La tutela dei lavoratori nei quadri di ristrutturazione preventiva del nuovo Codice della crisi d'impresa

02 Agosto 2022

Il principio fondamentale a cui si ispira la Direttiva Insolvency è quello della massima protezione dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori nell'ambito dei quadri di ristrutturazione preventiva e le ultime modifiche apportate al Codice della crisi d'impresa, imposte dalla necessità appunto di adeguare il nostro ordinamento alla direttiva 1023/2019, evidenziano la nuova sensibilità del legislatore per i diritti del lavoratore dipendente.

Uno dei profili di maggior interesse della modifica del Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza imposta dalla necessità di adeguare il nostro ordinamento alla Direttiva 1023/2019 è senza dubbio quello della maggior intensità della tutela dei lavoratori dipendenti nei quadri di ristrutturazione preventiva.

La tutela è duplice. Riguarda sia il rapporto di lavoro e l'interesse alla sua conservazione, sia il credito eventualmente maturato a causa della crisi o dell'insolvenza che abbia colpito l'impresa.

Quanto al primo dei due aspetti, si impone una prima puntualizzazione, che potrebbe sembrare una sfumatura concettuale, ma in realtà non lo è.

La direttiva insolvency intensifica la valorizzazione del bene giuridico “impresa”, quale interesse da tutelare nelle procedure non meramente liquidatorie, cioè i quadri di ristrutturazione preventiva, prevedendo che, nel rapporto tra l'obiettivo della conservazione dell'impresa (realizzabile con il risanamento o con la cessione ad altro soggetto dell'azienda in esercizio o prontamente riattivabile) e l'interesse al miglior soddisfacimento possibile della massa dei creditori, il presupposto di ammissibilità del quadro di ristrutturazione non sia, come oggi è per il concordato con continuità, la convenienza del livello di soddisfacimento prospettato ai creditori rispetto a ciò che questi ultimi riceverebbero nell'ipotesi liquidatoria, bensì la mancanza di un trattamento del ceto creditorio deteriore rispetto a quello che deriverebbe dalla soluzione liquidatoria medesima.

Ne discende il riconoscimento della valenza del bene giuridico “impresa”, cui è direttamente collegato il mantenimento dei livelli occupazionali, come equivalente all'interesse al miglior soddisfacimento possibile dei creditori concorsuali.

Si tratta di un'equivalenza che oggi ancora non c'è, stante che senza convenienza per i creditori rispetto all'alternativa liquidatoria una soluzione che contempli la continuità aziendale, diretta o indiretta che sia, non è concretamente praticabile (art. 186-bis, comma 2, lett. b) l. fall., che onera il debitore di un'attestazione inerente al fatto che la prosecuzione dell'impresa prevista dal piano sia funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori).

Detto ciò, il principio fondamentale cui si ispira la direttiva è quello della massima protezione dei diritti individuali e collettivi dei lavoratori nell'ambito dei quadri di ristrutturazione preventiva.

L'art. 13 prevede che gli Stati membri debbano assicurare che il quadro di ristrutturazione preventiva non interessi i diritti dei lavoratori, che sono individuati: nel diritto alla negoziazione collettiva e all'azione industriale; nel diritto all'informazione e alla consultazione dei rappresentanti dei lavoratori sull'evoluzione recente e probabile delle attività d'impresa; nel diritto all'informazione dei rappresentanti dei lavoratori su tutte le procedure di ristrutturazione preventiva che potrebbero incidere sull'occupazione; nel diritto all'informazione ed alla consultazione dei rappresentanti dei lavoratori sui piani di ristrutturazione prima che siano presentati per l'adozione o per l'omologazione da parte dell'autorità giudiziaria o amministrativa, infine nei diritti riconosciuti dalle direttive dell'Unione europea in materia, primi tra tutti quelli che maturano in caso di trasferimento d'azienda.

L'art. 3, paragrafo 3, in coerenza con quanto indicato nel considerando 23, prescrive che gli Stati membri devono assicurare che i rappresentanti dei lavoratori abbiano accesso ad informazioni pertinenti e aggiornate sulla disponibilità di strumenti di allerta precoce disponibili, come pure sulle procedure e misure di ristrutturazione e di esdebitazione, si specifica inoltre che per i rappresentanti dei lavoratori dovrebbe essere possibile supportare i lavoratori nella valutazione della situazione economica del debitore.

L'art. 6, paragrafo 5, prevede che la protezione del patrimonio conseguente all'adozione di una misura protettiva del debitore non si applica ai diritti dei lavoratori.

L'art. 8, paragrafo 1, lettera g), sub iii), inserisce tra i contenuti obbligatori del piano le modalità di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori.

La direttiva articola quindi la tutela dei lavoratori su tre distinti piani.

Ad un primo livello si colloca, come detto, ilnuovo rapporto di equivalenza tra interesse alla conservazione dell'impresa, e quindi dei livelli occupazionali, e interesse al miglior soddisfacimento possibile dei creditori.

Ad un secondo livello si trova il principio che prevede, quando l'imprenditore si trova in una situazione di difficoltà economico-finanziaria, l'obbligo di informazione delle rappresentanze sindacali e dell'interlocuzione tra queste ultime e l'imprenditore, con l'obiettivo di favorire la pronta emersione della crisi, ad evitare una procedura di carattere liquidatorio che disperda i posti di lavoro.

Ad un terzo livello si trovano norme che si traducono in una più intensa tutela dei diritti di credito dei lavoratori rispetto a quelli del restante ceto dei creditori dell'imprenditore in crisi o insolvente.

La necessità di dare attuazione ai principi della direttiva ha richiesto diversi interventi di modifica del CCI, veicolati dal decreto legislativo attuativo della direttiva 2019/1023.

Ilnuovo rapporto di equivalenza tra interesse alla conservazione dell'impresa, e quindi dei livelli occupazionali, e interesse al miglior soddisfacimento possibile dei creditori, si è tradotto anzitutto in una modifica dell'art. 87 CCI, che disciplina i contenuti del piano di concordato: l'ultimo comma prevede che in caso di continuità aziendale la relazione del professionista indipendente attesti “che il piano è atto a impedire o superare l'insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell'impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale”.

Coerentemente l'art. 88 CCI, inerente al trattamento dei crediti tributari e contributivi, al comma 2 prescrive che “L'attestazione del professionista indipendente, relativamente ai crediti tributari e contributivi, ha ad oggetto anche la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale e, nel concordato in continuità aziendale, la sussistenza di un trattamento non deteriore”.

Inoltre dopo il comma 2 è stato inserito il comma 2-bis che, nel riportare la disposizione originariamente contenuta dall'art. 48, comma 5, prescrive che il cd. cram down fiscale e contributivo sia condizionato al fatto che la proposta di soddisfacimento dell'amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie sia conveniente o non deteriore rispetto all'alternativa liquidatoria.

Infine l'art. 112, comma 3, è stato riscritto con la previsione secondo cui “Nel concordato in continuità aziendale, se con l'opposizione un creditore dissenziente eccepisce il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa il concordato quando, secondo la proposta e il piano, il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale”.

L'obbligo di informazione delle rappresentanze sindacali e dell'interlocuzione tra queste ultime e l'imprenditore si è tradotto nell'introduzione all'art. 4 CCI (“Doveri delle parti”) del principio che obbliga il datore di lavoro che occupi complessivamente più di quindici dipendenti, prima della predisposizione di un piano nell'ambito di un quadro di ristrutturazione preventiva, a comunicare per iscritto alle rappresentanze sindacali le determinazioni che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori. Entro tre giorni dalla ricezione della comunicazione i soggetti sindacali possono chiedere all'imprenditore un incontro per la consultazione sindacale. La conseguente consultazione deve avere inizio entro cinque giorni dal ricevimento dell'istanza e si svolge con vincolo di riservatezza.

Inoltre all'art. 16, comma 8, nell'ambito della composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa, si prevede una procedura di consultazione sindacale ad hoc, sulla scorta di quanto previsto all'art. 4, quando sono assunte rilevanti determinazioni che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori, anche solo per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni.

È infine importante evidenziare che nel concordato preventivo il piano deve contenere: la descrizione della posizione dei lavoratori (art. 87, comma 1. lett. a); l'analitica indicazione dei costi, compresi quelli necessari per assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, ove sia prevista la prosecuzione dell'attività d'impresa in forma diretta (art. 87, comma 1, lett. f); le modalità di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nonché l'indicazione degli effetti della ristrutturazione sui rapporti di lavoro, sulla loro organizzazione o sulle modalità di svolgimento delle prestazioni(art. 87, comma 1, lett. o).

Quanto infine alle norme che si traducono in una più intensa tutela dei diritti di credito dei lavoratori, il principio opera anzitutto sotto il profilo processuale, stante l'esclusione della possibilità che le misure protettive, adottabili sin dalla composizione negoziata e, successivamente, previa proposizione di un quadro di ristrutturazione preventiva, possano riguardare i crediti del lavoratore.

L'art. 54, comma 7, prevede che i diritti di credito dei lavoratori siano esclusi dalla sfera di operatività delle misure protettive del patrimonio del debitore.

L'adozione del nuovo principio non esclude che il diritto di credito del lavoratore debba essere soddisfatto sulla base dei principi generali che regolano il concorso, fatte salve le novità che si sostanziano nel fatto che, nel nuovo CCI, al lavoratore è conferito un diritto al soddisfacimento più favorevole rispetto a quello degli altri creditori, non più soltanto perché il diritto di credito da lavoro dipendente è assistito dalla causa di prelazione generale che nella scala gerarchica dell'art. 2751-bis c.c. si trova al primo posto, ma anche in conseguenza di alcune ulteriori, importanti novità.

Di esse la più significativa è quella per cui il soddisfacimento del lavoratore dipendente dovrà avvenire sempre secondo la regola della priorità assoluta e non, quindi, come per gli altri creditori concorsuali, secondo la regola della priorità relativa per le risorse derivanti dai flussi di cassa da continuità che siano esuberanti rispetto al valore di liquidazione (art. 84, comma 7).

Inoltre nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (che come regola generale contempla la possibilità di una proposta di soddisfacimento in deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c.) il soddisfacimento dei crediti da lavoro dipendente dovrà essere necessariamente integrale e dovrà intervenire nei trenta giorni successivi all'omologazione con denaro, e non con modalità alternative (art. 64-bis, comma 1).

Ancora, nel concordato in continuità, diretta o indiretta, la moratoria per il pagamento del credito, dilatabile sino al termine ultimo di attuazione del piano per tutti gli altri crediti, per il lavoratore dipendente non potrà superare i sei mesi dall'omologazione (art. 86).

Nel concordato preventivo con continuità aziendale i crediti assistiti dal privilegio di cui all'art. 2751-bis, comma 1, n. 1), c.c. non danno diritto di voto se soddisfatti integralmente ed in denaro entro trenta giorni (e non sei mesi come per gli altri crediti) dall'omologazione, essendo in tutti gli altri casi riconosciuto il diritto di voto per l'intero importo del credito (art. 109, comma 5).

Le ultime modifiche degne di menzione attestano vieppiù la nuova sensibilità del legislatore per i diritti del lavoratore dipendente.

Si allude alla modifica dell'attuale norma del Codice che consente il pagamento solo dell'ultima mensilità dovuta prima dell'apertura del concorso dei creditori con il ricorso inteso a ottenere la concessione di un termine per la presentazione di un quadro di ristrutturazione preventiva.

E' quindi prevista, all'art. 100, comma 1, III periodo CCII, la possibilità del pagamento dell'intero ammontare delle retribuzioni pregresse dei lavoratori maturate e non corrisposte, come del resto già indicato dall'art. 182-quinquies, comma 5, l.fall. , come modificato dall'art. 20, comma 1, d.l. 118/2021, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 147/2021.

L'art. 53, comma 5-bis CCI prevede che nel giudizio sul reclamo avverso la sentenza di omologazione di un concordato con continuità aziendale la corte d'appello, quando il reclamo è fondato, possa confermare la sentenza di omologazione se l'interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante, riconoscendo a quest'ultimo il risarcimento del danno.

L'art. 84, somma 7, chiarisce che la proposta e il piano di concordato debbano assicurare il rispetto di quanto previsto dall'art. 2116, comma 1, c.c., cioè che le prestazioni previdenziali e assistenziali obbligatorie sono dovute anche quando l'imprenditore non abbia versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza.

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