La quota di partecipazione all'impresa del coniuge-collaboratore non realizza il presupposto IRAP

14 Giugno 2023

L'Agenzia delle Entrate notificava ad un contribuente, promotore e mediatore finanziario, un diniego alle istanze di rimborso Irap dallo stesso presentate per gli anni d'imposta dal 2012 al 2017 poiché, contrariamente a quanto dal egli sostenuto, ricorreva il presupposto impositivo dell'autonoma organizzazione.
Massima

Non osta a considerare marginale l'attività compiuta dalla collaboratrice dell'impresa familiare la sua percentuale di partecipazione ad essa, che non è sintomatica del fatto che ella ricopra un ruolo diverso da quello di segreteria o di mera esecutrice.

Diversamente opinando, verrebbe meno la ratio stessa dell'esenzione dal tributo in fattispecie del genere, che è proprio quello di non ritenere la autonoma organizzazione in presenza di un ausilio (in specie: da parte di un familiare).

Il caso

In particolare, dall'istruttoria effettuata emergeva la presenza di un collaboratore familiare integrante in re ipsa, secondo la tesi erariale, il requisito per l'assoggettamento al tributo.

Nel ricorso, il contribuente insisteva sul diritto al rimborso dell'Irap versata perché la compilazione del quadro RG della dichiarazione dei redditi nonché l'iscrizione alla Camera di Commercio erano atti dovuti ex lege ma non per tale motivo integranti il presupposto impositivo; inoltre, precisava come la collaboratrice familiare (moglie) svolgeva attività marginali senza apportare alcun valore aggiunto alla propria attività.

L'Ufficio si costituiva in giudizio ribadendo la liceità del proprio operato sia in considerazione della percentuale di partecipazione della moglie all'impresa familiare nella misura pari al 30% (partecipazione che non poteva qualificarsi come marginale) sia perché dai dati esposti in dichiarazione risultava evidente la continuità della prestazione svolta nonché la rilevanza dei redditi percepiti.

La questione

I giudici di prime cure accoglievano il ricorso in quanto l'Ufficio faceva discendere il requisito dell'autonoma organizzazione dalla sola circostanza che la moglie del contribuente fosse collaboratrice effettiva e continuativa dell'impresa familiare percependo un reddito pari in sostanza al 30% del reddito imponibile del professionista.

A fronte di tale elemento, in difetto di ulteriori specifiche prove, non poteva presumersi, secondo i giudici, la sussistenza del presupposto impositivo, non essendo di per sé sufficienti il fatto che all'attività di promotore finanziario collaborasse anche la moglie, ove detta collaborazione si collocava in un ambito meramente esecutivo, come segretaria o affine. Nel proporre appello, l'Agenzia delle Entrate aveva ulteriormente osservato come, avendo la moglie una partecipazione pari al 30%, fosse palese che l'entità dei propri redditi dipendesse in modo proporzionale da quelli dichiarati dal marito: secondo la tesi erariale, era proprio la significativa quota di partecipazione che rendeva manifesta l'idoneità dell'attività posta in essere dalla moglie ad accrescere “la produttività” della ditta.

A conferma di ciò, l'Ufficio produceva gli studi di settore presentati dal ricorrente per gli anni dal 2014 al 2016 in cui negli indici di coerenza il “valore aggiunto per addetto” oscillava tra il 33,16% ed il 47,83%, certamente un valore significativo che avrebbe smentito il fatto che la collaboratrice non avesse apportato alla ditta quel quid pluris.

La soluzione giuridica

Anche i giudici “del riesame” ritengono che l'Ufficio non avesse fornito la prova dei presupposti impositivi, limitandosi a ricavarla da una serie di presunzioni astratte. La Corte ha ricordato che il presupposto Irap, il cui periodo coincide con quello valevole ai fini delle imposte sui redditi, è «l'esercizio abituale, nel territorio delle regioni, di attività autonomamente organizzate dirette alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi». Viene richiamata dai giudici milanesi sia la giurisprudenza costituzionale che di legittimità:

  1. con la sentenza n. 156/2001, la Consulta ha ribadito che l'Irap è un'imposta che colpisce il valore aggiunto prodotto dalle (sole) attività autonomamente organizzate; inoltre, ha riconosciuto in tale valore aggiunto, direttamente connesso all'elemento organizzativo, un idoneo indice di capacità contributiva;
  2. con la sentenza n. 9451/2016, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, riprendendo il principio generale espresso dalla Corte Costituzionale, hanno affermato come il presupposto impositivo dell'Irap, il cui accertamento spetta solo al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente:
  • sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell'organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
  • impieghi beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività in assenza di organizzazione;
  • si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell'impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segreteria ovvero meramente esecutive.

Più di recente, la Corte di cassazione (6 settembre 2022 n. 26183) ha escluso l'imposizione dell'Irap – poiché mancante il presupposto di organizzazione autonoma – nel caso di impresa familiare ove la moglie del contribuente eserciti la mansione di segretaria con partecipazione agli utili per una quota pari al 15%.

Alla base dell'iter argomentativo seguito dai giudici della nomofilachia, «non è tanto la percentuale di partecipazione del coniuge, quanto il fatto che i giudici di merito avrebbero commesso l'errore di sostenere che l'impresa familiare sia di per sé organizzata».

Osservazioni

Nel caso in esame e in linea con i suddetti principi affermati in seno alla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, secondo i giudici ambrosiani, risultava ragionevole ritenere che la collaboratrice svolgesse attività marginale, «non ostando a ciò la sua percentuale di partecipazione, che non è sintomatica del fatto che ella ricopra un ruolo diverso da quello di segreteria o di mera esecutrice».

«Diversamente opinando, concludono gli interpreti, verrebbe meno la ratio stessa dell'esenzione dal tributo in fattispecie del genere, che è proprio quello di non ritenere la autonoma organizzazione in presenza di un ausilio» (in specie: da parte del familiare).

Giova ricordare che in virtù dell'art. 1, c. 8, Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2022 e bilancio pluriennale per il triennio 2022-2024) l'Irap non è più dovuta per le persone fisiche esercenti attività commerciali, arti e professioni.

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