La responsabilità penale dell'amministratore di fatto in tema di reati tributari

15 Novembre 2022

La nozione di amministratore di fatto postula l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di gestione, ma richiedono l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale.
Massima

Con specifico riferimento alla categoria dei reati tributari, ai fini dell'attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore “di fatto”, non occorre l'esercizio di “tutti” i poteri tipici dell'organo di gestione, ma è comunque necessaria una significativa e continuativa attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale.

Il caso

La Corte di Appello di Milano confermava la sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Milano all'esito del giudizio abbreviato nei confronti di Tizio in relazione alla commissione, in concorso di persone, dei reati di emissione continuata di fatture per operazioni inesistenti di cui all'art. 8, d.Lgs. n. 74/2000, occultamento continuato di scritture contabili di cui all'art. 10, D.Lgs. n. 74/2000, dichiarazione fraudolenta continuata mediante fatture per operazioni inesistenti di cui all'art. 2, D.Lgs. n. 74/2000, dichiarazione infedele di cui all'art. 4 d.lgs. 74/2000 e autoriciclaggio di cui all'art. 648 ter c.p..

Tali reati erano commessi in qualità di amministratore di fatto o determinatore delle condotte degli amministratori di fatto delle società Alfa e Beta. Avverso la citata decisione, l'imputato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo vari motivi di doglianza.

Nello specifico il ricorrente censurava la decisione di merito per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, nonché per mancanza e/o manifesta illogicità con riferimento all'attribuzione del ruolo di amministratore di fatto delle due società.

A detta dell'imputato, la Corte di Appello non aveva affatto tenuto conto di quanto dallo stesso asseritamente chiarito, circa le ragioni per le quali la predetta qualifica non poteva essergli attribuita.

Tali doglianze non erano condivise dalla Suprema Corte la quale rigettava il ricorso.

La Corte di cassazione rammentava che ai fini della qualifica di amministratore di fatto, non occorre l'esercizio di tutti i poteri tipici dell'organo di gestione, ma è necessaria una significativa e continuativa attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale (v. Cass. pen., Sez. II, Sent., 27/09/2022, n. 36556).

La qualifica di amministratore di fatto - aggiungono i giudici di legittimità - ricorre anche qualora siano esercitati soltanto alcuni poteri dell'organo di gestione.

In tale caso, spetta al giudice del merito valutare la pregnanza, ai fini dell'attribuzione della qualifica o della funzione, dei singoli poteri in concreto esercitati.

Nel caso di specie, la Corte di appello aveva valorizzato una serie di elementi che denotavano inequivocabilmente l'attribuzione all'imputato della qualifica di amministratore di fatto della società, fra cui i numerosi rapporti con i dipendenti, i fornitori e i clienti.

La questione

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se, con specifico riferimento alla categoria dei reati tributari, ai fini dell'attribuzione ad un soggetto della qualifica di amministratore di fatto, occorra o meno l'esercizio di tutti i poteri tipici dell'organo di gestione, ma è comunque necessaria una significativa e continuativa attività gestoria, svolta cioè in modo non episodico od occasionale.

Soluzione giuridica

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina.

L'art. 2639 c.c., riformulato dal d.lgs 61/2002, ha affiancato alla figura dell'amministratore di diritto, chi svolge di fatto la stessa funzione: si tratta di soggetti non formalmente investiti da una qualifica tipica, ma comunque operativi con continuità nelle scelte sociali.

Recependo la giurisprudenza maggioritaria, si è resa irrilevante la denominazione formale dell'incarico eventualmente rivestito, rispetto al contenuto reale dei poteri esercitati.

L'amministratore di fatto, quindi, non deve necessariamente esercitare le sue funzioni in via esclusiva: egli può anche affiancare o collaborare con l'amministratore di diritto.

Ai fini della qualificazione dell'amministratore di fatto, quindi, è sufficiente lo svolgimento di alcune attività tipiche dell'incarico.

È necessario, però, la continuatività e la significatività per poter estendere la responsabilità a soggetti che non ricoprono formalmente alcuna qualifica.

La nozione di continuatività va individuata nell'esercizio di atti tipici protratto nel tempo, con ripetitività e sistematicità, che si possa qualificare come inserimento nell'attività dell'impresa.

Di conseguenza, sono esclusi i soggetti che compiono singoli atti di gestione e/o sporadiche “intromissioni” nelle scelte sociali.

Va peraltro osservato che la continuità è volta, anche, ad evitare che i vertici decisionali, attraverso un “abuso” di deleghe, possano assicurarsi l'impunità.

Ulteriore requisito per l'individuazione dell'amministratore di fatto è l'esercizio in modo significativo dei poteri tipici.

Non assumono, pertanto, rilievo le mere mansioni esecutive, di scarsa rilevanza o di natura accessoria, bensì le operazioni fondamentali tipiche dell'organo amministrativo e dei poteri dallo stesso esercitati.

A differenza della durata, più agevole da accertare, la significatività deve considerare l'intensità dell'attività svolta, ossia quando esprima concretamente i poteri decisionali e deliberativi tipici dell'amministratore di diritto.

I due requisiti (continuità e significatività) devono sussistere contemporaneamente: atti soltanto episodici escludono la responsabilità.

Per qualificare un amministratore di fatto è necessario quindi l'esercizio di un insieme di atti coordinati, riconducibili all'organizzazione e gestione della società.

È evidente, però, che proprio per la volontà di non apparire quale amministratore ufficiale dell'ente, i poteri saranno esercitati indirettamente, ossia in via mediata per il tramite dell'amministratore di diritto, o direttamente in conseguenza di una delega espressamente rilasciata da chi ne ha la facoltà.

In breve, quindi, occorre verificare la tipologia degli atti concretamente svolti, la loro rilevanza nell'ambito della gestione societaria e la frequenza con la quale tali poteri sono esercitati.

Osservazioni

In particolare secondo la giurisprudenza di legittimità, la nozione di amministratore di fatto postula l'esercizio in modo continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione; nondimeno, significatività e continuità non comportano necessariamente l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di gestione, ma richiedono l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale.

Ne consegue che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive, in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare, il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, ove sostenuta da congrua e logica motivazione (v. Cass. n. 35346/2013).

Anche con riguardo ai reati tributari, la giurisprudenza di legittimità è tradizionalmente orientata nel senso di ritenere che la posizione dell'amministratore di fatto va determinata con riferimento alle disposizioni civilistiche (v. Cass. n. 22108/2015) che, regolando l'attribuzione della qualifica di imprenditore e di amministratore di diritto, costituiscono la parte precettiva di norme che sono sanzionate dalla legge penale (tra le tante, Cass. n. 45134/2019 e Cass. n. 7437/2021).

Per attribuire tale qualifica occorre il ricorrere del requisito dell'esercizio, in modo continuativo e significativo, e non solo episodico od occasionale, di tutti i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione, od anche soltanto di alcuni di essi (v. Cass. 36556/2022).

Significatività e continuità, in tale contesto, non comportano necessariamente l'esercizio di tutti i poteri propri dell'organo di gestione, ma richiedono l'esercizio di un'apprezzabile attività gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale.

Ne discende che la prova della posizione di amministratore di fatto si traduce nell'accertamento di elementi sintomatici dell'inserimento organico del soggetto con funzioni direttive - in qualsiasi fase della sequenza organizzativa, produttiva o commerciale dell'attività della società, quali sono i rapporti con i dipendenti, i fornitori o i clienti ovvero in qualunque settore gestionale di detta attività, sia esso aziendale, produttivo, amministrativo, contrattuale o disciplinare - il quale costituisce oggetto di una valutazione di fatto insindacabile in sede di legittimità, laddove, come nella specie, risulti sostenuta da congrua e logica motivazione.

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