Il diritto dei detenuti allo scambio di libri e riviste: il magistrato di sorveglianza come giudice dell'ottemperanza
29 Luglio 2022
Massima
Nel caso di mancata ottemperanza dell'ordinanza che afferma il diritto dei detenuti di scambiarsi libri e riviste, spetta al Magistrato di sorveglianza la verifica della condotta del commissario ad acta in ordine alla completa e corretta esecuzione dell'attività a lui demandata. Il caso
Nel 2017 Tizio, detenuto sottoposto al regime differenziato ex art. 41-bis, comma 2, ord. penit., chiede al Tribunale di sorveglianza l'autorizzazione allo scambio di libri e riviste con i soggetti appartenenti al medesimo gruppo di socialità, ottenendola. Stante la protratta inattuazione dell'ordinanza da parte dell'amministrazione penitenziaria, nel 2020 viene nominato un commissario ad acta, individuatonel direttore pro tempore dell'istituto penitenziario. Tuttavia, le richieste del detenuto e dei suoi compagni relative alla possibilità di scambiarsi libri e riviste continuano a essere respinte dalla Direzione del carcere.
Avverso l'ultimo provvedimento di diniego Tizio propone reclamo al Magistrato di sorveglianza, che dichiara non luogo a provvedere, ritenendo che la regolamentazione delle modalità dello scambio e dei relativi limiti sia rimessa all'amministrazione penitenziaria; a tali conclusioni non osterebbe la pronuncia di incostituzionalità dell'art. 41-bis ord. penit. contenuta nella sentenza della C. cost. n. 97/2020, con la quale la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittima – per contrasto con gli artt. 3 e 27, comma 3, Cost. – la disposizione, nella parte in cui non consente ai detenuti sottoposti al regime differenziato e appartenenti al medesimo gruppo di socialità di scambiarsi oggetti. La Corte costituzionale ha ritenuto sproporzionato il divieto, oltre che non funzionale a garantire la ratio sottesa alla norma, volta a elidere ogni possibilità di comunicazione di tali soggetti con l'esterno.
Il provvedimento di non luogo a provvedere emesso dal Magistrato di sorveglianza è stato quindi impugnato per violazione di legge dinnanzi alla Corte di cassazione, in ragione della mera apparenza della motivazione, essendo l'ordinanza di autorizzazione allo scambio rimasta in concreto sempre ineseguita. La questione
La questione sottesa alla pronuncia in commento attiene alla perimetrazione dei poteri spettanti al Magistrato di sorveglianza in veste di giudice dell'ottemperanza. L'art. 35-bis ord. penit. prevede che, in caso di mancata esecuzione di un provvedimento che non sia più soggetto a impugnazione, l'interessato può chiedere l'ottemperanza al Magistrato di sorveglianza che l'ha emesso.
Configurandosi come una forma di tutela giurisdizionale esecutiva nei confronti della pubblica amministrazione, l'ottemperanza rappresenta uno strumento efficace per garantire effettività alla tutela dei diritti del detenuto. In ossequio al principio di separazione dei poteri, si rende tuttavia necessaria la ricerca di un equilibrio tra tutela giurisdizionale e discrezionalità amministrativa.
Come si configura, dunque, il rimedio dell'ottemperanza nell'ambito del procedimento di sorveglianza? Le soluzioni giuridiche
L'individuazione dei poteri spettanti al Magistrato di sorveglianza in sede di ottemperanza è una questione che impone il confronto con le altre forme di ottemperanza esistenti nell'ordinamento, allo scopo di capire se ne costituisca una species, ovvero se si configuri come un rimedio sui generis.
L'ottemperanza trova, in effetti, la sua sede d'elezione nel diritto processuale amministrativo (artt. 112-115 c.p.a.). Segnatamente, l'art. 112 c.p.a. prevede che la relativa azione possa essere proposta per conseguire l'attuazione: delle sentenze amministrative passate in giudicato o aventi contenuto esecutivo; delle sentenze passate in giudicato e degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario; delle sentenze e degli altri provvedimenti per i quali non sia previsto il rimedio dell'ottemperanza; dei lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili.
Il rimedio di cui all'art. 35-bis ord. penit. è in astratto riconducibile alla seconda delle categorie summenzionate, poiché presuppone l'emanazione di un provvedimento non più soggetto a impugnazione da parte del magistrato di sorveglianza. Tuttavia, essa presenta taluni profili peculiari, che inducono a ritenere che si tratti di un rimedio sui generis.
In questo senso depone, anzitutto, l'attribuzione al magistrato di sorveglianza – anziché al tribunale amministrativo regionale territorialmente competente – della giurisdizione in materia. Con riguardo alle sentenze del giudice ordinario e dei giudici speciali, l'art. 113 c.p.a. prevede che il ricorso si proponga al T.a.r. nella cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è chiesta l'ottemperanza. Invece, l'art. 35-bis ord. penit. stabilisce che il ricorso si proponga allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento. La ratio sottesa a tale disposizione è duplice: garantire una concreta possibilità di accesso al giudice ai detenuti, soggetti per definizione vulnerabili, essendo continuativamente sottoposti al potere coercitivo dello stato; consentire al magistrato di sorveglianza di svolgere in modo più efficace il suo ruolo di vigilanza sugli istituti di pena e di assicurare l'effettiva esecuzione dei provvedimenti emessi.
In secondo luogo, i poteri conferiti al Magistrato di sorveglianza in qualità di giudice dell'ottemperanza attribuiscono a quest'ultimo un margine d'azione più limitato rispetto a quello riconosciuto al giudice amministrativo. In caso di mancata esecuzione del provvedimento da parte dell'amministrazione penitenziaria, il Magistrato di sorveglianza può: a) ordinare l'ottemperanza, indicando modalità e tempi dell'adempimento, tenuto conto del programma attuativo predisposto dall'amministrazione, ove compatibile con il soddisfacimento del diritto di cui è accertata la violazione; b) dichiarare nulli gli atti in violazione o elusione del provvedimento ineseguito; c) nominare, ove occorra, un commissario ad acta e vigilare sull'attività da questi svolta. La facoltà di indicare tempi e modalità dell'adempimento non è sovrapponibile ai pregnanti poteri sostitutivi che l'art. 144, comma 4, c.p.a. attribuisce al giudice amministrativo. Per di più, non è consentito al giudice di sorveglianza di condannare l'amministrazione penitenziaria al pagamento di una somma di denaro a titolo di riparazione per la violazione subita dal detenuto.
Tra i poteri che l'art. 35-bis ord. penit. attribuisce al magistrato di sorveglianza si annovera altresì la vigilanza in ordine alla completa e corretta esecuzione dell'attività demandata al commissario ad acta. Se l'esito delle operazioni di controllo è negativo, il magistrato è chiamato ad adottare i relativi provvedimenti, e, ove necessario, anche a sostituire il commissario. Esattamente su tale previsione si fonda la pronuncia in commento, con cui la Corte di cassazione annulla l'ordinanza con rinvio al Magistrato di sorveglianza, invitandolo a verificare in concreto l'esatta ottemperanza al provvedimento che ha autorizzato lo scambio di libri e riviste tra detenuti appartenenti al medesimo gruppo di socialità e ad adottare i provvedimenti che si rendano all'uopo necessari. Osservazioni
La vicenda sottesa alla sentenza della Corte di cassazione fa sorgere, anzitutto, talune perplessità, quanto alla nomina del direttore dell'istituto penitenziario come commissario ad acta. Se quest'ultimo è un ausiliario del giudice, funzionalmente chiamato a sostituirsi all'amministrazione nelle determinazioni necessarie a dare piena attuazione al giudicato rimasto ineseguito, non si comprende la ragione per cui sia stato individuato, per lo svolgimento di tale ruolo, un soggetto che rappresenta istituzionalmente l'istituto penitenziario.
La pronuncia offre altresì l'occasione per svolgere delle considerazioni di carattere più generale.
L'attribuzione al magistrato di sorveglianza delle funzioni di giudice dell'ottemperanza nell'ambito del procedimento per reclamo ex art. 35-bis ord. penit. presenta una natura bifronte.
Da una parte, essa costituisce una milestone nel processo di giurisdizionalizzazione che ha interessato l'intero settore dell'esecuzione penale a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Segnatamente, l'art. 35-bis ord. penit. è stato introdotto per dare risposta alle istanze provenienti dalla Corte di Strasburgo a partire dalla sentenza Torreggiani. L'adozione di uno strumento di tutela preventiva dei diritti dei detenuti sarebbe stata insufficiente, se non fossero stati congiuntamente introdotti strumenti suscettibili di rendere tale via di ricorso conforme agli artt. 6 e 13 CEDU. Infatti, i giudici europei hanno chiarito che l'introduzione di uno specifico procedimento funzionale all'esecuzione forzata dei provvedimenti rivolti all'amministrazione penitenziaria sarebbe stata imprescindibile al fine di garantire l'effettività della tutela dei diritti dei detenuti.
D'altro canto, tale fenomeno è sintomatico della natura ibrida della magistratura di sorveglianza. Tralasciando in questa sede ogni discussione sulla natura della situazione giuridica soggettiva di cui è titolare il detenuto sottoposto al potere autoritativo dell'amministrazione penitenziaria, ci si limita a rilevare che l'attribuzione al Magistrato di sorveglianza della veste di giudice dell'ottemperanza, giustificata dalle specificità della sua funzione, mette in luce qualche profilo di comunanza con le attribuzioni proprie di un giudice amministrativo. Riferimenti
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