Riesame scannerizzato e firmato digitalmente: nessuna inammissibilità
04 Luglio 2023
Massima
La sanzione dell'inammissibilità dell'atto di impugnazione, anche qualora non rispetti le forme del regolamento ministeriale sulla generazione del documento informatico, è prevista solo quando manchi la sottoscrizione digitale. L'eventuale passaggio ulteriore, consistente nella stampa del file, nella sua sottoscrizione analogica e nella successiva scannerizzazione, non trova sanzione processuale nel sistema disegnato dal legislatore dell'emergenza e, in prospettiva de iure condito, dalla riforma Cartabia Il caso
Il Tribunale di Bologna, quale giudice cautelare, pronunciava l'inammissibilità della richiesta di riesame avverso ordinanza applicativa ai danni dell'indagato della custodia cautelare in carcere. Secondo il giudice del gravame cautelare, l'atto non era stato generato con lo strumento informatico e trasmesso con firma digitale, ma formato in modalità cartacea, sottoscritto dal difensore e successivamente scansionato e trasmesso in via telematica alla cancelleria. Più precisamente, l'atto non rispettava i requisiti richiesti dal comma 6 dell'art. 24 d.l. n. 137/2020 e, in particolare, le indicazioni operative fornite dal Direttore Generale dei sistemi informativi automatizzati di cui all'art. 3 del suddetto regolamento del 9 novembre 2020 del DGSIA, a cui il comma 6-bis fa rinvio. Pertanto, benché l'atto fosse provvisto di firma digitale e fossero state utilizzate le caselle di posta dedicate, costituiva la rappresentazione grafica del documento originario che era rimasto nella disponibilità del ricorrente, con la conseguenza che quella che era stata inoltrata era solo una copia, ovvero la riproduzione per scansione di immagini di un atto redatto e sottoscritto dal difensore dell'imputato. Avverso la suddetta pronuncia, interponeva ricorso per cassazione la difesa dell'imputato che, con unico motivo, ravvisava la violazione di legge, richiamando la necessaria tassatività dei vizi di nullità, dovendosi collegare la prescrizione del comma 6-bis dell'art. 24 d.l. n. 137/2020 con la disposizione generale dell'art. 591, lett. c), c.p.p., che ravvisa l'ipotesi di inammissibilità soltanto nell'ipotesi in cui l'atto processuale non possieda i requisiti formali dell'atto di impugnazione e i requisiti prescritti sulle modalità di presentazione. Si assume, nella prospettazione difensiva, che ai sensi dell'art. 24, comma 6-bis, la inammissibilità consegue ad ipotesi specifiche e tassative, quali la trasmissione dell'atto privo della firma digitale, ma nel caso di specie l'atto, seppur formato in modo analogico e sottoposto a scansione, era stato poi trasmesso con l'apposizione della firma digitale, realizzandosi semmai un passaggio intermedio ulteriore rispetto a quanto indicato nel provvedimento del DGSIA; né le prescrizioni contenute nel suddetto provvedimento in ordine al fatto che l'atto debba essere nativo digitale e non analogico né sottoposto a scansioni di immagini risultano imposte a pena di inammissibilità. La questione
La quaestio in esame risulta allora la seguente: qualora l'atto nativo digitale di impugnazione, dopo la sua stesura con un programma di videoscrittura, viene stampato e successivamente scannerizzato e ritrasformato così in atto digitale, con formato immagine ed apposta infine la firma digitale, viene colpito da inutilizzabilità? Le soluzioni giuridiche
In sostanza, nella specie, risulta essere stato compiuto un passaggio ulteriore rispetto a quanto previsto dal combinato disposto dell'art. 24, comma 6-bis, del d.l. n. 137/2020 e dell'art. 3, comma 1, del decreto direttoriale. Si pone allora un profilo di inosservanza delle forme indicate da un atto regolamentare, peraltro richiamato dalla disciplina normativa emergenziale sulle modalità di formazione e di trasmissione degli atti di impugnazione. La quarta sezione penale della Suprema Corte risponde negativamente al quesito, escludendo in tali casi che l'atto viene colpito da sanzioni processuali (potendosi al più ravvisare delle irregolarità non censurabili, in assenza di specifica ipotesi di inammissibilità, non prevista nella specie). Si allinea così nel solco di altri coevi arresti (mutandis mutandis, da ultimo, sempre Sez. IV, n. 24000/23). Sul punto, viene respinta dai giudici di legittimità la tesi per cui il riesame non presenterebbe i requisiti minimi dell'atto informatico richiesti dalla legge con conseguente inammissibilità in quanto non garantisce i requisiti di originalità e autenticità prescritti dalla disciplina regolamentare dettata del 9 novembre 2020 del direttore generale dei sistemi informativi ed automatizzati (DGSIA). L'articolo 3, comma 1, di tale ultimo provvedimento recita infatti che «l'atto del procedimento in forma di documento informatico – categoria nella quale evidentemente è sussumibile “l'atto” d'impugnazione “in forma di documento informatico” di cui ragiona il comma 6-bis dell'articolo 24 citato – da depositare attraverso il servizio di PEC presso gli uffici giudiziari indicati nell'articolo 2, rispetta i seguenti requisiti: è in formato PDF; è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini; è sottoscritto con firma digitale o firma elettronica qualificata». La Corte di Cassazione, nella pronuncia in esame, rompe lo stretto collegamento tra la sanzione dell'inammissibilità stabilita dall'articolo 24, comma 6-bis, del d.l. n. 137/2020 e la procedura di corretta stesura dell'atto digitale sul quale poi viene apposta la firma digitale: atto nativo digitale, trasformazione in pdf e firma elettronica. Le violazioni dei passaggi intermedi di formazione dell'atto informatico non sono colpite da sanzione, vista l'assenza di specifica inammissibilità del riesame nel sistema disegnato dal legislatore dell'emergenza. La sanzione processuale è invero collegata solo alla mancata sottoscrizione digitale dell'atto da parte del difensore (art. 24, comma 6-sexies, d.l. n. 137/2020, lett. a). Tale disposizione non risulta essere stata violata perché l'atto di impugnazione è effettivamente sottoscritto con firma digitale. Nella norma del comma 6-sexies non si rinviene, infatti, sanzione della prescrizione del decreto direttoriale che il documento sia originario digitale, ovvero che non debba passare attraverso il passaggio intermedio della scansione di una immagine. La pronuncia in commento avalla le sue conclusioni alla luce del recente ius novum della Riforma Cartabia. Gli ermellini trovano conferma della soluzione adottata nelle nuove norme del d.lgs. n. 150/2022 sull'obbligatorietà dell'impugnazione telematica (anche se il nuovo art. 582 c.p.p. entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione del regolamento che dovrà essere adottato con decreto ministeriale entro il 31 dicembre 2023 per disciplinare le regole tecniche del processo penale telematico), laddove si fa espresso rinvio al neo art. 111-bis c.p.p. Tale norma, nel disciplinare il deposito telematico delle impugnazioni, a sua volta richiama la disciplina regolamentare da attuare concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione degli atti e dei documenti informatici. Nessuna sanzione processuale, anche qui, per le modalità di formazione del testo dell'atto da trasmettere. Orbene, anche in tale prospettiva, che può essere considerata in termini interpretativi del sistema congegnato dalla disciplina emergenziale sul deposito telematico degli atti di impugnazione telematica attengono agli indici di riconoscimento del mittente (tale requisito risulta soddisfatto attraverso l'impiego della firma digitale), nonché degli altri requisiti sulle modalità di trasmissione e di ricezione dell'atto di impugnazione, che non attengono alle modalità di formazione del testo dell'atto da trasmettere. Alla luce di tale percorso motivazionale, il motivo di ricorso viene accolto, disponendo l'annullamento della rilevata inammissibilità del giudice riesame, con rinvio per il proseguo nel merito del gravame cautelare. Osservazioni
La decisione in commento sembra superare qualche iniziale pronuncia che andava nella direzione interpretativa (oggi respinta) del Tribunale del riesame di Bologna. Si era ritenuto che l'atto generato attraverso una trasformazione di un documento testuale rende ragione della conseguente inammissibilità propriamente ‘tecnica' («non è pertanto ammessa …») della pura e semplice scansione di immagini: «infatti, nel caso della scansione di immagini, che corrisponde alla descrizione delle operazioni compiute dal difensore, il file che ne risulta non contiene il ‘testo' del documento, ma solo una sua ‘riproduzione' (o meglio ‘rappresentazione') grafica, quand'anche, eventualmente, incorporata in un file con estensione ‘.pdf'» (Sez. 4, n. 32917 del 2022). In questi casi, l'originale è sempre rimasto nelle mani di chi lo ha trasmesso, senza mai uscire giuridicamente dalla sua sfera di dominio. Secondo il contrapposto orientamento, l'inammissibilità è un presidio della necessaria funzionalizzazione “tecnica” dell'atto ad un procedimento interamente telematico. Detto procedimento è rivolto al perfezionamento, non già riduttivamente, di un mero invio alla cancelleria dell'atto stesso sotto forma di allegato, ma dell'invio di un atto che di per sé deve possedere non irragionevoli caratteristiche, tra cui la firma digitale, affinché posso ritenersene compiuto il deposito, realizzato esso pure con modalità telematica, ossia dematerializzata, da parte di sistemi comunicativi non relazionali, in luogo della tradizionale modalità reale, ossia materiale, da parte di persone contestualmente presenti ed interagenti in luogo fisico. Volendo tracciare le fila del discorso, e apprezzarne le conclusioni cui giunge l'odierna pronuncia, occorre distinguere i due livelli: quello informatico e quello giuridico. L'indirizzo che sposa l'inammissibilità nel caso di mancato rispetto dei passaggi telematici della redazione dell'atto, lega inscindibilmente il versante informatico e quello legale e sanziona gli error in procedendo informatici con l'inammissibilità. La soluzione opposta invece (adottata dall'odierna pronuncia), scinde i due piani e quindi se la soluzione adottare sembra prima face in contrasto con l'alfabetizzazione digitale dell'atto informatico, ponendosi al di fuori del relativo sistema tracciato dalla normativa regolamentare. Tuttavia, l'atto finale è digitale in quanto questo è stato digitalizzato irreversibilmente, giacché non più modificabile. E su questo file intangibile si è apposta corretta firma digitale. Invece, attraverso il rinvio recettizio alla disciplina regolamentare e quindi il mancato rispetto degli anelli della catena informatica si colpiscono i passaggi intermedi di formazione dell'atto informatico. In definitiva, poiché il non aver previsto un obbligo assistito da sanzione processuale non è un elemento di irrazionalità del sistema, in quanto nel codice di procedura penale non sempre una prescrizione di comportamento per le parti è assistita da una sanzione processuale, rende maggiormente apprezzabile la soluzione oggi adottata e più aderente ai binari legali della tassatività delle sanzioni processuali, anche tenendo conto degli orizzonti normativi di recente esplorati dalla riforma Cartabia. Si consiglia, in ogni caso, prudenzialmente, di non considerare come ancora consolidata questa ultima giurisprudenza che non colpisce con l'inammissibilità l'atto che presente delle irregolarità informatiche, prima di trovarsi spalancate le porte dell'inammissibilità e di seguire pedissequamente i passaggi attualmente indicati dall'articolo 3, comma 1, del decreto del DGSIA. |