Rinunciare all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale

Massimiliano Summa
01 Agosto 2022

Premessa la nullità di ogni pattuizione diretta a sfavorire il conduttore, egli può rinunciare all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, dopo la stipula del contratto e quando può escludersi che si trovi in quella posizione di debolezza.

Il caso. La questione sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione verte – sostanzialmente e per quanto di interesse alla presente trattazione – sulla rinunciabilità, o meno, al momento della stipulazione di un contratto di locazione ad uso non abitativo delle indennità previste dall'art. 34, l. n. 392/1978 (indennità per la perdita dell'avviamento).

Nel caso di specie, la rinuncia – prevista dal contratto di locazione per cui era causa – era stata ritenuta valida ai sensi dell'art. 79 della stessa l. n. 392/1978 che, secondo quanto affermato dai giudici di prime cure, lascerebbe uno spazio alla rinuncia anche al momento della conclusione del contratto, qualora questa abbia una coincidenza sinallagmatica, ovvero il locatore conceda un contrappeso favorevole al conduttore.

La decisione della Corte di Cassazione. Per dirimere la questione, la Corte di Cassazione ha ripercorso analiticamente i propri precedenti, resi, come espressamente rilevato dai Giudici di legittimità, a stabilizzare la giurisprudenza locatizia.

In particolare e come noto, l'istituto dell'indennità per la perdita dell'avviamento è stato inteso dal Legislatore come uno strumento di tutela dell'affidamento del conduttore sulla durata del godimento dell'immobile che – evidentemente – ben può incidere sugli esiti dell'attività per cui l'immobile è stato locato.

È pertanto evidente che l'indennità di avviamento si collochi ontologicamente nell'equilibrio sinallagmatico negoziale e la sua natura è orientata a favore del conduttore, inserendosi nel controbilanciamento dei rispettivi interessi che forma l'equilibrio contrattuale.

In tale contesto si struttura il dispositivo ermeneutico che relativizza la tutale ravvisata nell'art. 79 richiamato dai Giudici di merito: si tratta di diritti disponibili per cui, quando sono "sorti" ben possono essere "elisi" ovvero rinunciati, riconoscendo così una riapertura ex post all'autonomia negoziale "classica", affermando che l'art. 79 in questione non impedisce alle parti di stipulare una transazione sui rispettivi diritti inseriti nel sinallagma che ha governato il rapporto e in particolare non impedisce al conduttore di rinunciare all'indennità per la perdita di avviamento, anche in modo implicito.

Tuttavia, prosegue la Corte, l'art. 79 costituisce una sorta di intrusione, nel paradigma della locazione ad uso commerciale, del paradigma all'epoca della c.d. legge dell'equo canone imposto alla locazione ad uso abitativo, tipo contrattuale socialmente inteso come strumento assistenziale.

Oggi, a distanza di decenni dalla legge del 1978, non è agevole comprendere la ragione per cui chi svolge un'attività commerciale debba essere reputato "parte debole" – o comunque debba esserlo sempre – in rapporto al proprietario di un immobile, quasi che in termini economici la proprietà immobiliare sia ontologicamente superiore all'attività di impresa.

Tale generalizzazione della debolezza nel ruolo di conduttore in qualunque tipo di locazione non appare tuttavia esente da criticità.

Questa criticità, sia sul piano giuridico, sia sul piano socioeconomico, trascorsi ormai più di quarant'anni dal testo normativo da cui discende ed essendo stato modificato nel frattempo proprio il paradigma della locazione abitativa che nella sua versione originaria aveva, come un contagio, meriterebbe, secondo la Corte, di essere superata, infrangendo quella debolezza del conduttore che, nella locazione non abitativa, quale canone generale pare integrare una fictio juris et de jure.

In considerazione di quanto precede, la Corte ha concluso statuendo che l'art. 79, l. n. 392/1978, che sancisce la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto di locazione o ad attribuire al locatore un canone maggiore di quello legale, ovvero ad attribuirgli altri vantaggi in contrasto con le disposizioni della legge stessa, non impedisce al conduttore di rinunciare all'indennità per la perdita dell'avviamento commerciale, purché avvenga successivamente alla conclusione del contratto, quando può escludersi che il conduttore si trovi in quella posizione di debolezza alla cui tutela la richiamata disciplina è preordinata.

Fonte: dirittoegiustizia.it

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