No ad acconti per lavori Superbonus 110% se non sono riferiti ad opere già effettuate corrispondenti ai Sal

06 Dicembre 2022

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 41012 dello scorso 8 novembre, confermava il sequestro dei crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi, in quanto considerati profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Massima

Costituisce ragionevole elemento di verifica del fumus del delitto di cui all'art. 8 del D. Lgs, n. 74/2000, la circostanza per cui a fronte di cessioni di ingenti crediti di imposta per i c.d. eco-bonus e sisma-bonus, il primo cedente non sia proprietario di immobili che, per caratteristiche intrinseche, consistenza e numero, giustifichino l'entità dei crediti ceduti rispetto ai presunti lavori di ristrutturazione edilizia che si assumono effettivamente realizzati e, di conseguenza, fatturati. In tale evenienza deve ritenersi legittimo il provvedimento con il quale viene disposto il sequestro preventivo dei crediti di imposta nell'attuale disponibilità del cessionario, nonché di quelli da esso a sua volta ceduti, anche presso i terzi cessionari.

Il caso

Con ordinanza, il Tribunale del Riesame di Foggia rigettava l'istanza di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP/Tribunale di Foggia delle quote e delle aziende di alcune società, dei crediti di imposta attualmente nelle disponibilità delle società medesime, nonché quelli dalle stesse ceduti, anche presso i terzi cessionari, per un importo complessivo pari ad Euro 1.017.680.552,00 da eseguirsi mediante blocco sul portale A.d.E. e corrispondente riduzione dei plafond di crediti fiscali compensabili nei rispettivi cassetti fiscali, nominando apposito amministratore giudiziario.

Il meccanismo fraudolento messo in opera dagli indagati consisteva, attraverso le società a loro riferibili, nell'abusare del meccanismo delle detrazioni fiscali introdotto per favorire la ripresa economica nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, creando e, successivamente, cedendo a terzi, crediti di imposta inesistenti per oltre un miliardo di euro.

In particolare, venivano simulati i presupposti costitutivi del beneficio fiscale consistente nel diritto del contribuente alla detrazione dell'imposta lorda dell'intero importo delle pese sostenute per gli interventi di cui al D.L. n. 34/2020, nonché per gli ulteriori interventi previsti dalla previgente disciplina, anche in tema di ecosismabonus. In tal modo, venivano creati dei crediti di imposta inesistenti, suscettibili dell'opzione di cui all'art. 121, D.L. n. 34/2020, allo scopo di conseguire indebite ed ingenti liquidità monetarie di lecita provenienza, attraverso la cessione dei crediti ad istituti di credito o ad intermediari finanziari, anche attraverso la cessione intermedia a società o a persone fisiche compiacenti, realizzando, altresì, anche elusioni fiscali attraverso l'indebita compensazione dei crediti di imposta, con conseguente realizzazione dei profitti scaturenti dall'omesso versamento delle imposte dovute, ossia il così detto risparmio di spesa.

Tali misure erano disposte relativamente ai reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa aggravata ai danni dello Stato (D.Lgs. n. 74/2000 art. 8; art. 640, cpv. n. 1, c.p.).

I ricorrenti proponevano separati ricorsi per cassazione, deducendo tre motivi di identico contenuto.

Tali doglianze non erano condivise dalla Suprema Corte la quale rigettava il ricorso.

La Corte di Cassazione - sentenza n. 41012 del 8 novembre 2022 - confermava il sequestro dei crediti di imposta derivanti dai bonus edilizi (art. 121 del D.L. n. 34/2020) in quanto considerati profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000).

Viene, così, colpito un meccanismo fraudolento che utilizzava diverse società per abusare del regime di detrazioni fiscali introdotto allo scopo di favorire la ripresa economia nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia. Le false fatture avevano la funzione di simulare l'esistenza delle relative spese sostenute e creare così fittiziamente il presupposto costituivo del diritto alla detrazione.

La questione

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se costituisca ragionevole elemento di verifica del fumus del delitto di cui all'art. 8 del D.Lgs, n. 74/2000, la circostanza per cui a fronte di cessioni di ingenti crediti di imposta per i c.d. eco-bonus e sisma-bonus, il primo cedente non sia proprietario di immobili che, per caratteristiche intrinseche, consistenza e numero, giustifichino l'entità dei crediti ceduti rispetto ai presunti lavori di ristrutturazione edilizia che si assumono effettivamente realizzati e, di conseguenza, fatturati.

La soluzione giuridica

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina.

Il reato di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è disciplinato all'art. 8 d.lgs. n. 74/2000 (c.d. legge sui reati tributari), il quale sanziona la condotta di colui che emette fatture o documenti affini per operazioni inesistenti al fine di consentire a terzi di evadere le imposte.

Soggetto attivo del reato può essere chiunque che, obbligato o meno alla tenuta delle scritture contabili, emetta delle false fatture al fine di consentire a terzi un indebito e fraudolento abbassamento dell'imponibile fiscale, relativo alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto.

In base all'art. 1, lett a), per “fatture e i documenti per operazioni inesistenti” rilevano tutti quei documenti aventi valore probatorio per l'Amministrazione tributaria emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l'imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi.

Si ritiene, comunemente, che il reato si consumi con l'emissione o il rilascio del primo documento fiscale falsificato, nonostante, come precisato al comma 2, il rilascio o l'emissione di più fatture o documenti, nell'arco del periodo d'imposta, realizzi un unico delitto.

A differenza dei reati c.d. dichiarativi, tra cui quello punito all'art. 2 che sanziona l'utilizzo in dichiarazione delle fatture false, il reato de quo si connota come reato di pericolo, in quanto non è necessario ai fini della punibilità che i documenti fiscali siano effettivamente utilizzati, bensì è sufficiente la loro mera “emissione” o il “rilascio”, cioè che i documenti escano dalla sfera individuale del reo per entrare nella disponibilità di terzi proiettando, dunque, effetti giuridici all'esterno.

Come precisato, infatti, anche dalla più recente giurisprudenza, tale reato “presuppone l'alterità tra la persona che emette e la persona che utilizza le fatture” (v. Cass. 47603/2017).

L'art. 9 introduce, inoltre, una specifica eccezione ai principi sul concorso di persone stabilendo che l'emittente di fatture per operazioni inesistenti non concorre con chi utilizza tali fatture in dichiarazione e commette, dunque, il reato di dichiarazione fraudolenta fissato all'art. 2.

Il delitto in parola è punito a titolo di dolo specifico. È necessario, quindi, che in capo all'agente risieda la consapevolezza e volontà di porre in essere la specifica condotta sanzionata, cioè di emettere o rilasciare le fatture per operazioni inesistenti al fine specifico di consentire a terzi di dichiarare il falso al fisco. Tutto ciò premesso occorre tornare al caso che ci occupa.

Due società avevano ideato e gestito un articolato sistema fraudolento, finalizzato alla creazione ed alla monetizzazione di falsi crediti d'imposta, così da realizzare un duplice illecito obiettivo.

Da una parte emergeva l'indebito conseguimento di ingenti liquidità monetarie, ottenute attraverso la cessione dei crediti ad intermediari finanziari, ovvero a persone fisiche compiacenti; dall'altra, si palesava l'evasione fiscale attuata mediante indebita compensazione dei crediti di imposta, con conseguente (illegittimo) incremento dei profitti derivanti dall'omesso versamento delle imposte dovute.

In secondo luogo, ai Giudici di merito appariva evidente la finalità illecita delle operazioni eseguite dalle ricorrenti, alla luce di una decisiva considerazione.

Difatti, entrambe le persone giuridiche, nel periodo oggetto d'indagine da parte degli inquirenti (ossia tra il novembre del 2020 ed il novembre del 2021), avevano emesso fatture l'una nei confronti dell'altra, per importi non solo particolarmente rilevanti, ma, stranamente, complessivamente coincidenti con l'ammontare dei costi asseritamente sostenuti, per interventi edilizi in realtà mai eseguiti e, nonostante ciò, portati in detrazione fiscale.

Tale circostanza era confermata dal fatto che, nelle operazioni nelle quali l'una era cedente, l'altra era prima cessionaria, e viceversa.

Ancora, ulteriore elemento rilevante, ai fini della configurabilità di una condotta fraudolenta particolarmente strutturata, oltre che indiscutibilmente dolosa, era costituito dalla notevole sproporzione esistente tra il modesto valore effettivo del patrimonio immobiliare oggetto degli interventi edilizi agevolati e l'entità abnorme degli importi fatturati.

Ed infatti, era dimostrato che su beni consistenti prevalentemente, se non esclusivamente, in stalle, scuderie, rimesse e autorimesse, con rendita catastale media di 50 euro, erano stati effettuati interventi di riqualificazione edilizia a vario titolo, per più di un miliardo di euro, circostanza, quest'ultima che, di per sé, è indice di attività fraudolenta.

Anche in questo caso, osservava il Tribunale del Riesame, non può essere giustificata, se non con l'intento di ottenere indebite agevolazioni, la circostanza per la quale laddove una società era conduttrice (o proprietaria) di un edificio, l'altra, inevitabilmente, assumeva il ruolo di appaltatore nella qualità di general contractor, e viceversa.

Avverso il provvedimento del Giudice del riesame era frapposto ricorso per Cassazione, affidato a tre differenti motivi.

Osservazioni

La Terza Sezione penale ha affermato che integra il “fumus” del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti la condotta di chi, avendo monetizzato il credito derivante dalla realizzazione di opere suscettibili di fruire dell'agevolazione fiscale del cd. “superbonus 110%” mediante la sua cessione o lo “sconto in fattura” ex art. 121 d.l. 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, nella legge 17 luglio 2020, n. 77, effettui la fatturazione “in acconto” di spese relative a opere non ultimate o per le quali non sia stato emesso, da un tecnico abilitato, uno “stato di avanzamento lavori” attestante l'esecuzione di una porzione dell'intervento “agevolabile” e la congruità delle spese per esso sostenute, posto che l'emissione di tali fatture mira a simulare l'esistenza di spese in concreto non ancora sopportate e a creare fittiziamente il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione (v. Cass. pen., Sez. III, 13/10/2022, n. 42012).

A detta della Suprema Corte nessuno spessore argomentativo riveste la circostanza secondo cui sarebbero state emesse fatture in acconto, rispetto alla materiale esecuzione dei lavori, posto che la fruizione dei bonus fiscali per gli interventi edilizi è indissolubilmente vincolata all'esecuzione completa degli interventi stessi, secondo quanto indicato nei relativi atti abilitativi e nei tempi previsti dagli atti stessi.

Laddove, come nel caso di specie, si voglia sfruttare la possibilità di monetizzare fin da subito il credito, tramite la sua cessione o lo sconto in fattura, ai sensi dell'art. 121 del D.L. 34/2020, è ben prevista la possibilità di effettuare pagamenti per stati d'avanzamento lavori (SAL).

Tuttavia, nel predetto documento andranno attestate solo ed unicamente tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell'appalto, sino all'emissione del singolo stato di avanzamento.

Nel SAL, infatti, ricorda la Cassazione, non devono essere incluse le lavorazioni che, seppur fatturate e pagate, non siano effettivamente state eseguite.

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