Nella pronuncia qui esaminata, la Suprema Corte ha precisato i requisiti di ammissibilità della domanda risarcitoria da perdita di chance nell'ambito della responsabilità sanitaria.
Come risulta dalla motivazione descritta, la Corte, in primo luogo, ha sottolineato i caratteri distintivi della domanda di risarcimento del danno da perdita di chance rispetto a quella di risarcimento per mancato raggiungimento del risultato sperato.
In particolare, secondo la pronuncia in commento - che sposa l'orientamento giurisprudenziale tuttora maggioritario - si tratta di domande diverse.
Come noto, in giurisprudenza è controverso se la domanda per la perdita di chance sia diversa (dal punto di vista del petitum e della causa petendi) da quella volta ad ottenere il risarcimento del danno per il mancato conseguimento del risultato.
Secondo l'orientamento tradizionale (che fa capo a Cass. civ., n. 4400/2004, in Foro It., 2004, 5, p. 1403), e che è maggioritario, nell'ambito della responsabilità medica per prestazione errata, o mancante, alla quale sia conseguito il danno del mancato raggiungimento del risultato sperato, il giudice non può esaminare, ed eventualmente, liquidare il danno da perdita di chance in capo al creditore della prestazione sanitaria, se non espressamente richiesto, neppure intendendo questa domanda come un minus rispetto a quella proposta, costituendo, la domanda di risarcimento da perdita di chance, una domanda diversa, non ricompresa nell'altra.
In sostanza, «la domanda aventeadoggetto il risarcimento per la perdita di chance è diversa da quella diretta a conseguire il ristoro del danno per il mancato raggiungimento del risultato sperato, con la conseguenza che - ove sia stata formulata solo quest'ultima - il giudice non può esaminare la prima, neppure intendendola come un minus della seconda» (nello stesso senso, Cass. civ., n. 5641/2018, Cass. civ. Sez. lav., n. 852/2006, in Resp. Civ. e Prev., 2006, 1272, Cass. civ., n. 21245/2012, Trib. di Reggio Emila, 27 febbraio 2014, in Ridare.it.; in senso contrario, Cass. civ., n. 12597/2017, n. 12961/2017, e Cass. civ., n. 12961/2011, secondo la quale può superarsi la tesi secondo cui esito positivo probabile e possibilità di tale esito costituiscano oggetto di pretese risarcitorie diverse; da ciò deriva che, ;ritenuta la richiesta del risarcimento del danno da perdita di chance come riduzione dell'originaria domanda di risarcimento dell'intero pregiudizio assunto, da un parte essa non determina una mutatio libelli e, dall'altra, tale riduzione può essere effettuata direttamente anche dal giudice, pur in difetto di esplicita richiesta della parte in tal senso riduttiva).
Ebbene nel caso di specie, poiché i ricorrenti avevano invocato unicamente l'accertamento del nesso di causa tra la condotta asseritamente colpevole del sanitario e l'evento ischemico del quale il ricorrente era stato vittima, la domanda proposta andava configurata come mera domanda di risarcimento del danno per mancato raggiungimento del risultato, e non già per la perdita della possibilità di ottenerlo.
Peraltro, l'accertamento della sussistenza del nesso causale tra la condotta del sanitario e l'evento lesivo, era stato prospettato in termini di “certezza” con riferimento all'evento ischemico sofferto dal danneggiato, e non già con riferimento all'evento incerto (quale, per l'appunto, la guarigione, il miglioramento delle condizioni di vita, l'ottenimento di cure migliori), che avrebbe dovuto invece costituire l'oggetto della chance.
Come noto, infatti, per chance, nel contesto della responsabilità sanitaria, si intende il preteso dubbio che la vittima potesse vivere più a lungo, o vivere meglio, o soffrire meno, ecc.
Ebbene, nella pronuncia in commento, la Cassazione ha confermato che la domanda di risarcimento del danno da perdita di chance deve considerarsi non proposta se l'illecito prefigurato è costituito da un nesso causale incerto (di cui si invoca l'accertamento) a fronte di un evento di danno (l'evento ischemico); occorre invece che l'illecito prefigurato sia costituito da un nesso causale certo a fronte di un evento (la guarigione o altro) incerto.
Richiamando un precedente del 2018 (in particolare Cass. n. 5641/2018), la Corte ha ribadito che in materia perdita di chance, l'attività del giudice deve tenere distinta la dimensione della causalità da quella dell'evento di danno e deve, altresì, adeguatamente valutare il grado di incertezza dell'una e dell'altra, muovendo dalla previa e necessaria indagine sul nesso causale tra la condotta e l'evento, secondo il criterio civilistico del “più probabile che non”.
Il giudicante, poi, deve procedere all'identificazione dell'evento di danno, la cui riconducibilità al concetto di chance postula l'incertezza del risultato sperato, e non già il mancato risultato stesso, in presenza del quale non è lecito discorrere di una chance perduta, ma di un altro e diverso danno. Ne consegue che, provato il nesso causale rispetto ad un evento di danno accertato nella sua esistenza e nelle sue conseguenze dannose risarcibili, il risarcimento sarà dovuto integralmente.
La pronuncia del 2018 appena citata, e richiamata dalla Suprema Corte nell'ordinanza in commento, ha statuito, inoltre, che, in caso di perdita di una chance a carattere non patrimoniale, il risarcimento non potrà essere proporzionale al “risultato perduto” (nella specie, maggiori chance di sopravvivenza di un paziente al quale non era stata diagnosticata tempestivamente una patologia tumorale con esiti certamente mortali), ma va commisurato, in via equitativa, alla “possibilità perduta” di realizzarlo (intesa quale evento di danno rappresentato in via diretta ed immediata dalla minore durata della vita e/o dalla peggiore qualità della stessa); tale “possibilità”, per integrare gli estremi del danno risarcibile, deve necessariamente attingere ai parametri della apprezzabilità, serietà e consistenza, rispetto ai quali il valore statistico-percentuale, ove in concreto accertabile, può costituire solo un criterio orientativo, in considerazione della infungibile specificità del caso concreto.