Costituzione del c.d. fondo cassa e dimensione annuale della gestione condominiale

09 Dicembre 2022

Con la sentenza in commento, la Cassazione ribadisce che la costituzione di un fondo cassa per le spese di ordinaria conservazione e manutenzione dei beni comuni appartiene al potere discrezionale dell'assemblea e non pregiudica né l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né loro il diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma.
Massima

La costituzione di un fondo cassa, da parte dell'assemblea, ancorché non venga disposto in merito all'impiego dei residui attivi di gestione nell'esercizio di riferimento, non viola la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale, essendo sufficiente che questi possano, anche solo implicitamente, desumersi dal rendiconto, ai fini della loro rilevabilità nei conti individuali dei singoli condomini e della conseguente riduzione, per compensazione, delle quote di anticipazione dovute dagli stessi condomini per l'anno successivo.

Il caso

La causa originava da un'impugnazione, proposta da un condomino, avverso la delibera assembleare, avente ad oggetto l'approvazione della situazione patrimoniale e del bilancio di un determinato anno, esponendo che, nella suddetta situazione patrimoniale, erano riportati, da un lato, la voce “fondo riserva portineria”, costituito con l'accantonamento dei canoni pagati dal conduttore, la voce “ricavi da affitto dei parcheggi”, costituita dai canoni di locazione per i posti auto di proprietà dei condomini, e la voce “ricavi da affitto locali portineria”, senza, però, che fossero indicati gli importi spettanti a ciascun condomino, e, dall'altro, il fondo di riserva ordinario, senza, però, alcuna indicazione della provenienza di tali disponibilità.

Secondo il ricorrente, non si poteva trattenere a tempo indeterminato somme che appartenevano ai singoli condomini e occorreva indicare a verbale gli importi esatti dei residui attivi spettanti a ciascun proprietario.

Il Tribunale aveva rigettato la suddetta l'impugnazione.

La Corte territoriale aveva confermato tale decisione, precisando: a) che era possibile individuare gli importi spettanti ai condomini in base al contenuto della delibera, non esistendo alcuna disposizione che prevedesse un obbligo di esatta indicazione numerica dei residui attivi di pertinenza dei singoli; b) che l'amministratore aveva fornito i dati relativi alle quote del fondo riserva portineria e del fondo di riserva ordinario da ripartire tra i singoli, senza che l'attore avesse sollevato contestazioni; c) che la delibera non aveva leso i diritti patrimoniali dei condomini, attesa la prevista compensazione delle somme accantonate con le quote di anticipazione per l'esercizio successivo o dovute a conguaglio, avendo imposto, inoltre, un vincolo temporaneo, destinato a valere fino al momento dell'effettuazione di eventuali spese nell'interesse comune; e d) che il singolo condomino non poteva pretendere la corresponsione della propria quota o l'immediata compensazione con i debiti, non avendo l'amministratore il potere di utilizzare i residui attivi senza l'autorizzazione dell'assemblea.

Il condomino soccombente proponeva, quindi, ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare - per quel che rileva questo breve commento - se, nel caso di specie, si fosse violato il disposto dell'art. 1135 c.c., e segnatamente di accertare se il fondo cassa, non essendo previsto un termine per il suo impiego, doveva considerarsi impositivo di un vincolo a tempo indeterminato e, dunque, illegittimo, stante il divieto di previsioni di spesa superiori ad un anno.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto la doglianza del condomino infondata.

Innanzitutto, non è stato considerato pertinente il richiamo al precedente degli stessi giudici di legittimità richiamato dal ricorrente (Cass. civ., sez. II, 21 agosto 1996, n. 7706), che riguardava, invece, una delibera impositiva dell'obbligo di continuare a versare le quote relative al “fondo di riserva” per cinque anni, pari ad una quota condominiale trimestrale per ogni anno.

Nel caso in esame - come aveva sottolineato il giudice di merito - l'assemblea aveva semplicemente omesso di disporre l'impiego dei residui attivi nell'esercizio di riferimento, senza vincolarli oltre l'esercizio successivo o per periodi ancor più lunghi.

In tali ipotesi, è sufficiente che i residui attivi possano anche solo implicitamente desumersi dal rendiconto, in modo da poter essere rilevati nei conti individuali dei singoli condomini, per la conseguente riduzione per compensazione delle quote di anticipazione dovute per l'anno successivo (Cass. civ., sez. II, 11 agosto 2016, n. 17035).

La decisione assembleare impugnata non violava - ad avviso degli ermellini - la necessaria dimensione annuale della gestione condominiale mediante la previsione di un fondo cassa alimentato con le anticipazioni da parte dei condomini o con l'accantonamento dei canoni di locazione di un bene comune (Cass. civ., sez. VI/II, 17 agosto 2017, n. 20135): invero, la reale finalità della delibera era quella di assicurare alla collettività condominiale, gestita dall'amministratore, la disponibilità di liquidità economica per far fronte ai maggiori oneri economici che si sarebbero dovuti affrontare, una volta terminato il periodo in relazione al quale era stato approvato il preventivo.

In argomento, i magistrati del Palazzaccio hanno, inoltre, precisato che la costituzione di un fondo cassa per le spese di ordinaria conservazione e manutenzione dei beni comuni appartiene al potere discrezionale dell'assemblea e non pregiudica, né l'interesse dei condomini alla corretta gestione del condominio, né loro il diritto patrimoniale all'accredito della proporzionale somma, risultando di tutta evidenza che la disponibilità, da parte dell'amministratore, di una pronta liquidità di cassa gli consente di affrontare con maggiore prontezza e tranquillità l'ordinaria gestione del condominio (Cass. civ., sez. II, 28 agosto 1997, n. 8167).

Osservazioni

La situazione, tuttavia, cambia qualora la costituzione del c.d. fondo cassa venga istituito per far fronte al mancato pagamento delle rate da parte di alcuni condomini oppure per il versamento del corrispettivo riguardo a lavori di manutenzione straordinaria o innovazioni.

Invero, dovrebbero considerarsi nulle le delibere, prese a maggioranza, che abbiano l'effetto di far insorgere in capo ai condomini, in regola con i pagamenti delle spese, l'obbligo di sopperire all'inadempimento dei morosi, ampliandone la responsabilità patrimoniale sussidiaria rispetto al meccanismo di garanzia e preventiva escussione stabilito dall'art. 63, comma 2, disp. att. c.c. (così come modificato dalla l. n. 220/2012)

Parimenti, dovrebbe ritenersi nulla, per estraneità alle attribuzioni della assemblea, la delibera con cui la maggioranza dei partecipanti provveda a ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi, oppure ad istituire un fondo cassa ad hoc, non sussistendo in capo ai condomini, in regola con i versamenti delle quote di rispettiva pertinenza, alcun vincolo di solidarietà passiva in senso proprio nei confronti del terzo creditore, e non potendosi, perciò, prefigurare alcuna urgenza derivante dalla possibile esecuzione individuale, la quale è subordinata all'infruttuosa esecuzione nei confronti degli inadempienti.

Nella stessa ottica, dovrebbe necessitare una convenzione presa all'unanimità la delibera di approvazione di interventi di manutenzione straordinaria o di innovazioni che disponga di non costituire il preventivo fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori, o, se sia così previsto dal contratto, il fondo pari ai singoli pagamenti dovuti in funzione del progressivo stato di avanzamento delle opere.

Invero, l'art. 1135, n. 4), c. c. - modificato ulteriormente d.l. n. 145/2013 - richiede che l'allestimento anticipato del fondo speciale per gli indicati lavori (che sono poi quelli di più rilevante importo e, quindi, di maggiore esposizione patrimoniale) soddisfi l'interesse anche del singolo condomino a veder escluso il proprio rischio di dover garantire al terzo creditore il pagamento dovuto dai morosi, secondo quanto ora previsto dal comma 2 dell'art. 63 disp. att. c.c., essendo il versamento anticipato delle somme da parte di tutti i partecipanti condizione di legittimità della delibera di approvazione delle opere.

Sul punto, mette punto rammentare che la Riforma della normativa condominiale - entrata in vigore il 18 giugno 2013 - rimodulando il n. 4) del comma 1 dell'art. 1135 c.c., aveva prescritto che, per quel che concerne le opere di manutenzione straordinaria e le innovazioni, si dovesse “obbligatoriamente” costituire “un fondo speciale di importo pari all'ammontare dei lavori” da eseguire.

A mero titolo esemplificativo, per l'approvazione dei lavori di rifacimento della facciata dell'edificio o di installazione di un ascensore nella tromba delle scale, la decisione di affrontare tali spese notevoli per il bilancio condominiale presupponeva che si mettesse da parte la necessaria “provvista” per adempiere, puntualmente e compiutamente, le obbligazioni nei confronti del terzo.

La prescritta obbligatorietà della costituzione preventiva del fondo speciale consentiva di garantire il terzo creditore del corrispettivo dovutogli in virtù degli accordi negoziali da sottoscrivere e, al contempo, preveniva, a monte, il fenomeno della morosità, perché così si escludeva l'eventuale fase patologica dell'inadempimento dell'obbligazione, da parte del condominio, di pagare il prezzo convenuto.

In pratica, salvo apposita dispensa da parte dell'assemblea, che lo esentasse espressamente da ogni responsabilità al riguardo, l'amministratore avrebbe dovuto rifiutarsi tout court di stipulare se non avesse avuto “in cassa” la liquidità per far fronte agli impegni nei confronti del manutentore e dell'appaltatore, così imponendogli di procedere alla riscossione prima (e non dopo) la stipula del contratto con il terzo.

Tale obbligo finiva, tuttavia, per ritardare, se non addirittura paralizzare, l'esecuzione delle delibere, specie se attinenti lavori importanti da eseguirsi nello stabile o per ottemperare ad obblighi di legge - ad esempio, per l'impermeabilizzazione del lastrico solare o per la messa a norma dell'impianto elettrico dell'autorimessa - laddove era prassi, invece, raccogliere i fondi durante l'esecuzione delle opere de quibus, saldando il terzo creditore al momento del raggiungimento della relativa disponibilità economica.

Com'è noto, sul punto, è intervenuto il d.l. n. 145/2013 (decreto c.d. destinazione Italia) - convertito, con modificazioni, dalla l. n. 9/2014 - cheha aggiunto, all'art. 1135, comma 1, n. 4), il seguente periodo: “se i lavori devono essere eseguiti in base ad un contratto che ne prevede il pagamento graduale in funzione del loro progressivo stato di avanzamento, tale fondo può essere costituito in relazione ai singoli pagamenti dovuti”.

Pertanto, il legislatore del 2014 affida ora ai condomini la facoltà alternativa di stabilire, in sede di delibera, che il contratto da stipulare con l'appaltatore dei lavori di manutenzione straordinaria o delle opere di innovazione preveda un pagamento collegato ai relativi stati di avanzamento, nel qual caso il fondo speciale può essere costituito in relazione ai pagamenti dovuti di volta in volta.

La Relazione che ha accompagnato il decreto d'urgenza ha, infatti, individuato la ratio di tale aggiunta nel “contemperare le meritorie esigenze economiche dei proprietari con quelle creditorie dell'appaltatore, altrettanto meritorie, nell'attuale recessione economica, onde impedire evidenti disincentivi all'adozione di nuove delibere per l'avvio di lavori di ristrutturazione”.

Deve essere la delibera assembleare, che approva l'esecuzione delle opere di manutenzione straordinaria o le innovazioni, a determinare con precisione le modalità di pagamento per stati di avanzamento all'interno del contratto di appalto da stipulare con l'impresa prescelta, poiché solo questo definito contenuto del rapporto negoziale con l'appaltatore può esonerare i condomini dal versare l'obbligatorio intero fondo preventivo.

Affinché il nuovo fondo speciale soddisfi la sua particolare finalità, è necessario, pertanto, che sia l'oggetto del futuro appalto, ossia la puntuale indicazione delle opere da eseguire nelle parti comuni dell'edificio, sia il corrispettivo effettivamente dovuto all'appaltatore in conseguenza dei relativi lavori, siano inequivocamente predeterminati (o sufficientemente predeterminabili) nel contesto negoziale sottoscritto dai contraenti.

Sembra, però, che i due fondi adesso contemplati dallo stesso art. 1135, n. 4), c.c. rivelino natura e modalità operative abbastanza differenti: il fondo speciale “unico” ideato dalla Riforma del 2012 è un fondo necessariamente preventivo rispetto all'esecuzione dei lavori, mentre il fondo “graduale” di cui alla legge n. 9/2014 costituirebbe un fondo strutturalmente successivo e conseguente alla realizzazione delle opere.

In altri termini, quest'ultimo, venendo allestito soltanto dopo l'approvazione dei singoli stati d'avanzamento, presupporrebbe la già avvenuta esecuzione delle opere contabilizzate e, quindi, a differenza del primo, anche l'immediata esigibilità del credito dell'appaltatore per la parte di prezzo corrispondente a quello specifico stato di avanzamento; i pagamenti seguirebbero il frazionamento dei lavori ed il fondo andrebbe a coprire il minor importo previsto per il parziale intervento eseguito sulle parti comuni.

Comunque, la modifica introdotta dalla legge n. 9/2014 non fa venire meno l'originario fondo speciale - il nuovo fondo “può” essere costituito, e non “deve” - nel senso che l'attuale facoltà di “pagamento graduale” resta pur sempre un'alternativa rimessa alla discrezionalità dell'assemblea, peraltro difficilmente praticabile ove i lavori si concludano in un'unica soluzione ed i pagamenti avvengano in tempi stretti.

Rimane, però, irrisolto il problema di individuare cosa abbia voluto intendere il legislatore della Riforma per “costituzione” del fondo speciale, perché, in proposito, sono state avanzate molte ipotesi:alcuni hanno sostenuto che la prescritta costituzione comportasse la mera istituzione, per così dire, virtuale, ossia senza versamento di alcuna somma; altri hanno reputato che sarebbe stato sufficiente tenere una contabilità separata, ossia una semplice destinazione di somme, quasi una riserva “in conto lavori” da inserire in bilancio; altri ancora, in parte anticipando le novità legislative, avevano optato per un “fondo a formazione progressiva”.

Appare più ragionevole opinare che, affinchè il fondo di cui alla prima parte dell'art. 1135, n. 4), c.c. possa dirsi “costituito”, occorra l'effettivo versamento integrale dei relativi contributi (“di importo pari all'ammontare dei lavori”) da parte di tutti condomini.

Può succedere - come sopra accennato - che l'assemblea decida, tuttavia, lo stesso di approvare le opere di manutenzione straordinaria o le innovazioni soprassedendo volutamente alla costituzione del fondo speciale.

A ben vedere, il legislatore del 2012, postulando la preventiva costituzione del fondo speciale per i lavori de quibus, ha inteso soddisfare l'interesse - non solo generale al corretto funzionamento dell'ente condominiale, poiché unicamente la concreta anticipata disponibilità dell'importo occorrente per il pagamento delle opere straordinarie permette di affrontare, poi, con maggiore tranquillità l'ordinaria gestione del condominio, bensì anche - del singolo condomino, perché così si esclude il rischio di dover garantire al terzo creditore il pagamento dovuto dai morosi, in base al nuovo meccanismo escussorio di cui all'art. 63 disp. att. c.c.

In quest'ottica, l'assemblea non potrebbe deliberare, a maggioranza, di by-passare l'allestimento del fondo in questione - pur ove abbia ricevuto il preventivo consenso dell'appaltatore, il quale, pur di lavorare, in un periodo di crisi edilizia come l'attuale, rinuncia a vedersi precostituito il corrispettivo della sua prestazione - in quanto l'anticipato effettivo pagamento di tutte le quote dovute dai condomini per costituire il fondo speciale mette al riparo il singolo dall'eventualità di essere chiamato a rispondere delle quote lasciate inadempiute dai morosi (una volta rimasto infruttuoso il recupero a carico di questi ultimi).

Riferimenti

Terenziani, Costituzione di fondo per sopperire alla morosità dei condomini: requisiti e limiti, in Arch. loc. e cond., 2018, 129;

Monegat, L'assemblea condominiale ha il potere discrezionale di istituire un fondo cassa per le spese ordinarie, in Immob. & proprietà, 2016, 590;

Tamanti, Il fondo per lavori straordinari nel rendiconto e nella contabilità, in Arch. loc. e cond., 2015, 149;

Re, Il fondo patrimoniale e le spese condominiali, in Immob. & proprietà, 2015, 443;

Nucera, Riforma e fondo speciale per le opere straordinarie, in Arch. loc. e cond., 2013, 572;

Del Torre, La costituzione del fondo speciale per opere straordinarie e innovazioni ex art. 1135, n. 4, c.c., in Arch. loc. e cond., 2013, 725;

Scarpa, Il fondo speciale per la manutenzione straordinaria e le innovazioni nel condominio, in Arch. loc. e cond., 2013, 569;

Cirla, Il fondo speciale per le opere straordinarie ed il trust, in Immob. & proprietà, 2013, 552;

Salciarini, Il fondo speciale condominiale alla prova della parziarietà, in Immob. & diritto, 2009, fasc. 8, 16.

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