Limiti alla responsabilità del notaio per il pagamento dell'imposta di registro relativa agli atti enunciati

05 Settembre 2022

I fatti da cui è scaturita la controversia portata sino al terzo grado di giudizio e della quale è stata investita la Cassazione, che ha pronunciato l'ordinanza interlocutoria n. 11118/2022 in commento, sono brevemente i seguenti: un notaio ha rogitato un verbale assembleare, nel quale sono stati enunciati sia un finanziamento infruttifero, eseguito da un socio ed iscritto nel bilancio di una società, sia la remissione parziale del debito alla restituzione del medesimo finanziamento infruttifero con corrispondente aumento gratuito del capitale sociale, deliberato nel predetto verbale assembleare.
Massima

Il notaio non ha l'obbligo di versare l'imposta in solido con le parti dell'atto enunciato, la mancata “vigilanza” sull'operato altrui e il riconoscimento, nel documento negoziale da lui redatto, degli effetti giuridici generati da un altro atto normalmente connesso o presupposto, nonostante la mancata registrazione di quest'ultimo in violazione di un obbligo di legge, potrebbe rendere il professionista sanzionabile (insieme con gli autori dell'atto enunciato) per l'inadempiuto versamento dell'imposta relativa all'atto concluso anteriormente a quello stipulato con l'intervento notarile. Il pubblico ufficiale, in spregio ai precetti normativi, accetta scientemente che gli effetti dell'atto concluso con il suo ministero siano integrati da quelli scaturenti da un atto non registrato e non sottoposto a tassazione.

Il caso

L'ufficio, con un avviso di liquidazione notificato al notaio ha ritenuto quest'ultimo responsabile (in solido con le parti – presumibilmente la società e il socio) per il pagamento dell'imposta di registro in relazione agli atti enunciati (il finanziamento infruttifero erogato dal socio; la parziale rinunzia del socio al rimborso del finanziamento medesimo).

Il notaio è ricorso contro l'avviso. I primi due gradi di giudizio si sono conclusi sfavorevolmente per il professionista. La CTR ha confermato la decisione di primo grado, ritenendo che la rogitazione dell'atto enunciante (il verbale assembleare che ha statuito l'aumento gratuito del capitale sociale) comporti la responsabilità solidale del notaio anche per gli atti enunciati.

Il notaio ha quindi impugnato la decisione di seconde cure.

Le questioni

Le questioni affrontate dalla Cassazione sono sinteticamente tre:

  • se un verbale assembleare possa essere considerato atto enunciante rispetto ad un finanziamento soci e ad una parziale rinuncia al medesimo in esso menzionati;
  • se l'imposta di registro riguardante gli atti enunciati rientri nel concetto di imposta principale;
  • se pertanto sussista la responsabilità del notaio in relazione al pagamento di tale ultima imposta.

La soluzione giuridica

Con riferimento al primo problema, la Cassazione ricorda che, a mente dell'art. 22 del d.P.R. n. 131/1986, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell'atto che contiene l'enunciazione, l'imposta si applica alle disposizioni enunciate. Qualora l'atto enunciato fosse soggetto a registrazione in termine fisso, deve essere pagata anche la pena pecuniaria di cui all'art. 69 del d.P.R. n. 131. Per "disposizione" deve intendersi qualunque manifestazione di volontà unilaterale o plurilaterale atta a produrre effetti giuridici a contenuto patrimoniale e per "enunciazione" l'espresso richiamo dei contraenti, contenuto nell'atto scritto o nel contratto verbale da questi stipulato, ad un altro negozio posto precedentemente in essere tra di loro.

La Cassazione rammenta ancora che, affinché si verifichi il presupposto per la tassazione dell'atto enunciato, non basta la sua mera enunciazione. Innanzitutto vi è un presupposto implicito (tanto ovvio da non essere nemmeno considerato espressamente dal legislatore), vale a dire che il richiamo ad un altro negozio deve essere contenuto in un atto soggetto a registrazione.

In secondo luogo, per farsi luogo alla tassazione, l'enunciazione deve essere fatta in modo tale da consentire l'esatta individuazione dell'oggetto dell'atto enunciato nonchè della sua base imponibile; cioè, deve essere tale da contenere i presupposti per l'esplicazione della potestà impositiva; occorre che le circostanze giuridico-economiche enunciate siano idonee di per sè stesse (e, quindi, senza che vi sia la necessità di ricorrere a elementi non ricordati nell'atto enunciante) ad identificare il rapporto giuridico enunciato e i relativi connotati rilevanti ai fini del prelievo fiscale.

La terza condizione applicativa della normativa sull'enunciazione consiste nell'identità delle parti dell'atto enunciante e di quello enunciato. Ad avviso della Corte, la ragione della norma risiede nella considerazione che, in tanto si può attuare la tassazione, in quanto essa sia conseguenza diretta del comportamento del soggetto che la subisce. Invero, la ratio della legge, in tema di enunciazione, è chiara: la disciplina del rinvio ad atti esterni è finalizzata a contrastare l'elusione*, in quanto, altrimenti, sarebbe facile per i contraenti stipulare un contratto, non registrarlo e poi acclararne l'esistenza in un contratto successivo, pretendendo la salvezza da tassazione del contratto enunciato.

*In evidenza

In dottrina, in senso conforme: G. FRANSONI, Appunti sull'enunciazione nell'imposta di registro, in Riv. dir.

trib.

, 2017, I, 175 ss.

.

Inoltre, per parte della dottrina (contra però: G. SALANITRO, l finanziamento soci enunciato in verbale notarile deve essere registrato - Imposta di registro - Imposta di registro per atti formati mediante corrispondenza ed enunciazione notarile, in GT – Riv. giur.

trib.

, 2020, 216 ss.

.), la rilevanza dell'enunciazione degli atti da registrare in caso d'uso sarebbe frutto di una funzione sostanziale della norma, che introdurrebbe un presupposto impositivo. Nel senso della rilevanza fiscale dell'enunciazione degli atti soggetti a registrazione in caso d'uso, per i quali l'uso non si è verificato, cfr. anche ; M. NUSSI, Sub art. 22”, in G. Marongiu (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie, Padova, 2011, 799; A. PISCHETOLA, Sub art. 22, in A. Fedele - G. Mariconda - V. Mastroiacovo, Codice delle leggi tributarie, Torino, 2014, 127; S. GHINASSI, L'imposta di registro, in P. Russo, Manuale di diritto tributario, Parte speciale, Milano, 2009, 375; O. DI PAOLA, Sub art. 22, in D'Amati (a cura di), La nuova disciplina dell'imposta di registro, Torino, 1989, 186; A. BUSANI, La ‘enunciazione' di atti scritti e di contratti verbali, in Dir. prat. trib., 2019, 1379 ss.; S. CANNIZZARO, La registrazione d'ufficio e l'enunciazione nell'imposta di registro, Studio CNN n. 208 - 2011/T, in Studi e materiali, 2012, 594; F. STAFFIERI, Imposta di registro, finanziamento soci e applicazione del principio di enunciazione, in Boll. trib., 2011, 397 ss.

I Giudici di legittimità asseriscono che, se il concetto di "parti" appare compatibile, secondo un orientamento costante (così, implicitamente: Cass., Sez. 5, 30 giugno 2010, n. 15585; Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2015, n. 22243; Cass., Sez. 6-5, 12 dicembre 2019, n. 32516; esplicitamente: Cass., Sez. 65, 25 settembre 2020, n. 20305; Cass., Sez. 5, 20 novembre 2020, n. 26446; Cass., Sez. 5, 16 giugno 2021, n. 17023; Cass., Sez. 5, 29 luglio 2021, n. 21699), con il contratto di finanziamento soci, ove le stesse sono rappresentate dai soci finanziatori da un lato e dalla società finanziata dall'altro, la stessa nozione risulta più difficilmente adattabile al verbale assembleare, che per propria natura, costituendo un semplice resoconto degli accadimenti , è un atto "auto-riferito" e, dunque, senza parti (In questo senso: G. SALANITRO, l finanziamento soci enunciato in verbale notarile deve essere registrato - Imposta di registro - Imposta di registro per atti formati mediante corrispondenza ed enunciazione notarile, cit., 216 ss.).

Vero che il verbale assembleare non contiene alcuna stipulazione negoziale; però esso contiene la manifestazione volitiva di un soggetto (la società, che assume una decisione attraverso una delibera del suo organo sovrano – l'assemblea dei soci) che, nel caso specifico, presuppone e si collega con la dichiarazione negoziale di un altro soggetto (il socio). Esso, pur essendo un atto a sé stante, è l'epilogo e il suggello di un'operazione giuridica complessa – articolata in vari passaggi concatenati - di trasformazione di un debito sociale in incremento di capitale, e che vede come “parti” la società e uno o più soci. Invero, tutti – società e socio o soci – assumono nell'operazione in questione la posizione soggettiva di titolari di situazioni giuridico-patrimoniali che subiscono variazioni sostanziali, tra le quali corre un rapporto connettivo.

Per quanto concerne il secondo problema, riguardante la nozione di imposta di registro principale, la Cassazione, rifacendosi alla definizione legislativa, contenuta nell'art. 42 del d.P.R. n. 131/1986, richiamato dall'art. 13, comma 1, del d.lgs. 347/1990, asserisce che è ricompreso in tale nozione un duplice prelievo: sia quello direttamente versato al momento della registrazione (quale imposta principale contestuale o "autoliquidata"), sia quello integrativamente richiesto dall'ufficio allo scopo di correggere errori od omissioni incorsi nella determinazione del tributo in sede di registrazione (c.d. imposta principale "postuma"). Al di là di questi limiti, l'imposta deve ritenersi complementare (oppure, in caso di errori dell'ufficio, suppletiva).

Ciò posto la Corte di legittimità affronta il terzo problema sopra evidenziato, relativo alla responsabilità del notaio. Il collegio giudicante, muovendo dalla duplice premessa che il notaio è obbligato per il solo pagamento dell'imposta principale e che l'imposta principale è applicata al momento della registrazione (anche d'ufficio), rammenta che, secondo un recente arresto della sezione tributaria, "l'imposta applicata alle disposizioni enunciate, in quanto da applicare in sede di registrazione del contratto enunciante, deve parimenti ritenersi "imposta principale", essendo tenuto il notaio, quale responsabile di imposta, a corrispondere all'Erario quanto dovuto a fronte della registrazione dell'atto effettuato per il suo tramite, considerando che l'imposta è la medesima che sarebbe stata dovuta in sede di registrazione dell'atto enunciato da parte del contribuente" (in termini: Cass., Sez. 5, 24 giugno 2021, n. 18113).

In questa prospettiva, la Cassazione segnalata l'opportunità di riflettere su alcuni elementi del sistema impositivo. Premessa l'obbligatorietà dell'autoliquidazione e della "mediazione" notarile, si deve aggiungere che, nella fase compresa dalla stipulazione dell'atto fino alla richiesta dell'imposta principale l'unico interlocutore dell'amministrazione finanziaria è il notaio. In caso di registrazione telematica, questi determina l'entità dell'imposta e nei 60 giorni successivi alla registrazione può ricevere una nuova liquidazione dall'amministrazione finanziaria per il recupero di quella che la legge definisce come imposta principale (e rispetto alla quale residua un rapporto di coobbligazione con le parti).

Osservazioni

In definitiva, sulla scorta del predetto sillogismo (il notaio è responsabile del pagamento dell'imposta principale; ha natura principale l'imposta prelevata al momento della registrazione; in occasione di quest'ultima va pagata l'imposta gravante sull'atto enunciante e su quello enunciato; il notaio è quindi responsabile per il pagamento anche dell'imposta dovuta con riguardo all'atto enunciato), si è così affermato che il notaio è responsabile d'imposta, ex art. 57, comma 1, del d.P.R. n. 131/1986, con valenza onnicomprensiva, sia in relazione all'atto enunciante che in relazione all'atto enunciato.

Pur prendendo atto della embrionale formazione di siffatto orientamento in seno alla sezione tributaria, il Collegio sostiene giustamente che non possono essere trascurate né sottovalutate le argomentazioni sostenute dalla diversa esegesi che si è prevalentemente consolidata nella dottrina (oltre che nella giurisprudenza di merito) in ordine alla posizione "neutrale" del notaio rispetto alla tassazione degli atti enunciati.

In una diversa prospettiva, adoperando una formulazione rigorosamente restrittiva, l'art. 10, lett. b), e l'art. 57, comma 1, del d.P.R. 131/1986, limitano l'obbligazione gravante a carico dei notai, rispettivamente, per la registrazione e per il pagamento dell'imposta di registro agli "atti da essi redatti, ricevuti o autenticati", rispetto ai quali soltanto la funzione di responsabile (oltre che di percettore) d'imposta può trovare giustificazione nel ruolo istituzionale di pubblico ufficiale rogante o autenticante.

Quello enunciato non è certo un atto redatto, ricevuto o autenticato dal notaio, altrimenti sarebbe stato già registrato e assoggettato a tassazione.

Mette in luce giustamente la Cassazione che, estendendo l'obbligazione al pagamento dell'imposta di registro agli atti enunciati, si travalica il confine segnato dalle norme richiamate, ponendo a carico del notaio una responsabilità fiscale per contratti o negozi rispetto ai quali egli non ha svolto alcuna funzione (per volontà delle stesse parti).

Se è vero, al contrario, peraltro, di quanto sostiene la Cassazione, che l'estensione della responsabilità del notaio al pagamento dell'imposta sugli atti richiamati non sembra, stando ad una prima impressione, porsi in dissonanza con la rivisitata ricostruzione dell'imposta di registro in termini di "imposta d'atto", secondo la visione della Corte Costituzionale (Si vedano le decisioni della Corte Cost. 21 luglio 2020, n. 158 e 16 marzo 2021, n. 39.), a cui si è conformata la stessa Cassazione (si vedano, tra le tante: Cass., Sez. 5, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5, 1 aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6-5, 12 gennaio 2022, n. 715), in quanto tale responsabilità è radicata pur sempre su elementi contenutistici interni all'atto enunciante, descritti con precisione nel testo dell'atto medesimo, è altrettanto vero che la tesi esegetica in esame verrebbe a dilatare la responsabilità fiscale del notaio in relazione a fattispecie formate da o tra soggetti privati, rispetto alle quali egli non era obbligato ab origine alla registrazione nè al pagamento dell'imposta di registro, essendo rimasto assolutamente estraneo alla loro formazione.

Onde, rispetto all'atto enunciato, sembrerebbe prima facie più coerente e convincente affermare che l'obbligo della registrazione e l'obbligo del pagamento dell'imposta di registro debbano gravare in via esclusiva sulle sole parti contraenti.

Per completezza, il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 22, comma 1, deve essere messo in stretta relazione sia con il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 64, a tenore del quale "i pubblici ufficiali devono indicare negli atti da loro formati gli estremi della registrazione degli atti soggetti a registrazione in termine fisso menzionati negli atti stessi", che con il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 65, comma 1, a tenore del quale: "I pubblici ufficiali non possono menzionare negli atti non soggetti a registrazione in termine fisso da loro formati, né allegare agli stessi, né ricevere in deposito, né assumere a base dei loro provvedimenti, atti soggetti a registrazione in termine fisso non registrati".

In notaio ha il dovere di menzionare nell'atto enunciante gli estremi della registrazione di quello enunciato. In sostanza, a carico del pubblico ufficiale è posto l'obbligo di verificare che l'atto richiamato sia stato debitamente assoggettato a registrazione e di preoccuparsi che le parti provvedano a tale adempimento preliminarmente alla stipula dell'atto enunciante.

Se il notaio contravviene a questo suo dovere, egli si rende corresponsabile con gli autori dell'atto enunciato dell'omesso pagamento dell'imposta di registro su tale atto.

Dunque, anche se il notaio non ha l'obbligo di versare l'imposta in solido con le parti dell'atto enunciato, la mancata “vigilanza” sull'operato altrui e il riconoscimento, nel documento negoziale da lui redatto, degli effetti giuridici generati da un altro atto normalmente connesso o presupposto, nonostante la mancata registrazione di quest'ultimo in violazione di un obbligo di legge, potrebbe rendere il professionista sanzionabile (insieme con gli autori dell'atto enunciato) per l'inadempiuto versamento dell'imposta relativa all'atto concluso anteriormente a quello stipulato con l'intervento notarile. Il pubblico ufficiale, in spregio ai precetti normativi, accetta scientemente che gli effetti dell'atto concluso con il suo ministero siano integrati da quelli scaturenti da un atto non registrato e non sottoposto a tassazione.

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