Il trasferimento dei crediti tributari nel caso di cessione di azienda ha efficacia con l'iscrizione dell'atto nel registro delle imprese

26 Giugno 2023

Una società ha impugnato il diniego di rimborso delle eccedenze Irpeg ed Ilor relative ai periodi di imposta 1990 e 1991 riferite alla maturazione di un credito di imposta conseguente ad operazioni e modifiche societarie intervenute fino al 2009. L'Agenzia delle entrate ha negato il rimborso eccependo che i crediti d'imposta in questione risultavano essere già stati utilizzati da altra società nel contesto di un accordo transattivo raggiunto a seguito dell'esercizio del potere di autotutela.
Massima

Il conferimento di un'azienda (o di un suo ramo) in una società costituisce una cessione d'azienda, che comporta per legge, salvo patto contrario, la cessione dei crediti relativi al suo esercizio, compresi i crediti d'imposta vantati dal cedente nei confronti dell'erario, sicchè ai fini dell'efficacia nei confronti di quest'ultimo non occorre procedere alla notifica dell'avvenuta cessione, discendendo i relativi effetti dall'adempimento delle formalità pubblicitarie presso il registro delle imprese, secondo quanto disposto in via generale dall'art. 2559 c.c..

Ciò in quanto l'iscrizione nel registro delle imprese del trasferimento dell'azienda o di un suo ramo costituisce uno strumento di pubblicità legale della cessione, la cui mancata conoscenza è incompatibile con ogni profilo di scusabilità.

Il caso

Nel caso in esame i giudici di prime cure e, successivamente, anche quelli di appello, hanno rigettato i gravami proposti dalla società ritenendo che la cessione dei crediti tributari relativi alle imposte dirette deve essere notificata al debitore (nella specie, l'Amministrazione finanziaria); nel caso di specie, non essendo intervenuta tale notifica, la cessione è inopponibile all'Amministrazione finanziaria.

La società ha, quindi, proposto ricorso per la cassazione della sentenza di appello.

La Suprema Corte, sezione Tributaria, investita della controversia, ha ritenuto, dando continuità al proprio precedente orientamento, che in caso di conferimento di azienda o di un ramo di azienda, l'efficacia del trasferimento dei relativi crediti tributari è soggetta alla regola generale di cui all'art. 2559 c.c., secondo cui tale cessione ha effetto, nei confronti del debitore e pur in mancanza di accettazione o di notifica, dal momento dell'iscrizione del trasferimento dell'azienda o di un suo ramo nel registro delle imprese.

A parere dei Giudici di legittimità “…l'asserita 'specialità' del regime di circolazione dei crediti nel quale si colloca il d.P.R. n. 633/1972, art. 43-bis – donde trarrebbe giustificazione la necessità di preventiva notifica all'Amministrazione ceduta – è infatti circostanza idonea ad incidere sulla specifica disciplina del contratto di cessione (il quale, infatti, riceve puntuale ed apposita disciplina dall'art. 43-bis, comma 3) ma non può giungere ad onerare le parti del contratto di cessione dell'azienda – concepita dall'ordinamento come un'universalità di beni – della notifica all'Amministrazione, con atto separato, della semplice produzione di un effetto della stessa, il cui verificarsi è previsto ope legis”.

La sezione tributaria della Suprema Corte, “non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto”, ha deciso nel merito la causa con l'accoglimento dell'originario ricorso della società.

La questione

La questione ha origine dall'impugnazione del rifiuto opposto dall'Amministrazione finanziaria avverso la richiesta di rimborso, presentata dalla società, delle eccedenze Irpeg ed Ilor relative ai periodi di imposta 1990 e 1991 riferite alla maturazione di un credito di imposta conseguente ad operazioni e modifiche societarie intervenute fino al 2009.

L'Agenzia delle entrate ha negato il rimborso rilevando che i crediti di imposta in questione risultavano essere già stati utilizzati da altra società nel contesto di un accordo transattivo intervenuto successivamente all'esercizio del potere di autotutela.

La società contribuente ha dedotto, sia in primo sia in secondo grado, di aver acquistato l'azienda dalla società in questione oltre tre anni prima l'accordo transattivo.

I Giudici tributari, sia in primo che in secondo grado, hanno ritenuto che la cessione dei crediti tributari relativi alle imposte dirette è soggetta alla stessa disciplina che riguarda la generalità dei crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione imponendo, pertanto, la notifica al debitore la quale non ha avuto luogo nel caso di specie e, per tal ragione, la cessione è inopponibile all'Amministrazione finanziaria.

La società ha, quindi, proposto ricorso per Cassazione sulla base di quattro motivi.

Con il primo motivo la società contribuente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 43–bis, d.P.R. n. 602/1973 e dell'art. 2559, comma 1, c.c..

La censura è volta ad evidenziare che, con l'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese, la cessione del credito si perfeziona sotto tutti gli aspetti, sicchè l'Amministrazione finanziaria non può effettuare alcuna compensazione di debiti e crediti con la società cedente.

Con il secondo motivo la società contribuente deduce la “violazione del diritto UE così come interpretato dalla Corte di Giustizia, in ordine alla sproporzionalità tra il fine erariale di certezza dei crediti e il disconoscimento dell'opponibilità all'Amministrazione finanziaria dell'iscrizione nel registro delle imprese”.

La società ritiene che sconfessare la previsione normativa di cui all'art. 2559, comma 1, c.c., in punto di sorte dei crediti relativi all'azienda ceduta, significa operare in un eccesso di danno nei confronti del contribuente.

Con il terzo motivo la società deduce la violazione dell'art. 115 c.p.c., per avere la sentenza impugnata trascurato di considerare che l'Amministrazione finanziaria aveva ammesso la propria conoscenza effettiva e legale del trasferimento dei crediti.

Con il quarto motivo la società deduce la nullità della sentenza in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., agli articoli 112 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c., all'art. 118 disp. att. c.p.c. ed all'art. 36, comma 2, n. 4, D.Lgs. n. 546/1992, per essere la sentenza di secondo grado affetta da vizio di motivazione meramente apparente, avendo disapplicato, nel caso concreto, l'art. 2559 c.c..

Le soluzioni giuridiche

L'efficacia della cessione dei crediti

I Giudici di legittimità, nell'esaminare i primi due motivi di ricorso (in quanto connessi), hanno dato seguito al proprio consolidato orientamento (Cass. civ., Sez. V, 19.10.2021, n. 28787; Cass. civ., Sez. VI – 5, 01.08.2018, n. 20415; Cass. civ., Sez. V, 17.06.2016, n. 12552), secondo cui l'efficacia del trasferimento dei crediti tributari è soggetta alla regola generale di cui all'art. 2559 c.c., secondo cui la cessione dei crediti inerenti all'azienda ceduta (o al suo ramo) ha effetto nei confronti del debitore, pur in mancanza di accettazione o di notifica, dal momento dell'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese.

Secondo i giudici della Suprema Corte “di tale principio non ha fatto buon governo la sentenza impugnata che ha, invece, posto l'accento sul difetto di notifica dell'avvenuta cessione dei crediti per inferirne l'inopponibilità all'Amministrazione ceduta”.

La fondatezza dei primi due motivi di gravame comporta l'accoglimento del ricorso senza necessità di esame dei restanti, i quali restano assorbiti.

A parere dei Giudici della Corte di Cassazione, la previsione di cui all'art. 43 – bis, comma 3, del D.P.R. n. 602 del 1973, secondo cui l'atto di cessione deve essere notificato all'ufficio delle entrate, disciplina il contratto di cessione, “ma non può giungere ad onerare le parti del contratto di cessione dell'azienda – concepita dall'ordinamento come un'universalità di beni – della notifica all'Amministrazione, con atto separato, della semplice produzione di un effetto della stessa, il cui verificarsi è previsto ope legis”.

Le conclusioni dei Giudici della Corte di Cassazione

Sulla base di tali argomentazioni i giudici della Suprema Corte sono pervenuti alla conclusione secondo cui “l'iscrizione del trasferimento nel registro delle imprese – circostanza che nel presente giudizio non è mai stata in discussione – costituisce, infatti, strumento di pubblicità legale della cessione, la cui mancata conoscenza è recisamente incompatibile con ogni profilo di scusabilità”.

Osservazioni

Con la sentenza in commento i Giudici della sezione tributaria hanno ben delineato i contenuti della previsione di cui all'art. 43 – bis del d.P.R. n. 602/1973, che non trova applicazione nel caso di cessione dei crediti tributari inerenti all'azienda ceduta (o al suo ramo).

Nell'affermare che “…l'asserita "specialità" del regime di circolazione dei crediti nel quale si colloca il d.P.R. n. 633/1972, art. 43-bis – donde trarrebbe giustificazione la necessità di preventiva notifica all'Amministrazione ceduta – è infatti circostanza idonea ad incidere sulla specifica disciplina del contratto di cessione (il quale, infatti, riceve puntuale ed apposita disciplina dall'art. 43-bis, comma 3) ma non può giungere ad onerare le parti del contratto di cessione dell'azienda – concepita dall'ordinamento come un'universalità di beni – della notifica all'Amministrazione, con atto separato, della semplice produzione di un effetto della stessa, il cui verificarsi è previsto ope legis”, i Giudici di legittimità hanno distinto tra cessione del credito quale atto e trasferimento del credito quale mero effetto.

Quanto statuito dalla Corte di Cassazione è giuridicamente corretto, in quanto mentre la funzione tipica del negozio di cessione del credito è il trasferimento della situazione attiva, negli altri casi (come nel caso di cessione dell'azienda o di un ramo di essa) il trasferimento non fa parte della funzione tipica, ma ne è, piuttosto, un effetto ulteriore o connesso. Vista la vicenda da un diverso punto di vista, si può dire che nell'atto di cessione il trasferimento del credito è lo scopo principale delle parti, mentre negli altri casi, e segnatamente nella cessione di azienda o di un ramo di essa, lo scopo principale è un altro, ed il trasferimento del credito si pone solo come effetto ulteriore o conseguente.

Ciò spiega la ragione per la quale la cessione di credito tributario compresa in un'azienda o in un ramo di essa, è efficace nei confronti dell'Amministrazione finanziaria con la semplice iscrizione dell'atto traslativo nel registro delle imprese, a nulla rilevando la mancanza di notifica o di accettazione da parte dell'Amministrazione finanziaria (debitore ceduto).

Pertanto, giustamente i Giudici della Corte di Cassazione hanno statuito che l'iscrizione del trasferimento del credito tributario nel registro delle imprese costituisce strumento di pubblicità legale della cessione, la cui mancata conoscenza è decisamente incompatibile con ogni profilo di scusabilità.

Nel complesso, è evidente come le conclusioni della Corte di Cassazione, inquadrate nel sistema di trasferimento dei crediti di imposta, non ledono le garanzie all'Erario ma, semplicemente, consentono una maggiore circolazione dei crediti tributari.

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