Utilizzo del credito per imposte pagate all'estero entro il termine ordinario di prescrizione

20 Settembre 2022

Una recente pronuncia della CTR Lombardia (sentenza n. 3260 del 3 agosto) si è occupata del termine di prescrizione per l'utilizzo del credito per imposte pagate all'estero, ai sensi dell'art. 165 Tuir.
Massima

La novellata formulazione dell'art. 165 Tuir non prevede alcun termine di decadenza per l'utilizzo del credito di imposta, sicché trova applicazione l'ordinario termine decennale di cui all'art. 2946 del codice civile. L'eliminazione dell'inciso "a pena di decadenza" è chiara espressione della volontà del legislatore di non subordinare ad un limite temporale l'esercizio del diritto alla detrazione, risultando quale requisito indefettibile la sola definitività dell'imposta.

Il caso

Un contribuente, fiscalmente residente in Italia, impugnava una cartella di pagamento con la quale l'Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto il credito per imposte pagate all'estero (Svizzera). In particolare, egli aveva indicato nel quadro CR1 del Modello Unico (PF 2015 - redditi 2014) il credito per le imposte assolte all'estero nell'anno 2012, calcolandolo sulla base delle risultanze reddituali degli anni di riferimento e procedendo alla relativa riliquidazione. Secondo la tesi del ricorrente, sebbene il credito di imposta in questione fosse relativo all'anno di imposta 2012, l'indicazione in dichiarazione dei redditi poteva avvenire in qualunque annualità, purché non fosse decorso il termine di prescrizione decennale. A sostegno di tale interpretazione, evidenziava la nuova formulazione del testo dell'art. 165 Tuir che non prevede più, come il precedente articolo 15, il rispetto del termine a pena di decadenza (art. 15, abrogato: "La detrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi (...); art. 165, vigente: "La detrazione di cui al comma 1 deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero). Pertanto, secondo il ricorrente, il credito da portare in detrazione deve essere calcolato sulla base delle risultanze reddituali dell'anno fiscale a cui si riferisce e non di quelle dell'anno oggetto della dichiarazione in cui viene detratto. I giudici di prime cure respingevano il ricorso avallando l'operato dell'Amministrazione finanziaria. Così motivava la Ctp: «A norma dell'art.165 comma 4 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 il credito per le imposte versato all'estero deve essere di regola inserito nella dichiarazione relativa al periodo in cui il reddito estero ha concorso a formare l'imponibile in Italia; l'art.165 comma 7 precisa che, qualora il pagamento all'estero delle imposte (con costituzione del relativo credito) si verifichi successivamente all'avvenuta presentazione della relativa dichiarazione in Italia, l'interessato deve procedere ad un nuova liquidazione dell'imposta dovuta ed il credito che ne risulta deve essere inserito nella prima dichiarazione utile. Ciò che la norma certamente esclude è che il contribuente possa arbitrariamente decidere in quale annualità di imposta inserire il credito per imposte pagate all'estero, poiché ciò sarebbe contrario al principio generale della autonomia di ciascun periodo di imposta; inoltre l'art.165 comma 7 d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 stabilisce che la detrazione per il credito di imposta non spetta in caso di omessa indicazione dei redditi prodotti all'estera nella dichiarazione presentata, da intendersi quale dichiarazione tempestivamente presentata. Nel caso in esame è pacifico che le imposte sono state versate all'estero nell'anno 2012, e quindi dovevano essere inserite nella dichiarazione dei redditi presentata nei 2013 relativa all'anno di imposta 2012. Invece il ricorrente ha tardivamente esposto il credito per le imposte pagate all' estero nella dichiarazione dei redditi presentata nell'anno 2015 relativa all'anno di imposta 2014».

Le questioni giuridiche e le soluzioni

Si rinvengono due orientamenti giurisprudenziali.

L'indirizzo giurisprudenziale (maggioritario) conforme.

Nella medesima direzione si pronunciava la stessa Ctr per la Lombardia (sentenza n. 3749 del 25 ottobre 2021) che, con una interpretazione ancora più “ampia”, riconosceva il diritto di credito del contribuente anche se ne viene omessa l'indicazione in dichiarazione dei redditi e, finanche, in caso di omessa presentazione della stessa. I giudici ambrosiani precisavano che l'omessa dichiarazione costituisce una mera violazione fiscale che deve essere di per sé sanzionata, ma ciò non può causare la perdita di crediti d'imposta spettanti: «l'omessa dichiarazione è sanzionabile in quanto tale ma nessuna norma dispone la decadenza del diritto al credito d'imposta quando effettivamente sussiste, non determinandosi alcun danno all'erario».

Faceva “da eco” la sentenza n. 2519 del 6 luglio 2021 in cui la stessa Ctr, in diversa composizione, affermava che la norma in questione subordina il riconoscimento del credito d'imposta per i redditi di fonte estera al verificarsi della produzione di un reddito (estero) sulla base dei medesimi criteri di collegamento contenuti nell'art. 23 del Tuir stabiliti per individuare quelli prodotti nel territorio dello Stato; il reddito prodotto all'estero deve concorrere alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente soltanto nel caso sia assoggettato ad un regime ordinario di tassazione e, infine, le imposte estere devono essere state pagate a titolo definitivo. «Sono queste, affermava il Collegio, le uniche condizioni che devono essere soddisfatte affinché possa trovare applicazione il meccanismo previsto dall'art. 165 e nessuna decadenza è prevista dalla norma. Fermo restando il requisito della definitività, la norma non pone limiti temporali di decadenza alla detrazione, ma si limita a prevedere che debba essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui "appartiene" il reddito prodotto all'estero al quale si riferisce l'imposta».

“Idem”, con doppia conforme, per Ctp di Miano n. 2498/2019 e Ctr Lombardia n. 70/2021. I giudici d'appello condividevano il capo della sentenza di primo grado in cui si era osservato che la norma vigente (art. 165), a differenza del precedente art. 15, comma 3, dello stesso Tuir non sanziona più con la decadenza la mancata richiesta della detrazione nella dichiarazione in cui viene esposto il reddito prodotto all' estero: «l'impiego del termine "calcolata” in luogo del termine “richiesta” utilizzato nel previgente art. 15, comma 3, (unitamente alla eliminazione della sanzione della decadenza), porta a ritenere che il legislatore abbia con tale norma semplicemente voluto rimarcare l'obbligo di determinare l'ammontare massimo del credito prendendo a riferimento gli elementi del periodo d'imposta in cui il reddito estero ha concorso a formare il reddito complessivo». L'intervenuta abrogazione di tale norma per effetto della nuova disciplina introdotta dall'art. 165 Tuir, affermavano a chiare lettere entrambe le Commissioni, ha determinato l'eliminazione del previsto termine di decadenza.

Nella sentenza n. 144/2021 la Ctp Milano, con riferimento al concetto di definitività delle imposte pagate all'estero quale presupposto per l'applicazione dell'art. 165 Tuir, statuiva per l'irrilevanza a tal fine del periodo di imposta in cui il beneficiario del reddito estero sia venuto in possesso della relativa certificazione. La definitività delle imposte assolte all'estero può essere desunta, secondo la sentenza della Ctp di Como n. 36/2021, da documenti attestanti in modo certo l'entità delle imposte estere e la circostanza che per esse il pagamento non è stato effettuato a titolo di acconto o in via provvisoria, in assenza di puntuali elementi contrari allegati dall'Ufficio.

Come sopra anche Ctp Milano n. 3924/2019 e nn. 398 e 861/2021, Ctr Lombardia nn. 893, 1096 e 4326/2019, 1271/2020 e 1108/2021, Ctr Piemonte n. 30/2019.

L'indirizzo giurisprudenziale (minoritario) contrario.

- Nella sentenza n. 32/2020, la Ctp di Sondrio ha affermato che il credito riferibile alle imposte già pagate all'estero può essere riconosciuto solamente se i redditi, oggetto di imposizione estera e che concorrono alla formazione del reddito complessivo in Italia, sono stati indicati nella relativa dichiarazione.

- Nella sentenza n. 2847/2020, la Ctp di Milano ha osservato che ai sensi dell'art. 165, comma 7, del d.P.R. n. 917 del 1986 qualora il pagamento delle imposte estere (con costituzione del relativo credito) si verifichi successivamente all'avvenuta presentazione della relativa dichiarazione in Italia, l'interessato deve procedere ad una nuova liquidazione dell'imposta dovuta ed «il credito che ne risulta deve essere inserito nella prima dichiarazione utile, senza che il contribuente possa arbitrariamente decidere in quale annualità».

- Nella sentenza n. 97/2020, la Ctr Lombardia ha affermato che laddove il pagamento in via definitiva dovesse intervenire successivamente alla dichiarazione, l'imposta sui redditi deve essere liquidata senza tener conto della detrazione ed il credito successivamente maturato può essere portato in detrazione nella prima dichiarazione successiva al momento in cui l'imposizione all'estero è divenuta definitiva.

Osservazioni

I giudici “del riesame”, aderendo all'orientamento maggioritario di cui sopra, decidono di ribaltare l'esito della controversia a favore della parte privata appellante non condividendo la prospettazione dell'Ufficio, confermata dal primo Giudice, basata su una lettura restrittiva del citato art. 165. «La norma in esame, chiosa il Collegio, non prevede alcun termine di decadenza per l'utilizzo del credito di imposta, sicché in tal caso trova applicazione l'ordinario termine decennale di cui all' art. 2946 cod. civ.».

A supporto di questa interpretazione depone, secondo la Ctr, la novellata formulazione dell'art. 165 Tuir rispetto al precedente art. 15, abrogato, e l'eliminazione dell'inciso "a pena di decadenza", chiara espressione della volontà del legislatore di non subordinare ad un limite temporale l'esercizio del diritto alla detrazione, risultando quale requisito indefettibile la sola definitività dell'imposta.

Inoltre, concludono i giudici milanesi, la lettura accolta è pienamente conforme al principio unionale del divieto di doppia imposizione che, in caso contrario, verrebbe indubbiamente leso stante l'accertato pagamento delle imposte all'estero da parte del contribuente.

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