Dovuti sanzioni ed interessi in caso di omessa presentazione della dichiarazione Iva
02 Giugno 2023
Massima
Anche se ha ottenuto il rimborso del credito Iva non dichiarato, il contribuente deve pagare sanzioni e interessi per l'omessa dichiarazione Iva. Lo ha stabilito la Cassazione con l'ordinanza 9739 del 12 aprile 2023, con cui ha accolto l'unico motivo di ricorso incidentale dell'Agenzia delle entrate e rigettato il ricorso principale della società contribuente. Il caso
Col proprio ricorso incidentale, l'Agenzia delle entrate denunciava violazione dell'art. 13 del d.lgs. 471/1997 e dell'art. 30 del d.P.R. 633/1972, per avere la Ctr erroneamente ritenuto la non debenza di sanzioni ed interessi per via del riconosciuto diritto al rimborso sebbene tali poste dipendessero invece dalla mancata presentazione della dichiarazione in cui il credito Iva avrebbe dovuto essere esposto. La Cassazione ha accolto la doglianza dell'Agenzia delle entrate. La questione
La questione fondamentale trattata dalla pronuncia in commento riguarda gli effetti, in ordine alla detrazione/rimborso dell'eccedenza Iva, dell'omessa presentazione della dichiarazione.
Le soluzioni giuridiche
Sbaglia la Ctr a non riconoscere le sanzioni per l'omessa dichiarazione Iva e gli interessi maturati, per via del riconoscimento in favore del contribuente del diritto di rimborso del credito Iva non dichiarato. Le sanzioni e gli interessi, infatti, non dipendono dall'insussistenza del credito Iva quanto, piuttosto, dalla mancata presentazione della dichiarazione in cui il credito si sarebbe dovuto esporre.
In tema Iva, la dichiarazione contenente i dati richiesti per l'istanza di rimborso, integra un presupposto della compensazione; pertanto, pur non escludendo, in presenza delle altre condizioni, l'esistenza di un credito Iva suscettibile comunque di rimborso e non determinando conseguentemente il suo recupero da parte dell'amministrazione finanziaria, la sua omissione giustifica l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 13, commi 1 e 2, del decreto legislativo 471/97, in quanto strumentale a controlli di tipo sostanziale. Di conseguenza, l'omessa presentazione della dichiarazione Iva, pure a fronte del successivo riconoscimento del credito, non tocca la sorte di sanzioni ed interessi, che restano comunque dovuti dal contribuente (cfr. Cass. 11270/2022).
Questi, infatti, con la dimostrazione, mediante la produzione di idonea documentazione, dell'effettiva esistenza del credito non dichiarato, viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, salvo le sanzioni e gli interessi per l'avvenuta omissione. Dunque, la società contribuente, a dispetto dell'avvenuto riconoscimento del diritto al rimborso dell'imposta, come non ha diritto a ripetere dall'ufficio le sanzioni (e gli interessi maturati sulle stesse) così non ha il diritto a ripetere le somme pagate a titolo di interessi maturati sull'imposta inizialmente non corrisposta. La Suprema Corte ha, così, cassato la decisione impugnata e deciso nel merito, con il rigetto dell'originario ricorso della società contribuente. Sul punto si ricorda Cass. 37146/2021 secondo cui l'omessa dichiarazione Iva con esposizione di un credito non integra una violazione meramente formale ed è dunque sanzionabile in quanto comporta comunque un ritardato incasso del tributo alle scadenze previste. Osservazioni
Secondo l'orientamento maggioritario della Cassazione l'omessa dichiarazione Iva con esposizione di un credito non integra una violazione meramente formale ed è dunque sanzionabile in quanto comporta comunque un ritardato incasso del tributo alle scadenze previste (cfr. Cass. 37146/2021). In particolare col proprio ricorso in Cassazione l'Agenzia delle entrate denunciava violazione degli articoli 36-bis del d.P.R. 600/1973 ,54-bis del d.P.R. 633/1972 e dell'art. 13 del d.lgs. 472/1997 .
I giudici hanno prima di tutto giudicato corretto il modus operandi dell'amministrazione: secondo SS.UU. 17758/2016, fermo restando il diritto a detrazione sulla base dei presupposti sostanziali, è comunque legittima la procedura di controllo automatizzato utilizzata dall'Agenzia delle entrate per disconoscere un credito non presente in alcuna dichiarazione trasmessa. Nell'accogliere il ricorso la Cassazione ha ricordato che l'esercizio della detrazione rappresenta una facoltà, che richiede la contabilizzazione in liquidazione periodica e nella dichiarazione annuale, previa annotazione nei registri Iva della fattura relativa, e deve essere eseguito al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo. La dichiarazione presentata con ritardo superiore a novanta giorni è considerata omessa. L'omessa dichiarazione non integra una violazione meramente formale. Per configurarsi una violazione meramente formale, questa deve rispondere a due concorrenti requisiti:
Nel caso di specie, non può ritenersi di essere in presenza di una violazione meramente formale per la quale è ammessa l'esclusione della punibilità. Infatti, sebbene il credito d'imposta fosse sussistente, l'omessa dichiarazione ha comportato il mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste e determinato il ritardato incasso erariale, con conseguente deficit di cassa, sia pure transitorio, nel periodo infrannuale, per cui è sanzionabile ai sensi dell'articolo 13 del d.lgs. 471/1997.
La neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l'eccedenza d'imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; in tal caso, nel giudizio d'impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad Iva e finalizzati ad operazioni imponibili (cfr. Cass. 19064/2018 e SS.UU. n. 17757/2016).
Ciò pur essendo legittima la procedura di controllo automatizzato utilizzata dall'Agenzia delle entrate per disconoscere un credito non presente in alcuna dichiarazione trasmessa. È comunque fatto salvo nel successivo giudizio di impugnazione della cartella la dimostrazione da parte del contribuente dell'esistenza dei requisiti sostanziali necessari per il diritto a detrazione. In altri termini il diritto di detrazione non può essere negato laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili; in altri termini la sostanza prevale sulla forma (cfr. Cass. 1627/2017 che riprende SS.UU. n.17757/2016). A tal fine è necessario che sia rispettata la cornice biennale prevista dal predetto articolo 19 del d.P.R. 633/1972 (cfr. in senso conforme Cass. 14767/2015 e da ultimo 5401/2017).
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