Solo l'espressa rinuncia del contribuente può “cancellare” la sospensione dei termini per l'adesione
21 Febbraio 2023
Massima
È irrilevante il fatto che tale assenza sia giustificata o meno, essendo tale condotta non equiparabile alla formale ed irrevocabile rinuncia all'istanza cui consegue detto periodo di sospensione. Né la mancata comparizione è idonea a far venir meno gli effetti dell'istanza di adesione, volta a garantire uno spatium deliberandi dell'accertamento indirizzato al contribuente. Il caso
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, sez. staccata di Salerno, veniva accolto l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che, a sua volta, aveva accolto il ricorso di una società di capitali avente ad oggetto un avviso di accertamento per IVA, II.DD. e IRAP relativo all'anno di imposta 2007. L'accertamento, adottato d.P.R. n. 600/1973, ex art. 39, comma 2, lett. d) era preceduto dalla presentazione di istanza di adesione e si incentrava sull'applicazione di una percentuale di redditività tratta dai valori medi di imprese similari, attive nel settore di pertinenza.
Il giudice di prime cure aveva ritenuto fondate, nel merito, le deduzioni della parte contribuente, mentre il giudice di appello aveva accolto la doglianza preliminare dell'Agenzia dichiarando l'inammissibilità del ricorso introduttivo per tardività, in quanto proposto sull'erroneo presupposto della sospensione dei termini di cui al D.Lgs. n. 218/1997, art. 6, comma 3.
Più precisamente, la competente Commissione tributaria regionale riteneva inoperante la sospensione per novanta giorni dei termini, perchè l'istanza di accertamento con adesione, presentata dalla contribuente, avrebbe dovuto ritenersi meramente dilatoria. Avverso tale decisione proponeva ricorso per cassazione la contribuente affidato ad un unico motivo, cui l'Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso. A fronte di tale quadro, i giudici di legittimità hanno però affermato che “il termine di sospensione di novanta giorni per l'impugnazione dello stesso segue automaticamente alla presentazione dell'istanza di definizione, e tale spatium deliberandi non può essere negato attraverso una valutazione ex post, ora per allora, di strumentalità della proposizione dell'istanza”.
In conclusione la Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, in relazione al profilo e per l'esame delle questioni rimaste assorbite in sede di merito, oltre che per la liquidazione delle spese di lite. La questione
La questione ha riguardato la violazione e falsa applicazione dell'art. 6, comma 3, D.Lgs. n. 218/1997 e dell'art. 21 D.Lgs. n. 546/1992. La seconda delle due norme citate attiene al rispetto termine perentorio di notifica del ricorso (o del reclamo-mediazione ex art. 17-bis D.Lgs n.546/1992) utile ad adire la Corte di giustizia tributaria competente. Invece, ai sensi dell'art. 6, comma 2, D.Lgs. n. 218/1997, il contribuente nei cui confronti sia stato notificato un avviso di accertamento o di rettifica ai fini delle imposte sui redditi o dell'Iva, può formulare anteriormente all'impugnazione dell'atto innanzi la commissione tributaria provinciale, istanza in carta libera di accertamento con adesione (analoga previsione è poi contenuta nel successivo art. 12 del citato decreto, per la definizione di altre imposte indirette, quali, ad esempio, l'imposta di registro o sulle successioni).
La presentazione dell'istanza, ai sensi delle norme dinanzi richiamate, ha inoltre l'effetto di sospendere per un periodo di novanta giorni il termine per l'impugnazione dell'avviso di accertamento o di rettifica. La Suprema Corte, in buona sostanza, era chiamata a scrutinare la valenza (o meno) dell'effetto sospensivo nell'ipotesi (verificatasi nel caso concreto) della mancata comparizione della parte e/o del proprio consulente alla data fissata per la valutazione della definizione in via amministrativa ovvero per adesione dell'accertamento prefigurato dall'ufficio, con il vantaggio delle sanzioni ridotte nella misura di legge. Il pensiero dei giudici del Palazzaccio si manifestava meritevole di attenzione poiché un certo indirizzo di merito aveva spesso inteso “nebulizzare” la sospensione de qua nell'ipotesi di condotta successivamente inerte del contribuente. La soluzione giuridica
Seppur non espressamente richiamata nel responso di cui si sta trattando, la materia era stata oggetto di un prima valutazione resa con la sentenza n. 154/22/2011 della Commissione Tributaria Regionale di Venezia, la quale era giunta alla conclusione che l'istanza di accertamento con adesione, prodotta dalla parte all'Ufficio per meri fini dilatori e non seguita da alcun tentativo effettivo di adesione, non produce la sospensione di novanta giorni dei termini di impugnazione prevista dall'art.6, comma 3, del D.Lgs. n. 218/1997.
Sulla medesima linea interpretativa si poneva la Commissione Tributaria Provinciale di Treviso che, con sent.n. 73 del 18 luglio 2012, dichiarava l'inammissibilità, per tardiva presentazione del ricorso, in quanto, dall'analisi del comportamento concreto tenuto dal contribuente, il procedimento di adesione appariva instaurato (nell'occasione) con mera finalità dilatoria, ovvero proposto al solo scopo di ottenere un allungamento dei termini di impugnazione, senza un'effettiva volontà di tentare di addivenire ad una soluzione concordata col Fisco. Secondo tale Giudice, la presentazione di un'istanza di accertamento con adesione non è di per sé sufficiente a sortire la sospensione dei termini per l'impugnazione dei provvedimenti ritenuti lesivi (essendo, invece, necessario che l'istante provi, "con comportamento fattivo, di avere una concreta e reale volontà di avviare per lo meno un dialogo con l'Amministrazione finanziaria").
L'istanza presentata per mero scopo dilatorio, essendo finalizzata ad un "indebito vantaggio fruito per effetto della sospensione dei termini per ricorrere", oltre a violare il principio di buona fede, integrerebbe – secondo quanto prospettato dal giudice trevigiano - un'ipotesi di abuso del diritto e, di conseguenza, "il ricorso avverso gli avvisi di accertamento risulta inammissibile, perché presentato oltre il termine previsto ex art. 21, comma 1, del D.Lgs. n. 546 del 1992".
Tale orientamento non si è dimostrato isolato.
Aderivano (talvolta con argomentazioni anche diverse tra loro): Comm. trib. Reg Marche, 27 settembre 2021, n.1115, Comm. Trib. Prov. Milano, 27 gennaio 2020, n. 275, Comm. Trib. Reg. Piemonte, 8 novembre 2017, n. 1573, Comm. Trib. Prov. Caltanissetta, 12 ottobre 2016, n. 1023; contra : Comm. Trib. Reg. Piemonte, 13 settembre 2012, n.858 , Comm. Trib. Reg. Aosta , 3 giugno 2013, n. 15 (tutte in One Fiscale WKI) Nonostante tali argomentazioni, i giudici della Suprema Corte sono però pervenuti alla conclusione che, in tema di accertamento con adesione ed in mancanza di definizione consensuale, solo la formale ed irrevocabile rinuncia del contribuente all'istanza interrompe il termine di sospensione di novanta giorni – ex ai sensi degli artt. 6 e 12 d.Lgs. n. 218/1997 - previsto per impugnare, essendo volto a garantire uno spatium deliberandi in vista dell'accertamento stesso (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 3278 del 05/02/2019, Rv. 652379 - 01). Infatti, il termine di sospensione di novanta giorni per l'impugnazione dell'atto impositivo sorge automaticamente al momento della presentazione dell'istanza di definizione. Conseguentemente, la mancata comparizione del contribuente alla data fissata per la definizione in via amministrativa della lite, sia essa giustificata o meno, non interrompe la sospensione del termine di novanta giorni per l'impugnazione dell'avviso di accertamento, in quanto detto comportamento è stato ritenuto dalla giurisprudenza della Sezione non equiparabile alla formale rinuncia all' istanza nè è idoneo a farne venir meno "ab origine" gli effetti della stessa (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 27274 del 24/10/2019, Rv. 655805 - 01). Da notare che la Corte, a suffragio del proprio pensiero, ha richiamato una conclusione che può essere utile agli operatori del settore tributario; è stato rammentato infatti che “In questa prospettiva, è stato anche ritenuto che il deposito dell'istanza di accertamento con adesione presso un ufficio territorialmente incompetente è idoneo a determinare la sospensione del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale (Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 8178 del 22/03/2019, Rv. 653344 - 01).”. Osservazioni
La conclusione espressa dalla Suprema Corte, a fronte delle comunque pregevoli rappresentazioni rilasciate da quella giurisprudenza di merito allineata ad un pensiero certamente più restrittivo, sembrano condizionate anche dai motivi dedotti dalla Corte Costituzionale (con l'ordinanza n. 140 del 15 aprile 2011), secondo cui la presentazione dell'istanza di accertamento con adesione comporta il riconoscimento di un periodo fisso e automatico di sospensione del termine per impugnare l'accertamento, senza che la mancata partecipazione alle trattative sia equiparabile alla formale rinuncia.
Il responso n. 36919/2022 dei giudici di piazza Cavour appare complementare ovvero coerente con l'ordinanza n. 17439 del 12 ottobre 2012, emessa dal medesimo Consesso; in tale occasione, la Corte di Cassazione si era occupata della diversa ipotesi in cui il contribuente, in sede di contraddittorio con l'Ufficio o attraverso un altro atto trasmesso al Fisco, comunichi in modo espresso o comunque inequivocabile la propria volontà di revocare l'istanza di accertamento con adesione precedentemente formulata.
I Giudici Supremi avevano, a tal proposito, affermato che la rinuncia espressa o comunque inequivocabile all'adesione è atto interruttivo della sospensione dei termini per impugnare. |