioè il danno che l'attore soffrirebbe senza la pronuncia accertativa, che non è altro che la contestazione attuale che altri faccia del diritto, conseguendo solo a tale contestazione un pregiudizio in atto e non semplicemente in potenza.

Osservazioni

Nel rilevare l'inammissibilità dell'azione cautelare atipica di mero accertamento sotto il profilo dell'incompatibilità dello strumento azionato con le pronunce di accertamento, il Tribunale veronese si pone in contrasto con l'orientamento prevalente che ritiene, viceversa, la compatibilità tra gli istituti.

Le motivazioni sinteticamente addotte pertengono ai profili dell'assenza di strumentalità e dell'inettitudine all'attuazione coattiva del dictum. Tali obiezioni appaiono, tuttavia, superabili nella misura in cui, acquisita la tipicità delle azioni di mero accertamento, il profilo della strumentalità può essere interpretato concependo un parallelismo pieno tra le due azioni di accertamento, l'una incardinata in sede cautelare e l'altra, successiva, in sede di cognizione piena, eventualmente in funzione propedeutica ad un'ulteriore richiesta, di natura costitutiva o di condanna.

Per quanto riguarda, invece, l'inettitudine alla esecuzione coattiva, tale profilo, attinente ad una fase successiva ed eventuale rispetto all'adozione del provvedimento, non può essere concepito alla stregua di condizione di ammissibilità dell'azione cautelare, non potendosi, per altro, negare quell'efficacia dissuasiva metagiuridica della pronuncia cautelare dichiarativa, anche indicata come efficacia compulsoria indiretta, quale attitudine dell'accertamento alla creazione di una inibitoria o modificazione dello stato di fatto, sia pure svincolata dalla possibilità di attuazione coattiva delle stesse.

Ineccepibile appare, viceversa, il rilievo circa l'assenza di interesse ad agire in capo ai ricorrenti. Appare, difatti, palese che, al momento della proposizione della domanda, in assenza non soltanto di inizio del procedimento amministrativo sanzionatorio ma della scadenza stessa del termine utile per l'attivazione del ciclo vaccinale, non fosse realizzata l'obiettivizzazione della situazione di incertezza utile a conferire attualità e concretezza ad una condizione di mera eventualità di aggressione del bene di cui si chiede tutela, con conseguente carenza della condizione dell'azione codificata all'art. 100 c.p.c.

Riferimenti
  • M. Laddomada, Provvedimenti ex art. 700 c.p.c. e tutela di mero accertamento, in http://www.diritto.it/docs/38700-provvedimenti-ex-art-700-c-p-c-e-tutela-dimero accertamento
  • C. Consolo, in Il nuovo processo cautelare, Torino, 1998, 414

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