Iscrizione ipotecaria legittima su un immobile facente parte di un fondo patrimoniale
21 Novembre 2022
Massima
Come da insegnamento della Suprema Corte, in tema di riscossione coattiva, l'iscrizione ipotecaria è legittima solo se l'obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l'estraneità a tali bisogni. È onere del debitore dimostrare in giudizio l'estraneità del debito ai bisogni della famiglia e la prova della conoscenza di tale estraneità da parte del creditore. Così si pronuncia la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 3565 del 20 settembre 2022.Il caso
Un contribuente impugnava la comunicazione di avvenuta iscrizione di ipoteca notificatagli dall'Agenzia delle Entrate – Riscossione e riferita a crediti sottostanti di natura tributaria. Fra i motivi di ricorso, egli eccepiva in particolare l'illegittimità dell'ipoteca in quanto avente ad oggetto un immobile (nel caso di specie un villino) compreso in un fondo patrimoniale, costituito per soddisfare i bisogni della famiglia.
I giudici di prime cure accoglievano l'impugnazione apprezzando una serie di elementi evidenziati dal ricorrente: il villino in questione, unico facente parte del fondo patrimoniale, risultava essere adibito ad abitazione dei genitori del ricorrente (contribuente moroso) il quale aveva una propria famiglia e abitava in altro luogo; la quota detenuta dal ricorrente nel fondo patrimoniale era pari al 50% e nell'immobile vi risiedevano i genitori. Pertanto, il primo Giudice concludeva che l'iscrizione ipotecaria fosse stata illegittimamente iscritta su bene destinato ad esigenze familiari essendone estraneo il debito tributario del ricorrente. La questione
Oggetto della controversia era un avviso di iscrizione ipotecaria accesa a proprio favore dall'agente della riscossione nei confronti di un contribuente, amministratore di una società di capitali tedesca, per omesso pagamento di ritenute in acconto ai propri dipendenti. Le soluzioni giuridiche
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado decide di ribaltare l'esito della controversia e supporta la motivazione condividendo le interpretazioni espresse in materia dai giudici di legittimità. In particolare, la Suprema Corte (sentenza n. 25010/2021) ha ricordato che, in tema di riscossione coattiva, l'iscrizione ipotecaria (articolo 77 del d.P.R. n. 602/1973) è ammissibile anche sui beni facenti parte del fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall'articolo 170 c.c., secondo cui: "L'esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia". Pertanto, argomentava la S.C., l'iscrizione è legittima solo se l'obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l'estraneità a tali bisogni. Con riferimento all'onere della prova, i giudici di piazza Cavour chiarivano che esso grava in capo al debitore opponente il quale deve dimostrare non solo la regolare costituzione del fondo patrimoniale e la sua opponibilità al creditore procedente, "ma anche la circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell'obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa e che il detto creditore fosse a conoscenza di tale circostanza". Il criterio identificativo dei debiti per i quali può avere luogo l'esecuzione sui beni del fondo, precisava ulteriormente la S.C., "va ricercato non già nella natura dell'obbligazione ma nella relazione tra il fatto generatore di essa e i bisogni della famiglia": a titolo esemplificativo, anche un debito di natura tributaria sorto per l'esercizio dell'attività imprenditoriale può ritenersi contratto per soddisfare tale finalità, "fermo restando che essa non può dirsi sussistente per il solo fatto che il debito derivi dall'attività professionale o d'impresa del coniuge, dovendosi accertare che l'obbligazione sia sorta per il soddisfacimento dei bisogni familiari ovvero per il potenziamento della capacità lavorativa, e non per esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi" (Cass. n. 3738/2015). In ossequio ai suddetti principi affermatisi in seno alla giurisprudenza di legittimità, i giudici tributari concludevano che, nel caso esaminato, pur volendo ritenere applicabile all'ipoteca in questione il divieto di cui all'art. 170 c.c., risultava dirimente, da un punto di vista probatorio, il fatto che ricorrente non avesse dimostrato in giudizio la sussistenza dei presupposti previsti dalla legge per l'applicabilità del più volte citato art. 170 c.c. ovvero l'estraneità del debito ai bisogni della famiglia e la prova della conoscenza di tale estraneità da parte del creditore.
Osservazioni
La Commissione Tributaria Provinciale di Como (sent. n. 227 dell'11 settembre 2017) richiamava gli stessi principi affermati nella sentenza in commento ma annullava l'iscrizione di ipoteca avendo il ricorrente provato la conoscenza dell'estraneità del debito ai bisogni della famiglia da parte del creditore.
Nel caso di specie, l'oggetto della controversia era un avviso di iscrizione ipotecaria accesa a proprio favore dall'agente della riscossione nei confronti di un contribuente, amministratore di una società di capitali tedesca, per omesso pagamento di ritenute in acconto ai propri dipendenti.
Il ricorrente aveva eccepito l'illegittimità dell'iscrizione ipotecaria su immobili di sua proprietà (al 50%) in quanto confluiti, prima dell'insorgenza del debito, in un fondo patrimoniale. In particolare, aveva sottolineato che dalla stessa istanza dell'amministrazione finanziaria tedesca (traduzione giurata allegata) risultava la prova dell'estraneità del debito ai bisogni della famiglia, considerato che ivi si affermava che " il debito portato dalla cartella sia sorto in dipendenza di omesse ritenute di acconto sulle retribuzioni erogate dalla società tedesca “della quale il ricorrente aveva ribadito di non essere mai stato socio ma mero amministratore; dirimente, a suo avviso, il fatto che sia il Fisco tedesco che quello italiano erano perfettamente a conoscenza che il debito de quo fosse stato contratto per uno scopo del tutto estraneo ai bisogni della famiglia. Il ricorrente aveva, altresì, osservato che le condizioni di iscrivibilità dell'ipoteca sui beni di un fondo patrimoniale varrebbero anche per le iscrizioni ipotecarie non volontarie, nelle quali rientrano sia le iscrizioni giudiziali che quelle erariali (ex art. 77 del d.P.R n. 602/1973), essendo entrambe fondate su di un titolo esecutivo ed attivate in vista dell'esecuzione per rafforzare la posizione del creditore, incidendo sul principio della par condicio creditorum; per cui, pur non essendo atti di esecuzione, devono essere ricomprese nell'ambito del termine "esecuzione" richiamato dall'art. 170 c.c.
Sul punto, aveva sottolineato come l'iscrizione dell'ipoteca erariale, alla pari del "fermo" dei beni mobili registrati, tendono ad indurre il debitore all'adempimento, limitando la commerciabilità del bene, che ne costituisce l'oggetto, per cui l'ipoteca erariale costituisce una misura esecutiva indiretta da ricomprendersi nell'ambito dell'art. 170 c.c. Tesi che venivano tutte accolte dai primi giudici in quanto la notifica della cartella era avvenuta abbondantemente oltre la data di trascrizione dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale e, di conseguenza, l'accertamento della data di trascrizione dell'atto di costituzione del fondo patrimoniale da parte del ricorrente in epoca antecedente all'insorgenza del debito, giustificava l'invocata applicazione dell'articolo 170 del c.c..
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