Modifica della proposta di concordato: rileva solo se pregiudica “concretamente” la valutazione già fatta dai creditori

Vincenzo Papagni
27 Luglio 2022

Il decisum in rassegna pone al centro dell'attenzione il tema della modifica della proposta concordataria, ex art. 175, l. fall. Si tratta, in particolare, di delineare i termini e le modalità di modifica della proposta di concordato.

Sul punto, i giudici della Prima sezione civile di Piazza Cavour, con l'ordinanza n. 22988/22, chiariscono che secondo la formulazione dell'art. 175, comma 2, l. fall. (nel testo applicabile ratione temporis), è possibile, per il debitore, modificare la proposta di concordato presentata unitamente al ricorso purché le variazioni intervengano prima dell'inizio delle operazioni di voto, con l'effetto che devono ritenersi inammissibili le modifiche del contenuto della proposta che siano intervenute dopo che i creditori hanno manifestato il proprio consenso alla soluzione prospettata dall'imprenditore, atteso che, in caso contrario, come sottolineato dalla dottrina, verrebbero sovvertiti i principi che governano l'approvazione del concordato e, più in generale, la stipulazione di ogni intesa negoziale, la quale presuppone la piena coincidenza tra proposta ed accettazione. I creditori, invero, devono poter valutare il piano sulla base di una corretta e completa informazione, e quindi, approvando la proposta ed il piano presentati dal debitore, consapevolmente accettare anche il rischio di un diverso esito della liquidazione, ma sempre nei termini in cui quest'ultima è stata prospettata, posto che compete appunto solo al ceto creditorio ogni valutazione di merito in ordine alla convenienza economica del piano, alle sue probabilità di successo ed ai rischi inerenti.

Il fatto. Con sentenza del 18 gennaio 2017, la Corte d'appello di Firenze accolse il reclamo proposto dalla Banca Omega, ex art. 183, l. fall., contro il decreto di omologa del concordato preventivo della Beta di Caio & C. s.a.s. e rimise gli atti al Tribunale di Pisa per la pronuncia sull'istanza di fallimento presentata dallo stesso istituto di credito. In particolare, quella corte, pur escludendo che vi fosse stato un abuso dello strumento concordatario per il fatto che la società aveva, in precedenza, già presentato una domanda di concordato cosiddetto in bianco non approvata dai creditori, rilevò tra l'altro che la proposta non individuava tutti i crediti prededucibili, mancando dell'indicazione di quello dell'attestatore e di quelli maturati dai professionisti in relazione alle domande svolte per la prima domanda concordataria e, successivamente, al posto di meri chiarimenti erano state inserite delle modifiche non ammissibili. Contro questa decisione la Beta s.a.s. ed i suoi soci accomandatari hanno proposto ricorso in Cassazione, cui ha resistito la banca con controricorso. In particolare, per quanto qui di interesse, si censura la sentenza impugnata del giudice fiorentino laddove ha ritenuto esistente una inammissibile integrazione o modifica della proposta concordataria, anziché considerare che quello che era contenuto nella memoria era solo una precisazione di quanto contenuto nella domanda di concordato. La S. Corte dichiara fondato il ricorso,

chiarendo che l'asserita inammissibile modifica/integrazione, che la corte distrettuale ha inteso ravvisare nel contenuto della memoria della Beta di Caio & C. s.a.s., in realtà, non ebbe ad investire i dati aziendali e la loro veridicità, né riguardò significativamente il piano o la proposta, rimasti praticamente immutati, né, ancora, interessò l'entità del passivo accertato o dell'attivo ipotizzato, o le modalità ed i tempi di realizzazione del piano e della proposta predetti o eventuali percentuali di soddisfacimento offerte ai creditori.

La definizione di modifica della proposta concordataria può essere data “in negativo” partendo dalla definizione di “nuova proposta”. Tutte quelle modifiche alla proposta che non configurano una “nuova” proposta, almeno tendenzialmente costituiscono una semplice “modifica”. A tal proposito, pur nella diversità delle declinazioni date dalla dottrina e dalla giurisprudenza al concetto di “nuova proposta”, si può affermare che le modifiche integrino una nuova proposta allorquando: mutino la natura dell'accordo proposto ai creditori, tanto da rendere necessario un nuovo controllo di ammissibilità da parte del tribunale, una rinnovazione dell'attività di valutazione dell'attestatore, una nuova votazione da parte dei creditori, i quali, alla luce delle modifiche introdotte, non possono più fare affidamento sull'assetto originario, per essere cambiate le caratteristiche fondamentali della proposta; in aggiunta o in alternativa, secondo un altro orientamento interpretativo, laddove mutino elementi della proposta che vadano ad incidere sull'impianto “satisfattorio” del ceto creditorio, quali, inter alia: il numero e la composizione delle classi, la percentuale riconosciuta ai chirografi, la previsione di una nuova finanza.

La modifica della proposta per essere rilevante, ai fini dell'art. 175, comma 2, l. fall., deve riguardare elementi della stessa tali da alterare significativamente la sostanziale coincidenza, propria di ogni stipulazione negoziale, tra proposta originaria e sua accettazione. Si vuol dire, cioè, che quella disposizione, lungi dal doversi intendere riferita ad un qualsivoglia mutamento, magari di carattere assolutamente insignificante, della proposta originaria, deve trovare applicazione in presenza di una modifica che, concretamente, pregiudichi la valutazione (quanto alla convenienza economica, ai suoi rischi, alla sua possibilità di successo) già effettuata dai creditori approvando la proposta ed il piano ad essa relativo.

In definitiva, l'asserita inammissibile modifica/integrazione del piano di concordato che la corte distrettuale ha inteso ravvisare, altro non erano che meri chiarimenti, inidonei a scalfire la complessiva valutazione (quanto alla convenienza economica, ai suoi rischi, alla sua possibilità di successo) già effettuata dai creditori approvando la proposta ed il piano ad essa relativo.

Fonte:

www.dirittoegiustizia.it

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