IMU sulla prima casa: riconosciuta l’esenzione ai coniugi che risiedono anagraficamente o dimorano abitualmente in immobili diversi

28 Novembre 2022

La sentenza in commento chiarisce che non vi sono limiti al riconoscimento dell'esenzione previsto per l'abitazione principale del soggetto se non quelli della coesistenza dei due requisiti fondamentali, ossia la residenza anagrafica e la dimora abituale.
Massima

Nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile. Ai fini dell'esenzione per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente.

Il caso

La vicenda oggetto della pronuncia in commento discende dall'impugnazione presentata da un contribuente di alcuni avvisi di accertamento emessi dal Comune di Napoli per l'omesso pagamento dell'IMU in alcuni anni per la sua abitazione principale sita in Napoli.

Il contribuente aveva rivendicato il diritto all'esenzione dal tributo comunale sul presupposto che l'immobile in questione fosse residenza e dimora abituale dell'intero nucleo familiare.

L'ente comunale aveva ritenuto, al contrario, che non sussistessero i presupposti per riconoscere l'esenzione dal momento che il nucleo familiare non risiedeva interamente nello stesso immobile (il coniuge risultava infatti residente in un altro Comune).

Con ordinanza del 22 novembre 2021 la CTP di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 1, 3, 4, 29, 31, 35, 47 e 53 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell'art. 13, comma 2, quinto periodo, D.L. n. 201/2011, nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'IMU per l'immobile adibito a dimora principale del nucleo familiare, quando anche solo uno dei suoi componenti abbia la residenza o la dimora in un immobile sito in un altro Comune.

Anche la Corte Costituzionale, con ordinanza n. 94 del 12 aprile 2022 ha sollevato dinanzi a sé, in riferimento agli artt. 3, 31 e 53 Cost., questioni di legittimità costituzionale del quarto periodo dell'art. 13, comma 2, D.L. n. 201/2011, nella parte in cui, ai fini dell'agevolazione, considera quale abitazione principale quella in cui il possessore e anche l'intero nucleo familiare hanno la residenza anagrafica e la dimora abituale.

Detti giudizi sono stati riuniti in quanto relativi a questioni fra di loro connesse.

La Corte Costituzionale con sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disciplina IMU in materia di abitazione principale (art. 13, comma 2, quarto periodo, D.L. n. 201 del 6 dicembre 2011) nella parte in cui stabilisce che: “per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”.

La questione

Nella sentenza in commento la Corte - ristabilendo il diritto all'esenzione per ciascuna abitazione principale di persone sposate o parti di un'unione civile, nel rispetto dei requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica del possessore dell'immobile e non anche del suo nucleo familiare - ricostruisce preliminarmente l'evoluzione del quadro normativo che ha caratterizzato il beneficio in questione senza mancare di soffermarsi sull'evoluzione della giurisprudenza di legittimità.

Le soluzioni giuridiche

Andando con ordine:

Imu

Occorre in primo luogo chiarire che l'imposta municipale propria (IMU) è quell'imposta dovuta per il possesso di fabbricati, escluse le abitazioni principali classificate nelle categorie catastali diverse A/1, A/8 e A/9, di aree fabbricabili e di terreni agricoli ed è corrisposta dal proprietario o dal titolare di altro diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie), dal concessionario nel caso di concessione di aree demaniali e dal locatario in caso di leasing.

L'IMU è stata introdotta, a partire dall'anno 2012, sulla base dell'art. 13 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, in sostituzione dell'imposta comunale sugli immobili (ICI).

Abitazione principale

L'IMU per l'abitazione principale, come detto, non è dovuta. Sono, infatti, assoggettate all'imposta esclusivamente le abitazioni classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9 (c.d. di lusso).

Per abitazione principale si intende l'unità immobiliare in cui il soggetto passivo e i componenti del suo nucleo familiare risiedono anagraficamente e dimorano abitualmente [art. 1, comma 741, lett. b), primo e secondo periodo, della legge n. 160 del 2019].

Il comma 2 dell'art. 13 del d.l. n. 201 del 2011stabilisce infatti che «per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l'abitazione principale e per le relative pertinenze in relazione al nucleo familiare si applicano per un solo immobile».

Trattamento diverso tra coniugi, unioni civili e coppie di fatto

L'intervento della Corte Costituzionale con l'ordinanza n. 94 del 12.4.2022.

L'art. 13, II comma, quarto periodo del decreto legge n. 201 del 6 dicembre 2011, prevede quindi che l'esenzione IMU spetta a patto che sia il possessore dell'immobile che i componenti del suo nucleo familiare abbiano ivi la stessa residenza anagrafica e dimora abituale.

Si è quindi posto il problema della disparità di trattamento tra coniugi, tra le parti dell'unione civile e i conviventi che ha portato poi la Corte Costituzionale a riservare dinnanzi a sè stessa la questione di legittimità relativa alla norma che vincola il diritto all'esenzione IMU alla verifica della residenza non solo del possessore dell'immobile ma anche del suo nucleo familiare.

Infatti in base alla normativa IMU censurata dalla Corte costituzionale, la creazione del “nucleo familiare” implicava un effetto penalizzante poiché i coniugi o gli uniti civilmente avrebbero potuto beneficiare dell'esenzione IMU soltanto in relazione ad un immobile. Mentre la “doppia esenzione IMU”, permanendo i requisiti della dimora abituale e della residenza presso diversi immobili, restava, invece, ancora fruibile per le persone che avessero scelto di rimanere meri conviventi di fatto.

L'ordinanza della Consulta (n. 94 del 12 aprile 2022) ha chiarito infatti che il riferimento al “nucleo familiare”, contenuto nel IV periodo della norma suindicata, implica un trattamento differente rispetto non solamente alle persone singole, bensì pure alle coppie di mero fatto, in quanto, fin quando il rapporto non si stabilizza nel matrimonio o nell'unione civile, la struttura della norma consente a ognuno dei partner di accedere all'esenzione della loro, rispettiva, abitazione principale.

Sono coniugi e partner delle unioni civili a dover sottostare ai requisiti più stringenti previsti per l'accesso all'esenzione IMU sulla prima casa. Sfuggono invece ai vincoli di residenza e dimora abituale dell'interno nucleo familiare le coppie di fatto.

In sostanza si determina la situazione per la quale nelle famiglie di fatto ambedue i partner possono accedere all'esonero IMU sulla propria abitazione, senza vincoli specifici, mentre vincoli più serrati vengono previsti in caso di matrimonio o unione civile.

La Corte costituzionale ha sollevato, pertanto, dinanzi a sé questione di legittimità art. 13, c. II, periodo IV, del d.l. n. 201/2011, come convertito nella l. 214/2011, e successive modifiche, nella parte in cui stabilisce che, al fine di ottenere l'esenzione IMU, occorre far riferimento alla residenza anagrafica e alla dimora abituale non solo del possessore dell'immobile, bensì pure dei componenti del suo nucleo familiare.

La Consulta evidenzia, infatti, come all'interno del nostro ordinamento, non possano esistere misure fiscali “strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile”.

Posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità

La Consulta, nella pronuncia in commento, non manca poi di richiamare l'interpretazione restrittiva delle norme agevolative offerta da tempo dalla giurisprudenza di legittimità.

La Corte di Cassazione in particolare ha ribadito che:

  • l'esenzione è subordinata alla contestuale residenza e dimora unitaria del contribuente e del suo nucleo familiare; per cui per fruire del beneficio in riferimento a una determinata unità immobiliare è necessario che tanto il possessore quanto il suo nucleo familiare non solo vi dimorino stabilmente, ma vi risiedano anche anagraficamente» (

    Cass. Civ. ord. n. 4166 del 2020

    ; ord.

    n. 17408 del 2021

    e

    n. 4170 del 2020

    ;

    Cass. Civ. ord. 24 settembre 2020, n. 20130

    );
  • l'agevolazione spetta per un solo immobile per nucleo familiare, non solo nel caso di immobili siti nel medesimo comune, come del resto espressamente recita il suddetto comma 2 dell'art. 13, ma anche in caso di immobili situati in comuni diversi a meno che non sia fornita la prova della rottura dell'unità familiare.

Infatti solo la «frattura» del rapporto di convivenza comporta una «disgregazione» del nucleo familiare con la conseguenza che l'abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale (Cass. Civ. Sez. 5, n. 15439/2019; cass. Civ. n. 17408 del 2021).

La giurisprudenza di legittimità è, quindi, giunta a negare ogni agevolazione ai coniugi che risiedono anche in comuni diversi, facendo leva sulla necessità della coabitazione abituale dell'intero nucleo familiare nel luogo di residenza anagrafica della casa coniugale (Cass. Civ. ord. 19 febbraio 2020, n. 4170 e n. 4166 del 2020). Il contribuente che dimori, quindi, in un immobile di cui sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), non avrà alcun diritto all'agevolazione se tale immobile non costituisca anche dimora abituale dei suoi familiari, non realizzandosi in quel luogo il presupposto della “abitazione principale” del suo nucleo familiare (Cass. Civ. ord. 17 gennaio 2022, n. 1199).

Questione di legittimità costituzionale

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 209 del 13 ottobre 2022, si è pronunciata in favore dei contribuenti e ha dichiarato l'illegittimità costituzione della norma censurata in riferimento agli artt. 3, 31 e 53 Cost., evidenziando che il riferimento al “nucleo familiare” penalizza, in maniera discriminatoria ed ingiustificata, coloro che si uniscono in matrimonio o in unione civile rispetto non solo alle persone singole, ma anche alle coppie di mero fatto che godono di un'esenzione doppia.

L'illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l'esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell'articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b della legge n. 160 del 2019, come modificato dall'articolo 5-decies del Dl 146/2021).

La Corte ha, pertanto, disposto che, ai fini dell'esenzione dall'IMU l'abitazione principale è ritenersi quella dove il possessore ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, non essendo necessario che l'intero nucleo familiare abbia la residenza e la dimora nello stesso luogo, con la conseguenza che i coniugi residenti in immobili siti in Comuni diversi possono godere della doppia esenzione dall'IMU, contrariamente a quanto previsto dall'art. 13, comma 2, D. L. n. 201/2011, dichiarato, appunto, illegittimo.

L'abitazione abituale è, in altre parole, quella dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale essendo irrilevante il luogo in cui risiedono e hanno la dimora gli altri membri del nucleo familiare.

Dunque, l'esenzione può riguardare anche immobili siti nello stesso Comune, se viene dimostrato il requisito della dimora abituale.

Secondo la Corte, la normativa IMU risulta “distante” dal contesto attuale, caratterizzato dall'aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dove è sempre più frequente che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana.

Stringenti controlli da parte del Comune al fine di prevenire abusi fiscali

Come detto la “doppia esenzione IMU” spetterà in tutti i casi in cui sia possibile riscontrare l'effettiva presenza – per ciascun immobile posseduto dai componenti del nucleo familiare/famiglia di fatto o coniugi separati – della dimora abituale e residenza presso immobili diversi (anche nell'ambito dello stesso Comune).

Di particolare importanza è anche il monito della Corte Costituzionale sui controlli che dovranno effettuare i Comuni per prevenire abusi.

La sentenza in commento precisa infatti che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” delle coppie unite in matrimonio o in unione civile ne possano usufruire: “Ove queste abbiano la stessa dimora abituale (e quindi principale) l'esenzione spetta una sola volta”.

Quindi la Corte non ha voluto estendere tout court ai coniugi con residenze separate il diritto all'agevolazione per entrambi gli immobili, ma solo a quelli in cui effettivamente ciascun coniuge risiede anagraficamente ed ha la propria dimora abituale (ossia dove vive abitualmente). Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano, quindi, a responsabilizzare «i Comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli», controlli che «la legislazione vigente consente in termini senz'altro efficaci».

Infatti, la Corte ha precisato che il Comune ha l'onere di verificare l'esistenza dei predetti requisiti, anche mediante la valutazione dei dati relativi ai consumi di acqua, gas e luce.

I Comuni dovranno, quindi, procedere a rilevare, non solo la scissione del nucleo familiare e quindi la diversa residenza dei coniugi, ma anche la situazione degli immobili per cui i contribuenti godono dell'agevolazione prevista per l'abitazione principale.

In particolare occorrerà controllare che il soggetto residente sia effettivamente dimorante presso l'alloggio.

La decisione della Consulta non rappresenta, quindi, un “via libera” all'elusione, cioè al tentativo di non pagare l'imposta per la cosiddetta “seconda casa” utilizzata per le vacanze. I Comuni, infatti, avranno la possibilità di verificare se la residenza è reale o fittizia attraverso appositi controlli, ad esempio monitorando i consumi di energia elettrica e gas.

Osservazioni

La sentenza in commento chiarisce che non vi sono limiti al riconoscimento dell'esenzione previsto per l'abitazione principale del soggetto se non quelli della coesistenza dei due requisiti fondamentali, ossia la residenza anagrafica e la dimora abituale.

Tale principio dovrà essere recepito anche dal legislatore il quale dovrà intervenire per modificare la norma di legge secondo le indicazioni della Corte Costituzionale e quindi assicurare la doppia esenzione IMU alle coppie coniugate o unite civilmente che si trovino a risiedere e dimorare in due abitazioni diverse, prescindendo dal Comune dove esse sono collocate.

L'aspetto più complesso consiste certamente nella verifica del requisito della dimora abituale ai fini dell'applicabilità dell'esenzione: essa potrà essere effettuata, per esempio, individuando la sede del luogo di lavoro, i consumi delle utenze a rete (come anche indicato dalla stessa Corte Costituzionale), la scelta relativa al medico di famiglia, l'iscrizione a corsi che richiedono frequenza (es. palestra) così come tutto ciò che possa dimostrare che nel luogo in cui è ubicato l'immobile la persona viva per gran parte del tempo, anche interpellando direttamente il contribuente precedentemente all'emissione dell'eventuale avviso di accertamento.

A seguito di numerose pronunce della Corte di Cassazione che avevano di fatto negato il diritto all'esenzione IMU su tutti gli immobili, in assenza dei requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica estesi al nucleo familiare, i Giudici della Corte Costituzionale hanno fatto “inversione di rotta”.

La Corte ha, infatti, confermato l' orientamento sul quale già risalente prassi ministeriale aveva concordato (circolare n. 3/DF del 18/05/2012 e risposte MEF del 20/01/2014), unitamente a una parte della giurisprudenza di merito (ex multis CTP Lecce n. 945 del 17/07/2020, CTR Veneto n. 858 del 31/08/2017 e CTP Brescia n. 605 del 14/07/2016), le quali avevano riconosciuto la possibilità, per i soggetti visti in precedenza, di usufruire singolarmente dell'agevolazione in esame – di fatto, quindi, raddoppiandola – in presenza di determinate condizioni.

L'intervento della Corte Costituzionale è certamente ragionevole e non pare passibile di critiche agevolando il contribuente e concedendo la c.d. “doppia esenzione” solo se effettivamente e per ragioni e modalità comprovabili due soggetti della stessa famiglia abbiano residenze diverse, eventualmente anche nello stesso Comune.

Si apre di conseguenza anche la possibilità di procedere alla richiesta di rimborso dell'IMU da parte dei contribuenti dell'IMU pagata negli ultimi 5 anni.

Ma il cittadino dovrà sempre dimostrare con elementi di riscontro adeguati di risiedere e di dimorare abitualmente nell'immobile per il quale rivendica il diritto all'esenzione.

E ci si può chiedere se l'introdotta prova testimoniale nel contenzioso tributario non possa agevolare - secondo le circostanze - queste finalità istruttorie (art. 7 d.lgs. n. 546/92 come novellato dall'art. 4 L.130/2022).

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