Escluso il risarcimento danni per gli URL diffamatori se il reclamo non è sufficientemente argomentato
27 Giugno 2023
Massima Un URL specifico e completo costituisce l'unico modo per notificare adeguatamente al convenuto i contenuti illeciti online di terzi e consentirgli di individuare con precisione quelli da rimuovere. Pertanto, al fine di valutare una richiesta di rimozione dei risultati che appaiono su Google Search, devono essere forniti gli URL delle pagine web in cui appaiono i contenuti illeciti. Il caso La questione esaminata dalla Corte Suprema (High Court 2023-IEHC 56 tra: X Plaintiff e Google Ireland Limited-Defendant Judgement of Mr Justice Max Barrett, 8 Febbraio 2023) riguarda la presenza su Google della documentazione attinente il signor X la quale è talmente dannosa da rendere anonimo il suo nome per non dargli ulteriore risalto. Tale documentazione dimostrerebbe il coinvolgimento del Signor X nella scomparsa di un bambino e nell'aver drogato alcune donne al fine di un proprio appagamento sessuale. Il signor X afferma che tale materiale è falso ed esprime preoccupazione per la propria sicurezza personale (essendo stato pubblicato online un suo indirizzo di casa). Sostiene, inoltre, che la sua attività commerciale ha sofferto a causa delle dicerie raccontate sul suo conto. Con citazione plenaria del 24 febbraio 2020, il sig. X, auto-rappresentato, ha avviato una procedura di risarcimento danni chiedendo a Google i danni per aver permesso la pubblicazione di contenuti online di terzi, gravemente diffamatori, poichè violerebbero i diritti costituzionali del querelante nonchè i suoi diritti in tema di protezione dei dati personali. Il signor X afferma di essere stato diffamato dal motore di ricerca e che la sua reputazione, agli occhi dei membri della società è stata irrimediabilmente danneggiata; pertanto richiede (a) la rimozione di tutti i contenuti online di terzi che lo riguardano; (b) un risarcimento danni. Google, dal canto suo, chiede al tribunale di annullare l'azione proposta dal sig. X. In particolare, il motore di ricerca, ha richiesto i seguenti provvedimenti: a) un'ordinanza che respinga il ricorso del querelante, trattandosi di un procedimento avviato al di fuori dei termini previsti dall'art. 11(2)(c) dello Statute of Limitations del 1957; b) un'ordinanza ai sensi della giurisdizione del tribunale adito che respinga il procedimento del Sig. X, trattandosi di un procedimento destinato a fallire. In passato il signor X ha presentato dei reclami relativi ad alcuni URL che Google ha indicato di aver già cancellato. Nelle successive e-mail, inviate dal luglio 2018, dal sig. X a Google viene richiesta la rimozione del materiale online che lo riguarda; ritenendo che Google, avendo numerosi dati quali il nome, l'indirizzo, il numero di telefono dovrebbe essere in grado di dar seguito al reclamo proposto. La posizione di Google è differente e lo stesso afferma che se non gli viene fornito un URL, non potrà procedere con la rimozione dei link che riportano al materiale relativo al Sig.X. Il risultato finale dell'impasse tra il signor X e Google è che i link al materiale “sconvolgente” continuano ad essere indicizzati quando si effettua una ricerca su Google indicando il nome del sig. X. Nel provvedimento analizzato si fa riferimento alla sentenza Google Spain SL e Google Inc. contro Agencia Española de Protección de Datos (AEPD) e Mario Costeja González in cui il sito web denunciato dal sig. Costeja González è stato chiaramente identificato dallo stesso, come anche nel caso irlandese di Savage v DPC [2019]. ll signor Savage, quando si è rivolto a Google ha fornito i link pertinenti su cui cui ha poi proposto reclamo. L'azione che ha portato al rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia è iniziata lo scorso dicembre nella causa C-460/20 TU e RE v. Google LLC quando è stato richiesto a Google di de-indicizzare i link agli articoli in questione dall'elenco dei risultati di ricerca, con la motivazione che essi contengono affermazioni inesatte e opinioni diffamatorie. Google si è rifiutata di dar seguito a tale richiesta, facendo riferimento al contesto professionale in cui gli articoli e le fotografie in questione sono state scattate e sostenendo di non essere a conoscenza della presunta inesattezza delle informazioni contenute in essi. Tra le questioni sollevate dalla Corte di giustizia vi è quella di stabilire se l'art.17(3)(a) GDPR debba essere bilanciato con agli artt.7 e 8 TUE, da un lato, gli artt. 11 e 16 CDFUE, dall'altro, ai fini dell'esame di una richiesta di de-indicizzazione rivolta al gestore del motore di ricerca per ottenere la rimozione di un link ad un contenuto con affermazioni inesatte. Il Sig. X nelle seconde repliche indica che Google può localizzare le informazioni, ovvero effettuare la ricerca del nome dell'attore su Google Search. Tuttavia fornire a Google un termine di ricerca non identifica di per sé l'esatto contenuto in questione, poiché il contenuto restituito per una tale query sarà dinamico e in continua evoluzione in base a molteplici fattori. In particolare, nel caso analizzato, il signor X è stato più volte invitato ad utilizzare lo strumento online ma autodichiarandosi “semi analfabeta” nell'uso del web ha rifiutato tale partecipazione. In sede di discussione Google ha suggerito che, qualora si dovesse consentire al Sig. X di procedere con la domanda di risarcimento la stessa sarebbe destinata a fallire, poichè il motore di ricerca non è responsabile in qualità di editore primario o secondario del materiale diffamatorio. La questione Qual è il modo per notificare in modo adeguato al convenuto i contenuti illeciti online di terzi e consentirgli di individuare quelli da rimuovere? Le soluzioni giuridiche Con il Provvedimento analizzato la Corte Suprema ha stabilito che un URL specifico e completo è l'unico modo per notificare adeguatamente al convenuto i contenuti illeciti online di terzi e consentirgli di individuare con precisione quelli da rimuovere. Pertanto, al fine di valutare una richiesta di rimozione dei risultati che appaiono su Google Search, devono essere forniti gli URL delle pagine web in cui appaiono i contenuti illeciti. In riferimento alle procedure di cancellazione, il provvedimento analizzato considera le seguenti osservazioni presenti in Delany and McGrath on Civil Procedure (fourth edition): il diritto costituzionale di accesso ai tribunali, garantito dall'art. 40.3, comprende il diritto di contestare le pretese avanzate e di “avviare una controversia nei tribunali”. Tuttavia, è necessario che questi ultimi bilancino i diritti costituzionali dei ricorrenti relativi all'avvio di tali procedimenti con l'interesse dei convenuti, i quali non dovrebbero essere costretti a trattare di procedimenti vessatori o destinati all'insuccesso. La Corte di giustizia ha indicato, tra l'altro, che quando una tale richiesta viene gestita, il motore di ricerca interessato non può essere obbligato ad indagare sui fatti e, a tal fine, deve organizzare un contraddittorio con il fornitore dei contenuti per ottenere le informazioni mancanti in merito all'accuratezza del contenuto cui si fa riferimento. Nella misura in cui si richiede al gestore del motore di ricerca di contribuire all'accuratezza o meno del contenuto a cui si fa riferimento, un tale obbligo imporrebbe all' operatore un onere superiore a quello che può ragionevolmente attendersi da esso alla luce delle sue responsabilità, dei suoi poteri e delle sue capacità (cfr. punto 53 del provvedimento). Tale obbligo comporterebbe, tuttavia, un rischio che i contenuti soddisfino il legittimo bisogno di informazioni del pubblico da reperire sul web; più in particolare un rischio reale di un effetto deterrente sull'esercizio della libertà di espressione e di informazione qualora il gestore del motore di ricerca intraprendesse tale de-indicizzazione. In una dichiarazione giurata per conto di Google, un legale di A&L Goodbody, ha asserito quanto segue: un URL specifico e completo è l'unico modo per notificare adeguatamente al convenuto i contenuti illeciti online di terzi e consentirgli di individuare con precisione i contenuti da rimuovere. Pertanto, al fine di valutare una richiesta di rimozione dei risultati che appaiono su Google Search, devono essere forniti gli URL delle pagine web in cui appaiono i contenuti illeciti. Google mette a disposizione un apposito strumento online con il quale i singoli possono inviare un URL e richiedere la rimozione di contenuti di terzi, o accessibili tramite Google Search. I risultati di ricerca di Google sono dinamici e cambiano continuamente, in base a centinaia di fattori diversi (tra cui le parole della query di ricerca, la pertinenza e l'usabilità delle pagine web, l'attendibilità delle fonti nonchè le impostazioni dell'utente). Google non è a conoscenza della circostanza che i risultati di ricerca restituiscono link presunti illeciti, a meno che non gli venga notificata tale circostanza con la ricezione degli URL che identificano la/e pagina/e web in cui appare il contenuto di terzi. Ad oggi non esiste una decisione dei tribunali irlandesi sull'opportunità che Google sia o meno un editore primario/secondario ai fini della legge irlandese. L'ordine 19, regola 28 prevede che: “il tribunale può ordinare l'eliminazione di qualsiasi memoria per il fatto che essa non rivela alcuna ragionevole causa di azione o risposta” e nel caso in cui le memorie dimostrino che l'azione o il controricorso siano frivoli o vessatori, la Corte può ordinare, a seconda dei casi, la sospensione o il rigetto dell'azione, o la pronuncia di una sentenza. In particolare, le memorie devono dimostrare una causa riconosciuta oltre agli elementi necessari a corredo della stessa. A tal proposito le memorie del sig. X risultano carenti, ovverosia, leggendole Google non è stato in grado di discernere quale sia esattamente la causa intentata contro di esso, quale difesa potrebbe utilmente proporre e le argomentazioni che potrebbero essere avanzate se si proseguisse nel giudizio. In conclusione si afferma che la disamina in tema di diritto costituzionale nonchè il reclamo relativo alla violazione in tema di protezione dei dati personali risultano del tutto carenti in termini di argomentazione e a meno che non vengano modificate (e la relativa richiesta di modifica venga poi accolta), le memorie saranno cancellate. Osservazioni La Sentenza del caso Google Spain non ha lasciato indifferente Google, che ha adottato una soluzione che coincidesse con la direttiva europea in tema di trattamento dei dati personali, nonché con la decisione della Corte di Giustizia (CGUE 131/2012). Nel caso ora analizzato, Google, tenendo a mente le decisioni e gli orientamenti ormai consolidati della Corte di Giustizia UE, ha analizzato le istanze dell'uomo stabilendo di non poter procedere alla rimozione dei link che riportano al materiale relativo al Sig.X qualora non gli venga fornito uno specifico URL. Quest'ultimo è l'unico modo per notificare adeguatamente al convenuto i contenuti illeciti online di terzi e consentirgli di individuare con precisione quelli da rimuovere. Pertanto, al fine di valutare una richiesta di rimozione dei risultati che appaiono su Google Search, devono essere forniti gli URL delle pagine web in cui appaiono i contenuti illeciti. |