Restituzione del prestito: le somme trattenute vanno giustificate in giudizio

05 Maggio 2023

La parte nei cui confronti viene avanzata domanda di restituzione di un prestito è tenuta a giustificare in giudizio il trattenimento del denaro ricevuto.
Massima

Qualora la parte deduca in giudizio e dimostri l'avvenuto pagamento di una somma di denaro, ancorché sulla base di un titolo specifico, che è suo onere dimostrare, il convenuto è tenuto, quanto meno, ad allegare il titolo in forza del quale si ritiene, a sua volta, legittimato a trattenere la somma ricevuta. In mancanza di ogni allegazione in tal senso, il rigetto per mancanza di prova della domanda di restituzione proposta dal solvens va argomentato con una certa cautela e tenendo conto di tutte le circostanze del caso, al fine di accertare se e fino a che punto la natura del rapporto e le circostanze giustifichino che l'una delle parti trattenga, senza causa, il denaro indiscutibilmente ricevuto da altri.

Il caso

Tizia ha convenuto in giudizio dinnanzi al Tribunale di Bergamo il compagno Caio chiedendo che fosse condannato alla restituzione in suo favore di una somma di denaro datagli “in prestito”.

Caio, costituendosi, ha chiesto il rigetto della domanda attorea eccependo l'inesistenza di un contratto di mutuo tra le parti, deducendo che il denaro ricevuto era riconducibile alla restituzione di un prestito da lui stesso in precedenza effettuato in favore di Tizia e contestando la ripetibilità delle somme ricevute dovendosi qualificare la dazione del denaro come obbligazione naturale in quanto avvenuta nell'ambito di un rapporto di sentimentale di convivenza e di mutua solidarietà.

Il Tribunale ha ritenuto fondata la domanda di Tizia e condannato Caio alla restituzione delle somme ritenendo che fosse stato provato il versamento del denaro a titolo di mutuo considerato:

- l'espressa indicazione di “prestito” nella causale dei pagamenti effettuati in favore del convenuto;

- la consistenza significativa delle somme di denaro corrisposte;

- la destinazione dei versamenti effettuati a copertura dei debiti del convenuto.

Caio ha impugnato la sentenza del Tribunale dinnanzi alla Corte d'Appello di Brescia lamentando nei motivi di gravame l'errata applicazione da parte dei Giudici di prime cure dei criteri di riparto dell'onere della prova in materia di mutuo.

La Corte D'Appello ha accolto l'impugnazione rilevando che:

- l'allegazione da parte di Caio (accipiens) di una causa alternativa della dazione delle somme di denaro ricevute (ovvero la riconduzione di tali versamenti alla restituzione di un prestito) non implicava alcuna inversione dell'onere della prova restando a carico di Tizia l'onere di fornire la prova rigorosa dell'obbligazione restitutoria del convenuto oltre che degli elementi costitutivi del mutuo;

- l'appellante non aveva assolto l'onere sulla stessa gravante dell'assunzione dell'impegno restitutorio da parte di Caio.

Tizia ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione eccependo tra i motivi proposti:

a) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 e 2697 c.c. per avere i Giudici d'appello erroneamente applicato i principi sull'onere della prova in materia di mutuo legittimando il convenuto a trattenere le somme ricevute senza causa;

b) la violazione e falsa applicazione degli artt. 1813 e 2697 c.c. per avere la Corte di merito ritenuto sufficiente ai fini dell'accoglimento delle domande di parte convenuta la mera deduzione di un'eccezione fondata su un titolo contrapposto a quello rivendicato dall'attrice;

c) la violazione e falsa applicazione degli artt. 2727, 2729, 2697 e 1813 c.c. nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c. per non avere i Giudici d'appello riconosciuto rilevanza sul piano probatorio alle presunzioni gravi, precise e concordanti dedotte dall'attrice atte a ritenere dimostrata la ricorrenza di un contratto di mutuo.

La Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza in commento, ha accolto il ricorso presentato dell'attrice ritenendo:

a) sussistente il vizio di sussunzione in quanto la Corte di merito, pur avendo qualificato come gravi, precisi e concordanti, gli indizi allegati da parte attrice, non li avrebbe poi valorizzati sotto il profilo probatorio ai fini della dimostrazione della ricorrenza del mutuo;

b) che laddove la parte attrice deduca e dimostri in giudizio l'avvenuto pagamento di una somma di denaro, parte convenuta è comunque tenuta ad allegare il titolo in forza del quale si ritiene legittimato a trattenere le somme ricevute essendo inammissibili trasferimenti di ricchezza ingiustificati ovvero privi di una causa legittima che giustifichi il passaggio di denaro da un soggetto ad un altro.

La questione

La questione affrontata dalla Corte di Cassazione con la pronuncia n. 922/2023 depositata il 29 marzo 2023, si concentra sulla prova da fornire in ipotesi di domanda tesa alla restituzione di una somma di denaro consegnata a titolo di mutuo.

La pronuncia in esame, richiamando gli orientamenti consolidati della giurisprudenza in materia, fornisce preliminarmente una disamina chiara e lineare di quelli che sono i noti criteri di riparto dell'onere della prova in materia di mutuo, anche in relazione alle presunzioni semplici, per poi soffermarsi a delineare, sotto il profilo probatorio, anche la posizione processuale della parte convenuta nei cui confronti viene avanzata in giudizio richiesta di restituzione delle somme di denaro da lei ricevute.

La Suprema Corte ha chiarito che la parte nei cui confronti viene richiesta in giudizio la restituzione di somme di denaro è tenuta a giustificare il trattenimento delle somme ottenute

evidenziando che il rigetto per mancanza di prova della domanda di restituzione proposta dal solvens va argomentato con una certa cautela occorrendo comunque verificare se sia giustificato il trattenimento del denaro sulle base di tutte le circostanze del caso.

Le soluzioni giuridiche

1) Il contratto di mutuo

Si premette che il mutuo è il contratto con il quale una parte (mutuante) consegna all'altra (mutuatario) una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità (art. 1813 c.c.).

Il termine giuridico è utilizzato per indicare qualsiasi forma di “prestito”, a prescindere dalla sua entità.

Trattasi di contratto di natura reale in quanto si perfeziona solo con l'avvenuta consegna del denaro non essendo sufficiente il mero consenso delle parti (la qualificazione di “realità” determina che la conclusione del contratto si perfezioni mediante la consegna materiale della cosa, ossia il bene oggetto del contratto – c.d. traditio rei). Il suo effetto essenziale è infatti quello di trasferire la proprietà delle cose al mutuatario.

Le parti dunque si accordano, senza alcun obbligo di forma, per la consegna di denaro o cose fungibili da restituirsi entro un determinato arco di tempo.

Elementi essenziali del mutuo sono quindi:

a) la consegna: le cose date a mutuo passano in proprietà del mutuatario, mediante la consegna.

b) il denaro o di altre cose fungibili: il contratto soddisfa l'interesse del mutuatario di fruire di un bene fungibile o del denaro. Sono fungibili le cose che si pesano, si contano, si misurano e che, per ciò, possono essere sostituite con altre dello stesso genere.

c) l'obbligo di restituzione: con la consegna insorge infatti in capo al mutuatario l'obbligo di restituzione di quanto ricevuto e degli interessi (salvo diversamente pattuito tra le parti).

La liberazione dell'obbligo di quest'ultimo si avrà con il trasferimento, alla scadenza stabilita, al mutuante delle stesse cose ricevute e della stessa quantità della medesima specie.

2) L'onere della prova a carico della parte mutuante

La Corte di Cassazione con l'ordinanza in commento chiarisce che in caso di contestazione su un contratto di mutuo, l'onere della prova grava sul mutuante, il quale è tenuto a provare ex art. 2697 c.c. gli elementi costitutivi della domanda di restituzione e, pertanto, non solo l'avvenuta consegna della somma di denaro, ma anche il titolo giuridico (mutuo) implicante l'obbligo di restituzione da parte dell'accipiens.

La giurisprudenza è consolidata nel ritenere che ove in giudizio si chieda la restituzione di una somma di denaro conferita a titolo di mutuo l'attore deve fornire la prova rigorosa della pattuizione del diritto alla restituzione dell'importo. (Cfr. Cass. civ., del 28 luglio 2014, n. 17050).

Ove quindi il convenuto contesti il titolo posto a fondamento della pretesa, l'esistenza di un contratto di mutuo non può essere desunta dalla mera consegna di assegni bancari o somme di denaro, essendo l'attore tenuto a dimostrare per intero il fatto costitutivo della sua pretesa, senza che la contestazione del convenuto possa tramutarsi in eccezione in senso sostanziale e, come tale, determinare l'inversione dell'onere della prova (Cfr. anche Trib. Asti, 25 maggio 2020, n.282; App. Milano sez. I, 25 febbraio 2020, n.642; App. Salerno, 17 gennaio 2020, n.55; Trib. Roma sez. XVII, 1 agosto 2019, n.15948; Trib. Perugia, 01 luglio 2019, n.1045; Trib. Roma sez. XVII, 13 marzo2019, n.5523).

In diverse occasioni la Suprema Corte di Cassazione ha infatti avuto modo di ricordare come la datio di una somma di denaro non può, di per sé, fondare la richiesta di restituzione ove l'accipiens contesti il titolo posto a fondamento della pretesa, disconoscendone la legittimità (in senso conforme: Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2010, n. 9541) chiarendo che “la contestazione del convenuto, il quale, pur riconoscendo di avere ricevuto la somma di denaro, neghi però la sussistenza di un mutuo ed adduca una causale diversa, non si configura come eccezione in senso sostanziale, tale da far ricadere su di lui l'onere di provare la diversa causale, atteso che negare l'inesistenza di un contratto di mutuo non significa eccepirne l'inefficacia o la sua estinzione, ma significa soltanto contestare l'accoglibilità dell'azione per mancanza della prova a supporto della domanda, rimanendo onere dell'attore provare l'esistenza dell'obbligo di restituzione, posto che esso non è dal convenuto riconosciuto”. (ex pluribus, cfr. Cass. n. 9541/2010, Cass. n. 20740/2009,Cass. n. 2974/2005, Cass. n. 3642/2004, Cass. n. 12119/2003, Cass. n. 9209/2001).

Tale contestazione impone, quindi, a parte attrice di provare in modo pieno il fatto costitutivo della propria pretesa, ovvero il titolo giuridico che giustifica il diritto alla restituzione della somma precedentemente consegnata.

Certamente trattasi di onere probatorio a carico della parte mutuante che risulta particolarmente gravoso dal momento che non può ritenersi assolto in caso di mera allegazione dell'avvenuta consegna della somma di denaro di cui si richiede la restituzione.

3) Le presunzioni semplici

Nell'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione pone altresì in risalto l'errore di sussunzione commesso dal giudice di merito per non aver valorizzato gli elementi indiziari forniti dall'attrice a riprova della ricorrenza del mutuo ovvero:

-la causale “prestito” apposta sugli ordini di bonifico;

-l'entità delle somme versate e la loro destinazione all'estinzione dell'esposizione debitoria del convenuto.

La Corte chiarisce, quindi, che la prova dell'esistenza del mutuo non deve necessariamente essere diretta ben potendo il Giudice valorizzare altri elementi indiziari purché gravi precisi e concordanti.

A norma dell'art. 2727 c.c., le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignoto.

Le presunzioni rappresentano il risultato di una deduzione logica che consente al giudice di ritenere provato un fatto anche in mancanza di dimostrazione diretta. La presunzione può considerarsi, quindi, il frutto di un ragionamento basato sull'esperienza finale.

Il nostro ordinamento contempla due categorie di presunzioni: quelle legali e quelle semplici.

Le presunzioni legali sono quelle presunzioni la cui efficacia, o il cui valore, non sono rimesse al libero apprezzamento del giudice, ma sono stabilite direttamente dalla legge. Sono quelle conseguenze che la legge trae da un fatto noto per risalire a un fatto ignoto. Esse dispensano la parte favorita dalla presunzione dal provare i fatti di causa. Di conseguenza, nei casi in cui un fatto è dedotto in via presuntiva direttamente dalla legge, sulla base di una determinata circostanza, tale fatto non necessita di essere provato.

Le presunzioni semplici di cui all'art. 2729 c.c., invece, sono ricavate dal giudice e non dalla legge e lasciano a quest'ultimo la facoltà di operare il ragionamento da cui dedurre l'esistenza di un fatto non direttamente provato.

La norma in esame permette l'utilizzo delle cosiddette presunzioni semplici (o hominis), ossia deduzioni da parte del giudice per fondare il proprio convincimento in ordine a fatti non provati, purché siano necessariamente basate su elementi gravi, precisi e concordanti.

Ciò significa che la deduzione del giudice, in mancanza di prova diretta, può avere valore di prova solo se fondata su elementi certi e precisi, che convergano verso lo stesso risultato.

La giurisprudenza ha chiarito che “in tema di prova presuntiva, il giudice è tenuto, ai sensi dell'art. 2729 c.c., ad ammettere solo presunzioni “gravi, precise e concordanti”, laddove il requisito della “precisione” è riferito al fatto noto, che deve essere determinato nella realtà storica, quello della “gravità” al grado di probabilità della sussistenza del fatto ignoto desumibile da quello noto, mentre quello della “concordanza”, richiamato solo in caso di pluralità di elementi presuntivi, richiede che il fatto ignoto sia – di regola – desunto da una pluralità di indizi gravi, precisi e univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza, e ad articolare il procedimento logico nei due momenti della previa analisi di tutti gli elementi indiziari, onde scartare quelli irrilevanti, e nella successiva valutazione complessiva di quelli così isolati, onde verificare se siano concordanti e se la loro combinazione consenta una valida prova presuntiva (c.d. convergenza del molteplice), non raggiungibile, invece, attraverso un'analisi atomistica degli stessi.”(Cfr. Cass. civ., 21 marzo 2022, n. 9054)

Le presunzioni valgono quindi sostanzialmente a facilitare l'assolvimento dell'onere della prova da parte di chi ne è onerato, trasferendo sulla controparte l'onere della prova contraria (v. Cass., 12 giugno 2006, n. 13546).

Quanto al valore della presunzione la giurisprudenza gli ha attribuito, nel corso degli anni, il medesimo valore di una prova e può essere da sola idonea a fondare la decisione del giudice. La Cassazione ritiene infatti che “le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento” (cfr., da ultimo, Cass. ord. n. 15771/2019).

4) L'onere probatorio del convenuto

Sebbene sia pacifica, come da orientamento consolidato della giurisprudenza di merito e di legittimità , l'incombenza in capo alla parte mutuante dell'onere di dimostrare non solo la consegna del denaro ma anche l'obbligo del mutuatario di restituire quanto ricevuto, nell'ordinanza in commento la Corte di Cassazione “mitiga” tale onere chiarendo che laddove tale prova non sia fornita “si pone in modo evidente e ineludibile il problema della sussistenza di una causa che giustifichi il diritto del denegato mutuatario di trattenere le somme ricevute, qualora questi non adduca alcuna causa idonea a giustificare il suo diritto”.

Quando il solvens non ha la prova diretta dell'obbligo di restituzione delle somme per il quale agisce in giudizio, il comportamento dell'accipiens che allega ma non prova un diverso titolo per trattenere le somme potrebbe portare il giudice a dover procedere con particolare cautela valutativa prima di rigettare la domanda per mancanza di prova.

I giudici di legittimità precisano, infatti, che “qualora la parte deduca in giudizio e dimostri l'avvenuto pagamento di una somma di denaro il convenuto è tenuto, quanto meno, ad allegare il titolo in forza del quale si ritiene, a sua volta, legittimato a trattenere la somma ricevuta evidenziando inoltre che il “il rigetto per mancanza di prova della domanda di restituzione proposta dal solvens va argomentato con una certa cautela e tenendo conto di tutte le circostanze del caso, al fine di accertare se e fino a che punto la natura del rapporto e le circostanze del caso giustifichino che l'una delle parti trattenga, senza causa, il denaro indiscutibilmente ricevuto da altri” .

Nel caso di specie, la Corte pone, quindi, in risalto come elemento idoneo a giustificare l'accoglimento delle pretese restitutorie della parte che ha erogato il denaro il fatto che non sia stata data dimostrazione da parte del convenuto di una “diversa e plausibile giustificazione del versamento”.

L'ordinanza della Corte pur non ammettendo alcuna inversione dell'onere della prova in materia riconosce comunque l'importanza che anche il convenuto, che si oppone alla restituzione, si faccia parte diligente e giustifichi nell'ambito del giudizio il trattenimento delle somme ricevute non potendo essere ammessi nel nostro ordinamento trasferimenti di ricchezza ingiustificati ovvero privi di una causa legittima.

Tale principio è già stato espresso dalla Cass. civ. sent. n. 27372/2021 la quale afferma che “A fronte di una espressa imputazione del versamento da parte dell'attrice, come documentata dalla causale del bonifico, ritiene la Corte che il giudizio in ordine alla carenza di prova dell'esistenza del rapporto di mutuo invocato dalla ricorrente non si sia attenuta al criterio di particolare cautela suggerita dalla giurisprudenza di legittimità, e ciò in presenza di una allegazione difensiva della controparte che a sua volta si fonda unicamente su documenti unilateralmente predisposti ed in epoca successiva alla dazione della somma, e senza che emerga un'altra e plausibile diversa ragione per il versamento. In accoglimento dei motivi in esame, la sentenza impugnata deve quindi essere cassata, con rinvio per nuovo esame alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione che provvederà anche sulle spese del presente giudizio”. (Cfr Cass. civ. sent. n. 27372/2021).

Osservazioni

L'ordinanza in commento merita certamente attenzione non solo per avere il pregio di fornire una visione d'insieme sui criteri di riparto dell'onere della prova in materia di mutuo sulla scorta dei consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità di merito ma anche per averli mitigati - prevedendo che anche la parte convenuta alleghi in giudizio il titolo che la legittima a trattenere il denaro ricevuto - rendendo così più agevole per la parte mutuante la possibilità di riuscire ad ottenere la restituzione del prestito concesso anche quando non sia in grado di fornire in giudizio la prova diretta dell'obbligo restitutorio.