Illegittima la richiesta da parte dell'Ufficio di una doppia garanzia per lo “sblocco” del credito IVA

19 Aprile 2023

Sì agli interessi compensativi sulla sospensione del rimborso del credito IVA qualora nell'iter procedimentale sia stata richiesta una doppia garanzia.
Massima

Si tratta nello specifico della garanzia triennale normativamente posta a tutela delle ragioni dell'erario nell'ipotesi di sopravvenuta scoperta dell'inesistenza del credito e della garanzia sine die volta ad evitare che l'Agenzia delle Entrate, vittoriosa in sede contenziosa successivamente al rimborso del credito vantato dal contribuente, possa rimanere insoddisfatta a causa della successiva incapienza di quest'ultimo.

In siffatta ipotesi, alla dilatazione “ingiustificata” dei tempi del rimborso corrisponde il riconoscimento di interessi compensativi a favore del contribuente.

Così si pronuncia la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 373 del 1° febbraio 2023.

Il caso

Due società, cedente e cessionaria di un credito IVA maturato per l'anno 2015, impugnavano il silenzio-rifiuto dell'Agenzia delle Entrate sull'istanza di rimborso degli interessi maturati fino alla data della restituzione del capitale avvenuta nel luglio 2019.

L'Agenzia delle Entrate eccepiva come il ritardo non fosse imputabile all'Amministrazione, ma alla necessità di integrare la documentazione necessaria al riconoscimento del rimborso da parte dell'Agenzia delle Entrate. Sosteneva, inoltre, l'Ufficio che tra i documenti richiesti dalla disciplina di riferimento (art. 38-bis, d.P.R. n. 633/72) ai fini del rimborso deve ritenersi ricompresa anche l'idonea garanzia fideiussoria che i contribuenti non avevano fornito tempestivamente non potendosi, pertanto, parlare di ritardi imputabili all'Amministrazione finché il contribuente non depositi tutta la documentazione necessaria, compresa la garanzia.

La questione

L'articolato iter dell'istruttoria procedimentale

La richiesta di rimborso si era articolata in più fasi in concomitanza con l'insorgenza di atti di accertamento notificati alla società cedente e di un'operazione di ristrutturazione straordinaria riguardante la cessionaria. A ciò si aggiungeva la circostanza che la cedente non aveva depositato la garanzia pari al rimborso richiesto contestualmente all'istanza, circostanza che, al di là della qualificazione giuridica degli effetti della garanzia nella procedura di rimborso, ne inibiva comunque l'esito favorevole per il contribuente.

Inoltre, con provvedimento notificato nel marzo 2018 alla cedente, era stato sospeso da parte dell'Ufficio il rimborso per una quota parte, ai sensi dell'art. 23 del d.lgs. 472/1997 il quale legittima la sospensione del rimborso qualora al beneficiario siano stati notificati atti di accertamento o di contestazione/irrogazione delle sanzioni, anche non definitivi, salva ipotesi di presentazione di idonea garanzia, pari alle somme sospese, senza limiti temporali. A seguito di pagamento/regolarizzazione di taluni avvisi di accertamento pendenti da parte della società, l'Ufficio riduceva detta sospensione con conseguente richiesta di garanzia sine die di pari ammontare per il relativo sblocco di corrispondente quota di rimborso. Successivamente, nell'agosto del 2018, l'Ufficio notificava alla società richiesta di presentazione di garanzia 38-bis, per la quota di richiesta a rimborso che non era stata sospesa ai sensi del citato art. 23.

Nell'ottobre 2018, la società provvedeva al deposito, presso l'Ufficio, di tutte le garanzie richieste (“sine die” e 38-bis) ma, nonostante l'avvenuta presentazione delle garanzie nelle forme e negli importi richiesti dall'Ufficio, quest'ultimo notificava alla società richiesta ulteriore di presentazione di garanzia 38-bis per la quota già coperta da garanzia sine die, così portando la richiesta complessiva di garanzia per l'intero ammontare del rimborso azionato. Richiesta a cui il contribuente aderiva, prestando nel dicembre 2018 ulteriore garanzia 38-bis, per l'ammontare richiesto.

Tuttavia, la situazione debitoria della cedente subiva un'ulteriore modifica, poiché nell'ottobre 2018 le veniva notificato un ulteriore avviso di accertamento sicché l'Ufficio chiedeva alla società di integrare le garanzie sine die presentate anche per tale ammontare. Pertanto, la società provvedeva al deposito presso l'Ufficio della ulteriore garanzia sine die per detto ammontare.

Ancora, nel dicembre 2018, venivano notificati alla cedente altri due avvisi di accertamento per i quali la società presentava istanza di accertamento con adesione. Le parti, nell'ambito di contatti informali, concordavano di procedere ad un riordino delle garanzie sine die presentate cui seguiva il deposito da parte della società di istanza di svincolo delle precedenti garanzie sine die e, successivamente, di un'unica garanzia sine die per il totale dell'importo originariamente chiesto a rimborso.

Osservazioni

La richiesta degli interessi compensativi

Le società ricorrenti supportavano la richiesta per il riconoscimento di interessi compensativi con un richiamo ai principi fissati dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 16567 del 20 giugno 2019) laddove è stata affermata l'alternatività tra le due garanzie (ex art. 38-bis 600/1973 e art. 23 d.lgs. 497/1997), non potendo quindi l'Ufficio sin dall'origine pretendere entrambe le forme di garanzia.

Le contribuenti contestavano che il ritardo nel rimborso fosse stato imputabile ad omissioni da parte loro nella produzione dei documenti necessari; in tal senso, richiamavano giurisprudenza di legittimità che riconosce alla garanzia solo il valore di una condizione di procedibilità ai fini del rimborso, non anche di presupposto legittimante la richiesta di rimborso.

Come tale, la garanzia richiesta ex art. 38-bis non rientrerebbe tra i documenti richiesti dalla disposizione normativa in parola: “Sulle somme rimborsate si applicano gli interessi in ragione del 2 per cento annuo, con decorrenza dal novantesimo giorno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione, non computando il periodo intercorrente tra la data di notifica della richiesta di documenti e la data della loro consegna, quando superi quindici giorni”.

In sostanza, la predetta disposizione legislativa prevede la maturazione degli interessi decorsi novanta giorni successivamente alla presentazione dell'istanza di rimborso, escludendo gli intervalli di tempo, superiori a quindici giorni, intercorrenti tra le notifiche di richieste di documenti e la loro consegna.

Osservazioni

I giudici hanno ritenuto che nel caso di specie non si potesse ignorare che la questione dell'esigibilità delle due garanzie (ex art. 38-bis e 23) è stata risolta nel senso dell'alternatività in seguito all'intervento sopracitato delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, ossia in epoca successiva alle interlocuzioni tra Ufficio e contribuente per la definizione delle somme da rimborsare e delle garanzie necessarie.

Né, parimenti, secondo gli interpreti, si poteva negare che la situazione del contenzioso tra Fisco e contribuente fosse alquanto fluida ed incerta, essendo stata caratterizzata dalla continua emersione di atti accertativi, tutti di importi non certamente trascurabili, cui si era succeduto, in alcuni casi, il pagamento parziale da parte del contribuente.

Ciò rendeva i confini della garanzia c.d. sine die (ex art. 23 d.lgs. 472/97) alquanto mobili e giustificava la revisione delle stesse fino al riordino globale avvenuto nel 2019 col rilascio di un'unica garanzia globale per l'intero importo originariamente chiesto a rimborso.

Ne conseguiva l'assenza di ritardi imputabili all'Amministrazione quantomeno nel periodo antecedente alla suddetta pronuncia della S.C., sicché non potevano essere riconosciuti per tale periodo gli interessi compensativi richiesti. Per quanto riguardava, invece, il periodo successivo la Corte ha sottolineato come l'Ufficio avesse tutelato le proprie ragioni, preservandosi dal c.d. rischio-contenzioso derivante dall'impugnazione degli avvisi di accertamento, sospendendo il rimborso per una determinata quota e richiedendo garanzia sine die per tale importo, sicché la richiesta successiva di garanzia ex art. 38-bis, costituiva «un aggravio ingiustificato per il contribuente» che aveva comportato la dilazione dei tempi per il rimborso.

Analogamente, concludono gli interpreti, la richiesta di un “riordino” delle garanzie sine die prestate dal contribuente mediante il rilascio di una nuova garanzia globale appariva uno strumento puramente dilatorio che aveva comportato il differimento del rimborso fino senza alcuna razionale giustificazione, essendo la cifra già coperta da fideiussioni che ammontavano complessivamente alla somma originariamente e complessivamente chiesta a rimborso.

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