Quando è legittima l'ordinanza di sgombero di un edificio?

Katia Mascia
21 Ottobre 2022

È legittima l'ordinanza di sgombero di un alloggio di edilizia residenziale pubblica se il coniuge dell'occupante è titolare di altra unità immobiliare.
Massima

In tema di edilizia residenziale pubblica, la controversia introdotta da chi si oppone ad un provvedimento comunale, con il quale si ordini il rilascio di un immobile ad uso abitativo occupato senza titolo, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, essendo contestato il diritto di agire esecutivamente e configurandosi l'ordine di rilascio come un atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione; se i requisiti che hanno giustificato l'assegnazione dell'alloggio di E.R.P., anziché permanere per l'intera durata del rapporto, vengono meno, si decade dall'assegnazione.

Il caso

L'attrice adiva il Tribunale di Massa affinché fosse dichiarata infondata, nulla e/o illegittima un'ordinanza comunale di sgombero di un alloggio di edilizia residenziale pubblica e ne venisse, conseguentemente, disposta la disapplicazione e affermata l'inefficacia. Eccepiva, preliminarmente, l'incompetenza del funzionario comunale ad emettere il provvedimento impugnato, nonché l'inammissibilità dell'autotutela da parte del Comune.

Nel costituirsi in giudizio, il Comune chiedeva il rigetto del ricorso in quanto inammissibile e infondato.

La questione

Si tratta di capire se sia legittima un'ordinanza comunale di sgombero di un alloggio di edilizia residenziale pubblica emessa nei confronti dell'odierna attrice - che sostiene di essere subentrata mortis causa nei rapporti della madre, originaria assegnataria - la quale, tuttavia, risulti essere in possesso di un'altra unità immobiliare ad uso abitativo, seppur intestata al coniuge.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Massa dichiara infondato il ricorso e lo respinge. Afferma la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, condannando l'attrice alla refusione delle spese di lite in favore del Comune.

Osservazioni

Gli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono espressamente esclusi dall'àmbito di applicazione della l. n. 431/1998 (dettata in materia di locazioni ad uso abitativo), la quale all'art. 1, comma 2, lett. b), stabilisce espressamente che, ai suddetti alloggi, si applica la relativa normativa vigente, statale e regionale.

In materia di alloggi di edilizia residenziale pubblica, per consolidata giurisprudenza (T.A.R. Campania - Napoli 19 novembre 2021, n. 7387; Cass. civ., sez. un., 7 luglio 2011, n. 14956; T.A.R. Campania - Napoli 3 febbraio 2015, n. 689; Cons. Stato, sez. V, 3 agosto 2012, n. 4441), il riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo ed ordinario trova il suo criterio distintivo nell'essere la controversia relativa alla fase antecedente o successiva al provvedimento di assegnazione dell'alloggio, che segna il momento a partire dal quale l'operare della pubblica amministrazione non è più riconducibile all'esercizio di pubblici poteri, ma ricade invece nell'ambito di un rapporto paritetico soggetto alle regole del diritto privato.

In definitiva, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario per tutte le controversie attinenti alla fase successiva al provvedimento di assegnazione, nella quale la P.A. non esercita alcun potere autoritativo ma agisce quale parte di un rapporto privatistico di locazione.

Il giudice ordinario è fornito della potestas iudicandi ogni qual volta l'ingiunto al rilascio dell'alloggio opponga un diritto al subentro nel rapporto concessorio, qualunque sia il titolo più o meno plausibilmente opposto in ricorso (Cons. Stato, sez. V, 18 luglio 2022, n. 6103).

Sono fatti salvi i casi inerenti all'esercizio del potere di autotutela sul provvedimento di assegnazione che conduca alla sua revoca o al suo annullamento, posto che in tali circostanze rivive infatti il potere pubblicistico volto a modificare autoritativamente il rapporto di assegnazione per ragioni di pubblico interesse (T.A.R. Firenze 30 ottobre 2018, n.1399). Come si è affermato in dottrina, pur se la Costituzione non esplicita un diritto all'abitazione in senso stretto, dal complesso delle disposizioni relative al rispetto della persona umana, e delle condizioni minime di convivenza civile, emerge con certezza che l'esigenza della casa assume i connotati di un interesse legittimo, di una pretesa volta a soddisfare un bisogno sociale ineludibile, un interesse protetto, cui l'ordinamento deve dare adeguata soddisfazione nei limiti dei c.d. diritti sociali finanziariamente condizionati. Quando si parla di edilizia residenziale pubblica si intende far riferimento a quella realizzata direttamente o indirettamente dallo Stato, per la creazione a costi contenuti di abitazioni da assegnare, a condizioni economiche particolarmente favorevoli, a cittadini aventi bassi redditi o che versino in condizioni economiche disagiate.

Sostanzialmente si prevedono tre modalità di realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica. La prima è quella sovvenzionata, che fruisce di contributo diretto dello Stato ed è finalizzata a realizzare alloggi da destinare permanentemente in locazione agli aventi titolo, destinati a ruotare man mano che gli assegnatari non rispecchiano più i parametri reddituali. La seconda, c.d. agevolata, è quella finalizzata alla costruzione di alloggi da destinare a prima abitazione, realizzata da privati con finanziamenti messi a disposizione dallo Stato o dalle Regioni, a condizioni particolarmente favorevoli e con contributi in conto interessi e a fondo perduto. Infine, la terza, detta convenzionata, è quella diretta a far acquistare la proprietà della casa a specifiche categorie di persone, attraverso prezzi di locazione o di acquisto successivo calmierati in base a convenzioni stipulate con i Comuni.

Gli immobili destinati all'edilizia residenziale pubblica fanno parte del patrimonio indisponibile dell'Ente pubblico territoriale.

In merito all'eccezione preliminare sollevata dall'attrice di inammissibilità dell'autotutela da parte del Comune, il Tribunale toscano, richiamandosi alla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. V, 1° ottobre 1999, n. 1224) afferma sostanzialmente che il potere di autotutela amministrativa dei beni demaniali, esercitabile ai sensi dell'art. 823 c.c., anche per i beni del patrimonio indisponibile, non è escluso dall'eventuale proposizione dell'azione giudiziaria, essendo entrambi i rimedi previsti dalla legge senza alcun ordine di priorità e senza preclusioni. La giurisprudenza di merito ha ritenuto di precisare che, benché la tutela dei beni pubblici sia esperibile tanto con atto autoritativo quanto con i mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso, deve ritenersi vigente il principio di alternatività perfetta, per cui la scelta di avvalersi dell'unico tipo di rimedio esclude la possibilità di fare poi ricorso all'altro (Trib. Roma 13 maggio 1992).

Il giudice ritiene sussistente la giurisdizione del Tribunale ordinario, qualificando l'azione - non definita dall'attore - quale azione ordinaria a rito locatizio volta alla tutela di diritto soggettivo. In particolare, come sostenuto altresì dalla Suprema Corte (Cass. civ., sez. un., 11 marzo 2004, n. 5051), colui che si oppone a un provvedimento di rilascio di un alloggio di E.R.P. è titolare di una posizione di diritto soggettivo tutte le volte in cui l'opposizione non incida sul provvedimento amministrativo di assegnazione dell'alloggio che si assume, da parte della P.A., occupato sine titulo, ma miri a contrapporre all'atto amministrativo di autotutela un diritto soggettivo al mantenimento della situazione di vantaggio, della quale occorre soltanto riscontrare la fondatezza, con conseguente predicabilità, in tal caso, della giurisdizione del giudice ordinario.

Con riferimento, poi, all'altra eccezione attorea, di incompetenza del funzionario comunale ad emettere l'ordinanza di sgombero oggetto di impugnazione, si rileva come rientri nella competenza del dirigente, e non del Sindaco, l'adozione degli atti, in materia di decadenza e sgombero degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, atteso che, secondo l'art. 107 del d.lgs. n. 267/2000, negli enti locali vige il generale principio di separazione tra i poteri di indirizzo e controllo politico-amministrativo, spettanti agli organi di governo, e quelli di gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, di pertinenza dei dirigenti, con la conseguenza che questi ultimi esercitano tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti amministrativi che impegnano l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni d'indirizzo e controllo politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente.

Il Tribunale di Massa ritiene, inoltre, documentalmente provato e non contestato - non avendo l'opponente mosso alcun rilevo alle produzioni del Comune - una serie di circostanze, quali ad esempio la significativa morosità dell'opponente (la quale pretende di essere subentrata mortis causa nei rapporti della madre, originaria assegnataria dell'alloggio), la mancata prova da parte dell'attrice di aver effettuato le comunicazioni reddituali. Infine, in merito alla circostanza del non possesso di altri immobili il giudice rileva come da una nota di trascrizione di una sentenza della Corte d'Appello di Genova risulti trasferito all'attrice, ex art. 2932 c.c., un intero immobile, circostanza peraltro mai contestata dalla stessa.

Deve, pertanto, ritenersi legittima l'emissione del provvedimento di sgombero con conseguente decadenza dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica, tenuto conto del fatto che la sussistenza dei requisiti deve permanere per l'intera durata del rapporto.

Inoltre, non è dirimente il fatto che la mera titolarità soggettiva verta in capo al marito dell'attrice. Si è, infatti, affermato che la titolarità del diritto di proprietà su un immobile in capo al coniuge dell'assegnatario di un alloggio di E.R.P. fa venir meno il requisito dell'impossidenza di qualsivoglia unità immobiliare ad uso abitativo, purché idonea ad ospitare, come nella fattispecie, un nucleo di due persone (T.A.R. Firenze 3 marzo 2010, n. 582).

Riferimenti

Celeste, Edilizia residenziale pubblica, in Condominioelocazione.it;

Urbani, L'edilizia residenziale pubblica tra Stato e autonomie locali, in Istituzioni del federalismo, 2010, fasc. 3-4, 249.