Impugnazione diretta dell'estratto di ruolo: la novella del 2021 è applicabile ai processi pendenti

Aldo Natalini
18 Ottobre 2022

Le Sezioni Unite civili della Cassazione tornano ad occuparsi della questione relativa alla possibilità per il contribuente di impugnare “in via diretta” gli atti di riscossione, anche insieme col ruolo.
Massima

In tema di riscossione a mezzo ruolo, l'art. 3-bis del D.L. 21 ottobre 2021, n. 146, inserito in sede di conversione dalla L. 17 dicembre 2021, n. 215, col quale, novellando l'art. 12 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 è stato inserito il comma 4-bis, si applica ai processi pendenti, perché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata.

Sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 111 e 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 CEDU e all'art. 1 del protocollo addizionale n. 1 della Convenzione.

Il caso

Un contribuente “scopriva” per caso, solo a seguito della comunicazione degli estratti di ruolo da parte del concessionario, di essere destinatario di iscrizioni di ruolo, cartelle ed intimazioni di pagamento nonché di iscrizione ipotecaria per debiti tributari.

Impugnava pertanto tali atti eccependone la nullità per non averne mai avuto legale conoscenza, mediante rituale notifica; deduceva altresì innanzi al giudice tributario la violazione dell'art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602/1973 e la conseguente illegittimità dell'iscrizione ipotecaria, in quanto non preceduta da rituale comunicazione e dalle propedeutiche notifiche.

In primo grado la locale Commissione tributaria accoglieva il ricorso, ritenendolo tempestivo perché considerava impugnabile l'estratto di ruolo, non avendo l'agente della riscossione dimostrato la rituale notifica delle cartelle né specificato il loro contenuto, essendosi limitata a depositare le copie delle relative “scritture”, giudicate irrilevanti ai fini della prova dell'avvenuta notifica; inoltre, benché invitato, non aveva dimostrato di aver notificato la comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria.

Interposto appello dal concessionario, la Commissione regionale lo respingeva, convenendo col giudice di primo grado circa l'impugnabilità dell'estratto di ruolo, in quanto parziale riproduzione del ruolo (annoverato tra gli atti impugnabili dall'art. 19 D.Lgs. n. 546/1992); nel merito, ribadiva la nullità dell'iscrizione ipotecaria, per omessa comunicazione preventiva, secondo il giudice d'appello necessaria anche prima dell'introduzione del comma 2-bis dell'art. 77 d.P.R. n. 602/1973.

Avverso tale decisione, proponeva ricorso per cassazione il concessionario per la riscossione, che lamentava la violazione di legge in ragione dell'affermata impugnabilità dell'estratto di ruolo, atto (interno) non ricompreso nell'elenco tassativo di cui all'art. 19, comma 1, D.Lgs. n. 546/1992 sicché, in mancanza della notifica di un vero e proprio atto impositivo, non sussisterebbe in capo al contribuente un interesse concreto ed attuale ex art. 100 c.p.c., a proporre un giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, non essendo ammissibile richiedere l'accertamento negativo del credito.

La Sezione tributaria della Cassazione, ravvisata la questione di massima di particolare importanza concernente i limiti di impugnazione fissati dallo ius superveniens che, frattanto, ha sancito la non impugnabilità dell'estratto di ruolo, ha rimesso gli atti al Primo presidente per l'assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite civili (v. Cass., Sez. V, ord. n. 4526/2022, in Giurisprudenza commentata del 7 aprile 2022), le quali, dichiarandolo infine inammissibile, hanno rassegnato la decisione sopra massimata agli effetti dell'art. 363 c.p.c.

La questione

Le Sezioni Unite civili della Cassazione sono tornate sulla questione relativa alla possibilità per il contribuente, che assuma di non aver ricevuto rituale notifica dei provvedimenti impositivi (cartella, intimazione di pagamento, iscrizione ipotecaria) e che scopra “occasionalmente” l'esistenza degli atti di riscossione, di impugnarli “in via diretta”, anche insieme col ruolo.

La questione – avente possibili ricadute anche al di fuori del processo tributario, nei processi civili e previdenziali aventi per oggetto cartelle relative ad entrate patrimoniali di natura extrafiscali (v. Cass., Sez. UU., n. 33408/2021) – già trattata nel 2015 dal giudice nomofilattico in termini di riconosciuta facoltà rimessa alternativamentealla parte (Cass., Sez. UU., n. 19704/2015), è stata oggi riaffrontata dal plenum di Piazza Cavour alla luce dell'art. 3-bis D.L. n. 146/2021, convertito, con modificazioni, in L. n. 215/2021 (cd. “decreto fiscale”), il quale ha aggiunto un inedito comma 4-bis dell'art. 12 D.P.R. n. 602/1973 ai sensi del quale:

l'estratto di ruolo non è impugnabile. Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. n. 50/2016, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione”.

All'indomani della novella – riguardante la riscossione delle entrate pubbliche anche extratributarie (v. artt. 17 e 18 D.Lgs. n. 46/1999; art. 49 d.P.R. n. 602/1973; art. 27 L. n. 689/1981; art. 206 D.Lgs. n. 285/1992) – il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi nei primi mesi del 2022 si era concentrato sulla valenza nel tempo da riconoscere allo ius superveniens: ovvero se la disposizione introdotta avesse o meno efficacia retroattiva e riguardasse, quindi, i giudizi già pendenti o, invece, interessasse unicamente quelli instaurati a partire dal 21 dicembre 2021, data di entrata in vigore della legge di conversione del cd. “decreto fiscale”.

Nell'odierna pronuncia le Sezioni Unite, qualificata la prima parte della disposizione de qua “ricognitiva della natura dell'estratto di ruolo”, identificato come “mero elaborato informatico contenente gli elementi della cartella” (§ 14), si sono soffermate sull'esegesi del secondo periodo – su cui si sono registrati accesi fermenti – che “nel regolare specifici casi di azione diretta, stabilisce quando l'invalida notificazione della cartella ingeneri di per sé bisogno di tutela giurisdizionale e, quindi, tenendo conto dell'incisivo rafforzamento del sistema di garanzie, plasma l'interesse ad agire” (§ 15).

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite civili erano chiamate a decidere entro un ventaglio di possibili soluzioni ricostruttive.

Una prima impostazione teorica – già fatta propria dall'Agenzia delle entrate in occasione di Telefisco 2022 ed oggi “avallata” dal Supremo consesso – predica la natura processuale della nuova disposizione, che pertanto opera anche nei processi tributari pendenti, quindi anche prima del 21 dicembre 2021, in base al principio generale tempus regit actum, sicché essa determina l'inammissibilità sopravvenuta in tutti i casi di ricorsi proposti al di fuori delle ipotesi tassative di cui al nuovo comma 4-bis dell'art. 12 d.P.R. n. 602/1973, per mancanza di interesse ad agire.

Sempre a sostegno dell'immediata applicazione della novella anche ai processi in corso, ma sotto diversa prospettiva, altra ricostruzione esegetica – recepita da taluna giurisprudenza di merito (CTP Catania, n. 357/2022; CTP Latina, n. 53/2022; CTP Siracusa, n. 400/2022) – ha identificato lo ius superveniens come norma di interpretazione autentica con suo conseguente valore retroattivo. Detta soluzione è stata oggi espressamente “affossata” dal giudice nomofilattico, il quale ha escluso senza mezzi termini la natura interpretativa della nuova disposizione, “men che mai dell'art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992”, poiché non soltanto “essa non si qualifica come tale, ma nemmeno assegna ad altra disposizione un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario” (§ 15.1); quindi ne ha altresì escluso la (correlata) natura retroattiva “perché non disconosce le conseguenze già realizzate del fatto compiuto, né ne impedisce le conseguenze future per una ragione relativa a questo fatto soltanto: essa non incide sul novero degli atti impugnabili e, specificamente, non ne esclude il ruolo e la cartella di pagamento; né introduce motivi d'impugnazione o foggia quelli che già potevano essere proposti” (§ 16).

Conseguentemente, sulla base di questi stessi rilievi, il massimo Consesso di legittimità ha reputato manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale posto in relazione all'art. 3 Cost. dalla Procura generale della Cassazione, secondo cui la nuova norma muterebbe gli esiti dei processi in corso, violando i principi di ragionevolezza, di tutela del legittimo affidamento e di coerenza e certezza dell'ordinamento (§ 16.1).

Con la novella in esame – scandiscono in primo luogo le Sezioni Unite – il legislatore del 2021, nel regolare specifici casi di azione “diretta”, stabilisce quando l'invalida notificazione della cartella ingeneri di per sé bisogno di tutela giurisdizionale e, quindi, tenendo conto dell'incisivo rafforzamento del sistema di garanzie, “plasma l'interesse ad agire” (§ 17). Questa condizione dell'azione ha, difatti, natura dinamica che rifugge da considerazioni statiche allo stato degli atti (così già Cass., Sez. UU., n. 619/2021, § 2.6) e può assumere una diversa configurazione, anche per volontà legislativa, fino al momento della decisione. Dunque, la disciplina sopravvenuta in esame si applica (anche) ai processi pendenti perché incide sulla pronuncia della sentenza, che è ancora da compiere, e non già su uno degli effetti dell'impugnazione (§ 17.1).

La sussistenza dell'interesse all'azione, però, deve essere dimostrata e tale dimostrazione può essere data anche nei giudizi pendenti da parte del contribuente (con memorie aggiuntive o direttamente in udienza, se insorto dopo). Quanto alle fasi di merito, non si configura alcuna difficoltà nel caso in cui il pregiudizio è insorto dopo l'esercizio dell'azione giurisdizionale; laddove, invece, esso fosse già insorto al momento della presentazione del ricorso, il rimedio è la rimessione in termini (applicabile anche al processo tributario: da ultimo, Cass., Sez. trib., n. 268/2022), dal momento che – scandisce la sentenza annotata – “l'assolutezza dell'adempimento a rappresentare quel pregiudizio è determinata dalla novità della norma che l'ha previsto” (§ 18.1).

Infine, la sentenza in commento con riferimento ai casi di impugnazione diretta previsti dalla nuova norma – qualificati espressamente come tassativi e non esemplificativi (§ 21) – fuga motivatamente tutti i dubbi di incostituzionalità prospettati dalla dottrina con riguardo agli artt. 3, 24, 113 e 117 Cost. (quest'ultimo nella prospettiva CEDU), evidenziando come la “selezione di pregiudizi operata dal legislatore è espressione di discrezionalità non irragionevole, in quanto identifica una coerente serie di rapporti con la pubblica amministrazione, di modo che la ponderazione che ne risulta è espressione di attenzione rivolta anche ai risvolti applicativi e di un bilanciamento effettuato in concreto” (§ 27).

Osservazioni

Sul piano degli effetti che l'odierno dictum determina in concreto, la novella del 2021 – come interpretata autorevolmente dal giudice nomofilattico – non comporta l'automatica inammissibilità dei ricorsi pendenti in grado di merito avverso l'estratto di ruolo; i contribuenti dovranno però dimostrare la sussistenza delle ragioni in base alle quali, nel momento in cui hanno presentato il ricorso innanzi alle Corti di giustizia tributaria, sussisteva quel pregiudizio che, nella fattispecie in discussione, costituisce una condizione dell'azione.

L'interesse in questione può essere allegato anche nel giudizio di legittimità, mediante deposito di documentazione ex art. 372 c.p.c. (sull'ammissibilità del deposito di documenti concernenti la persistenza dell'interesse ad agire, cfr. ex multis Cass., Sez. VI-I, n. 26175/2017) o anche fino all'udienza di discussione, prima dell'inizio della relazione, o fino all'adunanza camerale, se insorto dopo; qualora occorrano accertamenti di fatto, vi provvederà il giudice del rinvio.

In ogni caso, a fronte dell'invalida o dell'omessa notificazione della cartella o dell'intimazione di pagamento, c'è sempre un giudice chiamato a pronunciarsi sulle doglianze del contribuente, che impugni l'atto successivo, anche se esecutivo (v. Cass., Sez. UU., n. 7822/2020; Cass., Sez. UU., n. 8465/2022), o alternativo all'esecuzione, perché volto a indurre il debitore all'adempimento (v. Cass., Sez. UU., n. 959/2017; Cass., Sez. III, n. 40763/2021).

Analogamente, nei giudizi non tributari, in caso di omessa o invalida notificazione di cartella o intimazione, il debitore può impugnare l'iscrizione ipotecaria o il fermo di beni mobili registrati, o il relativo preavviso, anche per far accertare l'insussistenza della pretesa (Cass., Sez. UU., n. 15354/2015; Cass., Sez. III, n. 28528/2018; Cass., Sez. III, n. 7756/2020) e può proporre opposizione agli atti esecutivi qualora intenda far valere l'omessa notificazione dell'atto presupposto come ragione di invalidità (derivata) dell'atto successivo (in tema di sanzioni amministrative per violazioni al CdS, v. Cass., Sez. UU., n. 22080/2017, § 8.3; in tema di contributi previdenziali, Cass., Sez. L., n. 1558/2020; in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme lavoristiche, Cass., Sez. III, n. 20694/2021).