Definizione agevolata anche per la cartella «automatizzata»

02 Dicembre 2022

Nella definizione agevolata delle liti pendenti rientrano anche le controversie che hanno ad oggetto atti della fase di riscossione con i quali si porta per la prima volta a conoscenza il contribuente della pretesa impositiva.
Massima

Può essere oggetto di definizione anche la cartella di pagamento scaturente dalla liquidazione automatizzata della dichiarazione dei redditi resa dal contribuente. Così si pronuncia la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 4561 del 18 novembre 2022.

Il caso

A carico di una società in nome collettivo veniva emessa una cartella di pagamento scaturente dalla liquidazione automatizzata della dichiarazione presentata tramite il modello Unico SP 2015, in relazione al periodo d'imposta 2014.

Dopo aver impugnato la cartella dinanzi al giudice tributario, la società presentava domanda di definizione agevolata della lite pendente ai sensi dell'art. 6 D.L. 119/2018. L'Agenzia delle Entrate, tuttavia, comunicava alla contribuente il diniego alla definizione agevolata difettando, a parere dell'Ufficio, i presupposti per aderire al beneficio dal momento che il contenzioso pendente investiva un atto ritenuto di “mera” riscossione.

A supporto della pretesa veniva richiamata la circolare dell'Agenzia delle Entrate, Divisione Contribuenti, n. 6 del 1° aprile 2019 (paragrafo 2.3.4 rubricato “Ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione”) nella parte in cui ha chiarito come «dal momento che l'articolo 6 limita la definizione agevolata alle controversie inerenti agli atti impositivi, sono esclusi dal suo ambito di applicazione i giudizi riguardanti gli atti di mera riscossione, quali ruoli, cartelle di pagamento e avvisi di liquidazione… ciò in quanto «al recupero delle imposte non versate non si provvede, infatti, mediante l'emissione di un atto impositivo che presupponga la rettifica della dichiarazione, ma con un atto di mera riscossione, ricognitivo di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto d'imposta nella dichiarazione».

La questione

La società motivava il ricorso avverso il diniego richiamando una pronuncia della S.C. (Cass., sez. trib., 29 novembre 2017, n. 28611) nella parte in cui veniva fatto presente «che la cartella di pagamento, quando è preceduta da un avviso di accertamento, costituisce atto di riscossione della somma dovuta in base all'avviso stesso e non un autonomo atto impositivo. Non è definibile, pertanto, la lite fiscale promossa con l'impugnazione della cartella preceduta dall'avviso di accertamento. Al contrario, possono essere definite in via agevolata le controversie generate da ricorsi avverso ruoli o cartelle che non siano stati preceduti da atti impositivi presupposti e, conseguentemente, portino per la prima volta il contribuente a conoscenza della pretesa tributaria».

I giudici di primo grado avallavano la tesi e l'operato di parte pubblica respingendo il ricorso e ritenendo la lite non definibile in quanto la cartella gravata dalla società non presupponeva l'esistenza di operazioni di rettifica di dichiarazioni presentate dal ricorrente ma trattavasi di «atti di recupero di imposta non versata».

La soluzione giuridica

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado ribalta l'esito della controversia a favore della parte privata.

I giudici d'appello, preliminarmente, muovono dalla considerazione che la stessa circolare interpretativa del citato art. 6 sembra smentire la posizione assunta dall'Ufficio nella causa esaminata laddove si legge che: «Al contrario, possono essere definite in via agevolata le controversie generate da ricorsi avverso ruoli o cartelle che non siano stati preceduti da atti impositivi presupposti e, conseguentemente, portino per la prima volta il contribuente a conoscenza della pretesa tributaria».

I giudici, poi, ricordano come la questione abbia avuto orientamenti contrastanti anche in seno alla giurisprudenza di legittimità che, in fattispecie sovrapponibili, talvolta ne ha ammesso la definizione (inter alias, Cass., Sez. trib., 12 dicembre 2018, n. 32132), altre volte ha escluso il ricorso alla definizione agevolata quando oggetto della lite era una cartella di pagamento (Cass., Sez. trib., 13 marzo 2019, n. 7099; e, più di recente, Cass., Sez. trib., 21 gennaio 2021, n. 1154).

In presenza di orientamenti contrastanti, la relativa questione veniva rimessa, per comporre il conflitto, all'esame delle Sezioni unite della Corte (Cass., Sez. trib., ord. 28 gennaio 2021, n. 1913) le quali, nell'esercizio della funzione nomofilattica, hanno statuito che: «L'impugnazione della cartella di pagamento, con la quale l'Amministrazione finanziaria liquida, in sede di controllo automatizzato, d.P.R. n. 600/1973, ex art. 36-bis, le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a controversia definibile in forma agevolata, ai sensi del d.l. n. 119/2018, art. 6, come convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136/2018, quando detta cartella rappresenti il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo, come tale, impugnabile, ai sensi del d.lgs. n. 546/1992, art. 19, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva» (Cass., Sez. Un., 25 giugno 2021, n. 18298).

I giudici ambrosiani, pertanto, decidono di risolvere la controversia in linea con il principio espresso dalle Sezioni Unite, non ritenendo esservi motivi per doversene discostare.

Nella medesima direzione, in recepimento della sopracitata pronuncia delle Sezioni Unite, si era già espressa la stessa Corte lombarda con la sentenza n. 1482 del 14 aprile 2022.

Osservazioni

Considerando l'orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito e il recente intervento, in funzione nomofilattica, delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, è auspicabile che il legislatore ne tenga conto al momento della formulazione normativa di futuri ed eventuali provvedimenti di definizione agevolata al fine di deflazionarne il contenzioso.

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