Morte per infezione nosocomiale: la perdita di chance è parte sostanziale della domanda di risarcimento del danno da perdita del congiunto?

29 Aprile 2023

La Cassazione, pronunciandosi sulla responsabilità della struttura sanitaria nel caso di morte del paziente a seguito di infezione nosocomiale, chiarisce se la domanda da perdita di chance può considerarsi insita o, comunque, residuale alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale.
Massima

“In tema di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita di un congiunto l'azione promossa volta ad accertare l'inadempimento della struttura e dei sanitari ricade nell'alveo della responsabilità extracontrattuale e non nell'ambito di quella contrattuale spettante unicamente al paziente danneggiato. Nell'impossibilità di pervenire all'accertamento del momento in cui l'infezione è stata contratta o di valutare in termini giuridicamente apprezzabili l'apporto causale che ha determinato la morte del paziente per sepsi, è sufficiente ricorrere al criterio della mera prevalenza delle probabilità invece del giudizio di probabilità logica”.

Il caso

Tizia, ricoverata presso una struttura sanitaria per eseguire un intervento oculistico elettivo, cadeva accidentalmente dalla sedia sita all'interno della sua stanza. In seguito alla caduta, la paziente riportava un trauma contusivo sulla parete addominale. Nell'immediatezza Tizia accusava dolore seguito di rialzi febbrili.

L'intervento oculistico veniva eseguito e la correttezza dello stesso non è mai stato oggetto di contestazione. In assenza di un quadro sintomatico febbrile la paziente veniva dimessa.

A distanza di giorni, Tizia veniva ricoverata nuovamente per uno stato febbrile causato da staphiloccoccus aureus trattato con adeguato antibiotico. La paziente decedeva circa un mese dopo per sepsi.

I congiunti di Tizia proponevano avanti al Tribunale competente una domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno per perdita del rapporto parentale. Tizia, secondo i congiunti, non sarebbe morta se, in occasione del rialzo febbrile, fossero stati eseguiti maggiori accertamenti per determinare la causa.

La de cuius aveva una storia clinica complessa: era obesa e presentava problemi cardiaci.

Il Tribunale escludeva la responsabilità dell'ente sanitario in quanto una condotta alternativa non avrebbe comunque determinato un diverso decorso clinico.

La decisione del giudice di prime cure veniva appellata.

La Corte d'appello rigettava nuovamente la domanda facendo proprie le risultanze istruttorie e le argomentazioni del Tribunale.

I congiunti di Tizia proponevano ricorso per cassazione lamentando i) di aver soddisfatto l'onere probatorio posto a loro carico; ii) la domanda di risarcimento danni non patrimoniale da perdita del rapporto parentale implicitamente includeva la domanda da perdita di chances; iii) la Corte d'Appello non avrebbe adeguatamente motivato il rapporto causa-effetto tra infezione contratta dalla paziente e la morte di Tizia.

La questione

La motivazione della sentenza consente di affrontare due questioni.

La prima: la domanda di perdita di chance può considerarsi insita o, comunque, residuale alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale

La seconda: l'evento dannoso, ancorché prevedibile e evitabile, può essere soggettivamente ascritto alla colpa del danneggiante quando le conseguenze pregiudizievoli, anche in presenza di una condotta alternativa lecita, non potevano essere ragionevolmente evitate?

Le soluzioni giuridiche

La domanda di risarcimento del danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, promossa dai congiunti, costituisce un'azione extracontrattuale a cui spetta provare l'inadempimento qualificato del debitore.

Secondo la Cassazione, il Giudice d'appello, nell'escludere la responsabilità del debitore, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova sul nesso causale tra condotta contestata e evento dannoso, è incorso in un duplice errore di diritto:

a) non aver esteso il giudizio controfattuale all'obiettiva contrazione in ambito nosocomiale dell'infezione astrattamente idonea a causare la morte di Tizia;

b) aver impiegato una valutazione eziologica riferita alla “certezza della possibilità di evitare il danno a fronte di un comportamento diverso, anziché quello probabilistico.

Annullando la sentenza, la Cassazione ha rinviato la questione ad altra Sezione della Corte d'appello affinché quest'ultima accerti:

a) l'obiettiva contrazione dell'infezione in ambito nosocomiale;

b) se la morte di Tizia sia stata conseguenza del comportamento colposo dei sanitari;

c) “in subordine” se nella domanda proposta dai ricorrenti è possibile ravvisare anche quella afferente alla perdita di chances.

Nella parte motiva la Cassazione indica al giudice del rinvio, in diritto, i criteri rilevanti per accertare, in termini probabilistici, il nesso causale riguardante la contrazione dell'infezione nell'ambito ospedaliero e, in fatto, elenca le norme riguardanti le responsabilità dei singoli operatori e degli standard strutturali da cui trarre l'accertamento della relazione eziologica tra infezione e degenza ospedaliera.

L'Ufficio del “Massimario” presso la Corte di Cassazione, dalle articolate argomentazioni della sentenza in esame, ha tratto i seguenti principi di diritto:

-In tema di infezioni nosocomiali, la responsabilità della struttura sanitaria non ha natura oggettiva, sicché, a fronte della prova presuntiva, gravante sul paziente, della contrazione dell'infezione in ambito ospedaliero, la struttura può fornire la prova liberatoria di aver adottato tutte le misure utili alla prevenzione delle stesse, consistente nell'indicazione: a) dei protocolli relativi alla disinfezione, disinfestazione e sterilizzazione di ambienti e materiali; b) delle modalità di raccolta, lavaggio e disinfezione della biancheria; c) delle forme di smaltimento dei rifiuti solidi e dei liquami; d) delle caratteristiche della mensa e degli strumenti di distribuzione di cibi e bevande; e) delle modalità di preparazione, conservazione ed uso dei disinfettanti; f) della qualità dell'aria e degli impianti di condizionamento; g) dell'avvenuta attivazione di un sistema di sorveglianza e di notifica; h) dei criteri di controllo e di limitazione dell'accesso ai visitatori; i) delle procedure di controllo degli infortuni e della malattie del personale e delle profilassi vaccinali; j) del rapporto numerico tra personale e degenti; k) della sorveglianza basata sui dati microbiologici di laboratorio; l) della redazione di un "report"

da parte delle direzioni dei reparti, da comunicarsi alle direzioni sanitarie al fine di monitorare i germi patogeni-sentinella; m) dell'orario delle effettiva esecuzione delle attività di prevenzione del rischio.

-In tema di infezioni nosocomiali, ai fini dell'accertamento del nesso di causalità tra l'infezione e la degenza ospedaliera, al CTU deve essere demandata, tra l'altro, la verifica della mancanza o insufficienza di direttive generali in materia di prevenzione e del mancato rispetto delle stesse, nonché dell'omessa informazione circa la possibile inadeguatezza della struttura per l'indisponibilità di strumenti essenziali e della eventuale effettuazione di un ricovero non sorretto da alcuna esigenza di diagnosi e cura ed associato ad un trattamento non appropriato.

-In tema di infezioni nosocomiali, per andare esente da responsabilità, sotto il profilo soggettivo, il dirigente apicale è tenuto a dimostrare di avere indicato le regole cautelari da adottarsi, in attuazione del proprio potere-dovere di sorveglianza e verifica; il direttore sanitario di averle attuate e avere organizzato gli aspetti igienico e tecnicosanitari, vigilando altresì sull'attuazione delle indicazioni fornite; il dirigente di struttura complessa, esecutore finale dei protocolli e delle linee-guida, di avere collaborato con gli specialisti microbiologo, infettivologo, epidemiologo e igienista, essendo tenuto ad assumere precise informazioni sulle iniziative degli altri medici ovvero a denunciare le eventuali carenze della struttura.

-In tema di infezioni nosocomiali, l'accertamento della responsabilità della struttura sanitaria dev'essere effettuato sulla base dei criteri temporale (relativo al numero di giorni trascorsi dopo le dimissioni dall'ospedale prima della contrazione della patologia), topografico (correlato all'insorgenza dell'infezione nel sito chirurgico interessato dall'intervento, in assenza di patologie preesistenti e di cause sopravvenute eziologicamente rilevanti, da valutarsi secondo il criterio della cd. probabilità prevalente) e clinico (in ragione del quale, a seconda della specificità dell'infezione, dev'essere verificato quali misure di prevenzione sarebbe stato necessario adottare da parte della struttura sanitaria).

Osservazioni

Il principio dispositivo del processo stabilisce che la disponibilità della tutela giuridica non implica necessariamente un analogo dominio sui mezzi di prova.

La Cassazione dovrebbe proteggere con lo sguardo l'uniformità dell'interpretazione giurisprudenziale e non indicare i fatti oggetto di accertamento o designare gli elementi da cui trarre gli argomenti di prova.

Diversamente, il modello dispositivo del processo, riassumibile nel brocardo “iudex iuxta alligata et probata iudicare debet”, lascia il posto al modello inquisitorio in cui si riconosce al giudice l'autorità sulla valutazione dei fatti oggetto della domanda e la ricerca dei mezzi di riscontro.

Costituisce principio consolidato che la domanda da perdita di chances è una domanda autonoma in quanto postula presupposti e mezzi di prova diversi dalla domanda di risarcimento.

In altri termini, o si discute della perdita di un risultato sperato, incerto ed eventuale (Cass. civ. 28993/2019), ovvero della perdita di un risultato finale provato. Ne consegue che la domanda per perdita di chances è ontologicamente diversa da quella che ha per oggetto il risarcimento del danno non patrimoniale (Cass. civ. 21245/2012).

La Cassazione, pur escludendo l'ipotesi di responsabilità oggettiva, di fatto, la ricostruisce ricorrendo alla “probabilità prevalente” sulla base di indicatori -sempre- sussistenti in ogni occasione di cura.

Affinché si accerti il nesso causale tra condotta illecita del medico ed evento di danno occorre una probabilità scientifica che, ancorché tratta da indici presuntivi, affermi una probabilità ragionevole ovvero giuridicamente apprezzabile che consente di superare la soglia necessaria per accertare la responsabilità del danneggiante secondo i criteri di probabilità logica (Cass. Civ. 21619/2007).

La responsabilità per colpa, infatti, postula l'accertamento del nesso eziologico attribuibile al fatto del danneggiato anche quando non abbia adottato tutte le misure atte ad evitare il danno realizzando, quindi, una situazione astrattamente idonea a fondare la sua responsabilità (Cass. civ. 6036/2008). Il diritto non tollera l'arbitrarietà delle conclusioni sicché la sua argomentazione deve essere sempre ancorata a un elemento di logica giuridica.

La sentenza della Cassazione, inoltre, sembra trascurare alcuni elementi che, diversamente, confermano la conclusione a cui sono pervenuti i giudici di merito. In primo luogo, l'infezione da strafilococco non sembra poter essere riferibile, con riferimento all'insorgenza dell'infezione, alla caduta accidentale di Tizia dalla sedia. Tantomeno è possibile accertare, se non ricorrendo a un criterio magico, il tempo e il luogo del contagio.

Al contrario dalla sentenza emerge che Tizia ha avuto un rialzo febbrile momentaneo tant'è che è stata dimessa in assenza di tale sintomatologia. La sentenza, infine, poco si sofferma sulla storia clinica antecedente e successiva al primo ricovero, agli aspetti fisiologici della paziente e alle gravi comorbilità di cui soffriva per cui è stata esclusa la possibilità di “affermarsi con certezza la possibilità di sopravvivenza della paziente se fosse stata adeguatamente curata”.

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