Comodato di un immobile adibito a casa familiare

Katia Mascia
18 Ottobre 2022

Il Tribunale di Massa ribadisce il principio secondo il quale la facoltà concessa al comodante di chiedere la restituzione immediata dell'immobile in comodato trova un limite nella natura della destinazione dell'immobile oggetto del contratto, quando esso è adibito ad abitazione familiare.
Massima

Se l'immobile concesso in comodato è destinato ad abitazione del nucleo familiare, il comodante, ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c., può esigerne la restituzione immediata soltanto al sopravvenire di un bisogno urgente ed imprevisto, successivo rispetto al momento della stipula del contratto; tale bisogno non deve essere necessariamente grave, bensì serio, non voluttuario né artificialmente indotto.

Il caso

L'attrice adiva il Tribunale di Massa al fine di ottenere, in via principale, la restituzione senza dilazione di un appartamento concesso in comodato gratuito alla convenuta e, riconvenzionalmente, il ristoro del danno economico subito per il mancato rispetto della promessa di acquisto dell'immobile da parte della convenuta e l'indebita occupazione dello stesso, da cui derivava un mancato guadagno che si sarebbe potuto trarre concedendo in locazione l'immobile. Chiedeva che fosse dichiarato il suo diritto a trattenere definitivamente la somma già ricevuta da controparte, a titolo di risarcimento del suddetto danno.

Si costituiva in giudizio la convenuta, la quale concludeva, in via principale, per il rigetto della domanda attorea, affermando di detenere l'immobile a titolo di comodato gratuito destinato ad abitazione del nucleo familiare e, nell'ipotesi in cui fosse stata accolta la domanda introduttiva chiedeva che fosse concesso il più ampio tempo possibile per il rilascio dell'immobile. In via riconvenzionale, infine, domandava la restituzione, da parte del comodante, delle somme indebitamente incassate come rate di mutuo.

La questione

Si tratta di capire se l'attrice - proprietaria di un immobile concesso in comodato gratuito e destinato dalla comodataria ad abitazione del proprio nucleo familiare - abbia il diritto di richiedere l'immediata restituzione del bene non appena ne faccia richiesta, ai sensi dell'art. 1810 c.c., oppure se, essendo il bene destinato ad un determinato uso, possa recedere dal contratto soltanto nell'ipotesi in cui sopravvenga un suo bisogno urgente e imprevisto, ex art. 1809, comma 2, c.c.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Massa rigetta la domanda di risoluzione del contratto di comodato avente ad oggetto l'immobile abitato dalla convenuta, condannando l'attrice a restituire a quest'ultima la somma indebitamente trattenuta, nonché alla rifusione delle spese di lite. Rigetta, inoltre, tutte le ulteriori domande avanzate dalle parti.

Osservazioni

Ai sensi dell'art. 1803 c.c., il comodato è il contratto, essenzialmente gratuito, con il quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinchè se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta. Il codice civile disciplina due forme di comodato, quello propriamente detto, regolato dagli artt. 1803 e 1809, e quello c.d. precario, al quale si riferisce l'art. 1810 c.c., rubricato “Comodato senza determinazione di durata”. Soltanto in questo secondo caso, caratterizzato dalla mancata pattuizione di un termine e dall'impossibilità di desumerlo dall'uso cui doveva essere destinata la cosa, che è consentito al comodante richiedere ad nutum il rilascio al comodatario. L'art. 1809 c.c. concerne, invece, il comodato sorto con la consegna della cosa per un tempo determinato o per un uso che consente di stabilire la scadenza contrattuale.

Ai sensi del comma 2 di tale disposizione, il comodante può esigere la restituzione immediata dell'immobile, anche prima che il comodatario abbia cessato di servirsi della cosa, se sia sopravvenuto un suo bisogno urgente e imprevisto - rispetto al momento della stipula del contratto di comodato - anche non grave, senza che rilevino bisogni non attuali, nè concreti o solo astrattamente ipotizzabili (Cass. civ., sez. un., 29 settembre 2014, n. 20448; Cass. civ., sez. III, 17 ottobre 2016, n. 20892; Cass. civ., sez. III, 5 febbraio 1987, n. 1132; App. Catania 9 febbraio 2022, n. 140).

Tuttavia, qualora l'immobile concesso in comodato venga utilizzato come abitazione, la rilevanza dell'interesse del comodatario diviene più significativa, imponendo al giudice di usare la massima attenzione per operare il controllo di proporzionalità e di adeguatezza nel comparare le esigenze di tutela della famiglia con il contrapposto bisogno del comodante (Cass. civ., sez. III, 5 marzo 2019, n. 6323).

Giova ricordare per completezza che, accanto alle ipotesi contemplate dal codice civile - contratto di comodato con prefissione di termine o senza determinazione di durata - la giurisprudenza (Cass. civ., sez. III, 12 marzo 2008, n. 6678; Cass. civ., sez. I, 6 aprile 2018, n. 8571) ritiene configurabile un tertium genus, configurando come figura atipica, non riconducibile nè al modello legale del comodato a termine (art. 1809 c.c.), nè a quello del comodato senza limitazione di tempo (art. 1810 c.c.), il contratto di comodato immobiliare con il quale le parti abbiano previsto che la restituzione del bene da parte del comodatario debba avvenire nel caso in cui il comodante ne abbia necessità. In presenza di una tale clausola il comodato non è a termine, in quanto la verificazione della necessità che il comodante può addurre come motivo di rilascio (e che può essere della più varia specie, con il solo limite che deve trattarsi di un bisogno di riavere la disponibilità dell'immobile per goderne in uno dei modi consentiti dal titolo di godimento che su di esso si ha) è evento incertus an.

La specialità del comodato di terzo genere non sta, dunque, nell'apprestare un particolare statuto giuridico agendo sul profilo temporale del rapporto, ma nel rendere negoziabile il potere di restituzione sottraendolo alla regola dell'esercizio discrezionale e facendo sì che il comodante possa farne uso solo al ricorrere delle condizioni convenute dalle parti.

Nel caso sottoposto al suo esame, il Tribunale di Massa evidenzia che, qualora il comodato di un bene immobile sia stato stipulato senza limiti di durata in favore di un nucleo familiare già formato o in via di formazione, si configura un comodato non precario, caratterizzato dalla non prevedibilità del momento in cui la destinazione del bene verrà a cessare. In tale ipotesi, per effetto della concorde volontà delle parti, si imprime al comodato un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari, idoneo a conferire all'uso il carattere implicito della durata del rapporto, anche oltre la crisi coniugale e senza possibilità di far dipendere la cessazione del vincolo solo dalla volontà, ad nutum, del comodante.

Pertanto, il rilascio dell'immobile, finché non cessano le esigenze abitative familiari cui esso è stato destinato, può essere richiesto, ai sensi dell'art. 1809, comma 2, c.c., soltanto nell'ipotesi di un bisogno contrassegnato dall'urgenza e dall'imprevedibilità (Cass. civ., sez. III, 3 dicembre 2015, n. 24618; App. Bari 19 ottobre 2021, n. 1794; Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2017, n. 13716).

La giurisprudenza ha, altresì, specificato che i componenti del nucleo familiare del concessionario del godimento dell'immobile destinato ad abitazione non devono ritenersi estranei alla titolarità di quel godimento, in considerazione dell'indicata specifica destinazione del bene (Cass. civ., sez. III, 17 arile 1986, n. 2723). Infatti, nell'ipotesi in cui - in sede di separazione personale - la casa familiare, concessa in comodato ai coniugi, per il tempo della loro convivenza, venga assegnata al coniuge affidatario dei figli, questi succede nella titolarità del rapporto di comodato, ricorrendo la medesima ratio dell'interesse della prole a non abbandonare la casa familiare (Cass. civ., sez. III, 17 luglio 1996, n. 6458).

L'assegnazione dell'immobile in sede di separazione determina la successione del coniuge assegnatario nel rapporto di comodato, senza modificarne l'originaria fonte contrattuale (Cass. civ., sez. VI, 12 febbraio 2018, n. 3302). In definitiva, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa, idoneo ad escludere uno dei coniugi dall'utilizzazione in atto e a concentrare il godimento del bene in favore della persona dell'assegnatario, resta regolato dalla disciplina del comodato negli stessi limiti che segnavano il godimento da parte della comunità domestica nella fase fisiologica della vita matrimoniale.

Come la Suprema Corte ha avuto modo di affermare in più occasioni, l'attore che deduca che un immobile è stato concesso in godimento in forza di un contratto ha l'onere di provare la fonte del proprio diritto e la successiva estinzione del rapporto obbligatorio, e quindi il venir meno del titolo legittimante l'ulteriore godimento della cosa (Cass. civ., sez. III, 23 novembre 2021, n. 36057; Cass. civ., sez. un., 30 ottobre 2001, n. 13533). In altri termini, colui che chiede in restituzione deve provare il titolo in base al quale è avvenuta la consegna del bene e il successivo venir meno per qualsiasi causa, in quanto l'uno e l'altro elemento sono fatti costitutivi della domanda, la cui dimostrazione incombe all'attore.

Nel caso in esame, l'attrice non ha fornito alcuna prova di una situazione di fatto idonea a qualificare diversamente il contratto. Ha sostenuto che l'immobile fosse occupato dalla convenuta che si era offerta di acquistarlo. Tuttavia, una proposta di acquisto richiede necessariamente la prova scritta a pena di nullità, ai sensi dell'art. 1351 c.c., che, in tal caso, difetta. Pertanto, secondo il giudice toscano, poiché non sussiste la causa dei suddetti versamenti, la domanda della convenuta deve qualificarsi come ripetizione dell'indebito e deve essere accolta.

In merito, poi, alla richiesta dell'attrice di restituzione dell'immobile destinato dalla convenuta, fin dal 1991, ad abitazione del nucleo familiare, le ragioni avanzate a sostegno non sono ritenute valide. L'art. 1809, comma 2, c.c. consente al comodante di esigere la restituzione immediata della cosa soltanto al sopraggiungere di un suo urgente e imprevisto bisogno. Tale non puo ritenersi la necessità, peraltro non provata, di compiere opere di manutenzione straordinaria dell'immobile, neanche descritte adeguatamente.

Ma allora quando si può dire che un bisogno è urgente e imprevisto?

È in giurisprudenza che si trova la risposta. Non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire di un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante - che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione - consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante (Cass., sez. un., n. 20448/2014, cit.).

Dunque, non sussistendo - a detta del giudice toscano - titolo per il rilascio dell'immobile, conseguentemente è destituita di fondamento anche la domanda di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata disponibilità del bene. Vanno pertanto restituite alla convenuta le somme sborsate relative a rate di mutuo corrisposte all'attrice. Non vanno invece rimborsate dal comodante le spese che la convenuta dichiara di aver sostenuto per manutenzioni straordinarie, pur non fornendone alcuna prova. In ogni caso, la previsione normativa di cui all'art. 1808 c.c. sancisce espressamente che il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa (comma 1) ma ha il diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se necessarie e urgenti.

Dunque, il comodatario, in caso di necessità e urgenza, ha l'obbligo di anticipare le somme relative alle spese straordinarie acquisendo il diritto al rimborso, anche se non ha preavvertito il comodante. La necessità e l'urgenza devono essere caratteri obiettivi e la straordinarietà non dipende dall'entità della spesa.

Orbene, secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, il comodatario che, al fine di utilizzare la cosa, debba affrontare spese di manutenzione straordinaria (non riconducibili alla categoria delle spese straordinarie necessarie e urgenti per la conservazione della cosa) può liberamente scegliere se provvedervi o meno, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non può, conseguentemente, pretenderne il rimborso dal comodante (Cass. civ., sez. III, 6 novembre 2002, n. 15543; Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2013, n. 17941; Cass. civ., sez. II, 23 agosto 2021, n. 23294; Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 2016, n. 21023; Cass. civ., sez. I, 14 giugno 2018, n. 15699).

Guida all'approfondimento

Emiliozzi, Contratto di comodato senza indicazione del termine e restituzione del bene, in Giur. it., 2017, fasc. 7, 1557;

Russo, Comodato di casa familiare, divieto di recesso ad nutum e rilevanza dell'elemento volitivo, in Fam. e dir., 2016, fasc. 8-9, 757;

Cipriani, Il comodato senza determinazione di tempo: un tertium genus?, in Rass. dir. civ., 2008, 1152.

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