L'errata indicazione in dichiarazione osta al rimborso del credito IVA?

20 Gennaio 2023

In tema di IVA, l'esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, attraverso lo strumento della rettifica della dichiarazione.
Massima

Il relativo credito del contribuente è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in quanto l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso.

Il caso

Una società presentava istanza di rimborso del credito IVA non utilizzato in quanto la stessa aveva cessato la propria attività. L'Agenzia delle entrate rigettava tale domanda di restituzione in quanto, a suo parere, siccome presentata oltre il termine di due anni previsto dall'art. 21, comma 2, d.lgs. 546/1992, decorrente dalla data di presentazione della dichiarazione IVA.

Avverso tale diniego la contribuente presentava ricorso dinnanzi alla CTP che lo rigettava, ritenendo condivisibile e fondata l'osservazione dell'Ufficio secondo cui dalla dichiarazione presentata dalla società il credito era stato indicato come importo da riportare in detrazione e in compensazione e non risultava esplicitata la volontà di chiedere il rimborso siccome era decorso il termine biennale previsto dall'art. 21 d.Lgs. 546/1992.

La società impugnava la sentenza di primo grado dinnanzi alla CTR, lamentando l'errata applicazione dell'art. 21, comma 2, d.Lgs. 546/1992 e dell'art. 30, comma 1, d.P.R. 633/1972.

La questione

La vicenda quota intorno alla circostanza che la società contribuente non avesse esposto il credito IVA al rigo VX4, quale importo chiesto a rimborso, bensì al rigo VX5, ossia quale importo da utilizzare in compensazione. A parere dell'Ufficio il rimborso doveva essere chiesto entro il termine previsto dall'art. 21, comma 2, D. Lgs. 546/1992. Secondo la tesi della contribuente, invece, l'istanza di rimborso del credito IVA era stata tempestivamente depositata.

Rimborso e compensazione: domande distinte?

Il contribuente, nel presentare domanda di rimborso del credito IVA, dovrà prestare una particolare cautela. Infatti qualora l'istanza sia formulata in termini di compensazione, e non denoti l'inequivocabile volontà di ottenere il rimborso del credito (mediante l'indicazione dello stesso nel quadro “RX4” nella dichiarazione annuale), non si applicherà il termine ordinario decennale di prescrizione ma quello biennale di decadenza previsto dall'art. 21, comma 2, del D. LGS. 546/1992.

Qui è bene riprendere l'insegnamento della Cassazione (30168/2018) che, in tema di rimborso IVA, ha sottolineato come si debba tener distinta l'istanza di rimborso o restituzione del credito d'imposta maturato dal contribuente, da considerarsi già presentata con la compilazione nella dichiarazione annuale del quadro “RX4” che configura formale esercizio del diritto, rispetto alla presentazione altresì del modello “VR” che costituisce, ai sensi dell'art. 38-bis, 1° comma, DPR 633/1972, il presupposto per l'esigibilità del credito e dunque adempimento necessario solo a dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso. Di conseguenza, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso con la compilazione del quadro “RX4”, la presentazione del modello “VR” non può considerarsi assoggettata al termine di decadenza biennale previsto dall'art. 21, comma 2, del D. LGS 546/1992 ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex art. 2946 c.c. (Sul tema Cass. 7684/2012).

La soluzione giuridica

a) Rimborso IVA: è sufficiente la dichiarazione?

In precedenza (Cass. 4559/2017) era stato chiarito che, ai fini IVA, l'esposizione di un credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi fa si che non occorra, da parte del contribuente, ai fini dell'ottenimento del rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, mediante lo strumento di rettifica della dichiarazione. Quindi il relativo credito del contribuente è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale, mentre non è applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, 2° c., D. LGS. 546/1992, in quanto l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso (Cfr. Cass. 20678/2014).

Sempre in tale ottica (Cass. 24006/2019), si è ulteriormente affermato che per l'ottenimento del rimborso IVA sia sufficiente la dichiarazione, ossia che il contribuente abbia compilato il quadro RX della dichiarazione annuale senza che debba realizzare altro adempimento, dovendo attendere solo che l'Amministrazione eserciti il controllo sulla procedura di liquidazione. Infatti l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito per dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso (Cass. 7223/2016, 19115/2016, 4559/2017). Ai fini della presentazione della conseguente domanda di rimborso dell'eccedenza d'imposta sarà sufficiente la manifestazione di una volontà diretta all'ottenimento del rimborso mediante la compilazione, nella dichiarazione annuale, del quadro “RX4”, anche se non accompagnata dalla presentazione del modello ministeriale “VR”, cui è subordinata l'esigibilità del credito (Cass. 9941/2015 e 20255/2015). Tale orientamento, mutuato dalla giurisprudenza in tema di imposte sui redditi, tiene altresì conto della disciplina unionale secondo cui le misure adottate dagli Stati membri per l'adempimento degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, nonché per assicurare l'esatta riscossione dell'imposta e per evitare frodi non possono mai porre in discussione il diritto alla detrazione dell'IVA (CGUE, Ecotrade C-95/07, sentenza dell'8 maggio 2008). Quindi si è ribadito che l'esposizione di un credito d'imposta in dichiarazione fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento, atteggiandosi quale formale esercizio del diritto e idoneo a far decorrere l'ordinario termine prescrizionale.

Un ulteriore precisazione si rinviene nella pronuncia n. 17151 del 28 giugno 2018 ove la Cassazione aveva sottolineato come il riferimento giurisprudenziale alla presentazione del modello “VR” quale “presupposto di esigibilità” deve intendersi nel senso che la stessa rappresenta un elemento fattuale, rimesso alla disponibilità del contribuente interessato, avente funzione sollecitatoria dell'attività di verifica del Fisco ed idonea a dare inizio al procedimento di esecuzione del rimborso stesso.

b) … rileva l'intenzione del contribuente?

È bene però sottolineare che se il contribuente compila il quadro “RX”, relativo alle compensazioni e rimborsi, inizierà a decorrere il termine di prescrizione decennale solo in presenza di eventi eccezionali, in ragione dei quali la richiesta di compensazione del contribuente non avrebbe più potuto essere realizzata, quali la cessazione dell'attività (Cass. 6876/2021) ovvero la morte del contribuente stesso (Cass. 15867/2020).

Questi sono pochi e determinati casi in cui anche se il contribuente abbia compilato il quadro relativo alle compensazioni, ossia abbia voluto procedere alla compensazione, in realtà, vista la situazione (quale ad es. la cessazione dell'attività o la morte), l'unica via percorribile è il rimborso.

Ma tale situazione è caratterizzata proprio dall'eccezionalità, siccome in altri casi, se il contribuente richiede la compensazione, non si potrà procedere al rimborso dell'IVA a meno che non venga presentata apposita ed esplicita istanza di rimborso entro i termini previsti.

Riprendendo l'ordinanza n. 6876 dell'11 marzo 2021, per la Cassazione è irrilevante che determinati crediti fossero stati indicati dal contribuente come da utilizzare in compensazione (in vista della prosecuzione dell'attività d'impresa), anziché senz'altro quali crediti di cui si invoca il rimborso, considerato che avendo cessato nel corso dell'esercizio successivo l'attività d'impresa, al contribuente non restava altra via che quella di chiedere il rimborso del credito esattamente indicato nella dichiarazione.

La Commissione tributaria regionale del Veneto ha accolto l'appello della società contribuente, uniformandosi così alla giurisprudenza di legittimità, ben consolidata sul punto.

Infatti, a parere del giudice di appello, ai fini IVA, l'indicazione di un credito d'imposta nella dichiarazione dei redditi fa sì che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenere il rimborso, alcun altro adempimento.

È sufficiente attendere che l'Amministrazione finanziaria eserciti, sulla base dei dati esposti ed indicati in dichiarazione, il proprio potere-dovere di controllo in base alla procedura di liquidazione delle imposte ovvero, ricorrendone i presupposti, mediante lo strumento della rettifica della dichiarazione.

Di conseguenza, il relativo credito del contribuente è soggetto all'ordinaria prescrizione decennale, mentre non sarà applicabile il termine biennale di decadenza previsto dall'art. 21, comma 2, D. Lgs. 546/1992, siccome l'istanza di rimborso non integra il fatto costitutivo del diritto ma solo il presupposto di esigibilità del credito.

In conclusione, la CTR ha accolto l'appello della società e, in riforma della sentenza di primo grado, ha riconosciuto il diritto della contribuente al chiesto rimborso. Per l'appunto, la circostanza che il diniego originario e la conseguente controversia siano stati determinati da un'imprecisa compilazione della dichiarazione IVA da parte della società, ha giustificato, a parere del giudice di 2°grado, la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio.

Osservazioni

L'Amministrazione finanziaria negava il rimborso del credito IVA siccome, a suo modo di vedere, la contribuente indicava (seppur erroneamente) tale credito nel rigo VX5 – quale importo da utilizzare in detrazione o compensazione – invece che nel rigo VX4 – ossia relativo all'importo chiesto a rimborso. Seppur i giudici di primo grado abbiano accolto la tesi dell'Ufficio, la CTR si è uniformata all'indirizzo ormai consolidato della Cassazione secondo cui è sufficiente l'esposizione di un credito d'imposta all'interno della dichiarazione affinché si possa ottenere il rimborso.

Ecco che il tema del rimborso IVA, letto anche alla luce degli orientamenti della Corte di Giustizia, non può subire delle compressioni o limitazioni ingiuste ma dovrà essere riconosciuto al contribuente il quale, se lo avrà indicato nella dichiarazione, non sarà tenuto ad alcun altro adempimento.

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