Auto storiche e cd. “redditometro”
24 Marzo 2023
Massima
La disponibilità di questo genere di beni è di per sé una presunzione di capacità contributiva da considerarsi “legale” ai sensi dell'art. 2728 c.c.. Una volta accertata tale disponibilità, nel caso in cui venga attuato da parte dell'amministrazione finanziaria un accertamento da “redditometro”, al contribuente non resta che tentare di superare tale presunzione legale, tramite prova documentarie contraria. Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 36123 del 09 dicembre 2022. Il caso
Ad un contribuente venivano notificati tre avvisi d'accertamento relativi agli anni d'imposta 2006-2007-2008, con i quali l'amministrazione finanziaria quantificava maggiori redditi imponibili tramite un accertamento sintetico (cd. “redditometro”). Tale tipologia di accertamento veniva basata sul possesso da parte del contribuente di beni “indice” quali autovetture, immobili e auto storiche. Il contribuente proponeva ricorso presso i giudici competenti. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale, accogliendo la tesi del contribuente, rilevava come la disponibilità di un'autovettura storica potesse essere sintomatica di una capacità reddituale solo in caso di possesso di autovetture "di grande valore intrinseco e dalle caratteristiche quasi uniche".
Nel caso specifico, invece, a parere del giudice di merito, tali caratteristiche non erano presenti in relazione all'auto d'epoca posseduta dal contribuente. Per questo motivo l'autovettura veniva esclusa dall'elenco dei beni "sintomatici" di una maggior capacità contributiva e, conseguentemente, veniva ridotto il reddito imponibile contestato per tutti e tre gli anni d'imposta soggetti ad accertamento “sintetico”. L'amministrazione finanziaria, non soddisfatta della decisione suddetta, denunciava violazione del d.P.R. 600/73 art. 38, nonché degli artt. 2728 e 2697 c.c., in quanto a suo parere, la CTR, escludendo che il possesso dell'autovettura d'epoca costituisse bene indice di maggiore capacità contributiva, avrebbe disatteso le regole disciplinanti l'accertamento cd. sintetico, secondo le quali la presunzione legale relativa prevista a favore dell'Amministrazione può essere superata solo dalla prova documentale contraria fornita del contribuente. Su questa controversia è stata chiamata ad esprimersi la Corte di Cassazione, la quale ha deciso con sentenza n. 36123/2022, cassando la sentenza impugnata e rinviando la questione alla CTR competente in diversa composizione. La questione
La Cassazione, occupandosi della questione in oggetto, ha approfondito il tema riguardante la natura dei cd. “beni indice” sui quali vengono fondati gli accertamenti sintetici (cd. “redditometro”). Le soluzioni giuridiche
Innanzitutto è stato confermato un principio giurisprudenziale consolidato secondo il quale in tema di accertamento in rettifica delle imposte sui redditi delle persone fisiche, la determinazione effettuata con il metodo sintetico - sulla base degli indici previsti dai decreti ministeriali del 10 settembre e 19 novembre 1992, riguardanti il cosiddetto redditometro - dispensa l'amministrazione da qualunque ulteriore prova rispetto all'esistenza dei fattori-indice della capacità contributiva, giacché codesti restano individuati nei decreti medesimi. Ne consegue che è legittimo l'accertamento fondato sui predetti fattori-indice, provenienti da parametri e calcoli statistici qualificati, restando a carico del contribuente, posto nella condizione di difendersi dalla contestazione dell'esistenza di quei fattori, l'onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore.
In secondo luogo è stato richiamato un ulteriore principio giurisprudenziale consolidato, ossia: la disponibilità dei beni “indice” suddetti costituisce una presunzione di "capacità contributiva" da qualificare "legale" ai sensi dell'art. 2728 c.c.
È la stessa legge, infatti, a ritenere certa l'esistenza di una “capacità contributiva” al sussistere della disponibilità dei beni in questione a favore del contribuente.
Di conseguenza, il giudice tributario, una volta accertata l'effettività fattuale degli specifici "elementi indicatori di capacità contributiva" esposti dall'Ufficio, non ha il potere di togliere a tali "elementi" la capacità presuntiva "contributiva" che il legislatore ha connesso alla loro disponibilità. Egli, semmai, può valutare la prova contraria presentata dal contribuente che dimostri la provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile) delle somme necessarie per mantenere il possesso dei beni indicati dalla norma.
In terzo luogo la Suprema Corte ha precisato che il riferimento al possesso di autovetture da parte del contribuente, contenuto nel cd. redditometro, deve intendersi esteso anche alle auto storiche.
Alla luce di tutti questi motivi, la Cassazione ha ritenuto sbagliata la decisione presa dalla Commissione Tributaria Regionale. Quest'ultima, infatti, parrebbe aver escluso la qualità di bene indice dell'autovettura storica di proprietà del ricorrente e, quindi, non aver considerato, nella determinazione del reddito, il valore di essa rispetto a quello determinato nell'avviso di accertamento ai sensi dei decreti ministeriali sopra indicati.
Tale esclusione era stata fondata sulla base della mera supposizione che l'auto storica in questione non avrebbe avuto le caratteristiche intrinseche di un'autovettura d'epoca senza, però, svolgere nessun accertamento in ordine alle eventuali prove documentali, di segno contrario, allegate dal contribuente per vincere la presunzione legale prevista a favore dell'Amministrazione finanziaria.
Osservazioni
La sentenza di Cassazione n. 36123/2022, ha focalizzato la propria attenzione su:
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