Responsabilità del conduttore per danni all'immobile locato da atti vandalici prima della riconsegna del bene

17 Gennaio 2023

Il conduttore, inadempiente, rimane responsabile, nei confronti del locatore, per i danni alla cosa locata derivanti da atti vandalici compiuti da terzi nel periodo tra la risoluzione del contratto di locazione e la corretta riconsegna del bene.
Massima

La responsabilità del conduttore verso il locatore per i danni cagionati da terzi alla cosa locata dopo la risoluzione del contratto, ma prima della riconsegna del bene, ha natura contrattuale, atteso che la caducazione del contratto non determina l'automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione, che permangono, ex art. 1591 c.c., sino all'esatto adempimento dell'obbligazione del conduttore di riconsegna del cespite, la quale rimane inadempiuta ogniqualvolta il locatore non riacquisti la disponibilità del bene locato in modo da farne uso secondo la sua destinazione e, dunque, anche quando l'immobile risulti inutilizzabile perché danneggiato o ancora occupato da cose del conduttore.

Il caso

La causa, sottoposta all'esame del Supremo Collegio, originava da una domanda, proposta dal locatore nei confronti del conduttore - con la chiamata in manleva della compagnia assicurativa - in cui si deduceva: a) che, nel 1979, era stato concesso in godimento un dato immobile; b) che, nel 2005, in occasione di un sopralluogo effettuato in contraddittorio, l'immobile locato era risultato in stato di abbandono nonché occupato da beni mobili di vario tipo, oltreché danneggiato da atti vandalici; c) che, nel luglio del 2006, il contratto di locazione era stato sciolto consensualmente; e d) che, nell'ottobre 2006, l'immobile veniva restituito nello stato di degrado diffuso già riscontrato.

Sulla base di tali deduzioni, il locatore agiva in giudizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni all'immobile de quo, e il Tribunale - per quel che qui rileva - accoglieva parzialmente la domanda attorea, riducendo la somma pretesa inizialmente sulla base della quantificazione disposta dal CTU.

La Corte d'Appello, accogliendo in parte l'appello incidentale del locatore, condannava il conduttore al pagamento di una maggiore somma a titolo risarcitorio.

In particolare, riguardo ai danni derivanti da atti vandalici che il primo giudice aveva ritenuto non potessero essere imputati al conduttore, per difetto di prova della loro derivazione dal suo comportamento omissivo, essendo stato il sopralluogo del CTU effettuato molti anni dopo il rilascio dell'immobile, la Corte territoriale ha, invece, valutato che lo stato dell'immobile accertato dall'ausiliario a distanza di anni dalla restituzione dell'immobile era sostanzialmente coincidente con quello oggetto del sopralluogo effettuato in contraddittorio tra le parti, e che il conduttore aveva restituito il bene, dopo averlo lasciato in stato di abbandono per quasi due anni, rendendolo oggetto di possibili atti vandalici.

Il giudice distrettuale concludeva, quindi, che, quale conduttore del bene, l'originario convenuto era tenuto a servirsene con la diligenza del buon padre di famiglia, ex art. 1587 c.c., sicché era responsabile, ai sensi degli artt. 1588 e 1590 c.c., non avendone dimostrato la non imputabilità a sé dei danni riscontrati all'atto della riconsegna del bene, con esclusione solo di quelli derivanti da normale deterioramento o da consumo.

Il conduttore, soccombente in entrambi i giudizi di merito, proponeva ricorso per cassazione.

La questione

Si trattava di verificare se, stante la risoluzione consensuale del contratto di locazione, risultasse corretto estendere, in capo al conduttore, gli obblighi di custodia e di manutenzione dell'immobile fino al momento della riconsegna e, comunque, quand'anche si poteva ipotizzare a suo carico il cumulo di responsabilità contrattuale, per i danni all'immobile fino allo scioglimento del contratto, ed extracontrattuale, per i danni dal momento dello scioglimento del contratto a quello di riconsegna dell'immobile, si dovesse tener conto del diverso regime probatorio collegato ai due differenti titoli di responsabilità.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto infondate le doglianze del ricorrente.

Al riguardo, si è premesso che la caducazione del contratto, per effetto della sua risoluzione consensuale, aveva determinato la nascita di un obbligo restitutorio, non trovando più la disponibilità del bene locato da parte del conduttore causa nel contratto.

La disciplina del suddetto obbligo si rinviene nella disposizione di cui all'art. 1590 c.c., salvo che le parti abbiano regolato diversamente le obbligazioni restitutorie; la previsione di una disciplina specifica per il tipo contrattuale della locazione rende non necessario il ricorso alla disciplina della ripetizione dell'indebito che, altrimenti, dovrebbe trovare applicazione nel caso di specie, alla luce dell'indirizzo della magistratura di vertice, secondo cui con il venir meno di una causa adquirendi, quale che ne sia la specifica ragione - nullità, annullamento, risoluzione o rescissione, o qualsiasi altra che faccia venir meno il vincolo originariamente esistente - l'azione accordata dalla legge per ottenere la restituzione di quanto prestato in esecuzione del contratto stesso è quella di ripetizione di indebito oggettivo (Cass. civ., sez. un., 4 settembre 2012, n. 14828).

Quindi, la risoluzione del contratto non ha determinato l'automatica cessazione degli effetti sostanziali collegati al rapporto di locazione, quale l'obbligo del pagamento del corrispettivo e del maggior danno di cui all'art. 1591 c.c.; sebbene questa norma si riferisca letteralmente alla “mora a restituire la cosa”, e quindi all'inadempimento dell'obbligazione di “riconsegna”, essa è volta a sanzionare anche l'inesatto adempimento, da parte del conduttore, dell'obbligazione di restituzione di cui all'art. 1590 c.c. (Cass. civ., sez. III, 4 aprile 2017, n. 8675).

Orbene, l'obbligazione di restituzione resta inadempiuta ogniqualvolta il locatore non riacquisti la disponibilità del bene locato, in modo da farne uso secondo la sua destinazione, con la conseguenza che, anche ove il locatore torni in possesso dell'immobile, ma questo risulti inutilizzabile perché danneggiato o ancora occupato da cose del conduttore, la norma di riferimento continua ad essere quella dell'art. 1591 c.c.

Anche se il rapporto locatizio viene risolto - sia contrattualmente, sia giudizialmente - l'obbligo del conduttore di corrispondere il corrispettivo convenuto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., non richiede la sua costituzione in mora e continua fino al momento dell'effettiva riconsegna, che può avvenire mediante formale restituzione dell'immobile al proprietario oppure con il rilascio dello stesso in condizioni tali da essere per quello disponibile (Cass. civ., sez. III, 7 maggio 2018, n. 10926).

Pertanto, risulta destituita di fondamento - sottolineano gli ermellini - anche la dedotta natura extracontrattuale della responsabilità per i danni all'immobile cagionati da terzi, dopo la risoluzione del contratto, ma prima della riconsegna del bene, perché la responsabilità del conduttore per i danni cagionati dalla ritardata restituzione dell'immobile (art. 1591 c.c.) è di natura contrattuale, con tutte le conseguenze che ne derivano riguardo alla distribuzione dell'onere della prova (Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2010, n. 9549).

Del resto, allo stesso risultato - ossia quello dell'applicazione della disciplina di cui all'inadempimento dell'obbligazione - si perverrebbe anche in applicazione dei principi generali in tema di obbligazioni, e cioè considerando che, in ossequio all'art. 1177 c.c., l'obbligo di consegna di una cosa determinata (il bene locato, per effetto della risoluzione del contratto) implica l'obbligo di sua custodia fino alla consegna, il cui contenuto consiste nel mantenimento della cosa nello stesso stato o modo di essere in cui si trovava al momento del sorgere dell'obbligazione, evitando non solo le azioni od omissioni personali, ma anche i fatti esterni che possano determinare la perdita o il deterioramento della cosa stessa.

Osservazioni

La sentenza in commento induce a qualche riflessione in ordine alle ipotesi in cui il locatore possa rifiutare la riconsegna del bene locato da parte del conduttore.

Abbiamo sopra visto che il locatore è legittimato rifiutare la restituzione della cosa locata se quest'ultima sia stata riconsegnata seriamente danneggiata o in uno stato tale da palesarsi del tutto inservibile: in tal caso, si registra un rifiuto legittimo della parte locatrice a ricevere la cosa concessa in godimento, costituendo la restituzione della cosa in stato di deterioramento un inadempimento imputabile alla parte conduttrice.

Quindi, qualora al termine del contratto il bene locato presenti deterioramenti, o si accerti una consistente immutazione rispetto alle sue caratteristiche originarie, il locatore potrà legittimamente rifiutarsi di riprendere in consegna il bene rilasciato in condizioni deteriori o potrà ricevere in consegna la cosa e, successivamente, proporre azione contro il conduttore per il pessimo stato di manutenzione del bene, mentre incomberà sul conduttore l'onere di provare l'esclusione della sua responsabilità per danni.

Molteplici e variegati sono stati gli interventi dei giudici di legittimità in argomento.

In proposito, si è chiarito che, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all'immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l'esecuzione delle opere di ripristino l'esborso di somme di notevole entità, in base all'economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell'art. 1220 c.c., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 c.c., quand'anche abbia smesso di servirsi dell'immobile per l'uso convenuto (Cass. civ., sez. III, 24 maggio 2013, n. 12977).

Si è, altresì, evidenziato (Cass. civ., sez. III, 26 novembre 2002, n. 16685) che, nell'ipotesi in cui la cosa locata, offerta in restituzione dal conduttore, si trovi in stato non corrispondente a quello descritto dalle parti all'inizio della locazione, o, in mancanza di descrizione, non si trovi in buono stato locativo, per accertare se sia giustificato il rifiuto del locatore di ricevere la cosa occorre distinguere a seconda che: a) la cosa locata sia deteriorata per non avere il conduttore adempiuto durante il corso della locazione all'obbligo di eseguire le opere di piccola manutenzione (artt. 1576 e 1609 c.c.), o che b) la difformità del bene, rispetto allo stato esistente all'inizio della locazione, dipenda dall'avvenuta effettuazione di trasformazioni ed innovazioni da parte del conduttore.

Nel primo caso, trattandosi di rimuovere deficienze che non alterano la consistenza e la struttura della cosa e non implicano l'esplicazione di una attività straordinaria e gravosa, l'esecuzione delle opere occorrenti rientra nel dovere di ordinaria diligenza, cui il locatore è tenuto per non aggravare il danno, sicché si rivela illegittimo il suo rifiuto di ricevere la restituzione, salvo sempre il suo diritto a richiedere i danni; nel secondo caso, invece, poiché l'esecuzione delle opere di ripristino implica l'esplicazione di una attività straordinaria e gravosa, il locatore può rifiutare l'offerta di restituzione della cosa locata in quello stato (in senso conforme, v. Cass. civ., sez. III, 14 marzo 2006, n. 5459; Cass. civ., sez. III, 18 giugno 1993, n. 6798).

Dello stesso tenore, una meno recente pronuncia (Cass. civ., sez. III, 7 aprile 1970, n. 958), la quale ulteriormente precisa che il rifiuto del locatore di ricevere la restituzione della cosa locata quando essa presenti deterioramenti dovuti all'omessa esecuzione delle riparazioni di piccola manutenzione è illegittimo, ma il locatore medesimo ha diritto al risarcimento del danno, consistente nella somma di denaro occorrente per l'esecuzione delle riparazioni di piccola manutenzione omesse dal conduttore e nel mancato reddito retraibile della cosa nel periodo di tempo necessario per l'esecuzione dei lavori di riparazione, aggiungendo che questa seconda serie di danni va determinata in relazione all'epoca in cui i lavori possono essere iniziati dal locatore usando l'ordinaria diligenza ed alla presumibile epoca del loro compimento.

Nell'ipotesi di legittimo rifiuto da parte del locatore dell'offerta di restituzione della cosa locata per non conformità dello stato di essa a quello esistente all'inizio della locazione dipendente da trasformazioni o innovazioni apportate dal conduttore o dalla mancata esecuzione contrattualmente assunta dal conduttore medesimo delle riparazioni eccedenti la piccola manutenzione, il locatore ha invece diritto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., al corrispettivo convenuto per la locazione e al maggior danno fino al momento in cui venga restituita la cosa nello stato suddetto.

Analogamente, si è affermato che è legittimo il rifiuto del locatore, ai sensi degli artt. 1176 e 1218 c.c., di accettare la restituzione della cosa locata sino a quando il conduttore non l'abbia rimessa in pristino stato, rendendosi altrimenti inadempiente all'obbligazione di cui all'art. 1590, comma 1, c.c.; nel medesimo senso, ove, al momento della riconsegna, il bene non si trovi in “buono stato locativo”, il locatore legittimamente rifiuta di riceverlo in restituzione, sino a quando il conduttore non l'abbia rimesso in pristino stato, restando altresì tenuto al versamento del corrispettivo (Cass. civ., sez. III, 2 aprile 2009, n. 7992; Cass. civ., sez. III, 30 agosto 1995, n. 9207).

È pur vero, però, che, ove il conduttore sia in oggettiva difficoltà nel provvedere alle opere di ripristino, non sussiste l'obbligo per il conduttore stesso di versare il canone di locazione “indefinitamente, sol che il locatore continui a rifiutare la restituzione” (così Cass. n. 12977/2013, cit.): qualora il locatore sia in grado di affrontare, senza difficoltà, le spese necessarie alla rimessione in pristino del bene, il suo rifiuto di accettarne la riconsegna non può essere considerato legittimo, con la conseguente esclusione della mora debendi del conduttore; d'altra parte, già per gli artt. 5 e 55 della l. n. 392/1978 le comprovate condizioni di difficoltà del conduttore rilevano anche in caso di morosità nel pagamento dei canoni o degli oneri accessori, ai fini della purgazione in sede giudiziale della mora e della concessione di un c.d. termine di grazia.

Il principio appena esposto deve essere, peraltro, coordinato con il precetto di cui all'art. 1227, comma 2, c.c., in tema di divieto di aggravamento delle conseguenze dannose causate dall'inadempimento della controparte: sul punto, a mente dell'art. 1576 c.c., nel caso di locazione avente ad oggetto beni immobili, il locatore deve eseguire tutte le riparazioni necessarie, eccettuate quelle di piccola manutenzione che sono a carico del conduttore; ove essa concerna cose mobili, le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione sono, salvo patto contrario, a carico del conduttore.

Si è, in proposito, chiarito (Cass. civ., sez. III, 13 luglio 1998, n. 6856) che il principio desumibile dall'art. 1590 c.c., che legittima il locatore a rifiutare la riconsegna dell'immobile ed a pretendere il pagamento del canone fino alla sua rimessione in pristino, va coordinato con il principio di cui all'art. 1227, comma 2, c.c., secondo il quale, in base alle regole dell'ordinaria diligenza, il creditore ha il dovere di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subìto, pur senza essere tenuto all'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa e, cioè, ad un facere non corrispondente all'id quod plerumque accidit.

Ne deriva che il locatore non può rifiutare la riconsegna, ma può soltanto pretendere il risarcimento del danno cagionato all'immobile, costituito dalle spese necessarie per la rimessione in pristino e dalla mancata percezione del reddito nel periodo di tempo occorrente, nel caso in cui il deterioramento dipenda da inadempimento dell'obbligo di provvedere alle riparazioni di piccola manutenzione ex art. 1576 c.c.; il locatore può, invece, rifiutare la riconsegna dell'immobile locato qualora il conduttore non abbia adempiuto all'obbligo, impostogli dal contratto, di provvedere alle riparazioni eccedenti l'ordinaria manutenzione o per avere egli di propria iniziativa apportato trasformazioni o innovazioni, poiché, in tale caso, la rimessione in pristino richiederebbe l'esplicazione di un'attività straordinaria e gravosa, e cioè un facere al quale il locatore non è tenuto secondo l'id quod plerumque accidit.

Riferimenti

Chiesi, Commento all'art. 1591 c.c., in Codice delle locazioni diretto da Celeste, Milano, 2020, 147;

Bordolli, Restituzione dell'immobile locato e diritto di rifiutare la riconsegna del locatore, in Immob. & proprietà, 2013, 639;

Cusmai, Ritardata riconsegna dell'immobile e risarcimento del danno, in Ventiquattrore avvocato, 2011, fasc. 2, 29;

Spagnuolo, Il danno risarcibile per il ritardo nella riconsegna dell'immobile, in Rass. loc. e cond., 2006, 345;

De Tilla, In quali casi il locatore può rifiutare la riconsegna dell'immobile, in Rass. loc. e cond., 1999, 645;

Piselli, Il conduttore che riconsegna il bene danneggiato paga il canone anche per il periodo di restauro e il locatore ha diritto al risarcimento se il deterioramento supera il normale uso, in Guida al diritto, 1998, fasc. 29, 32.