Locazioni abitative: cosa rischia il conduttore che non rispetta il termine decadenziale per lamentarsi del pagamento di un canone extra legale
14 Giugno 2023
Massima
In tema di locazione di immobili ad uso abitativo, il rispetto da parte del conduttore del termine semestrale di decadenza, previsto dall'art. 13, comma 2, della l. n. 431/1998 (applicabile ratione temporis), per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, gli consente il recupero di tutto quanto è stato indebitamente corrisposto fino al momento della riconsegna dell'immobile locato, rendendo inopponibile nei suoi confronti qualsivoglia eccezione di prescrizione, laddove, in caso contrario, egli è esposto al solo rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata al momento dell'esercizio dell'azione. Il caso
La fattispecie sostanziale, sottesa alla causa giunta fino al Supremo Collegio, consisteva in un contratto registrato il 7 marzo 2007, con cui un conduttore aveva preso in locazione un immobile per uso abitativo; il contratto di locazione si era rinnovato tacitamente alla prima scadenza ed era stato “rettificato” in data 16 maggio 2013; lo stesso l'immobile era stato, poi, rilasciato dal conduttore il successivo 18 giugno 2013 e, nel novembre dello stesso anno, il locatore aveva convenuto in giudizio il conduttore chiedendone la condanna: a) al pagamento di canoni insoluti relativi ai primi sei mesi del 2013; b) al rimborso delle spese condominiali anticipate, per gli anni dal 2008 al 2012; e c) al risarcimento dei danni arrecati all'immobile. Il convenuto, resistendo, aveva chiesto in via riconvenzionale la condanna dell'attore alla restituzione delle somme (pari ad € 200 per ciascun mese di durata del rapporto) versate in eccedenza rispetto al canone indicato nel contratto scritto e registrato, previo accertamento della nullità della relativa pattuizione, ex art. 13 della l. 9 dicembre 1998, n. 431. Il Tribunale adìto - per quel che qui ancora rileva - aveva rigettato la domanda riconvenzionale, ritenendola preclusa dal maturato termine semestrale di decadenza previsto dal comma 2 della citata disposizione, e aveva accolto, invece, quelle dell'attore. La Corte d'Appello di Milano, respingendo il gravame proposto dal conduttore, aveva confermato la decisione di prime cure, sicché il soccombente in entrambi i gradi proponeva ricorso per cassazione. La questione
Si trattava di verificare se i giudici di merito, violando il disposto dell'art. 13, l. n. 431/1998, avessero o meno errato nel considerare l'intervenuta prescrizione del credito azionato in via riconvenzionale, alla luce della contraria esegesi acquisita nella giurisprudenza di legittimità con riferimento all'art. 79, l. n. 392/1978, ancora vigente per le locazioni ad uso abitativo. Le soluzioni giuridiche
I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto fondate le doglianze del conduttore. Invero, a supporto della ritenuta decadenza dall'azione di ripetizione, la Corte d'Appello non aveva condiviso l'orientamento interpretativo invalso nella giurisprudenza di legittimità - riguardante, peraltro, l'art. 79 della l. n. 392/1978 e non direttamente la norma da applicarsi al caso in esame (ossia l'art. 13, comma 2, della l. n. 431/1998) - secondo cui il mancato rispetto del suddetto termine semestrale di decadenza comporta per il conduttore esclusivamente il rischio di vedersi eccepire la prescrizione dei crediti per i quali questa sia già maturata, e non di non potere recuperare i relativi importi indebitamente versati. La sentenza impugnata aveva trattato argomenti anche dalla disparità di trattamento rispetto alle azioni esperibili dal locatore, richiamando la pronuncia dei giudici della Consulta (Corte Cost. 13 aprile 1994, n. 141), che aveva dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 79, comma 2, della l. n. 392/1978, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost., sul rilievo della disparità di trattamento tra conduttore e locatore (legittimato a proporre azione di recupero dei canoni dopo la riconsegna dell'immobile senza limiti temporali che non siano quelli della prescrizione). Si era sostenuto che la ratio dell'art. 79, comma 2, citato, in coerenza con la finalità sanzionatoria della nullità prevista nel comma 1, era “volta ad eliminare l'incertezza connessa ad una convenzione che, sia pure pro quota, si assume contra legem, per cui l'azione del conduttore implica la previa determinazione del canone legalmente dovuto e la sua proponibilità è ragionevolmente limitata ad un circoscritto lasso di tempo”. Si era soggiunto che, d'altra parte, “mentre il credito del locatore per i canoni rimasti impagati è soggetto alla prescrizione quinquennale, ex art. 2948, n. 3), c.c., il credito del conduttore avente ad oggetto il rimborso di canoni indebitamente versati sarebbe soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c.”. L'esposta lettura interpretativa non è stata, tuttavia, accolta dagli ermellini. In realtà, essa non presenta profili di novità, ma si limita ad aderire ad una delle due opzioni che, da sempre, si sono contrapposte nell'esegesi dell'art. 79 della l. n. 392/1978: opzione alternativa, dunque, ben presente nella giurisprudenza di legittimità in tutte le occasioni in cui la questione si è posta, ma sempre respinta in favore di quella opposta, che qui non si è avuto motivo di rivedere e che, anzi, risulta ribadita con l'ordinanza in commento. Con riferimento alla previsione di cui all'art. 79, comma 2, della c.d. legge sull'equo canone, costituisce ius receptum nella magistratura di vertice l'affermazione secondo cui il termine semestrale di decadenza, ivi previsto per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme, sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, fa (soltanto) sì che, se l'azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce, in buona sostanza, nell'inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione (v., da ultimo, Cass. civ., sez. VI/III, 24 ottobre 2022, n. 31321; v. anche Cass. civ., sez. III, 30 settembre 2014, n. 20554; Cass. civ., sez. III, 7 febbraio 2014, n. 2829; Cass. civ., sez. III, 17 dicembre 2010, n. 25638; Cass. civ., sez. III, 7 luglio 2010, n. 16009; Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2010, n. 10964; nello stesso senso, v., altresì, Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25274; Cass. civ., sez. III, 13 agosto 2008, n. 11897; Cass. civ., sez. III, 26 maggio 2004, n. 10128). Tale principio va confermato - ad avviso dei magistrati del Palazzaccio - anche con riferimento alla previsione, applicabile nella specie ratione temporis, di cui al comma 2 dell'art. 13 della l. n. 431/1998 (v., implicitamente, già Cass. civ., sez. III, 7 novembre 2019, n. 28615, che, in una fattispecie sottoposta ratione temporis alla disciplina di cui alla detta disposizione, ha richiamato espressamente detto principio per la risoluzione di analoga questione). Innanzitutto, milita in tal senso la formulazione letterale della norma, identica a quella dell'art. 79, comma 2, della l. n. 392/1978, sicché si concorda coma la tesi diretta ad estendere all'azione in esame i connotati caratterizzanti il rimedio ancora previsto per la locazione ad uso non abitativo. In particolare, sono identiche le intitolazioni delle due previsioni e gran parte del loro contenuto precettivo, mentre la diversità dell'impianto di fondo dei due complessi normativi, pur sussistente, non appare, poi, di tale peso argomentativo da doversi ritenere idonea ad incidere sullo scopo da assegnare in via interpretativa alla norma, rimanendo questa sostanzialmente identica nei due contesti. L'art. 79 della l. n. 392/1978 si inseriva in un provvedimento legislativo volto a sottrarre alle parti contraenti numerosi spazi di autonomia, sostituendo alle loro libere determinazioni uno schema negoziale in larga parte predefinito inderogabilmente dal legislatore; in questa prospettiva, i riferimenti alla misura del canone e alla durata del contratto operati dall'art. 79 della legge sull'equo canone non facevano altro che ribadire la natura imperativa degli artt. 1 e 12 ss. della medesima legge, così da confermare che l'eventuale presenza di clausole difformi avrebbe portato alla loro dichiarazione di nullità, in piena coerenza con gli artt. 1418 e 1419 c.c.. Nel caso di cui al comma 1 dell'art. 13 della l. n. 431/1998, la nullità della clausola determinativa del maggior canone non è collegata più alla sua quantificazione, ma piuttosto al non consentito occultamento di un patto aggiunto relativo alla misura del canone ed alla contrarietà della sua causa con la norma tributaria imperativa che impone l'obbligo di registrazione del contratto (v., per tutte, Cass. civ., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18213). La diversità dei fondamenti assiologici delle previste nullità non ha, però, motivo di riflettersi sulla ricostruzione del meccanismo rimediale prefigurato - come detto in termini identici - rispettivamente, dall'art. 79 della l. n. 392/1978 e dall'art. 13, comma 2, della l. n. 431/1998. Se è vero che, nel secondo caso, la disciplina non mira ad assicurare l'applicazione di misure predeterminate del canone, ma piuttosto a sanzionare la clausola nulla perché elusiva di norme tributarie imperative, non è men vero che, anche in tale ipotesi, si pone l'esigenza che l'azione di ripetizione del conduttore che ha corrisposto indebitamente somme eccedenti il canone previsto nel contratto scritto e registrato non sia disincentivata dalla remora che il locatore possa agire in ritorsione, impedendo che, alla scadenza la locazione, possa proseguire in tacita sua rinnovazione pattizia. Pertanto - conclude il Supremo Collegio - la proposizione della domanda di ripetizione oltre il termine semestrale di cui all'art. 13, comma 2, della l. n. 431/1978 avrebbe potuto, semmai, determinare esclusivamente la non ripetibilità, per intervenuta prescrizione, delle somme versate oltre dieci anni prima, ma non - come erroneamente opinato dal giudice a quo - la decadenza in radice da ogni pretesa restitutoria, ancorché non prescritta. Osservazioni
La pronuncia in commento non convince in toto. Secondo una parte della giurisprudenza di merito, il congegno della decadenza derivante dal decorso del termine semestrale per l'esercizio dell'azione di ripetizione si combina con l'istituto della prescrizione in un duplice modo. Nello specifico, da un lato, una volta verificatasi la decadenza, il conduttore non può promuovere l'azione di ripetizione, ancorché il credito sia sussistente ed il termine di prescrizione non sia decorso, e, dall'altro, l'istituto della prescrizione non deve operare ogni qual volta la decadenza non si sia ancora verificata, per cui il conduttore può ripetere, agendo entro il semestre, anche le somme versate illecitamente nei periodi oltre il decennio (v., tra le altre, Pret Firenze 5 dicembre 1996; Pret. Udine 6 ottobre 1989; Pret. Piacenza 23 aprile 1988; Pret. Molfetta 3 aprile 1987; Pret. Verona 26 giugno 1985, il quale sottolinea sia l'origine giuslavoristica dell'istituto, sia la volontà del legislatore di ampliare le facoltà del conduttore di ripristinare l'equilibrio globale dell'esauritosi rapporto). In senso opposto, altra parte della giurisprudenza di merito (App. Perugia 12 febbraio 2004) ha sottolineato: a) che la prescrizione e la decadenza operano su piani distinti e sono astrattamente compatibili, tanto è vero che lo stesso codice civile prevede talora la cumulativa applicazione dell'uno all'altro istituto, come accade nel caso della disciplina dei vizi in tema di vendita e di appalto; b) che le ipotesi di sospensione del corso della prescrizione sono tassative ed inapplicabili analogicamente; e c) che la posizione del conduttore non sarebbe equiparabile a quella del lavoratore subordinato privo di garanzia di stabilità, considerata, appunto, la caratteristica di stabilità del rapporto locativo disegnato dalla l. n. 392/1978. In particolare, la Corte territoriale umbra ha richiamato la nota sentenza dei giudici della Consulta (Corte Cost. 10 giugno 1966, n. 63), con cui era stata dichiarata l'incostituzionalità degli artt. 2948, n. 4), 2955, n. 2), e 2956, n. 1), c.c., nella parte in cui consentivano che la prescrizione del diritto alla retribuzione del lavoratore subordinato decorresse durante il rapporto di lavoro. In tale decisione, il giudice delle leggi - in sintesi - aveva affermato che il timore del recesso da parte del datore di lavoro può spingere il lavoratore a non esercitare il proprio diritto nel termine prescrizionale: da qui, la necessità che la prescrizione quinquennale prevista dall'art. 2948, n. 4), c.c., quella annuale prevista dall'art. 2955, n. 2), c.c. e quella triennale prevista dall'art. 2956, n. 1), c.c., inizino a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro, ove non caratterizzato dal requisito della stabilità. Ciò richiamato, il giudice distrettuale perugino ha posto l'accento sul rilievo costituzionale del diritto all'abitazione - avendo deciso una lite riguardante una locazione abitativa - e sull'intrinseca mancanza di stabilità del rapporto locativo. Una volta rammentato che il diritto all'abitazione parimenti si presenta fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico ed è da ricomprendere tra i diritti inviolabili dell'uomo di cui all'art. 2 Cost., si è opinato che la formula contenuta nell'art. 79, l. n. 392/1978 debba essere interpretata, in senso costituzionalmente orientato, in guisa da ritenere che esso escluda, fintanto che il rapporto locativo permane in vita - non solo de iure, ma fino al concreto conclusivo rilascio - il corso di ogni termine di prescrizione. Peraltro, se così non fosse, il conduttore potrebbe essere indotto a non esercitare il proprio diritto per il metus di perdere l'abitazione; invero, il rapporto locativo è per sua natura non assistito - per così dire - dal requisito della stabilità, giacché esso è, per definizione, un rapporto a tempo determinato, destinato a cessare per effetto della pura e semplice volontà del locatore alla scadenza del rapporto. Tale soluzione è stata, poi, accolta, ma con una significativa differenza, dalla magistratura di vertice, la quale, dal 2004 in poi, ha avuto modo di rilevare - come evidenziato anche nell'ordinanza in commento - che il termine semestrale di decadenza per l'esercizio dell'azione di ripetizione delle somme sotto qualsiasi forma corrisposte dal conduttore in violazione dei limiti e dei divieti previsti dalla stessa legge, posto dall'art. 79, comma 2, l. n. 392/1978 fa sì che il rispetto del termine di sei mesi consente al conduttore il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento del rilascio dell'immobile locato, il che si traduce nell'inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione. Il Supremo Collegio ha interpretato la norma nel senso che la decadenza prevista dalla norma comporta che l'azione esperita oltre il termine semestrale espone il conduttore al “solo rischio” dell'eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine dei sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto sino al momento del rilascio dell'immobile locato. Orbene, la soluzione prospettata dalla Suprema Corte - e ribadita fino ad oggi - se è sicuramente condivisibile nella parte in cui esclude che il conduttore, una volta introdotta tempestivamente la domanda di ripetizione, rimanga esposto all'eccezione di prescrizione, non appare, invece, persuasiva laddove ammette che lo stesso possa proporre la medesima domanda anche dopo la scadenza del termine semestrale. Infatti, se il termine posto dalla citata disposizione è configurabile inequivocabilmente come termine di decadenza, ne consegue che o il conduttore propone l'azione di restituzione di quanto pagato in eccedenza entro sei mesi dalla riconsegna dell'immobile oppure non la può più proporre. D'altronde, l'essenza della decadenza sta proprio nel limitare nel tempo l'esercizio di un diritto, quando il sollecito esercizio di esso sia conforme ad un qualche interesse considerato dall'ordinamento; e tale interesse sta, in questo caso, nel favorire la rapida definizione delle eventuali pertinenti controversie locatizie (argomentando anche da Corte Cost. 13 aprile 1994, n. 141). Gli argomenti svolti dagli ermellini, al fine di dimostrare che il conduttore possa agire per la ripetizione anche dopo lo spirare del termine semestrale, non appaiono, inoltre, condivisibili, atteso che: a) non è esatto assimilare la posizione del conduttore, esposto al suddetto termine decadenziale, al locatore, esposto al solo termine di prescrizione; b) il conduttore, parte debole del rapporto, è sufficientemente tutelato dalle possibili reazioni del locatore mediante la possibilità di agire dopo il rilascio senza temere la prescrizione; c) la previsione del termine di decadenza semestrale ha lo scopo di favorire la sollecita decisione delle controversie, secondo un indirizzo perseguito dal legislatore fin dall'epoca della disciplina vincolistica. Riferimenti
Di Marzio, Commento all'art. 79 della l. 392/1978, in Codice delle locazioni diretto da Celeste, Milano, 2020, 757; Rota, Azione di ripetizione dell'indebito del conduttore, in Arch. loc. e cond., 2017, 142; Ballerini, Ripetizione di somme pagate in eccedenza dal conduttore d'immobile urbano, in Nuova giur. civ. comm., 2012, II, 289; Ferrari, L'azione di ripetizione del conduttore per il canone indebitamente pagato, in Il Civilista, 2008, fasc. 2, 77; Izzo, L'indebito locatizio: prescrizione, decadenza e inammissibilità di domande pro futuro, in Giust. civ., 2004, I, 1951; Petrolati, Sui limiti di tempo per la ripetizione del canone ultralegale, in Arch. loc. e cond., 2001, 359; Gabrielli - Padovini, La locazione di immobili urbani, Padova, 2001, 376; Scripelliti, Prescrizione e decadenza del diritto del conduttore alla ripetizione di canoni extra legali: problemi di coordinamento, in Arch. loc. e cond., 1997, 666. |