Il caso concreto in esame offre lo spunto per alcune osservazioni in tema di rappresentanza processuale dell'amministratore relativamente alle due azioni esercitate.
L'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. non è indicata tra le attribuzioni previste dagli artt. 1129, 1130, 1130 bis c.c. che l'amministratore può esercitare autonomamente in giudizio in rappresentanza del Condominio ex art. 1131 c.c. senza autorizzazione della assemblea.
D'altra parte, l'azione revocatoria pur tendendo alla conservazione del credito vantato dal Condominio non è diretta alla sua riscossione coattiva, azione prevista tra le attribuzioni dell'amministratore ex art. 1129, commi 9 e 13, n. 6), c.c., trattandosi di un rimedio autonomo e diverso anche dall'eventuale esecuzione forzata promossa contro il debitore, mirando essa a rendere inefficaci gli atti dispositivi compiuti da quest'ultimo sui beni del suo patrimonio.
Neppure si può far rientrare estensivamente l'azione revocatoria tra gli atti conservativi di cui all'art. 1130, n. 4), c.c., altra attribuzione di competenza dell'amministratore, in quanto non ha ad oggetto le cose comuni ma l'atto dispositivo del debitore.
Anche se l'azione è posta a tutela del soddisfacimento del credito del Condominio, essa non mira a garantire il patrimonio di quest'ultimo, avendo la finalità di reintegrare il patrimonio del debitore, in modo che il Condominio possa sodisfarsi mediante l'esecuzione forzata.
Del resto, è opinabile anche che l'attivo di cassa costituisca una cosa comune ovvero il patrimonio del Condominio, vista la palese difficoltà giuridica di inquadrarne la soggettività e la titolarità autonoma separata da quella dei singoli condomini.
Nel caso concreto in esame, anche l'azione volta all'accertamento del credito del Condominio nei confronti dell'ex amministratore per ammanchi di cassa non sembra inquadrabile tra le iniziative giudiziali che l'amministratore può intraprendere senza l'autorizzazione della assemblea.
Anch'essa non può essere ricompresa nella azione coattiva di riscossione di cui all'art. 1129, comma 6, c.c. in quanto non ha ad oggetto i crediti del condominio verso i condomini per i contributi non versati ma, un credito di natura diversa, relativo ad una obbligazione pecuniaria derivante dalla responsabilità contrattuale dell'amministratore per violazioni inerenti l'esecuzione del mandato, per aver effettuato prelievi non attinenti alla gestione del condominio.
Anche questa azione esula da una attività meramente conservativa di un diritto sulle parti comuni (art. 1130 n. 4, c.c.) richiedendo l'accertamento che il comportamento gestorio assunto dall'ex amministratore sia contra legem e che l'ammanco di cassa sia legato da un nesso causale con la violazione compiuta.
D'altronde, l'accertamento di un siffatto credito, se è contestato, prevede pregiudizialmente che si effettui la revisione della contabilità dell'ex amministratore la cui iniziativa però non può essere autonomamente assunta dal nuovo amministratore essendo necessaria la delibera dell'assemblea ex art. 1130-bis, comma 1, c.c.
Conseguentemente, in assenza di delibera autorizzativa dell'assemblea, neppure può ipotizzarsi che l'amministratore possa agire autonomamente in giudizio per fare accertare che si sono verificati degli ammanchi nella contabilità attribuibili a violazioni gestorie dell'ex amministratore, salvo che quest'ultimo non abbia riconosciuto il proprio debito.
In ordine all'interesse ad agire con l'azione revocatoria, la decisione in esame conferma quanto già precisato dai magistrati del Palazzaccio (Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2020, n. 25862), ovvero che l'interesse non viene meno per il fatto che il bene oggetto dell'atto dispositivo sia rientrato nel patrimonio del debitore, dovendo essere tutelato l'effetto che la prenotazione della trascrizione della domanda giudiziale ai sensi dell'art. 2652, n. 5), c.c., determina in capo al creditore.
Se la circostanza della retrocessione del bene nella titolarità del debitore fosse sufficiente per non accogliere la domanda di revocatoria, il creditore potrebbe essere pregiudicato da iscrizioni o trascrizioni successive alla data di trascrizione della domanda giudiziale.
Ad esempio, un altro creditore dell'ex amministratore, nelle more del giudizio di revocatoria, potrebbe provvedere ad iscrivere ipoteca giudiziale sul bene ritornato nel suo patrimonio ed in tal caso l'ipoteca andrebbe a vanificare la trascrizione della domanda giudiziale di revoca, in quanto il creditore ipotecario verrebbe a precedere, in caso di esecuzione su quel bene, l'ulteriore trascrizione che il condominio creditore andasse a riproporre.
L'esito positivo del giudizio di revocatoria consente invece alla trascrizione della domanda giudiziale di mantenere intatto il proprio effetto di prenotazione, postergando tutte le trascrizioni ed iscrizioni successive.
Infine, quanto al presupposto stabilito dall'art. 2901 c.c. dell'esistenza del credito in capo al soggetto che agisce con l'azione revocatoria, si segnala che, secondo gli ermellini (Cass. civ., sez. III, 15 maggio 2018, n. 11755), ai fini dell'esperibilità della stessa, non è necessario che il creditore sia titolare di un credito certo, liquido ed esigibile, bastando una semplice aspettativa che non si riveli prima facie pretestuosa e che possa valutarsi come probabile, anche se non definitivamente accertata.
Di conseguenza, anche in presenza di crediti oggetto di contestazione o ancora litigiosi, si può esperire l'azione revocatoria.
Quanto all'ulteriore requisito della conoscenza del danno, il Tribunale di Bari ha rilevato che sul credito era stato ottenuto un pronunciamento giudiziale di accertamento positivo sia in primo grado che in secondo grado, il quale aveva anche statuito sulla sua quantificazione.
Avendo il resistente ricoperto la carica di amministratore, il magistrato pugliese ha giustamente ritenuto quindi che non potesse non avere conoscenza delle somme mancanti nella contabilità del condominio e non prevedere che quest'ultimo avrebbe agito esecutivamente nei suoi confronti.
D'altronde, in causa era emerso che l'ex amministratore avesse disposto la donazione della nuda proprietà dell'unico bene immobile a lui intestato proprio appena dopo l'instaurazione da parte del condomino del giudizio volto all'accertamento del suo credito.