L'impresa familiare: impresa collettiva o individuale?

Ignazio Gennaro
23 Maggio 2023

L'impresa familiare (prevista dall'art. 230-bis c.c.) non può essere ritenuta un'“impresa collettiva”, va bensì ritenuta un'impresa individuale riferibile ad un unico titolare alla quale altri familiari partecipano con il proprio lavoro.I redditi a questi ultimi imputati non costituiscono ”redditi d'impresa” ma “redditi di lavoro”.
Massima
La circostanza che fiscalmente i redditi di partecipazione nell'impresa familiare siano disciplinati dal'art. 5 c. 4 del TUIR (“redditi prodotti in forma associata”) non significa che si tratti di redditi prodotti in “forma associata”, ma soltanto che agli stessi si applica il c.d.”principio di trasparenza” in ragione del quale il reddito prodotto è imputato a ciascun avente diritto a prescindere dalla loro effettiva percezione.

Al fine di dimostrare la cessazione del rapporto di partecipazione all'impresa familiare non rileva la separazione fra i coniugi in quanto non comporta lo scioglimento del matrimonio.

Così come l'esistenza dell'impresa (art. 230-bis c.c.) deve risultare da atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 5, c. 4, TUIR), anche la “cessazione” del “rapporto di partecipazione” deve risultare con le medesime formalità.

Il caso

Una Contribuente impugnava, dinnanzi alla Corte di giustizia tributaria di I grado di Agrigento, un Avviso di accertamento notificatole dalla locale Agenzia delle entrate con il quale venivano richieste maggiori imposte in relazione a redditi, ai fini Irpef, derivanti dalla partecipazione ad un'impresa familiare della quale la stessa era partecipe nella misura del 39%.

Deduceva di non essere soggetto passivo d'imposta rilevando la cessazione del rapporto di partecipazione nell'impresa familiare in conseguenza della separazione legale dal coniuge, il quale ne era il titolare, la cui omologazione era avvenuta nell'anno successivo a quello oggetto di accertamento.

Il Collegio di prima istanza rigettava il ricorso ritenendo che l'“impresa familiare” - di cui all'art. 230-bis c.c. - non può essere ritenuta, neppure sotto il profilo fiscale, un' “impresa collettiva” gestita in forma associata, ma che invece rappresenti un' “impresa individuale” riferibile ad un unico titolare alla quale partecipano, con il proprio lavoro, altri familiari. I redditi a questi ultimi imputati, conseguentemente, non possono essere considerati “redditi d'impresa” ma “redditi di lavoro”.

La questione

La problematica sottoposta ai Giudici agrigentini ha riguardato l'esatta configurazione fiscale da attribuire ai redditi da partecipazione all' “impresa familiare”.

La Corte di primo grado ha ritenuto che, in materia di “impresa familiare”, nello specifico il reddito percepito dal titolare - che è pari al reddito conseguito dall'impresa al netto delle quote di competenza dei familiari collaboratori - costituisce “reddito d'impresa”, diversamente dalle quote spettanti ai collaboratori, che non sono contitolari dell'impresa familiare, che costituiscono “redditi di lavoro”, non assimilabili a quello di “impresa”.

In tal senso il Collegio territoriale ha anche richiamato giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sentenzan. 34222/2019), nonchè la risposta ad uno specifico interpello, su analoga fattispecie, di un'organizzazione di categoria all'Agenzia delle Entrate (Interpello n. 195 del 18 marzo 2021).

La soluzione giuridica

A parere dei primi Giudici, la circostanza che fiscalmente i “redditi di partecipazione” nell'impresa familiare siano disciplinati dall'art. 5, c. 4, TUIR (rubricato "redditi prodotti in forma associata") non significa che gli stessi possano essere considerati “redditi prodotti in forma associata”, ma solamente che per gli stessi trova applicazione il “principio di trasparenza”: in ragione del quale il reddito prodotto è imputato a ciascun avente diritto indipendentemente dall'effettiva percezione.

La disposizione appena richiamata, infatti, prevede (in sintesi) che ”I redditi delle imprese familiari di cui all'art. 230-bis del c.c., limitatamente al 49% dell'ammontare risultante dalla dichiarazione dei redditi dell'imprenditore, sono imputati a ciascun familiare, che abbia prestato in modo continuativo e prevalente la sua attività di lavoro nell'impresa, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili. La presente disposizione si applica a condizione:

a) che i familiari partecipanti all'impresa risultino nominativamente, con l'indicazione del rapporto di parentela o di affinità con l'imprenditore, da atto pubblico o da scrittura privata autenticata anteriore all'inizio del periodo d'imposta, recante la sottoscrizione dell'imprenditore e dei familiari partecipanti;

b) che la dichiarazione dei redditi dell'imprenditore rechi l'indicazione delle quote di partecipazione agli utili spettanti ai familiari e l'attestazione che le quote stesse sono proporzionate alla qualità e quantità del lavoro effettivamente prestato nell'impresa in modo continuativo e prevalente, nel periodo d'imposta;

c) che ciascun familiare attesti, nella propria dichiarazione dei redditi di aver prestato la sua attività di lavoro nell'impresa in modo continuativo e prevalente...”.

Il successivo c. 5 precisa che “si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado”.

La Corte di I grado ha ritenuto che non sia giuridicamente possibile - né sotto il profilo civilistico, né sotto quello fiscale - che possa configurarsi uno “scioglimento” dell'impresa familiare, ma che possa configurarsi soltanto una “cessazione” del “rapporto di partecipazione”.

Tale “cessazione” dovrà essere adeguatamente provata: altrimenti dovrà presumersi la continuazione di un rapporto di durata precedentemente e formalmente dichiarato ai fini fiscali.

Infatti, l'art. 230-bis c.c. dispone (per quanto qui di interesse) che“ …il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nella famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e partecipa… agli incrementi della azienda in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato si intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo grado. Il diritto di partecipazione di cui al primo comma è intrasferibile esso può essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del lavoro, ed altresì in caso di alienazione dell'azienda al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all'interno dell'impresa dell'altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell'impresa familiare ...”.

Osservazioni

Anche l'ipotesi di separazione fra i coniugi (circostanza dedotta dalla ricorrente nella controversia di cui alla sentenza in commento) non assume di per se valore probatorio: sia perché la separazione non determina lo scioglimento del matrimonio (quindi non fa venir meno il rapporto coniugale che costituisce uno dei presupposti dell'impresa familiare), sia perché ai fini fiscali, così come è previsto che l'esistenza dell'impresa di cui all'art. 230-bis c.c. risulti da atto pubblico o scrittura privata autenticata (art. 5, c. 4, TUIR), anche la cessazione del rapporto di partecipazione deve risultare nelle stesse forme.

Tale previsione è posta a presidio degli interessi erariali: l'imprenditore, infatti, potrebbe “abusare” del trattamento fiscale di favore previsto per la figura dell' “impresa di famiglia”, suddividendo il carico fiscale fra i vari componenti e, di conseguenza, beneficiare di un carico tributario inferiore mediante la tecnica del c.d. splitting, ovvero ripartendo il reddito fra più soggetti (per es. fra coniugi e familiari), in modo da abbassare il carico fiscale complessivo (mentre in realtà il percettore del reddito è uno soltanto).

Da ciò la ratio dell'adozione, da parte dell'ordinamento tributario, di specifiche misure di garanzia disciplinate dall'art. 5, c. 4, del TUIR.

L'Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 195 del 18 marzo 2021 in materia di imposizione fiscale delle somme liquidate al collaboratore familiare, ha rilevato che in caso di scioglimento dell'impresa familiare, la quota di reddito maturata alla data di scioglimento deve essere regolarmente assoggettata a tassazione Irpef in capo al titolare, mentre le somme liquidate in qualità di collaboratore dell'impresa familiare e per effetto dello scioglimento della stessa, non assumono rilevanza fiscale in quanto a contenuto meramente patrimoniale.

“ … Ai fini delle imposte indirette – si legge nella risposta all'interpello – e con riferimento allo scioglimento dell'impresa familiare, è necessario formalizzare la cessazione con una scrittura privata autenticata o con atto pubblico per provare, con atto avente data certa, la cessazione della produzione del reddito da parte del collaboratore. L'atto di scioglimento sconterà l'imposta in misura fissa…”.

La giurisprudenza di legittimità, con pronuncia richiamata nella sentenza in commento, ha chiarito che “in tema di impresa familiare, il reddito percepito dal titolare, che è pari al reddito conseguito dall'impresa al netto delle quote di competenza dei familiari collaboratori, costituisce un reddito d'impresa, mentre le quote spettanti ai collaboratori - che non sono contitolari dell'impresa familiare - costituiscono redditi di puro lavoro, non assimilabili a quello di impresa, e devono essere assoggettati all'imposizione nei limiti dei redditi dichiarati dall'imprenditore; ne consegue che, dal punto di vista fiscale, in caso di accertamento di un maggior reddito imprenditoriale, lo stesso deve essere riferito soltanto al titolare dell'impresa, rimanendo escluso che possa essere attribuito “pro quota” agli altri familiari collaboratori aventi diritto alla partecipazione agli utili d'impresa“ (Cassazione civile n. 20 dicembre 2019, n. 34222).

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.