Amministratore ad acta per i lavori di ristrutturazione della copertura condominiale

Maurizio Tarantino
19 Dicembre 2022

Nella pronuncia in commento, il Tribunale adito ha affrontato la seguente questione: è legittima la nomina di un amministratore ad acta in presenza di un precedente provvedimento giudiziale che obbliga il condominio all'esecuzione dei lavori? 
Massima

È legittima la nomina di un amministratore ad acta, a prescindere dalla possibilità di eseguire coattivamente il provvedimento giudiziale, al fine di dare attuazione alla precedente ordinanza dell'esecuzione di lavori di ristrutturazione della copertura condominiale; quindi, accertata l'inerzia dell'assemblea, è legittimo il ricorso all'autorità giudiziaria ex art. 1105, comma 4, c.c. al fine di prendere i provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune.

Il caso

Il condomino Tizio, con ricorso ex art. 1105 c.c., aveva chiesto al giudice competente la nomina di un amministratore ad acta affinché venissero deliberati i lavori di attuazione della precedente ordinanza emessa dal Tribunale. Invero, con il provvedimento in esame, erano stati ordinati al condominio l'esecuzione di lavori di ristrutturazione della copertura condominiale, ma che tuttavia, nonostante reiterate convocazioni assembleari non si era stata adottata alcuna deliberazione. Quindi, in applicazione dell'art. 1105, comma 4, c.c. - se non si prendono provvedimenti necessari per l'amministrazione della cosa comune o non si forma auna maggioranza, ovvero se la delibera adottata non viene eseguita- in qualità di condomino, Tizio aveva richiesto l'intervento del Tribunale.

La questione

La questione in esame è la seguente: è legittima la nomina di un amministratore ad acta in presenza di un precedente provvedimento giudiziale che obbliga il condominio all'esecuzione dei lavori?

Le soluzioni giuridiche

A parere del giudicante, il condomino era legittimato a chiedere l'intervento dell'Autorità giudiziaria a prescindere dalla possibilità di eseguire coattivamente il provvedimento giudiziale. Difatti, nella vicenda, era emerso che erano state convocate diverse assemblee nel corso degli anni, e anche successivamente al giudizio, ma nessuna aveva mai deliberato l'esecuzione di tali lavori o, comunque, non era stata mai resa possibile l'esecuzione di tali lavori per convocazioni andate deserte o per mancato raggiungimento di accordi. Quindi, accertata l'inerzia dell'assemblea, il giudicante ha ritenuto legittimo il ricorso all'autorità giudiziaria per la nomina di un amministratore ad acta al fine di dare attuazione ai lavori già indicati nella precedente ordinanza. Di conseguenza, con decreto, è stato nominato Sempronio quale amministratore ad acta con condanna del condominio alle spese legali.

Osservazioni

La pronuncia in oggetto è interessante in quanto si presta ad alcune precisazioni generali in merito agli aspetti afferenti all'amministratore ad acta.

a) I poteri dell'amministratore ad acta

Preliminarmente, è importante osservare che l'amministratore giudiziario ad acta (art. 1105, comma 4, c.c.) non deve essere confuso con l'amministratore di nomina giudiziaria (art. 1129, comma 1, c.c.).

Difatti, quest'ultima figura ricorre “Quando i condomini sono più di otto, se l'assemblea non vi provvede, la nomina di un amministratore è fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini o dell'amministratore dimissionario”. La nomina dell'amministratore giudiziario ex art. 1129 c.c., in tal caso, - come già precisato da autorevole dottrina (Celeste) - non è intesa a contrastare o a impedire un comportamento lesivo di un proprio diritto, ma a salvaguardare la propria sfera di interessi, inerenti alla qualifica di condomino, attraverso la tutela di un interesse anche più generale, che investe la totalità dei condomini. Quindi, secondo questa posizione, l'intervento del giudice si esplica in una valutazione ampiamente discrezionale dei fatti esposti, esaurendosi in un provvedimento diretto alla preservazione di un interesse di evidente carattere pubblicistico.

Dopo questa precisazione, si osserva che diversamente dalla figura di nomina giudiziale, l'amministratore ad acta, invece, interviene in determinati casi specifici:

a) quando non si prendano i provvedimenti necessari per la cosa comune;

b) quando non si formi una maggioranza (soprattutto nei casi in cui tra i condomini vi è dissenso, oppure, più semplicemente, vi è inerzia);

c) quando la delibera adottata non venga eseguita.

Quindi, la situazione di stallo o di inerzia dell'assemblea o dei condomini nella gestione delle cose comuni renda necessaria la nomina di quello che viene invece conosciuto come “amministratore ad acta”, incaricato cioè dal giudice solo per la gestione di uno o più affari specificamente individuati nel decreto di nomina. A questo proposito, occorre precisare quanto sostenuto dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Invero, secondo i giudici, la funzione dell'amministratore giudiziario consente di esercitare non soltanto le funzioni amministrative in senso proprio, ma anche quelle deliberative, nel senso che egli deve amministrare senza necessità delle deliberazioni dell'assemblea (assemblea che egli tenterà periodicamente di convocare onde ripristinare quanto prima il regolare funzionamento del condominio ma la cui mancanza non è idonea a paralizzare la doverosa azione amministrativa), in tal senso deponendo la disposizione generale di cui all'art. 1105 c.c. che consente la nomina di un amministratore della comunione (Trib. Sassari 11 novembre 2021). Questo provvedimento deve essere interpretato con la tesi autorevolmente sostenuta in dottrina (Terzago), in base alla quale se le fattispecie previste per la eventuale nomina dell'amministratore giudiziario sono quelle di cui all'art. 1105, comma 4, c.c., l'amministratore deve godere di diversi e più ampi poteri rispetto a quello nominato dall'autorità giudiziaria ex art. 1129, comma 1, c.c. Invero, in base a questa impostazione, l'amministratore ad acta sostituisce l'assemblea e, quindi, prescinde da essa; sicché, questo amministratore regolandosi in virtù dell'incarico conferito, deve operare autonomamente dalla maggioranza e rendere conto solo ed esclusivamente al giudice. Da ciò consegue chediverso è il caso dell'amministratore nominato dal Tribunale ex art. 1129, comma 1, c.c. in quanto, quest'ultimo, deve rendere conto del proprio operato soltanto all'assemblea (Cass. civ., sez. II, 21 settembre 2017, n. 21966).

b) Ricorso alla via camerale in alternativa al ricorso contenzioso

Ebbene, dopo questa introduzione sui poteri dell'amministratore ad acta, nella vicenda in esame, il provvedimento emesso dal giudice etneo richiede qualche ulteriore osservazione.

In primis, da quanto appreso, il Tribunale era già intervenuto con un provvedimento, cioè con un'ordinanza ove (si legge nel provvedimento in commento) che era stato ordinato al condominio “l'esecuzione di lavori di ristrutturazione della copertura condominiale, ma che tuttavia, nonostante reiterate convocazioni assembleari non si formava sul punto alcuna maggioranza e/o alcuna deliberazione fosse stata adottata”. Sostanzialmente, al condominio era stato già “ordinato” l'esecuzione dei lavori di ristrutturazione. Ma, il giudice di Catania sottolinea un aspetto: “a prescindere dalla possibilità di eseguire coattivamente il provvedimento giudiziale”. Il giudice di Catania è quindi consapevole dell'esecuzione coattiva del precedente provvedimento, tuttavia, considera comunque meritevole di tutela la richiesta del condomino alla via camerale. A questo punto occorre una valutazione sulla frase del giudicante:

  • Inammissibilità del ricorso in caso di sentenza

Proprio su questo aspetto, in altri precedenti, i giudici hanno sottolineato che non è ammissibile il ricorso all'autorità giudiziaria ex art. 1105 c.c. per dare esecuzione ad una sentenza che ordina la riduzione in pristino di opere edilizie illegittime. A questa esigenza di tutela giudiziale si presta - piuttosto - l'esecuzione forzata per obblighi di fare, ex art. 612 c.p.c., rimedio con cui il giudice dell'esecuzione designa un ufficiale giudiziario che deve provvedere al compimento delle operazioni materiali dell'esecuzione (Trib. Salerno 10 novembre 2009.). Altro avviso della Corte di legittimità, invece, è sembrato porre su di un piano alternativo il ricorso alla via camerale di cui all'art. 1105, comma 4, c.c. ed il giudizio contenzioso finalizzato all'ottenimento di una condanna dei soggetti interessati su cui ricade l'obbligo comune di fare. Secondo la statuizione richiamata, quindi il diritto-dovere di ciascun condomino al mantenimento e, occorrendo, alla ricostruzione della cosa comune, nei limiti di legge, comporta non solo l'obbligo di contribuire alle spese, ma anche tutti gli obblighi di fare e di pati connessi alle modalità esecutive, sicché, se le opere necessarie al mantenimento od alla ricostruzione della cosa comune non sono deliberate o vi è stata una delibera negativa, ciascuno dei condomini ha diritto di agire in giudizio per la condanna del condominio all'adempimento dell'obbligo comune di fare. Dunque, a parere dei giudici di legittimità, tale obbligo, in caso di accoglimento della domanda, deve essere assolto dall'amministratore (con la cooperazione di tutti i condomini); mentre, ove l'amministratore manchi (e non sia intervenuto provvedimento ex art. 1105 c.c.), oppure non vi sia stata costituzione formale di condominio (per essere i condomini “oggi” meno di otto), ovvero l'opera riguardi solo alcuni condomini (come nel caso di riparazione di solaio fra piani sovrapposti), il diritto del condomino all'adempimento dell'obbligo comune di fare trova tutela diretta nei confronti degli interessati tenuti al facere comune, le modalità del quale possono essere stabilite a piani (se richiesto), ovvero lasciate in tutto o in parte alle determinazioni del giudice dell'esecuzione (art. 612 c.p.c.), in difetto di adempimenti, concordi e spontanei, dopo la condanna (Cass. civ., sez. II, 11 marzo 1982, n. 1579).

  • Tutela camerale a prescindere dall'ordinanza

L'art. 612, comma 1, c.p.c. precisa che “Chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di un obbligo di fare o di non fare, dopo la notificazione del precetto, deve chiedere con ricorso al giudice dell'esecuzione che siano determinate le modalità dell'esecuzione”. La norma menziona appunto “sentenza”, il che ci porta a superare l'orientamento negativo precedentemente indicato, in quanto, nel provvedimento di Catania, si parla di “ordinanza”.

Pur in assenza di ulteriori elementi presenti nel provvedimento in commento, è “possibile” che il giudicante si riferisce ad una ordinanza di natura cautelare. Cioè, possiamo desumere che precedentemente sia stato chiesto un provvedimento cautelare; sicché, in questo caso, l'inerzia all'esecuzione della precedente ordinanza (nella specie, le diverse assemblee nel corso degli anni, e anche successivamente al giudizio, nessuna aveva mai deliberato l'esecuzione di tali lavori o comunque non era stata mai resa possibile l'esecuzione di tali lavori per convocazioni andate deserte o per mancato raggiungimento di accordi), ciò ha portato il giudice di Catania all'espressione “a prescindere”. Per meglio dire, seguendo una logica, il Tribunale riunito in camera di consiglio ha voluto precisare che i condomini ben potevano mettere in esecuzione il precedente provvedimento (si pensi all'ordinanza cautelare); tuttavia, nella totale inerzia e, quindi a “prescindere di questo riconoscimento”, è stato nominato l'amministratore ad acta ma (si legge nel PQM) “al fine di dare esecuzione all'ordinanza emessa dal Tribunale di Catania”.

c) Attuazione e valutazione dei lavori di ristrutturazione

Nonostante le precisazioni innanzi esposte, ulteriore questione del provvedimento del giudice di Catania che merita una riflessione è l'oggetto del provvedimento: l'esecuzione di lavori di ristrutturazione della copertura condominiale. Attraverso la citata argomentazione giurisprudenziale/dottrinale abbiamo appreso che l'amministratore ad acta opera autonomamente dall'assemblea e deve rendere conto solo ed esclusivamente al giudice. Certamente l'amministratore ad acta ha l'obiettivo “dell'esecuzione dei lavori di ristrutturazione”, quindi l'esecuzione del provvedimento. Tuttavia, come anche evidenziato dal citato provvedimento del Tribunale di Sassari dell'11 novembre 2021, “l'amministratore ad acta tenterà comunque di ripristinare quanto prima il regolare funzionamento del condomini”. Quindi è possibile che l'amministratore giudiziale si attivi con urgenza a convocare l'assemblea per l'individuazione della ditta e delle altre figure coinvolte (ad esempio, responsabile dei lavori, direttore dei lavori e, se occorre, il responsabile sicurezza ecc.). Solo in caso di totale inerzia, dare esecuzione al provvedimento principale “ordinanza”. In questa seconda ipotesi con i pieni poteri dell'amministratore ad acta, una valutazione ulteriore potrebbe essere fatta anche alla luce dell'attuale normativa afferenti ai bonus fiscali. Quindi, il dubbio se l'amministratore ad acta deve agire in funzione del migliore risultato per il condominio (cioè come minor costo per i singoli condomini, ad esempio, con l'individuazione della ditta che applichi lo sconto in fattura); oppure, a causa dell'urgenza, se deve prescindere da queste valutazioni, optando per il miglior risultato immediato dei lavori (per l'edificio) anche con un'impresa che applica “eventualmente” con costi maggior rispetto ad altri.

Vero che, attesta l'urgenza dei lavori, in questa situazione, l'amministratore ad acta deve eseguire quanto detto dal giudice (in esecuzione dell'ordinanza precedente), ma ciò potrebbe porsi anche in eventuale contrasto qualche condomino. Di certo, a prescindere dallo sconto in fattura, i condomini beneficeranno ugualmente della detrazione fiscale, ma una cosa è la detrazione nel corso degli anni della spesa sostenuta interamente, altra cosa è pagare “oggi” (crisi energetica/aumento dei prezzi) una quota ridotta (ad esempio) al 50% nell'immediato (salvo bonus maggiori). Però, forse, una valutazione ulteriore di questo tipo travalicherebbe i poteri dell'incarico che, se da una parte attengono solo a quanto indicato nel provvedimento di nomina, dall'altra parte non dovrebbero essere inficiati dalle eventuali contestazioni dei condomini rimasti inerti per tutto questo tempo. Resta inteso che, in questi casi, (prima della nomina) sussiste una situazione di incuria o di resistenza; sicché, per vincere questa, il condomino/comunista non può provvedere da solo, onde la necessità di far intervenire il giudice, salvo, in seguito, il ritorno alla normalità. Ma anche in questo caso, il provvedimento di nomina ha natura di atto di giurisdizione volontaria, perciò privo di carattere decisorio o definitivo, in quanto revocabile e reclamabile ai sensi degli artt. 739, 742 e 742-bis c.p.c. e, conseguentemente, non ricorribile per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., salvo che il provvedimento, travalicando i limiti previsti per la sua emanazione, abbia risolto in sede di volontaria giurisdizione una controversia su diritti soggettivi (Cass. civ., sez. VI, 22 giugno 2017, n. 15548).

Riferimenti

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, IX ed., a cura di P. Terzago e A. Celeste, Milano, 2022, 711;

Celeste, Amministratore (nomina giudiziale), in IUS CONDOMINIOELOCAZIONE (www.ius.giuffrefli.it);

Celeste, Provvedimenti necessari per la cosa comune, in IUS CONDOMINIOELOCAZIONE (www.ius.giuffrefli.it).