Nel precedente citato dagli ermellini nella sentenza in commento, si sosteneva, a favore della sussistenza della condizione di procedibilità relativa all'esperimento della mediazione ex art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, che si era in presenza di un contratto stipulato con una banca e con una finalità di finanziamento, peraltro coessenziale al leasing immobiliare, ma la tesi non è stata condivisa.
Infatti, il riferimento della norma è, appunto, ai contratti bancari, e non, più generalmente, ai contratti “stipulati con un istituto di credito”, e parimenti ai contratti finanziari, e non, più generalmente, a contratti “con finalità di finanziamento” anche in chiave mista.
D'altronde, nella Relazione illustrativa al suddetto decreto legislativo, si legge che la volontà del legislatore era quella di riferirsi ai “rapporti bancari” oppure ai “contratti di servizi, come quelli finanziari”; nella medesima prospettiva, nella stessa Relazione, si menzionano le esperienze conciliative del d.lgs. 8 settembre 2007, n. 179, e quella del procedimento istituito in attuazione dell'art. 128-bis del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al d.lgs. 10 settembre1993, n. 385.
È, quindi, sufficientemente chiaro il richiamo alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel T.U.B., nonché alla contrattualistica involgente gli strumenti finanziari di cui al T.U.F. (d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, v. in specie all'art. 1).
In questa cornice normativa - ad avviso dei magistrati del Palazzaccio - non è possibile estendere l'area della condizione di procedibilità alla diversa ipotesi di leasing immobiliare, anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento specificatamente funzionali, però, all'acquisto o all'utilizzazione di quello specifico bene coinvolto.
In argomento, si veda anche una recente pronuncia dello stesso Supremo Collegio (Cass. civ., sez. I, 21 ottobre 2022, n. 31209), secondo cui, in tema di mediazione obbligatoria, le controversie relative ai contratti di fideiussione stipulati in favore del cliente di una banca sono escluse dall'àmbito applicativo dell'art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, poiché tale norma prevede l'esperimento della mediazione come condizione di procedibilità per le liti riguardanti i contratti bancari e finanziari, rinviando alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel T.U.B. e alla contrattualistica relativa agli strumenti finanziari disciplinata dal T.U.F., senza comprendere la fideiussione, che non costituisce un contratto bancario tipico.
Orbene, la sentenza in commento offre lo spunto per ricordare che, a norma dell'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010, “chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa a una controversia in materia di… locazione, comodato, affitto di aziende… è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto”.
Veniva stabilita, in tal modo, l'obbligatorietà della mediazione per le controversie locatizie - oltre che per quelle “in materia di condominio”, che hanno trovato successivamente un chiarimento con l'art. 71-quater disp. att. c.c., introdotto dalla l. n. 220/2012, intendendo, in particolare, quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione di alcune specifiche disposizioni di legge - obbligatorietà che si traduce nell'improcedibilità della domanda giudiziale che non sia preceduta dall'esperimento della procedura di mediazione.
Si è posto, da sùbito, il problema della corretta perimetrazione della stessa definizione di “controversia in materia di locazione”: stante che, diversamente che dal settore condominiale, non vi è una previsione ad hoc, come quella dettata dal citato art. 71-quater disp. att. c.c., il dato da cui prendere le mosse è quello che può ricavarsi dall'elaborazione della giurisprudenza in tema di applicazione dell'art. 447-bis c.p.c. (e ciò dal momento che la norma che ci interessa riproduce esattamente la formula utilizzata da detta norma).
A proposito di tale art. 447-bis c.p.c., si è affermato che controversie locatizie sono tutte le controversie comunque riferibili ad un contratto di locazione, che attengano non solo alla sua esistenza, validità ed efficacia, ma anche ad ogni altra possibile vicenda, comprese quelle concernenti l'adempimento o l'inadempimento degli obblighi derivanti dal rapporto.
Sono comprese, quindi, tra le controversie locatizie - a mero scopo esemplificativo - quelle che derivino dalla domanda del locatore volta al risarcimento dei danni ed al pagamento dei canoni non corrisposti, pur se proposta dopo il rilascio dell'immobile (Cass. civ., sez. III, 24 luglio 2001, n. 10070), quelle inerenti l'esercizio dei diritti di prelazione e riscatto attribuiti al conduttore dagli artt. 38 e 39 della l. n. 392/1978 (App. Trieste 21 gennaio 2004; Trib. Nocera Inferiore 4 dicembre 2002), quelle instaurate dal conduttore per la ripetizione di somme indebitamente corrisposte “in nero” ed in violazione dei divieti e limiti di legge (App. Milano, 4 febbraio 2006), quelle in cui si controverta di un rapporto ancora da costituire, ma di cui si invochi la costituzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. sulla base di un preliminare (Cass. civ., sez. I, 16 gennaio 2003, n. 581), la lite sulla determinazione di quanto dovuto dal conduttore in mora nella riconsegna della cosa locata ex art. 1591 c.c. (Cass. civ., sez. III, 27 marzo 2001, n. 4439), le controversie instaurate nei confronti dei fideiussori per il pagamento dei canoni di locazione (Trib. Monza 1° febbraio 2005).
In questa prospettiva, le prime pronunce giurisprudenziali, che hanno affrontato il tema riguardo alle disposizioni in tema di mediazione obbligatoria, hanno offerto una lettura estensiva della nozione di “controversia locatizia”: per esempio, si è opinato che la domanda volta ad ottenere il rilascio di un immobile occupato senza titolo e la condanna dell'occupante al versamento dell'indennità di occupazione, traendo titolo da un “rapporto latu sensu locativo”, dovesse essere preceduta dall'esperimento della procedura di mediazione ex art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 (Trib. Modena 5 maggio 2011).
Resta fermo, però, che l'art. 5, comma 4, del d.lgs. n. 28/2010 elenca una serie di specifici procedimenti giudiziali o di specifiche fasi di procedimenti, pur relativi a materie per cui è prevista l'obbligatorietà della mediazione, per i quali tale obbligatorietà non è prescritta e, tra i procedimenti elencati, si registra il procedimento per intimazione e convalida di sfratto: nello specifico, si stabilisce che la mediazione non è obbligatoria per la fase iniziale del procedimento - ossia per quanto concerne la fase riconducibile al procedimento speciale disciplinato dagli artt. 657 ss. c.p.c. - e che essa è, invece, obbligatoria per la fase successiva del procedimento; la ratio dell'esclusione si correla alla necessità che il procedimento di sfratto - considerato e disciplinato quale procedimento urgente - possa svolgersi senza essere ritardato dalla necessità del previo svolgimento di un altro procedimento (in proposito, v. Trib. Roma-Ostia 26 marzo 2012, secondo il quale, nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, l'obbligatorietà della mediazione è esclusa fino al mutamento del rito di cui all'art. 667 c.p.c., precisando che, all'udienza con cui dispone il mutamento del rito, il giudice invita le parti alla mediazione obbligatoria, e, alla successiva udienza, nel caso di mancato avvio della procedura di mediazione, il giudice, preso atto dell'inerzia delle parti, dichiara l'improcedibilità della domanda, condannando al pagamento delle spese di causa l'intimante inerte).
Per completezza, va segnalato che, da ultimo, l'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 28/2010 è stato leggermente modificato dall'art. 7, comma 1, lett. d), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, mantenendo l'impostazione di fondo del d.lgs. n. 28/2010, nel senso che la c.d. riforma Cartabia contempla l'uso della mediazione obbligatoria come condizione di procedibilità non generalizzata, ma imposta ope legis solo in alcune fattispecie.
In tale opzione legislativa, si inquadra l'allargamento delle materie soggette alla mediazione obbligatoria, estesa ad altre ipotesi durevoli, ossia in materia di contratti: di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone, di subfornitura.
Mette punto rammentare che, già nella relazione illustrativa al d.lgs. n. 28/2010, si precisava che, nella scelta delle materie che avrebbero scontato la mediazione obbligatoria, il legislatore aveva preferito quelle caratterizzate da un rapporto prolungato tra le parti (contratti di locazione e di comodato), dal legame endo-familiare o relativo allo stesso gruppo sociale (condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia), dall'elevata conflittualità (diffamazione a mezzo stampa o responsabilità medica) e dalla diffusione di massa (contratti assicurativi, bancari e finanziari).