I magistrati del Palazzaccio perimetrano correttamente l'àmbito del sindacato dell'autorità giudiziaria riguardo al giudizio di impugnazione della delibera che approva il rendiconto condominiale, applicando i principi espressi in subiecta materia, segnatamente sul versante dell'interesse ad agire da parte del condomino impugnante, riguardo ad una peculiare fattispecie che, in base ad una decisione inter partes (divenuta oramai irrevocabile), registrava reciproche posizioni creditorie del singolo e del condominio.
Sullo sfondo della vicenda sta l'importanza e la centralità del rendiconto nella realtà condominiale, tanto che la novella del 2012 lo contempla in ben quattro disposizioni, e precisamente: 1) l'art. 1130, n. 1), c.c., il quale vincola l'amministratore a convocare l'assemblea annualmente per l'approvazione del rendiconto condominiale; 2) l'art. 1130, n. 11), c.c., il quale ribadisce che l'amministratore deve redigere il rendiconto condominiale annuale della gestione e deve convocare l'assemblea per la relativa approvazione entro 180 giorni; 3) l'art. 1130-bis c.c., il quale - per quel che qui interessa - stabilisce che il suddetto rendiconto, per un verso, debba contenere le voci di entrata e di uscita ed ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, ai fondi disponibili ed alle eventuali riserve, il tutto espresso in modo da consentire l'immediata verifica, e, per altro verso, sia composto da un registro di contabilità, un riepilogo finanziario, nonché una nota sintetica esplicativa della gestione con l'indicazione anche dei rapporti in corso e delle questioni pendenti; e 4) l'art. 1129, comma 12, n. 1), c.c., il quale prevede che l'omessa convocazione dell'assemblea per l'approvazione del rendiconto condominiale costituisce una delle fattispecie esemplificative di gravi irregolarità che legittimano la revoca del medesimo amministratore.
In quest'ordine di concetti, i singoli condomini, essendo compartecipi delle decisioni di strategia gestionale assunte dall'intera assemblea, hanno il diritto (e l'onere) di agire informati, nonché di attivarsi in modo da poter efficacemente esercitare una funzione di monitoraggio sulle opzioni compiute dagli organi esecutivi del condominio.
Ecco, quindi, che, dalle summenzionate norme, in combinato disposto con gli artt. 1135, n. 3), e 1137, commi 2 e 3, c.c., ne consegue: a) l'obbligo dell'amministratore del condominio di predisporre e di presentare il rendiconto condominiale annuale all'approvazione dell'assemblea; b) la competenza dell'assemblea in ordine alla verifica ed all'approvazione del rendiconto, concernente il bilancio consuntivo; e c) i poteri dei singoli condomini relativi al controllo dell'operato dell'amministratore, che si sostanziano nella partecipazione e nel voto in assemblea e, eventualmente, nell'impugnazione delle delibere.
Sotto quest'ultimo profilo, qualora il rendiconto venga approvato, all'operato dell'amministratore il singolo condomino non può più rivolgere censure, potendo quest'ultimo soltanto impugnare la delibera - non per ragioni di merito, ma - nei soli casi e secondo i modi fissati dall'art. 1137, commi 2 e 3, c.c., ossia limitarsi al riscontro della sua legittimità (che la sentenza in commento ha individuato anche nella corretta indicazione di tutte le voci di entrata e di uscita, nessuna esclusa).
In mancanza di formale impugnazione della delibera di approvazione del rendiconto, il partecipante non potrebbe più sottrarsi al pagamento di quanto da lui dovuto in base alla ripartizione approvata, atteso, peraltro, che il medesimo rendiconto diviene l'atto con cui l'amministratore giustifica le spese addebitate ai condomini-mandanti.
Inoltre, l'approvazione assembleare dell'operato dell'amministratore e la mancata impugnativa delle relative deliberazioni precludono l'azione di responsabilità al singolo condomino, che si ritenga leso dalle iniziative arbitrarie dello stesso per le attività di gestione dei beni e dei servizi condominiali messe in atto dallo stesso amministratore (tra le pronunce di merito, si segnalano: Trib. Salerno 30 gennaio 2010; Trib. Milano 30 novembre 1995).
Per completezza, si sottolinea che il rendiconto deve specificare le voci di entrata e di uscita, la situazione patrimoniale del condominio, i fondi disponibili e le eventuali riserve, “in modo da consentire l'immediata verifica”, e, in proposito, i giudici di legittimità hanno dettato alcuni importanti criteri operativi (v., tra le altre, Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2007, n. 1405; Cass. civ., sez. II, 7 luglio 2000, n. 9099; Cass. civ., sez. II, 30 dicembre 1997, n. 13100; Cass. n. 3747/1994, cit.; Cass. civ., sez. II, 25 maggio 1984, n. 3231).
Si insegna che, per la validità della delibera di approvazione del rendiconto condominiale, non sia necessaria la presentazione all'assemblea di una contabilità redatta con rigorose forme, analoghe a quelle prescritte per i bilanci delle società, essendo a tal fine sufficiente che essa sia idonea a rendere intelligibile ai condomini le voci di entrata e di spesa, con le quote di ripartizione (v. anche Cass. civ., sez. II, 31 marzo 2017, n. 8521, secondo cui nessuna norma codicistica detta, in tema di approvazione dei bilanci consuntivi del condominio, il principio dell'osservanza di una rigorosa sequenza temporale nell'esame dei vari rendiconti presentati dall'amministratore e relativi ai singoli periodi di esercizio in essi considerati, sicché è legittima la delibera che approvi il bilancio consuntivo senza prendere in esame la situazione finanziaria relativa al periodo precedente, atteso che i criteri di semplicità e snellezza che presiedono alle vicende dell'amministrazione condominiale consentono, senza concreti pregiudizi per la collettività dei comproprietari, finanche la possibilità di regolarizzazione successiva delle eventuali omissioni nell'approvazione dei rendiconti).
Si è reputata valida la delibera con la quale si stabilisca che il bilancio preventivo per il nuovo esercizio sia conforme al preventivo o al consuntivo dell'esercizio precedente, semmai aumentato di una certa percentuale risultando in tal modo determinate, per riferimento alle spese dell'anno precedente, sia la somma complessivamente stanziata, sia quella destinata alle singole voci, e derivando la ripartizione fra i singoli condomini automaticamente dall'applicazione delle tabelle millesimali.
Non si richiede nemmeno che entrate e spese siano trascritte nel verbale assembleare, o che siano oggetto di analitico dibattito ed esame, riconoscendosi all'organo deliberativo la facoltà di procedere sinteticamente all'approvazione, alla stregua della documentazione giustificativa fornita dall'amministratore, purché, da tale documentazione possa trarsi la prova non solo della qualità e quantità dei frutti percetti e delle somme incassate, nonché dell'entità e della causale degli esborsi fatti, ma anche di tutti gli elementi di fatto che consentano di individuare e vagliare le modalità con cui l'incarico è stato eseguito e di stabilire se l'operato di chi rende il conto sia stato adeguato a criteri di buona amministrazione.
Resta inteso che l'obbligo di rendiconto che, quale mandatario con rappresentanza dei condomini, l'amministratore è tenuto a osservare riguardo alle somme detenute per conto del condominio, può dirsi adempiuto quando egli abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non solo della somma incassata e dell'entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi funzionali all'individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2019, n. 1186).