Locazione: l'autonomia contrattuale è presupposto indefettibile anche se il conduttore è un ente pubblico

Nicola Frivoli
14 Giugno 2023

Il giudicante è stato chiamato ad accertare la sussistenza dei presupposti nell'emissione di un'ordinanza di rilascio, ai sensi dell'art. 665 c.p.c., in virtù della presenza di Ente pubblico nel rapporto contrattuale di natura locatizia.
Massima

Nel contratto di locazione, l'autonomia contrattuale è fondamentale nel rapporto sorto tra le parti, anche con la presenza di un Ente pubblico come conduttore: infatti, la disciplina da applicarsi è sempre quella privatistica, non subordinando il rapporto negoziale all'esigenze ed interessi pubblicistici.

Il caso

Con atto di intimazione per sfratto per finita locazione (art. 657 c.c.), innanzi al Tribunale competente, un locatore-intimante intimava richiesta di convalida ex art. 663 c.p.c., nei confronti del conduttore, poichè il contratto di locazione stipulato risultava scaduto.

Si opponeva l'intimato (Agenzia del Demanio), invocando una proroga quadriennale ex lege art. 4, comma 2-septies,d.l. n. 351/2001, volto a disciplinare l'entità dell'indennità di occupazione precaria, nell'ipotesi in cui le parti non provvedevano alla stipulazione di nuovi negozi o alla proroga di quelli in corso.

Altro motivo di doglianza dell'intimato afferisce l'inammissibilità dell'intimazione, perchè il rilascio era subordinato al reperimento da parte del detto conduttore di immobili parimenti adeguati, ritenendo, altresì, non sussistenti i presupposti per l'emissione dell'ordinanza ex art. 665 c.p.c.

Il giudice monocratico si riservava e scioglieva la stessa, ed ordinava il rilascio dell'unità immobiliare oggetto dell'intimazione, in un termine congruo, mutando il rito ed assegnando il termine di giorni quindici per espletamento del procedimento di media-conciliazione, fissando apposita udienza per prosieguo del merito, e verifica dell'avvenuto espletamento della citata condizione di procedibilità.

La questione

Si trattava di accertare e verificare se, al caso posto all'attenzione del Tribunale competente, la sussistenza dei presupposti per l'emissione dell'ordinanza di rilascio ex art. 665 c.p.c., in virtù dell'opposizione all'intimazione di sfratto per finita locazione da parte del conduttore.

Il magistrato riteneva non sussistere i gravi motivi per rigettare la richiesta del locatore ed ordinava il rilascio dell'immobile oggetto di causa, fissando un termine congruo per l'esecuzione.

Le soluzioni giuridiche

In linea di principio, è stata ritenuto corretto il contenuto dell'ordinanza di rilascio emessa dal Tribunale toscano, secondo cui è stato ordinato il rilascio dell'immobile, nonostante l'opposizione dell'intimato-conduttore, con concessione del termine per l'espletamento del procedimento di media-conciliazione e con il mutamento del rito.

Il giudice adìto ha rilevato insussistenza dei gravi motivi volti alla non concessione dell'ordinanza di rilascio, ritenendo infondate l'eccezioni formulata dal conduttore.

Infatti, anche evocare da parte dell'intimato applicazione dell'art. 4, comma 2-septies, d.l.n. 351/2001, per ottenere una proroga quadriennale ex lege, è inconferente con la fattispecie affrontata, atteso che si disciplina con tale decreto-legge l'entità dell'indennità di occupazione precaria, nell'ipotesi in cui le parti non provvedano alla stipulazione di nuovi negozi o alla proroga di quelli in corso.

Il giudicante rilevava che la circostanza che il fatto che il legislatore disciplinasse espressamente la misura dell'indennità di occupazione sine titulo, confermava che il vincolo negoziale sia sicuramente risolvibile, rispettando i paramenti previsti dalla legge per la disdetta con riguardo alla tipologia dell'immobile, posto che, al contrario, si finirebbe per far prevalere l'interesse pubblico anche nel sottostante vincolo negoziale, ponendo un limite ingiusto: sottrarre totalmente alle parti l'autonomia privatistica, che non è prevista in alcun modo nell'evocato d.l. n. 351/2001.

Anche l'eccezione di inammissibilità della intimazione, come sostenuta dall'intimato è del tutto infondata, invocando, invece, l'art. 69 d.l. 104/2020 (disciplina introdotta per l'emergenza epidemiologica), per ottenere una proroga, non apparendo idonea a contrastare la domanda di emissione di ordinanza ex art. 665 c.p.c. Tale tesi è assolutamente inapplicabile a caso posto al vaglio del giudice monocratico, in quanto il contenuto della norma è difforme all'esito interpretativo sostenuto dal convenuto, ritenendo, come già ribadito, si finirebbe di introdurre in tali locazioni - con la presenza di Enti pubblici (Demanio) - un binario tout court di natura pubblicistici.

Per completezza, va rilevato che la parte intimata sosteneva che l'unità immobiliare oggetto di giudizio era utilizzato solo nella misura del 50%, venendo meno così anche, con un'interpretazione estensiva della norma, l'urgente necessità di prorogare di quattro anni il contratto.

Perciò, se ne deduce che il mancato rilascio di un immobile, anche con la presenza di un ente pubblico, è disciplinato dalle ordinarie norme civilistiche e processualistiche, sicchè anche il ritardo della restituzione della detta unità immobiliare comporterebbe l'applicazione della procedura prevista dagli artt. 605 ss. c.p.c., ovvero, dopo la notifica del provvedimento di rilascio (nelle forme richieste tramite pec dalla c.d. riforma Cartabia, e solo in subordine tramite notifica degli ufficiali giudiziari competenti), anche unitamente all'atto di precetto di rilascio ex art. 605 c.p.c., e nel caso di mancato rilascio dell'immobile nel termine prescritto nell'emanata ordinanza, attivare la procedura ex art. 608 c.p.c. (preavviso di rilascio), con l'ufficiale giudiziario che fissa la data del primo accesso per eseguire l'azione per la messa in possesso dell'immobile in favore del proprietario, adottando i poteri di cui all'art. 513 c.p.c.

Infine, il Tribunale, nella fissazione della data di rilascio, ha contemperato l'esigenza dell'ente di reperire una idonea soluzione alternativa, fissando una data congrua.

Osservazioni

Con riferimento alla fattispecie posta al vaglio del giudice adìto, va approfondito il procedimento sommario adottato dall'intimante per ottenere la restituzione dell'immobile locato.

Il proprietario di un immobile locato, nel caso di cessazione del rapporto locatizio, ha come scopo principale il riottenimento dell'unità immobiliare libera da persone e cose. Una forma di tutela per il locatore è quello di utilizzare il procedimento di convalida di sfratto in generale, ex artt. 657 e 658 c.p.c., riferito agli istituti della licenza per finita locazione, adottato prima della scadenza del contratto, e dello sfratto per finita locazione, intimato dopo la scadenza del contratto, oppure l'intimazione di sfratto per morosità, per il mancato pagamento del canone di locazione.

Dunque, il procedimento per convalida di sfratto può essere utilizzato dal locatore in alternativa al giudizio ordinario, al fine di conseguire il rilascio di un immobile concesso in locazione, è, quindi, un procedimento speciale, caratterizzato dalla sommarietà del rito. La citazione a comparire deve farsi inderogabilmente davanti al Tribunale in composizione monocratica del luogo in cui si trova la cosa locata. In base al disposto dell'art. 663 c.p.c. se l'intimato non comparisce o comparendo non si oppone, il giudice convalida la licenza o lo sfratto e dispone con ordinanza in calce alla citazione l'apposizione su di essa della formula esecutiva. L'art. 665 c.p.c. prevede che se l'intimato (conduttore) comparisce e oppone eccezioni non fondate su prova scritta, il giudice, su istanza del locatore, se non sussistono gravi motivi in contrario, pronuncia ordinanza non impugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni del convenuto. L'ordinanza è immediatamente esecutiva, ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese.

La trasformazione del rito comporta un nuovo rapporto processuale. Va considerato che, nel procedimento per convalida, l'opposizione dell'intimato provoca una radicale trasformazione del rito, determinando la cessazione dell'originario rapporto processuale e l'insorgere di un nuovo e diverso rapporto processuale, alla cui base è l'ordinaria domanda di accertamento e di condanna o di risoluzione. L'art. 5 del d.lgs. n.28/2010 prevede il previo espletamento procedimento di media-conciliazione quale condizione di procedibilità di domande giudiziali aventi ad oggetto la materia locatizia e statuisce che il giudice nei procedimenti di convalida di sfratto o di licenza, nel giudizio di merito successivo al mutamento del rito ex art. 667 c.p.c. deve verificare se sia stato previamente esperito il tentativo di mediazione e, in caso negativo, deve assegnare alle parti un termine per presentare la domanda all'Organismo di conciliazione.

In favore del conduttore vi è il rimedio processuale dell'opposizione tardiva alla convalida di licenza o sfratto ex art.668 c.p.c. che dispone che, in caso di convalida dell'intimazione di licenza o sfratto in assenza dell'intimato, questi può opporsi dimostrando di non avere avuto tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione, caso fortuito o forza maggiore ovvero, pur avendone avuto conoscenza, dando prova di un legittimo impedimento a comparire in udienza.

Per completezza, con l'introduzione della Riforma Cartabia, l'azione sommaria ex art. 657 c.p.c. è applicata anche nell'àmbito del contratto di comodato.

Riferimenti

Scalettaris, Il contenuto dei nuovi contratti di locazione passiva dell'agenzia del demanio, in IUS CONDOMINIO E LOCAZIONE (Iusgiuffrefl.it);

Cirla, Locazioni di immobili particolari, in IUS CONDOMINIO E LOCAZIONE (Iusgiuffrefl.it);

Frivoli - Tarantino, Il contenzioso delle locazioni ad uso abitativo, Milano, 2017;

Amendolagine, Convalida di licenza e sfratto (fase sommaria),in IUS CONDOMINIO E LOCAZIONE (Iusgiuffrefl.it).

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