Un nuovo ostacolo nell'esecuzione per rilascio di immobili?

Giuseppe Lauropoli
04 Agosto 2022

Che effetti ha la pendenza di un procedimento dinanzi ad un organismo internazionale denominato Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali, su una procedura esecutiva avviata all'interno del nostro ordinamento per il rilascio di un immobile? 
Quadro normativo

Non è infrequente, nella recente prassi degli uffici giudiziari, imbattersi in ricorsi in opposizione all'esecuzione per rilascio di immobili, proposti ai sensi del secondo comma dell'art. 615 c.p.c., nei quali l'esecutato deduca la pendenza di un procedimento - dallo stesso attivato dinanzi ad un organismo internazionale denominato Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali - volto a garantire allo stesso la tutela del diritto all'alloggio, con conseguente inibizione, disposta in via cautelare da tale Comitato, alla prosecuzione dell'attività esecutiva.

Alla base di tali ricorsi in opposizione vengono generalmente posti tanto la domanda, presentata dall'esecutato al predetto organismo internazionale, finalizzata ad ottenere tutela contro lo sfratto avviato nei suoi confronti, quanto il successivo provvedimento adottato dall'Alto Commissariato per i Diritti Umani dell'ONU, mediante il quale viene comunicato all'interessato che il predetto Comitato ha richiesto allo Stato aderente di adottare le misure per evitare eventuali danni irreparabili nel tempo necessario per l'esame della domanda da parte dello stesso, consistenti, alternativamente, o nella sospensione delle operazioni di rilascio dell'immobile occupato dall'istante o nel mettere a disposizione del richiedente altro immobile idoneo a soddisfare i bisogni dello stesso.

Si tratta, allora, di chiedersi quali effetti abbia un tale procedimento - avviato dinanzi al predetto Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali - nell'ordinamento italiano e se la pendenza dello stesso sia in grado di ostacolare, e in che misura, la procedura di rilascio immobiliare avviata dall'avente diritto ai sensi dell'art. 608 c.p.c.

Occorre infatti premettere che l'esecuzione per rilascio presuppone pur sempre l'esistenza di un titolo esecutivo che imponga l'abbandono dell'immobile (sia esso un titolo giudiziale o meno), la successiva notifica del precetto per rilascio (art. 605 c.p.c.) e il formale avvio dell'esecuzione mediante la notifica del preavviso di rilascio (art. 608 c.p.c.).

Ci si potrebbe chiedere, dunque, per quale motivo, a fronte di un titolo esecutivo che imponga il rilascio dell'immobile, il Comitato richieda allo Stato italiano l'adozione di misure volte a paralizzare tale attività esecutiva.

Il Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, adottato il 16.12.1966, la cui autorizzazione alla ratifica con ordine di esecuzione in Italia veniva disposta con l. 881/1977, prevede, al suo articolo 11, che: «gli Stati Parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo ad un livello di vita adeguato per sé e per la sua famiglia, che includa alimentazione, vestiario, ed alloggio adeguati, nonché al miglioramento continuo delle proprie condizioni di vita. Gli Stati Parti prenderanno misure idonee ad assicurare l'attuazione di questo diritto, e riconoscono a tal fine l'importanza essenziale della cooperazione internazionale, basata sul libero consenso».

Rientra, dunque, tra i diritti riconosciuti con tale accordo internazionale, la tutela del diritto ad un “alloggio adeguato”.

Quanto, poi, al Protocollo Opzionale a tale Patto, adottato con Risoluzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite del 10.12.2008 e con autorizzazione alla ratifica e all'esecuzione nel nostro Stato adottata con l. 152/2014, lo stesso, al primo comma dell'art. 5, prevede che «il Comitato può trasmettere allo Stato Parte interessato per sottoporla alla sua considerazione in via d'urgenza una richiesta di adottare quelle misure temporanee che possano rendersi necessarie in circostanze eccezionali al fine di evitare un danno irreparabile alla vittima o alle vittime della asserita violazione».

Le successive disposizioni del Protocollo Opzionale disciplinano un procedimento finalizzato ad accertare e contrastare eventuali violazioni dei diritti economici, sociali e culturali sanciti dal Patto Internazionale, che si articola attraverso un costante confronto fra il Comitato e il singolo Stato interessato dalla denunciata violazione e che prevede la possibilità di trasmissione a tale Stato di “raccomandazioni” da parte del Comitato (art. 9, comma 1 del Protocollo Opzionale).

Fonte: ilprocessocivile.it

Effetti sulle procedure di rilascio degli immmobili

Torniamo a questo punto al quesito che ci eravamo posti poco fa: che effetti ha la pendenza di tale procedimento, dinanzi al Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali, su una procedura esecutiva avviata all'interno del nostro ordinamento per il rilascio di un immobile ?

In altri termini, occorre chiedersi se la sola pendenza di tale procedimento dinanzi al predetto Comitato, con la conseguente adozione di un provvedimento che inviti lo Stato ad apprestare misure idonee ad evitare effetti irreparabili per il richiedente tutela, costituisca motivo idoneo a sospendere le procedure esecutive immobiliari in essere.

Alcuni elementi indurrebbero a ritenere ineludibili le indicazioni fornite dal Comitato nella comunicazione che impone allo Stato di non dar seguito alle procedure di rilascio.

Vengono in rilievo, infatti, trattati ai quali lo Stato italiano ha certamente aderito, e tali trattati prevedono la possibilità di richiedere a ciascuno Stato aderente la adozione di misure temporanee volte ad evitare un danno irreparabile derivante da una denunciata violazione.

Peraltro, nei casi in esame, il Comitato risulta essersi attivato, richiedendo allo Stato italiano la adozione di misure temporanee finalizzate ad evitare che la vittima della denunciata violazione venga allontanata dalla abitazione che occupa o che, in alternativa, venga provvista di altra abitazione adeguata alle proprie esigenze.

Non mancano, occorre riconoscerlo, motivi di perplessità e di esitazione in merito alla idoneità dei provvedimenti temporanei assunti dal Comitato in questione a spiegare effetti paralizzanti sulle procedure esecutive in corso.

In linea generale, si può osservare come il procedimento di inchiesta disegnato dal Protocollo Opzionale si presenti come particolarmente articolato, prevedendo la possibilità di scambi di comunicazioni fra il Comitato e lo Stato parte, che possono proseguire anche per molti mesi e persino per anni: la permanenza di misure temporanee idonee a paralizzare il diritto del proprietario dell'immobile sancito da un titolo esecutivo a tornare in possesso del proprio immobile, sembra allora sacrificare in modo irragionevole le prerogative di tale soggetto, il quale è totalmente estraneo rispetto al procedimento avviato dinanzi al Comitato ma finisce per subirne pienamente gli effetti.

Peraltro, poiché il Patto Internazionale sancisce, in linea generale, il diritto di chiunque ad un “alloggio adeguato”, pare potersi ritenere che la tutela apprestata da tale trattato del 1966 prescinda da qualsiasi indagine in merito all'esistenza di un titolo che legittimi l'esecutato a detenere l'immobile: una tutela, dunque, almeno in prima battuta spettante anche al conduttore moroso, oppure all'occupante sine titulo di un immobile.

Il rischio, allora - a voler riconoscere ai provvedimenti temporanei assunti dal Comitato ai sensi dell'art. 5 del Protocollo Opzionale, l'attitudine a paralizzare le procedure esecutive per rilascio di immobile – è quello che mentre si tutela il diritto all'alloggio del detentore dell'immobile, si rischia di sacrificare il diritto del procedente, proprietario dell'immobile o comunque avente diritto alla sua consegna, a tornare in possesso del bene, col rischio anche di compromettere il suo diritto ad avere a disposizione un alloggio adeguato alle proprie esigenze di vita.

Una attenta lettura del dato normativo offerto dalle disposizioni contenute nel Patto Internazionale e, soprattutto, nel successivo Protocollo Opzionale, potrebbe consentire, tuttavia, una interpretazione delle stesse diversa da quella in precedenza prospettata, tale da indurre a non attribuire a tali previsioni un effetto paralizzante nei confronti delle procedure esecutive di rilascio di immobili.

Come accennato poc'anzi, infatti, l'art. 5 del Protocollo Opzionale si limita a prevedere che: «il Comitato può trasmettere allo Stato Parte interessato per sottoporla alla sua considerazione in via d'urgenza una richiesta di adottare quelle misure temporanee che possano rendersi necessarie in circostanze eccezionali al fine di evitare un danno irreparabile alla vittima o alle vittime della asserita violazione».

Il Comitato, dunque, stando alla stessa lettera dell'art. 5, in tema di misure temporanee, non adotta affatto provvedimenti cogenti in grado di paralizzare i procedimenti pendenti dinanzi alle autorità giurisdizionali degli Stati aderenti, limitandosi piuttosto a richiedere ai singoli Stati la adozione di misure idonee ad evitare il prodursi di effetti irreparabili per l'avente diritto.

Né vi sono sicuri elementi per ritenere che un tale invito rivolto allo Stato ad adottare “misure (…) necessarie” possa considerarsi destinato non solo agli apparati amministrativi dello stesso, ma anche all'autorità giudiziaria di tale paese, in mancanza di chiare indicazioni evincibili dalla disposizione menzionata.

Del resto, sarebbe ben strano se un procedimento che, al termine di una complessa attività istruttoria e all'esito di ripetute interlocuzioni tra il Comitato e lo Stato parte, si conclude con l'emissione di “constatazioni” ed eventuali “raccomandazioni” rivolte allo Stato parte, ossia misure che di per sé parrebbero non cogenti per lo Stato stesso, prevedesse, invece, in sede cautelare, la possibilità di emettere provvedimenti immediatamente vincolanti in sede di tutela giurisdizionale.

Conclusioni

Eccoci giunti al termine di questo breve percorso sull'impatto di tali due trattati, adottati in seno all'Organizzazione delle Nazioni Unite, sulle procedure esecutive per rilascio di immobili.

Un tema, quello degli sfratti e dei rilasci immobiliari, di sicura rilevanza sociale: non a caso, la materia in questione è stata dapprima, per anni, interessata da una legislazione che mirava ad apprestare una particolare tutela ai detentori di immobili che versassero in situazioni di particolare bisogno (si pensi, così, all'art. 1 della l. 9/2007, recante una previsione espressa di sospensione di alcune procedure esecutive immobiliari; disposizione che venne prorogata, con diversi provvedimenti normativi, di anno in anno, fino al 2015) e, poi, interessata dalla sospensione imposta dall'emergenza sanitaria legata al Coronavirus.

Una materia, dunque, particolarmente delicata, sulla quale incidono valutazioni, riservate al legislatore, che impattano tanto sul tema della tutela delle fasce economicamente più esposte, quanto su quello della tutela dell'ordine pubblico.

Resta aperto il tema se il ricorso al Comitato per i Diritti Economici, Sociali e Culturali, del quale si è scritto in precedenza, possa fornire risposta a tali esigenze di tutela.

Ancora una volta, dunque, una questione, da poco affacciatasi all'attenzione dei tribunali italiani, che merita particolare attenzione e sulla quale occorrerà mantenere accesi i riflettori, allo scopo di verificare l'impatto che i menzionati trattati potranno spiegare sulle procedure esecutive di rilascio di immobili.

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