Il disconoscimento della conformità della copia fotostatica rispetto all'originale non vincola il giudice

12 Ottobre 2022

Una recente sentenza della Commissione Tributaria Regionale si pronuncia in merito al disconoscimento, in una controversia relativa a cartelle di pagamento, della conformità delle copie fotostatiche prodotte rispetto agli originali.
Massima

Il giudice può liberamente apprezzare l'efficacia rappresentativa della copia fotostatica della documentazione prodotta, anche mediante altri mezzi di prova (comprese le presunzioni), non essendo vincolato dall'avvenuto disconoscimento della riproduzione.

Il caso

La controversia concerneva l'impugnazione da parte di un contribuente di una intimazione di pagamento riportante i debiti di cui alle sottese cartelle di pagamento. Solo in fase di memoria il ricorrente contestava la costituzione in giudizio dell'Agenzia Entrate-Riscossione (di seguito solo AdER) avvenuta per il tramite di un avvocato del libero foro e disconosceva la conformità delle copie fotostatiche prodotte rispetto agli originali nonché la sottoscrizione apposta sulle cartoline di notifica. AdER non produceva gli originali ma in sede di udienza evidenziava l'inammissibilità delle eccezioni presentate con la memoria illustrativa poiché da qualificarsi come motivi aggiunti non notificati alla controparte in violazione dell'art. 24 del rito tributario. I giudici di prime cure accoglievano il ricorso dichiarando la nullità dell'avviso di intimazione opposto per omessa notifica delle prodromiche cartelle di pagamento. In particolare, la Ctp accoglieva l'eccezione del ricorrente avendo accertato la mancata produzione dell'originale da parte di AdER e, comunque, per non avere quest'ultima provveduto al procedimento di verificazione, oltre ad aver ritenuto sufficientemente chiaro e circostanziato il disconoscimento. Nel proporre appello, l'agente della riscossione eccepiva l'error in iudicando per violazione del predetto art. 24 in quanto il disconoscimento della sottoscrizione apposta sulla relata di notifica delle cartelle costituiva un motivo nuovo proposto solo in sede di memoria illustrativa e quindi inammissibile in quanto non notificata alla controparte del giudizio di primo grado nella forma e con il rito dei motivi aggiunti.

I giudici “del riesame” decidono di sovvertire l'esito della controversia a favore della parte pubblica appellante. La Ctr evidenzia come il contribuente avesse sì impugnato l'intimazione eccependo il difetto di notifica delle prodromiche cartelle di pagamento ma formulando, solo in un secondo momento, il disconoscimento della conformità. Viene richiamata dai giudici d'appello una pronuncia della Suprema Corte di Cassazione (n. 311 del 10 gennaio 2020) secondo cui la conformità all'originale può essere accertata anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni, ben potendo il giudice liberamente apprezzare l'efficacia rappresentativa della copia fotostatica della documentazione prodotta, non essendo vincolato dall'avvenuto disconoscimento della riproduzione. Pertanto, posto che la notifica di alcune cartelle era avvenuta ad indirizzo riconducibile al ricorrente a cui erano state trasmesse tutte le altre raccomandate delle notifiche avvenute alla casa comunale, il Collegio ha ritenuto che il contribuente fosse stato a conoscenza della cartella notificatagli. In ogni caso, conclude la Ctr, il disconoscimento era avvenuto solo con memoria integrativa e l'AdER non era stata messa nelle condizioni di produrre gli originali all'udienza e non le era nemmeno stato offerto un termine per l'integrazione documentale in violazione delle norme processuali poste a tutela del contraddittorio.

Le questioni

Si rinvengono alcuni precedenti giurisprudenziali.

- In senso contrario rispetto alla pronuncia in commento, si pronunciava la stessa Ctr per la Lombardia (sentenza n. 83 dell'11 gennaio 2021) che, con una interpretazione più restrittiva della precedente, osservava che nell'ipotesi in cui il contribuente contesti l'avvenuta notifica degli atti impositivi/esattivi e la conformità all'originale delle copie allegate in giudizio è compito dell'ente impositore/agente della riscossione allegare l'originale, per intero, degli avvisi/cartelle di pagamento e della loro regolare notifica, in modo da fornire piena prova della correttezza del proprio operato sia in relazione al contenuto dell'atto che in relazione alla regolare notificazione. Non soddisfa tale onere probatorio, aggiungevano i giudici, la presentazione degli estratti di ruolo che non costituiscono prova dell'effettiva conoscenza degli atti in esso indicati da parte del contribuente, avendo gli stessi solo valore di una mera informazione di un fatto che si è verificato.

- Nello stesso senso della pronuncia in commento (sent. n. 1891 dell'8 settembre 2020), i giudici ambrosiani statuivano che il disconoscimento di una copia fotografica o fotostatica all'originale di una scrittura, ai sensi dell'art. 2719 c.c., ai fini probatori non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata previsto dall'art. 215 c.p.c., comma 1, n. 2. In tal senso, pertanto, «può comunque attribuirsi valenza probatoria alle copie delle relate di notifica prodotte in giudizio dall'agente della riscossione sulla scorta di altri elementi indiziari desumibili dagli atti».

- Ad analogo “approdo” giungevano i giudici milanesi con la recente sentenza n. 167 del 24 gennaio 2022 in un caso in cui un contribuente proponeva appello avverso una sentenza emessa dalla Ctp che aveva respinto il ricorso presentato in cui era stata eccepita l'omessa notifica delle prodromiche cartelle di pagamento, sostenendo di aver avuto notizie di esse solo tramite estratto di ruolo richiesto all'agente della riscossione. In particolare, il ricorrente aveva eccepito che la documentazione prodotta in copia dalla controparte era stata da lui «disconosciuta in forma specifica», ai sensi degli artt. 215 c.p.c. e 2719 c.c., già nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado. Ne conseguiva, a giudizio del contribuente, che, in assenza della produzione degli originali, non doveva essere ritenuta valida ai fini del perfezionamento della notifica degli stessi e che la mancata richiesta del giudizio di verificazione ex art. 215 c.p.c. da parte dell'Ufficio rendeva la documentazione dallo stesso depositata in primo grado non più utilizzabile. La Ctr respingeva, anche in questo caso, l'appello della parte privata affermando che il disconoscimento della conformità di una copia fotostatica all'originale presuppone che siano evidenziati in modo chiaro e circostanziato a quali atti e a quali aspetti dei singoli atti si riferisce, non potendosi limitare ad un generico disconoscimento. Il fatto che un documento versato in atti in fotocopia sia disconosciuto ex art. 2719 c.c., «esclude che abbia la medesima efficacia dell'atto originale, ma non elide del tutto, sic et simpliciter, il suo valore probatorio»: il disconoscimento della conformità all'originale non vincola il giudice nell'apprezzare la valenza indiziaria della copia prodotta. Nel caso di specie, secondo la Commissione, la documentazione prodotta in atti dall'AdER dava prova della regolarità delle notifiche delle cartelle esattoriali opposte, notificate a mezzo posta come da relativi avvisi di ricevimento. Peraltro, i giudici sottolineavano come il contribuente, successivamente alla notifica delle cartelle de quo, avesse avuto notizia di esse e del loro contenuto con avvisi di intimazione notificati a mezzo Pec e, limitatamente ad una di esse, con atto di pignoramento presso terzi notificato a mezzo posta. La notificazione dei predetti atti confermava ulteriormente come il contribuente avesse avuto piena conoscenza delle cartelle in questione e del loro contenuto molto prima della data dell'estratto di ruolo richiesto all'agente della riscossione.

- Con riferimento “all'ambiente digitale” e, in particolare, alla notificazione via pec dell'originale telematico della cartella di pagamento, la Ctr per la Lombardia (sent. n. 1682 del 3 maggio 2021) ha affermato che la produzione in giudizio del duplicato informatico del file originale notificato (.eml) rende prive di pregio le contestazioni del contribuente fondate sul disconoscimento della prova di notifica delle cartelle di pagamento. La Commissione puntualizza che l'art. 1, comma 1, lett. p), d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'Amministrazione Digitale), definisce il documento informatico come una «rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti», in contrapposizione al documento analogico, definito con la litote di una «rappresentazione non informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti» (art. 1, comma 1, lett. p-bis, d.lgs. n. 82/2005). Il documento informatico può soddisfare il requisito legale della forma scritta se possiede «qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità» (art. 20, comma I-bis, d.lgs. n. 82/2005); esso viene distinto in quattro categorie: 1) documento informatico nativo digitale, 2) copia informatica di documento analogico, 3) copia informatica di documento informatico, 4) duplicato informatico. Quest'ultimo, ha osservato la Ctr, è un file del tutto identico all'originale, anche nella sequenza di bit, di talché non è identificabile un file originale ed un file derivato (copia informatica) ma costituiscono un doppio originale (un duplicato informatico si può realizzare, ad esempio, semplicemente con la funzione "copia/incolla"). La produzione in giudizio del duplicato informatico rendeva, pertanto, prive di pregio le contestazioni del contribuente.

- Rimanendo sempre in “ambiente digitale”, la Ctr per la Lombardia (sent. n. 4308 del 30 novembre 2021) ha esaminato un caso in cui il contribuente contestava l'assenza dell'attestazione di conformità dei documenti prodotti dalla controparte e la mancata esperita istanza di verificazione ex art 216 c.p.c. durante il giudizio di primo grado. Sulla carenza dell'attestazione di conformità, la Commissione ha osservato come l'art. 25-bis del d.lgs. n. 546/1992 stabilisce che il difensore delle parti e parimenti il dipendente dell'ente impositore e dell'agente della riscossione, “attestano la conformità della copia informatica, anche per immagine, del documento formato su supporto cartaceo e detenuto in originale o in copia conforme, secondo le modalità previste dal d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell'Amministrazione Digitale), copia che in tal caso equivale all'originale o alla copia conforme. Inoltre, aggiungevano i giudici milanesi, proprio l'art. 22 CAD stabilisce che «le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all'art. 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all'originale non è espressamente disconosciuta». Il disconoscimento della conformità di una copia all'originale di un documento, statuiva il Collegio, non può avvenire con clausole di stile generiche e omnicomprensive, ma va operata, a pena di inefficacia, in modo chiaro e circostanziato ed in ogni caso la contestazione non impedisce al giudice di accertare la conformità all'originale anche mediante altri mezzi di prova, comprese le presunzioni. Nel caso di specie, tale disconoscimento non poteva dirsi sussistente nella difesa del ricorrente per genericità della richiesta. Quanto, poi, alla mancata esperita istanza di verificazione la Ctr ha osservato che per giurisprudenza prevalente (Cass., sentenza 15035/2016) la contestazione della ricevuta di consegna Pec non necessita della proposizione di querela di falso; tuttavia, la Commissione ha rilevato che, in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni informatiche di cui all'art. 2712 c.c., il disconoscimento idoneo a fare perdere ad esse la qualità di prova, pur non soggetto ai limiti e alle modalità di cui all'art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell'allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta, anche se non ha gli stessi effetti del disconoscimento previsto dall'art. 215 c.p.c., comma 2, perché mentre questo, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, preclude l'utilizzazione della scrittura, il primo non impedisce che il giudice possa accertare la conformità all'originale anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. ordinanza n. 19155/2019).

Osservazioni

Giova ricordare, a parere di chi scrive, che anche nel processo tributario si applica il procedimento di verificazione (artt. 216-220 c.p.c.) in virtù del rinvio dinamico alle norme del c.p.c. contenuto nell'art. 1, comma 2, del “rito” tributario (d.lgs. 546/1992) nonché dell'art. 2, comma 3, dello stesso rito secondo cui "il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio".

Il procedimento di verificazione prevede che la parte contro cui la scrittura è prodotta neghi nella prima difesa utile che la scrittura e/o la sottoscrizione siano le sue; se così avviene il giudice non può usare quel documento ai fini della decisione ed è la parte che l'ha prodotto a doversi attivare per consentirne, invece, l'utilizzo formulando apposita istanza.

Per quanto concerne, invece, la produzione in giudizio di un atto «coperto da fede pubblica», in caso di contestazioni sulla sua genuinità, occorre proporre querela di falso e, in tal caso, il giudice tributario è tenuto a sospendere il giudizio ai sensi dell'art. 39, comma 1, d.lgs. 546/1992.

L'ipotesi che più di sovente si riscontra nelle controversie in materia di riscossione dei tributi è la produzione della fotocopia della scrittura o dell'atto che soggiace, ai fini probatori, alla regola degli artt. 2712 e 2719 c.c. che attribuiscono alle riproduzioni lo stesso valore degli originali, salvo che non vengano disconosciute e sempreché la loro conformità con l'originale non sia già stata attestata da un pubblico ufficiale competente. Come si è visto dalle pronunce precedentemente esaminate, la giurisprudenza si è divisa: in alcune sentenze si ritiene che se chi ha prodotto la fotocopia, su apposita eccezione di controparte, non esibisce l'originale il giudice potrà comunque trarne la prova della conformità da altri elementi (anche presuntivi); in altre sentenze, invece, gli interpreti valorizzano la lex specialis (art. 22, comma 5, d.lgs. n. 546/ 1992) , statuendo per l'inutilizzabilità ai fini della decisione del documento prodotto in copia, nella misura in cui essa testualmente dispone che "ove sorgano contestazioni il giudice ordina l'esibizione degli originali degli atti e dei documenti …” (inter alias, Cass. 8446/2015).

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