IMU su immobile occupato abusivamente da terzi: la questione va alla Corte Costituzionale

Paola Aglietta
13 Giugno 2023

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 9956/2023 depositata il 14 aprile 2023, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della disciplina IMU (nel testo in vigore prima delle modifiche apportate con la legge 29 dicembre 2022, n. 197) nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta nelle ipotesi di occupazione abusiva dell'immobile che non possa essere liberato.
Massima

La Corte di Cassazione con ordinanza n. 9956/2023 depositata il 14 aprile 2023, ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità della disciplina IMU (nel testo in vigore prima delle modifiche apportate con la legge 29 dicembre 2022, n. 197) nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'imposta nelle ipotesi di occupazione abusiva dell'immobile che non possa essere liberato.

Il caso

La materia oggetto di pronuncia riguarda l'IMU su immobile occupato abusivamente da terzi.

Più in dettaglio, la Società contribuente che ha avviato il contenzioso tributario è proprietaria di un fabbricato di circa 8.000 mq., censito nella categoria D/4 (case di cura ed ospedali con fini di lucro), utilizzato come clinica tra il 1971 e il 2011 in virtù di rapporti convenzionali con l'ospedale pubblico; conclusasi l'ultima convenzione con l'Ospedale in data 16 novembre 2011, l'edificio è rimasto vuoto, ad eccezione di un appartamento abitato da una terza persona in base ad un contratto di comodato.

In data 6 dicembre 2012 un centinaio di persone sono entrate con la forza nell'immobile della Società, appropriandosi dei locali. La Società proprietaria ha presentato numerose denunce alle Forze di Polizia ed all'Autorità Giudiziaria, segnalando la violazione del suo diritto di proprietà e chiedendo lo sgombero dei locali, e proponendo infine, il 12 giugno 2013, istanza di sequestro preventivo dell'immobile.

Ottenuto il sequestro preventivo, sono passati peraltro anni senza poter addivenire allo sgombero, dovendo lo stesso essere subordinato a soluzioni alternative di alloggio per le persone sgomberate, da parte del Comune.

Pertanto, stante la mancata esecuzione del provvedimento di sequestro la Società ha proposto, in data 21 ottobre 2013, ricorso innanzi alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) in virtù dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Il ricorso è stato accolto nel 2019 (sentenza nr. 67944/13/2019), con condanna dello Stato italiano al risarcimento del danno in favore della Società, richiamando la previsione di cui al primo capoverso del primo comma dell'articolo 1 del Protocollo n. 1 - secondo cui «ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni».

Quanto all'aspetto qui in commento ed oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione, e cioè all'IMU, in data 12 maggio 2015 la Società aveva presentato all'ente comunale istanza di rimborso ex art. 1, comma 164, legge 27 dicembre 2006, n. 296, relativamente al versamento per l'annualità 2013.

Non avendo avuto riscontro alla domanda di rimborso, la Società aveva dunque impugnato il silenzio rifiuto innanzi alla Commissione tributaria provinciale:

  • eccependo l'insussistenza del presupposto d'imposta in conseguenza della perdita del possesso (quale materiale disponibilità) dell'immobile, nonché dell'impossibilità di ripristinarlo a causa dell'occupazione abusiva e dell'inerzia delle Autorità preposte allo sgombero,
  • chiedendo, in via subordinata, l'applicabilità delle disposizioni di cui all'art. 13, comma 3, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201 (riduzione al 50% dell'imponibile per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati).
La questione

Giova ricordare che il “presupposto” dell'IMU è oggi individuato dal comma 740 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, il quale così dispone: “Il presupposto dell'imposta è il possesso di immobili. Il possesso dell'abitazione principale o assimilata, come definita alle lettere b) e c) del comma 741, non costituisce presupposto dell'imposta, salvo che si tratti di un'unità abitativa classificata nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9”.

Tale definizione normativa si pone in continuità con le precedenti norme in materia di IMU, in vigore fino al 31 dicembre 2019, nonché con le disposizioni a suo tempo vigenti in materia di ICI.

Più in dettaglio, anche fino al 31 dicembre 2019 il "presupposto" dell'IMU era individuato nel “possesso di immobili” dall'art. 13, comma 2, d.l. 201/2011, dall'art. 8, comma 2, d. lgs. 23/2011 e infine dall'art. 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, in ambito di IUC, che sempre individua il presupposto nel “possesso di immobili”.

Ebbene, posto che il presupposto dell'IMU è il “possesso” di beni immobili, assume dunque rilevanza valutare cosa si intenda per tale. Mentre nel diritto civile con il termine “possesso” ci si riferisce alla situazione in cui si trova il soggetto che, con riferimento a un dato bene, si comporta come si comporterebbe il proprietario o il titolare di un diritto reale di quel bene, a prescindere dal fatto che quel soggetto, sia, o meno, il proprietario o il titolare di un diritto reale sul bene medesimo, nel diritto tributario il termine “possesso” è utilizzato con il significato di “appartenenza” di un bene o di un diritto a un dato soggetto.

Si può dunque osservare come i termini “proprietà” e “possesso” non coincidano. La proprietà è un diritto, che nell'art. 832 codice civile è definito come il “diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico”. Il possesso è invece una situazione di fatto ed è definito nell'art. 1140, comma 1, codice civile come “il potere di fatto sulla cosa corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale”.

In ambito IMU, l'art. 1, comma 740, della legge 160/2019 e analogamente fino al 31 dicembre 2019 la precedente normativa sopra richiamata fanno riferimento alla nozione di “possesso” secondo l'accezione propria delle leggi tributarie e dunque con il significato di “appartenenza di un diritto”. Il successivo art. 1, comma 743, legge 160/2019, poi, riconduce tra i “soggetti passivi” i “possessori di immobili”, disponendo altresì espressamente che si intendono per tali “il proprietario ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi”.

E dunque, considerando la locuzione “possesso” di cui all'art. 1, comma 740, legge 160/2019, in combinato disposto con il comma 743 che individua i soggetti passivi, si evince che ai fini IMU il “possesso” è inteso con il significato di “appartenenza di un diritto”, senza che abbia rilevanza il possesso di fatto dell'immobile da parte di un soggetto diverso dal proprietario, fatta eccezione per i casi specifici previsti dalla normativa IMU (locatario di beni in leasing, concessionario di aree demaniali e genitore assegnatario). In via generale l'imposta è dovuta dal titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale sull'immobile, a prescindere dalla concreta disponibilità del bene.

Quanto al particolare caso dell'immobile occupato abusivamente, a far tempo dal 1° gennaio 2023 è entrata in vigore la nuova previsione contenuta nel comma 756, lettera g-bis dell'art. 1, l. 160/2019, (lettera g-bis introdotta dall'art. 1, commi 81 e 82, l. 29 dicembre 2022, n. 197), la quale include tale fattispecie tra le ipotesi di esenzione da IMU. La norma si colloca così in questo contesto come eccezione, in quanto considera la situazione di fatto di inutilizzabilità e indisponibilità, dovute all'occupazione abusiva.

Più in dettaglio, il proprietario (o il titolare di altro diritto reale sull'immobile) conserva la qualifica di soggetto passivo ai fini IMU, ma alle condizioni previste dal comma 756, lettera g-bis dell'art. 1, l. 160/2019 l'immobile rientra tra i casi di esenzione.

Facendo la norma riferimento agli “immobili”, la stessa riguarda sia i fabbricati, che le aree fabbricabili e i terreni agricoli. Inoltre, deve trattarsi di immobili “non utilizzabili né disponibili” e, stante il tenore della norma, l'inutilizzabilità e indisponibilità devono essere assolute e non solo parziali.

Infine, per far valere l'esenzione non è sufficiente che si verifichi la situazione di fatto, ma è necessario l'elemento giudiziale, ovvero che sia stata presentata denuncia all'autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli art. 614, secondo comma, o 633 del codice penale o che sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale per l'occupazione abusiva.

Il soggetto passivo deve dare comunicazione del possesso dei requisiti che danno diritto all'esenzione al comune interessato, secondo modalità telematiche stabilite con decreto da emanare dal Ministro dell'economia e delle finanze. Analoga comunicazione deve essere trasmessa allorché diritto all'esenzione cessa. L'esenzione spetta infatti per il periodo in cui si è protratta l'occupazione abusiva.

La soluzione giuridica

La norma che dispone l'esenzione IMU per gli immobili occupati abusivamente, come detto, è entrata in vigore dal 1° gennaio 2023.

In precedenza, la questione ha sollevato di volta in volta diversi contenzioni, dando vita a diversi orientamenti giurisprudenziali circa la debenza o meno dell'IMU.

Secondo un certo orientamento, l'IMU non sarebbe dovuta sull'immobile occupato abusivamente per mancanza del presupposto impositivo, il quale è integrato con il possesso: facendo l'occupazione abusiva dell'immobile venir meno il potere di fatto esercitato sullo stesso, sarebbe assente il presupposto impositivo. Inoltre, il proprietario spogliato del possesso sarebbe privo di alcun indice di capacità contribuiva di cui all'art. 53 della Costituzione, in quanto impossibilitato a trarre utili dall'immobile.

Secondo orientamento contrario, l'imposta sarebbe comunque dovuta, stante la natura dell'IMU di imposta patrimoniale e che pertanto prescinde dalla redditività dell'immobile sottoposto ad imposizione (cfr. Cass. 20.3.2019 n. 7800 e Cass. 25.10.2021 n. 29868).

E in effetti in tale direzione andrebbe la nozione di “possesso” dell'immobile, quale presupposto impositivo del tributo locale, come individuato dall'art. 1 comma 740 della L. 160/2019, norma che va letta alla luce dell'art. 1 comma 743 della L. 160/2019, che identifica “possessori di immobili” con i proprietari o i titolari di diritti reali di godimento quali usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie. Con la conseguenza che rileva la mera titolarità del diritto, a prescindere dall'effettivo godimento del bene.

Come osserva la Corte di Cassazione, il legislatore ha ritenuto rilevante ai fini impositivi, non già la detenzione materiale del bene bensì l'esistenza di un titolo legittimante il possesso o la detenzione dell'utilizzatore (cfr. ex plurimis Cass. n. 2616 del 27 gennaio 2023; Cass., 5 novembre 2021, n. 31969; Cass., 15 marzo 2019, n. 7444; Cass., 7 giugno 2017, n. 14119; Cass., 9 maggio 2013, n. 10987; Cass., 9 ottobre 2009, n. 21451; Cass., 14 gennaio 2005, n. 654).

Fermi restando questi principi, dal 1° gennaio 2023 esiste la nuova norma che prevede l'esenzione per la fattispecie in commento.

Al riguardo, la Corte di Cassazione, all'interno dell'ordinanza 9956/2023 in commento, precisa che “tale disposizione non può considerarsi retroattiva, ai sensi dell'art. 11 delle Preleggi, in mancanza di indicazioni espresse in tal senso, né può qualificarsi come interpretativa, perché il contenuto precettivo di essa non si ricollega ad altra norma preesistente da chiarire o da precisare”. Tuttavia dovrebbe applicarsi il principio del favor rei di cui all'art. 3 co. 2 del d.Lgs. 472/97 (“salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”) e dunque dovrebbe essere possibile l'estinzione delle sanzioni irrogate, anche per i provvedimenti divenuti definitivi, fermo restando che nel caso in cui il contribuente abbia già versato in tutto o in parte la sanzione, non è ammessa la ripetizione.

La questione in ogni caso è oggi rimessa alla Corte Costituzionale, con l'ordinanza Cass. 9956/2023 in commento: in dettaglio, la Suprema Corte ha ritenuto “rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 23/2011 (nella sua formulazione originaria, applicabile ratione temporis), nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'IMU nell'ipotesi di occupazione abusiva dell'immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti”.

Osservazioni

Secondo la Corte di Cassazione, sussistono consistenti dubbi di incompatibilità della norma con quanto prescritto dagli articoli 53 (principio di capacità contributiva) e 3 (principio di eguaglianza) della Costituzione.

Quanto al principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost., la Corte di Cassazione fa richiamo ai requisiti dell'effettività, certezza e attualità.

L'effettività esprime la concreta idoneità del presupposto rispetto all'obbligazione d'imposta, la quale dovrà avere ad oggetto una manifestazione economica reale, che consenta la misurazione di un reddito esistente e non meramente presunto.

La capacità contributiva, inoltre, deve essere effettiva nel senso di “certa ed attuale”, e non meramente fittizia.

Quanto al principio di eguaglianza, a parere della Corte di Cassazione risulterebbe irragionevole che al proprietario di un immobile inagibile o inabitabile (eventualmente, a causa della sua inerzia) sia riconosciuta, ai sensi dell'art. 13, comma 3, del d.l. n. 201/2011, una riduzione della base imponibile IMU, mentre, per il proprietario di un immobile, occupato abusivamente per causa non dipendente dalla sua volontà e privo di strumenti di tutela giuridica per recuperarne il possesso, sia prevista una tassazione integrale.

Infine, la tassazione degli immobili occupati abusivamente, e non «sgomberabili», in capo ai soggetti passivi IMU pone dubbi di compatibilità costituzionale anche con l'art. 42, secondo comma, Cost. e, peraltro, con l'art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, i quali garantiscono e tutelano la proprietà privata.

In conclusione dunque la Corte di Cassazione, ritenendo non manifestamente infondata in riferimento agli articoli 3, 42 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 23/2011 (nel testo applicabile ratione temporis), nella parte in cui non prevede l'esenzione dall'IMU nell'ipotesi di occupazione abusiva dell'immobile che non possa essere liberato pur in presenza di denuncia agli organi istituzionali preposti, ha disposto la sospensione del giudizio e trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale.

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