Cosa accade se il condomino continua ad esercitare attività di bed & breakfast vietata?
26 Settembre 2022
Massima
La condanna a cessare immediatamente, cioè a non continuare lo svolgimento dell'attività di bed & breakfast esercitata da un condomino all'interno della propria unità immobiliare, è riconducibile alla categoria delle obbligazioni di non fare o negative, in cui la prestazione consiste in un comportamento di astensione dell'obbligato dal compiere determinati atti, di non svolgimento di determinate attività; se l'attività svolta nell'immobile è sovrapponibile ed assimilabile a quella di pensione o affittacamere, vietata dal regolamento contrattuale, deve ritenersi illegittima per violazione della norma regolamentare. Il caso
Un condomino esercitava, nell'immobile di sua proprietà ubicata nell'edificio condominiale, l'attività di bed & breakfast. Il Tribunale di Milano lo condannava a cessare immediatamente la suddetta attività e a corrispondere in favore del Condominio una penale pari ad € 50,00 per ogni giorno di prosecuzione della stessa. Di fronte alla mancata cessazione dell'attività, il Condominio notificava atto di precetto per il pagamento della penale. Seguiva opposizione al precetto ed instaurazione del giudizio ex art. 615 c.p.c., all'esito del quale il Tribunale milanese accoglieva l'opposizione, accertando la non debenza delle somme e annullando il precetto notificato, compensando tra le parti le spese di giudizio. Il Condominio, dunque, proponeva appello avverso la pronuncia, nella parte in cui questa riteneva fosse onere del Condominio provare che il condomino persistesse nello svolgimento dell'attività di bed & breakfast e che non fosse stata raggiunta la prova della continuazione dell'attività vietata dalla sentenza del Tribunale di Milano. Ad avviso dell'appellante la condanna del condomino a cessare immediatamente l'attività di bed & breakfast deve qualificarsi come obbligazione di facere infungibile e non come obbligazione di non fare. L'appellato restava contumace. La questione
Si tratta di capire se sia legittimo applicare una penale nei confronti del condomino che non cessi l'attività di bed & breakfast, esercitata nel proprio immobile e vietata dal regolamento condominiale; in particolare, se l'obbligo di cessare immediatamente l'attività vietata debba qualificarsi come obbligazione di facere infungibile o come obbligazione di non fare. Le soluzioni giuridiche
La Corte milanese accoglie l'appello proposto e, conseguentemente, in riforma dell'impugnata sentenza, rigetta l'opposizione avverso il precetto proposta dal condomino, condannandolo a rifondere alla parte appellante le spese del giudizio. Osservazioni
La Corte territoriale, con riguardo al contenuto specifico della condanna inflitta dal giudice di prime cure “a cessare immediatamente l'attività” di B&B denunciata dal Condominio - cioè a non continuare, ad astenersi dallo svolgimento della stessa - ha ritenuto che la condotta imposta debba ricondursi alla categoria delle obbligazioni di non fare o negative, in cui la prestazione consiste in un comportamento di astensione del debitore obbligato dal compiere determinati atti, di non svolgimento di determinate attività. Il condomino convenuto aveva affermato, opponendosi al precetto, di non svolgere più da tempo l'attività di B&B all'interno del proprio immobile, avendo locato l'intero appartamento (e non già le singole camere), e che il permanere della visibilità dell'appartamento sui siti internet era dovuta alla mancata cancellazione da parte dei gestori, anche se richiesta. Lo stesso condomino aveva comunicato allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) del Comune milanese la cessazione dell'attività di B&B, e la modifica sui portali web dell'offerta sull'intero appartamento come locazione turisticae non più per singole camere. Per locazione turistica, possiamo intendere un contratto con il quale una parte si obbliga a far godere all'altra un immobile, per un determinato tempo e a fronte di un determinato corrispettivo, per finalità turistiche. Pur in assenza di una vera e propria definizione normativa, la locazione turistica è connotata da alcune caratteristiche: è rivolta a soggetti che soggiornano nell'immobile per soddisfare esigenze di natura turistica (e non esigenze abitative stabili) e ha ad oggetto la mera concessione in godimento dell'appartamento, senza prestazione di servizi aggiuntivi (come ad esempio la colazione, la ristorazione, la pulizia delle camere, cambio biancheria, ecc.). Il regolamento condominiale faceva divieto di destinare le unità immobiliari di proprietà individuale a pensioni o camere d'affitto. Osserva il giudice distrettuale meneghino che l'affitto breve turistico, si distingue dal B&B per l'erogazione esclusiva di servizi di alloggio con esclusione di qualsiasi servizio aggiuntivo o complementare a carattere alberghiero. Invece, da recensioni rilasciate dai clienti, emergeva che il pernottamento degli ospiti era stato mediamente di uno o due giorni e che, nell'offerta di alloggio nell'immobile di proprietà del condomino erano messi a disposizione degli ospiti una serie ulteriore di servizi - oltre quelli esclusivi di alloggio - caratterizzanti l'ospitalità di tipo alberghiero. Il condomino - aggiunge il Collegio - non ha corredato l'allegazione di destinazione dell'immobile a locazione breve per fini turistici con quella attinente all'inserimento nel contesto del settore turistico della presunta tipologia locatizia alla quale ha dichiarato di aver fatto ricorso, ovvero il riferimento alla preventiva stipula in forma scritta degli affitti brevi, all'emissione di ricevute, alla comunicazione alla Questura, all'effettuazione degli adempimenti previsti dalla l.r. 1 ottobre 2015, n. 27, quali l'inoltro della dichiarazione di gestione di struttura ricettiva destinata a casa/appartamento vacanza, l'iscrizione dell'immobile all'anagrafe regionale delle strutture turistiche. Dalla documentazione fornita dal Condominio, risultava un'offerta (pubblicizzata sul web) di servizi di locazione turistica in cinque unità immobiliari dell'appellato. Tuttavia, ai sensi dell'art. 26, comma 2 della l.r. n. 27/2015, la gestione degli appartamenti per vacanze in forma non imprenditoriale si configura quando coloro che la esercitano hanno la disponibilità di non più di tre unità abitative e la svolgono in maniera non continuativa, osservando a tal fine un periodo di interruzione dell'attività non inferiore a novanta giorni all'anno, anche non continuativi. In definitiva, dalle risultanze processuali, la Corte d'Appello ha desunto lo svolgimento, nell'immobile, di una attività organizzata in modo imprenditoriale con caratteri di tipo paralberghiero, comunque assimilabile a quella di pensione o affitto di camere, vietata dal regolamento del condominio. In merito alle clausole regolamentari che vietano o limitano determinate attività all'interno delle unità immobiliari esclusive, una parte della giurisprudenza ha ritenuto che esse diano vita ad obbligazioni propter rem con contenuto negativo di non conferire all'immobile una certa destinazione (Cass. civ., sez. II, 5 settembre 2000, n. 11684; Cass. civ., sez. II, 13 agosto 2004, n. 15763; Cass. civ., sez. II, 16 ottobre 1999, n. 11692; Trib. Roma 10 marzo 2011, n. 5177). Altra parte della giurisprudenza, invece, ha affermato che si è in presenza, in particolare, di servitù reciproche negative, che si esauriscono nell'obbligo dei condomini gravati ad un non facere (Cass. civ., sez. II, 26 maggio 2022, n. 17159; Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 2016, n. 21024; Cass. civ., sez. II, 10 novembre 2021, n. 33104; Trib. Catania 18 marzo 2022). L'art. 614-bis c.p.c., introdotto dalla l. 18 giugno 2009, n. 69, ha previsto uno strumento di coercizione indiretta al fine di incentivare l'adempimento spontaneo degli obblighi non facilmente coercibili. La disposizione prevede, in capo al soggetto inadempiente, l'obbligo di pagare una somma di denaro al fine di indurlo a realizzare la sua obbligazione. Il giudice, previa richiesta della parte, unitamente al provvedimento di condanna ad un fare o a un non facere, fissa una somma di denaro che l'obbligato dovrà versare per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento. Ciò al fine di esercitare una pressione psicologica sull' obbligato per indurlo all'adempimento spontaneo. Si è al cospetto, quindi, di una misura coercitiva volta a garantire gli obblighi di fare infungibile o di non fare, per i quali non è concepibile un'attività sostitutiva di un terzo rispetto a quella richiesta all'obbligato e non può, dunque, operare l'esecuzione forzata diretta ex art. 612 c.p.c. Trattasi, dunque, di un rimedio che ricalca l'istituto di origine francese delle c.d. astreintes, con funzione indennitaria a beneficio del creditore, e diffuso altresì nell'ordinamento tedesco come sanzione in favore del fisco. Il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, come convertito dalla l. 6 agosto 2015, n. 132, ha visto l'integrale sostituzione del testo dell'art. 614-bis c.p.c. con quello attualmente in vigore, anche se le modifiche, di fatto, abbiano riguardato soltanto la rubricazione - che ora parla più genericamente di “Misure coercitive indirette”, mentre in precedenza era “Attuazione degli obblighi di fare infungibile o di non fare” - e l'introduzione espressa del riferimento, nel corpo dell'articolo, alle obbligazioni cui è applicabile che, ora, sono tutti gli obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro. La misura prevista dall'art. 614-bis c.p.c. è volta ad assicurare l'attuazione sollecita della condanna, essendo funzionale a favorire la conformazione a diritto della condotta della parte inadempiente. Si ottiene così la riduzione del possibile pregiudizio o del danno in capo alla parte vittoriosa. Riferimenti
Scalettaris, La clausola del regolamento condominiale limitativa dell'utilizzo dell'unità di proprietà esclusiva, in Immob. & proprietà, 2022, fasc. 7, 433; Ginesi, Limiti posti dal regolamento contrattuale alle proprietà individuali: natura, opponibilità e rilevabilità in giudizio, in Immob. & proprietà, 2018, fasc. 5, 296. |