Responsabilità solidale del condomino non moroso cui venga intimato il pagamento di oneri condominiali

08 Marzo 2023

La responsabilità solidale sussidiaria ex art. 63, comma 2, disp. att. c.c. impone di ricostruire gli esatti termini entro cui il terzo creditore può agire nei confronti dei comproprietari, entrando in gioco istituti - quali il beneficium ordinis o excussionis - plasmati dal legislatore secondo peculiarità disciplinari proprie del regime condominiale.
Massima

Il condomino in regola con i pagamenti, al quale sia intimato precetto da un creditore sulla base di un titolo esecutivo giudiziale formatosi nei confronti del condominio, può proporre opposizione a norma dell'art. 615 c.p.c., per far valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi, che condiziona l'obbligo sussidiario di garanzia di cui all'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., ciò attenendo ad una condizione dell'azione esecutiva nei confronti del condomino non moroso, e, quindi, al diritto del creditore di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo.

Il caso

Tizia, ottenuto un provvedimento di condanna nei confronti del condominio Alfa, notifica alcuni atti di precetto nei confronti di taluni dei condomini del fabbricato, onde conseguire da costoro il pagamento di quanto dovutole; i condomini esecutati propongono opposizione ex art. 615 c.p.c.,deducendo la violazione dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c., per avere la creditrice notificato loro gli atti di precetto, senza avere previamente escusso i condomini morosi, benché essi opponenti fossero in regola con i pagamenti pro quota dovuti.

Avverso la sentenza di rigetto delle opposizioni, conseguente alla ritenuta qualità di condomini “morosi” rivestita dagli attori, questi ultimi propongono appello innanzi al Tribunale che, accogliendo il gravame, annulla gli atti di precetto ritenendo, da un lato, (a) provato, per alcuni degli opponenti, il pagamento del pro quota dovuto, dall'altro (b) non specificamente dedotta, per altri, la morosità o, comunque, l'inesattezza degli importi da questi corrisposti e, non ultimo (c) in ogni caso non provata dalla creditrice la preventiva escussione dei condomini (effettivamente) morosi.

La Cassazione viene, dunque, investita dal ricorso proposto dal creditore, che lamenta la violazione dell'art. 63, commi 1 e 2, disp. att. c.c., per essere stata l'azione intrapresa nei confronti dei condomini aggrediti in executivis “solo a seguito della conclamata inadempienza e insolvenza del condominio”.

La questione

La questione di interesse, affrontata nella specie, dalla Cassazione è, dunque, riconducibile - nella sostanza - alla perimetrazione del meccanismo delineato dall'art. 63, commi 1 e 2, disp. att. c.c. con specifico riferimento alle modalità di operatività del beneficium ordinis ac excussionis ivi contemplato.

Le soluzioni giuridiche

La l. n. 220/2012 - come noto - ha novellato l'art. 63 disp. att. c.c., inserendo, tra l'altro, un ultimo periodo al comma 1 e riscrivendo il comma 2: allo stato, dunque, la norma prevede l'obbligo, per l'amministratore, di comunicare ai terzi creditori i dati identificativi dei condomini morosi (i.e., i nomi e l'importo dovuto dai singoli, oltre ai dati fiscali e catastali necessari a consentire l'esatta individuazione dei debitori e degli immobili di loro proprietà; v. Trib. Santa Maria Capua Vetere 1° luglio 2022 e Trib. Roma 1° febbraio 2017) cui corrisponde l'obbligo di detti terzi di agire anzitutto nei confronti di costoro per il saldo della debitoria condominiale, potendo gli altri comproprietari, in regola con il pagamento loro imputabile pro quota, essere aggrediti solo previa escussione dei primi.

In altri termini, a favore dei condomini in regola con i pagamenti, è previsto non solo un onere per il creditore di chiedere in primo luogo l'adempimento dei morosi (c.d. beneficium ordinis), quanto la più gravosa condizione di escutere preventivamente il patrimonio degli stessi partecipanti inadempienti (c.d. beneficium excussionis).

Le previsioni richiamate, nella loro sinteticità, pongono, allora, un triplice ordine di questioni, risolte dalla Suprema Corte con l'ordinanza in commento: a) che natura ha e quando “scatta” la responsabilità dei condomini in regola con i pagamenti; b) qual è il limite di tale responsabilità; c) quando può essere utilmente opposto il beneficum excussionis.

Per quanto attiene ai primi due profili, è noto che Cass., sez. un., 7 aprile 2008, n. 9148, superando il consolidato orientamento giurisprudenziale che ravvisava, nella responsabilità dei condomini (anche) per le obbligazioni di natura contrattuale assunte per loro conto dall'amministratore, un'ipotesi di solidarietà passiva (v., da ultimo, Cass. civ., sez. II, 23 febbraio 1999, n. 1510), ha optato per la soluzione (maggioritaria almeno fino all'inizio degli anni '70 del XX secolo) - diametralmente opposta - che ritiene come siffatta responsabilità sia, al contrario, retta, dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell'interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione alle rispettive quote. Orbene, ritiene la Corte che tale impostazione non sia stata superata (come pure da taluni, invece, sostenuto) dalla l. n. 220/2012 e, anzi, da questa sia stata confermata, con l'aggiunta di una previsione che semplicemente aumenta le garanzie del creditore, mediante il riconoscimento della sua legittimazione ad agire nei confronti dei condomini che siano in regola con i pagamenti, dopo, però, l'escussione degli altri condomini: l'art. 63, comma 2, disp. att. c.c. - si legge in motivazione - configura, infatti, in capo ai condomini che abbiano regolarmente pagato la loro quota di contribuzione alle spese condominiali, ed in favore del terzo che sia rimasto creditore (per non avergli l'amministratore versato l'importo necessario a soddisfarne le pretese), un'obbligazione sussidiaria ed eventuale, favorita dal beneficium excussionis, avente ad oggetto non l'intera prestazione imputabile al condominio, quanto unicamente le somme dovute dai morosi; in sostanza, poiché, l'obbligo di pagamento delle quote dovute dai morosi, posto in capo ai condomini in regola nella contribuzione alle spese, è subordinato alla preventiva escussione di questi ultimi, ne discende che l'obbligo sussidiario di garanzia del condomino solvente non può che essere limitato in proporzione alla quota del singolo moroso.

La condizione di morosità del condomino convenuto dal creditore - il cui accertamento, precisa ancora la Corte, costituisce una valutazione di fatto rimessa al giudice di merito - deve sussistere, peraltro, non soltanto al momento dell'introduzione del giudizio, incidendo, essa, piuttosto, sul diritto del terzo ad ottenere una sentenza di condanna, sicché è indispensabile che la stessa permanga nel momento in cui la lite viene decisa.

Rispetto al terzo profilo di cui si è dato conto supra (i.e. quando può essere utilmente opposto il beneficium excussionis), la preventiva escussione richiede, prima che il creditore possa potere pretendere l'eventuale residuo insoddisfatto dal condomino in regola con i pagamenti, l'esaurimento effettivo della procedura esecutiva individuale in danno del condomino moroso.

Scontata, dunque, essendo la possibilità che il condomino in regola con i pagamenti, convenuto impropriamente dal creditore, possa proporre un'opposizione ex art. 615 c.p.c. per fare valere il beneficio di preventiva escussione dei condomini morosi, a norma dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c. (ciò attenendo ad una condizione dell'azione esecutiva nei confronti del condomino non moroso, e, quindi, al diritto del creditore di agire esecutivamente ai danni di quest'ultimo), meno intuitiva è la seconda conclusione che la Corte trae dalla lettera dell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c. (e che ripropone, nella presente sede, discussioni mai sopitesi con riferimento all'art. 1944, comma 2, c.c.): quest'ultima, infatti, secondo l'ordinanza in commento, “induce ad affermare che il condomino in regola, convenuto in giudizio dal terzo per il pagamento del restante credito condominiale, possa paralizzare, in via di eccezione, l'azione del creditore, con l'opporre utilmente il beneficio della preventiva escussione del patrimonio del condomino moroso, senza dover perciò necessariamente chiamare in causa quest'ultimo”, con la conseguenza che non è possibile limitare il beneficio in questione alla sola fase esecutiva, rappresentando esso un più generale impedimento all'esperimento già dell'azione di condanna in sede di cognizione (pur sempre da far valere, però, da parte del condomino aggredito, operando il beneficium excussionis su eccezione di parte e non d'ufficio e sempre che quello indichi i beni del debitore principale su cui il creditore può soddisfarsi; argomentando da Cass. civ., sez. un., 16 dicembre 2020, n. 28709).

Sicché, per concludere, il beneficio in questione comporta non soltanto il dovere del terzo di iniziare le azioni contro il moroso, ma anche di continuarle con diligenza e buona fede: ciò implica che il creditore del condominio (1) deve dapprima agire contro i partecipanti che siano in ritardo nei pagamenti delle spese per ottenere la condanna, ovvero un titolo esecutivo che permetta di dar corso all'espropriazione dei beni di quello, quindi (2) deve compiere ogni atto cautelare contro i beni stessi, per salvaguardarne l'indisponibilità durante il giudizio diretto alla condanna, non ultimo (3) agire in executivis nei confronti del moroso.

Solo all'esito di tale complesso procedimento, il terzo creditore può, dunque, rivolgersi nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti per ottenere da questi il pagamento del pro quota rimasto insoluto.

Osservazioni

La Corte di legittimità ravvisa nell'art. 63, comma 2, disp. att. c.c. la fonte di un'obbligazione legale di garanzia di ogni condomino per le quote non proprie.

La posizione del condomino in regola con i pagamenti, chiamato dal creditore a rispondere delle quote dovute dai morosi, dopo la preventiva escussione degli stessi, è assimilabile, cioè, a quella di un fideiussore, sia pure ex lege: il condomino solvente garantisce l'adempimento del contributo imposto al moroso, ovvero un debito altrui, essendo ciascun condomino realmente obbligato (in via primaria verso l'amministratore, e in via indiretta verso il creditore) soltanto per la quota di debito proporzionata al valore della sua porzione, ed invece garante per le quote dei condomini inadempienti.

A tale proposito, peraltro, opportunamente l'ordinanza in commento si preoccupa di chiarire che agli effetti della disciplina dettata dai primi due commi dell'art. 63 disp. att. c.c., deve intendersi come “condomino morosoil partecipante che non abbia versato all'amministratore la sua quota di contribuzione alla spesa necessaria per il pagamento di quel creditore, mentre è “obbligato in regola con i pagamentiil condomino che abbia adempiuto al pagamento della propria quota afferente alle medesime spese nelle mani dell'amministratore.

La precisazione appare - si diceva - opportuna giacché potrebbe ritenersi, facendo perno sul criterio di parziarietà che regge le obbligazioni in commento, che il singolo comproprietario che abbia pagato la propria quota direttamente nelle mani del creditore non debba essere qualificato come “moroso”. Sennonché - come sovente accade nella materia condominiale e per quanto la conclusione infra illustrata non sia andata esente da critiche - è altresì consolidato il principio (v. Cass. civ., sez. II, 20 aprile 2012, n. 10371, nonché, per il primo intervento in proposito, Cass. civ., sez. VI/II, 17 febbraio 2014, n. 3636), per cui l'obbligo del singolo partecipante di sostenere le spese condominiali, da un lato, e le vicende debitorie del condominio verso i suoi appaltatori o fornitori, dall'altro, restano del tutto indipendenti, il primo fondando sulle norme che regolano il regime di contribuzione alle spese per le cose comuni (v. gli artt. 1118 e 1123 ss. c.c.), le seconde trovando causa nel rapporto contrattuale col terzo, approvato dall'assemblea e concluso dall'amministratore in rappresentanza dei partecipanti al condominio; sicché: a) il pagamento diretto, eseguito dal singolo partecipante a mani del creditore del condominio, non è idoneo ad estinguere il debito pro quota dello stesso, relativo ai contributi ex art. 1123 c.c.; b) corrispondentemente, l'amministratore ben potrebbe (b.1) non solo comunicare al terzo il nominativo del condomino in questione (siccome “moroso” nei confronti del condominio), ma (b.2) anche legittimamente agire nei confronti dello stesso per il recupero della quota rimasta inevasa nei confronti del condominio, salvo operare successivamente i dovuti conguagli.

Riferimenti

Scarpa, Obbligazioni dei condomini e del condominio nel processo, in Immob. & proprietà, 2022, 239;

Triola, La riforma del condominio tra novità e occasioni mancate, Milano, 2014, 212.

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