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Licenziamento per giusta causa: la proporzionalità non è in astratto

26 Luglio 2022

Impugnato il licenziamento per giusta causa, il giudice è tenuto a limitarsi a verificare che la condotta addebitata sia inclusa tra le quelle che le parti, in sede negoziale, hanno ritenuto meritevole della sanzione espulsiva?

Impugnato il licenziamento per giusta causa, il giudice è tenuto a limitarsi a verificare che la condotta addebitata sia inclusa tra le quelle che le parti, in sede negoziale, hanno ritenuto meritevole della sanzione espulsiva?

In tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra l'addebito e la sanzione espulsiva, rileva ogni condotta che, per la sua gravità, possa incidere sulla fiducia del datore e far ritenere dubbia la futura correttezza dell'adempimento, con conseguente impossibilità, anche solo temporanea, di continuare il rapporto di lavoro.

In caso di impugnazione del licenziamento, il giudice deve valutarne la congruità non in via astratta in relazione all'addebito, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto caratterizzante la fattispecie, apprezzandone unitariamente la gravità sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

Non può, dunque, ritenersi sufficiente un'indagine che si limiti a verificare se il fatto addebitato sia riconducibile alle disposizioni della contrattazione collettiva che consentono l'irrogazione del licenziamento.

È necessario, infatti, valutare in concreto se il comportamento tenuto, globalmente inteso, sia suscettibile di produrre le conseguenze suddette sul rapporto di fiducia tra il datore ed il lavoratore.

La previsione negoziale, pertanto, può orientare la valutazione ma non condizionarla con esito automatico.

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