Perdita della mutualità prevalente e devoluzione al fondo mutualistico: il nodo è sciolto
01 Agosto 2022
Il caso affrontato dalla Corte Suprema La Corte d'Appello di Milano, con sentenza n. 1178/2017, respingeva la domanda del Fondo mutualistico volta a conseguire la devoluzione in proprio favore del patrimonio sociale della cooperativa compulsata in giudizio per avere quest'ultima deliberato la modificazione, sopprimendole, delle disposizioni presenti nel proprio statuto in ordine al divieto di distribuzione delle riserve tra i soci e di devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento. Ad avviso del Fondo mutualistico istante erano maturate le condizioni dell'art. 17 l. n. 388/2000 e, pertanto, il patrimonio sociale della cooperativa le andava devoluto. La Corte territoriale non condivideva detta impostazione tenuto conto che il legislatore ha voluto, in virtù dell'art. 111-decies disp. att. c.c., preservare dalla devoluzione tutti i casi in cui i soci abbiano deciso di mantenere la forma cooperativa, ancorché la stessa abbia perso la caratteristica della mutualità prevalente. Secondo il giudice d'Appello il quadro normativo di riferimento è tale per cui la società cooperativa che abbia perso la caratteristica di mutualità prevalente non è in alcun modo equiparata, quanto al mantenimento del proprio patrimonio costituito dalle riserve indisponibili, alla cooperativa che si trasforma in società a fini di lucro. Una diversa interpretazione sarebbe difatti in contrasto con le norme che tutelano la continuità della forma cooperativa anche in ipotesi di perdita della caratteristica della mutualità prevalente. Da qui il ricorso del Fondo mutualistico affidato a due motivi e respinto dalla Corte di Cassazione. La soppressione delle clausole anti lucrative non comporta la devoluzione del patrimonio a favore del Fondo mutualistico Ad avviso della Corte di Cassazione non è corretta la tesi del Fondo mutualistico secondo cui la soppressione delle clausole anti lucrative determinerebbe in capo alla società cooperativa l'obbligo di devolvere il patrimonio effettivo (al netto del capitale e dei dividendi eventualmente maturati) in favore del Fondo medesimo. I Giudici di Legittimità, dopo aver puntualmente ricostruito il tessuto normativo di riferimento, osservano che l'obbligo di devolvere il patrimonio sociale è previsto dall'art. 2545-undecies c.c. solo nell'ipotesi in cui la società cooperativa deliberi la propria trasformazione a mente dell'art. 2545-decies c.c. Ai sensi dell'art. 2545-octies c.c., la perdita dei requisiti che assicurano alla società lo statuto della cooperativa a mutualità prevalente comporta quale unico effetto quello per gli amministratori di predisporre un bilancio straordinario che fotografi la situazione patrimoniale al fine di stabilire la misura delle riserve indisponibili. In questa prospettiva, secondo la Corte Suprema, prevedere che la soppressione delle clausole anti lucrative determini l'obbligo di devoluzione introdurrebbe un evidente elemento di distonia nell'equilibrio del sistema del tutto estraneo agli intendimenti e agli enunciati del legislatore che ha indicato come tale effetto non si produca nel caso di perdita dei requisiti della mutualità prevalente e che, al contrario, esso si produca solo nel caso della trasformazione. In buona sostanza, nella disciplina vigente delle società cooperative è solo la trasformazione a imporre l'obbligo di devoluzione del patrimonio effettivo in favore dei fondi mutualistici. L'ordinamento attuale delle società cooperative, viene puntualizzato nell'ordinanza in esame, non contempla altra ipotesi in cui si produce questo effetto; anzi proprio per il caso in cui si modifichino le clausole della mutualità prevalente, sopprimendole, questo effetto deve ritenersi implicitamente negato, dato che la legge impone in tal caso soltanto un obbligo di rideterminare il patrimonio effettivo. I principi di diritto della Suprema Corte A seguito di una analitica disamina delle coordinate normative di riferimento, conclude la Corte il proprio lineare ragionamento enunciando i seguenti principi di diritto:«in tema di società cooperativa, la perdita dei requisiti di mutualità prevalente, conseguente alla modificazione ovvero alla soppressione delle clausole antilucrative, non comporta l'obbligo della società di devolvere il valore effettivo del patrimonio, dedotti il capitale versato e rivalutato e i dividendi non ancora distribuiti in favore del fondo mutualistico di appartenenza, giacché detto effetto a seguito della riforma del diritto societario del 2003 si produce ai sensi dell'art. 2545-undecies cod. civ., se la società deliberi la propria trasformazione, mentre nel diverso caso della perdita dei requisiti di mutualità prevalente l'art. 2545-octies cod. civ. prevede che gli amministratori, sentito il parere del revisore esterno, debbano redigere apposito bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell'attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili». «In tema di società cooperativa, l'art. 17 l. n. 388/2000, ai sensi del quale la soppressione da parte della società delle clausole di cui all'articolo 26 d.lgs. C.P.S. n. 577/1947, comporta l'obbligo per la stesse di devolvere il patrimonio effettivo in essere alla data della soppressione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, in favore del fondo mutualistico di appartenenza deve reputarsi, a seguito della riforma societaria del 2003, implicitamente abrogato, giacché detto effetto si produce nel regime normativo attuato dalla riforma ai sensi dell'art. 2545-undecies c.c. se la società deliberi la propria trasformazione, mentre nel diverso caso della perdita dei requisiti di mutualità prevalente l'art. 2545-octies c.c. prevede solo che gli amministratori, sentito il parere del revisore esterno, debbano redigere apposito bilancio al fine di determinare il valore effettivo dell'attivo patrimoniale da imputare alle riserve indivisibili. Né vale ad assicurare l'ultrattività di detta norma l'art. 111-decies disp. att. c.c. giacché esso, coerentemente con la propria natura di norma transitoria, è diretto unicamente ad agevolare l'adeguamento delle clausole antilucrative già presenti nello statuto delle società cooperative a mutualità prevalente al regime normativo attuato dalla riforma». Qualche precedente giurisprudenziale in materia Quanto al profilo fiscale «in tema di agevolazioni tributarie in favore delle società cooperative, l'attribuzione dei benefici presuppone necessariamente il concorso sia del dato formale, costituito dall'esistenza di previsioni statutarie relative alla devoluzione a fondi mutualistici di quote degli utili netti e del patrimonio residuato alla liquidazione, sia del dato fattuale che le medesime previsioni siano state concretamente osservate, atteso quanto espressamente previsto dall'art. 3, comma 2, l. 18 febbraio 1999 n. 28, anche nel testo sostituito per effetto dell'art. 16 d.lgs. n. 220/2002» (Cass. n. 5848/2012). Ancora «non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 1, l. n. 388/2000, censurato, in riferimento agli articoli 3, 101, 102 e 104 Cost., nella parte in cui stabilisce che le disposizioni di cui all'articolo 26 d.lgs. C.P.S. n. 1577/1947, ratificato, con modificazioni, dalla l. n. 302/1951, all'art. 14 d.P.R. n. 601/1973, e all'art. 11, comma 5, l. n. 59/1992, si interpretano nel senso che all'obbligo delle società cooperative e loro consorzi di devolvere il patrimonio effettivo ai fondi mutualistici di cui al citato articolo 11, comma 5, «si intendono soggette le stesse società cooperative e loro consorzi nei casi di fusione e di trasformazione, ove non vietati dalla normativa vigente, in enti diversi dalle cooperative per le quali vigono le clausole di cui al citato articolo 26, nonché in caso di decadenza dai benefici fiscali» (Corte Cost. n. 170/2008). Ante riforma del diritto societario (d. lgs. n. 6/2003 entrato in vigore il 1° gennaio 2004), alla cui stregua: «in caso di fusione eterogenea, che coinvolga una società cooperativa tenuta alla devoluzione del proprio patrimonio a favore dei fondi mutualistici per lo promozione e lo sviluppo della cooperazione, ed in cui la società risultante sia una società non cooperativa, o comunque una società non assoggettata al vincolo di cui all'art. 11 comma 5 l. n. 59/1992, il diritto dei fondi mutualistici ad ottenere la devoluzione del patrimonio della cooperativa può essere fatto valere nei confronti della società risultante dalla fusione, e la domanda può essere proposta indipendentemente dal termine stabilito dall'art. 2503 c.c. per l'opposizione da parte dei terzi creditori. (La fattispecie si riferisce all'incorporazione, da parte di una banca popolare, di una banca di credito cooperativo caratterizzata dai requisiti mutualistici di cui all'art. 26 d.l.C.p.S. 14 dicembre 1947 n. 1577)» (Trib. Lanciano, 30 ottobre 2001). Ancora «non pare irragionevole la deliberazione che nel fissare il rapporto di cambio in una fusione tra cooperative si discosti in modo consistente dai valori patrimoniali delle società, nell'ipotesi in cui si tratti di cooperative che adottino il modello della "mutualità pura", poiché in tal caso il valore della quota del singolo socio non è rapportabile al complessivo valore patrimoniale dell'ente cooperativo, stanti i divieti di distribuzione delle riserve durante la vita della società e l'obbligo di devoluzione del patrimonio ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione in ipotesi di scioglimento, oltre che il limite vigente per la distribuzione degli utili, nonché - in alcuni casi - la mancata previsione di un sovrapprezzo di ammissione per i nuovi soci» (Trib. Velletri, 27 febbraio 1997). Per la dottrina, recentemente, cfr. Magliulo, Trasformazione, fusione e scissione degli enti esercenti imprese sociali, in Riv. not., 2020, 861; Fauceglia, Il futuro della società cooperativa: la fine dell'umanizzazione e la scelta dell'efficienza, in Giur. comm., 2019, 567; Genco, Rassegna di giurisprudenza Società cooperative (2018 - 2019), in Giur. comm., 2019, 227.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it |