«Semaforo verde» per il rimborso dell'Euroritenuta in applicazione dei principi comunitari

05 Luglio 2023

In applicazione del principio comunitario del divieto di doppia imposizione, va riconosciuto il diritto al rimborso dell'Euroritenuta pagata all'estero anche nel caso in cui, a seguito di autodenunzia spontanea del contribuente, lo stesso reddito, inizialmente non dichiarato, venga sottoposto ad imposizione in Italia, anche in adesione alla procedura di collaborazione volontaria.
Massima

Il termine biennale per l'esercizio del diritto di credito deve farsi decorrere dal momento in cui si verifica la doppia imposizione ovvero con il perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria all'atto del pagamento di quanto dovuto.

Così si pronuncia la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia con la sentenza n. 1228 del 4 aprile 2023.

Il caso

Una contribuente impugnava il silenzio-rifiuto formatosi sull'istanza di rimborso presentata nel luglio del 2018 in relazione a quanto da ella pagato a titolo di euroritenuta sugli interessi maturati sui depositi bancari esteri dal 2009 al 2013. Secondo l'Agenzia delle Entrate il ricorso era da considerarsi inammissibile per la tardività dell'istanza in quanto presentata oltre il termine biennale (art. 21, co. 2, d.lgs. 546/1992) per richiedere il rimborso con decorrenza dalla data del pagamento o, se posteriore, dal giorno in cui si era verificato il presupposto per la restituzione, identificato dall'Ufficio al più tardi nella presentazione dell'istanza di voluntary disclosure (settembre 2015).

L'Amministrazione deduceva, altresì, che l'istanza di rimborso doveva parimenti ritenersi inammissibile perché in contrasto con quanto già definito dalla contribuente con la procedura di collaborazione volontaria perfezionata con l'adesione agli inviti al contraddittorio (circolare 21/E del 20 luglio 2017).

La questione

Con riferimento, poi, al divieto della doppia imposizione sui redditi percepita all'estero (art. 165, commi 1 e 8, TUIR), laddove sia stata operata la ritenuta fiscale, l'Ufficio ricordava l'ineliminabile presupposto consistente nella circostanza per la quale il contribuente doveva essere in regola con gli obblighi dichiarativi e non doveva versare in una situazione di evasione fiscale, allorché, come nel caso di specie, si era avvalso di una disciplina speciale di favore, che induceva a far emergere le disponibilità economiche detenute all'estero e non dichiarate all'Amministrazione finanziaria italiana, godendo anche di sanzioni ridotte.

La soluzione giuridica

Il dies a quo per l'esercizio del diritto

I giudici hanno “respinto al mittente” l'eccezione di tardività dell'istanza di rimborso in quanto il termine biennale per la presentazione della stessa doveva farsi decorrere dal momento in cui si era verificata la doppia imposizione, cioè con il perfezionamento della procedura di collaborazione volontaria all'atto del pagamento di quanto dovuto (avvenuto nel caso di specie nel settembre 2016). Pertanto, l'istanza presentata nel luglio 2018 doveva considerarsi tempestiva in quanto all'interno del termine biennale di decadenza.

Il recente indirizzo di legittimità

Nel merito, i giudici tributari hanno richiamato la recente giurisprudenza di legittimità (Cassazione n. 798 del 12 gennaio 2023) la quale, passando in rassegna la normativa nazionale e la Direttiva 2003/48/CE, ha chiarito che, in caso di voluntary disclosure, escludere la possibilità della detrazione del credito di imposta per l'omessa indicazione del reddito estero nelle dichiarazioni presentate per ogni singolo anno di imposta, non comporti automaticamente la negazione del diritto al rimborso dell'Euroritenuta pagata all'estero. La Corte ha precisato che «se è vero che l'art. 11 della direttiva riconosce il diritto al rimborso delle imposte assolte all'estero “secondo la legislazione nazionale”, il riferimento deve intendersi a regole procedimentali interne, non discriminatorie e non eccessive, non potendo la regola interna escludere in tutto il diritto al rimborso, come a configurare una sanzione indiretta, non rispondente a principi di adeguatezza e proporzionalità». Pertanto, il fatto che la dichiarazione contra se del contribuente avvenga nell'ambito di una procedura di collaborazione volontaria, prevista da una normativa speciale ed agevolativa, che consente al contribuente di regolarizzare plurimi anni di imposta, usufruendo di un trattamento sanzionatorio più favorevole, non esclude a priori il rimborso della ritenuta pagata all'estero.

L'applicazione dei principi e del diritto comunitario

Il richiamo all'art. 165 TUIR contenuto nell'art. 10 del d.lgs. 18 aprile 2005 n. 84, attuativo della direttiva istitutiva dell'Euroritenuta, è rivolto, secondo gli interpreti, alle sole modalità di determinazione del credito d'imposta. Inoltre, lo stesso art. 10, al comma 2, consente al contribuente di presentare l'istanza di rimborso nel caso in cui l'importo della ritenuta ecceda quella del credito d'imposta determinato ai sensi dell'art. 165 TUIR oppure, nei casi in cui tale ultimo articolo non risulti applicabile, all'evidente fine di consentire pienamente, oltre i limiti dell'art. 165 TUIR il rimborso dell'Euroritenuta. L'inderogabilità della direttiva del 2003 (self executing nei suoi principi generali e comunque attuata nel diritto interno senza rilevanti differenze), degli Accordi e delle Convenzioni, che rivestono, in questa materia, un ruolo di specificità e quindi di prevalenza logico-giuridica sulle norme fiscali interne (es. 2017/24112; 2019/30140; 2019/29635; 2009/1138; 2016/4474; 2016/23984), trova conferma persino nei dettati espliciti del d.P.R. n. 600/1973, art. 75 (“nell'applicazione delle disposizioni concernenti le imposte sui redditi, sono fatti salvi accordi internazionali resi esecutivi in Italia”) e dell'art. 169 TUIR (per il quale le disposizioni dello stesso testo unico “si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione”). Pertanto, affermano a chiare lettere i giudici, «le fonti comunitarie, convenzionali e attuative interne, impongono un'applicazione delle norme interne (art. 165 TUIR e disciplina della collaborazione volontaria) comunitariamente e convenzionalmente orientata. In applicazione del principio comunitario del divieto di doppia imposizione, la normativa richiamata consente il riconoscimento del diritto al rimborso dell'Euroritenuta pagata all'estero anche nel caso in cui, a seguito di autodenunzia spontanea del contribuente, lo stesso reddito, inizialmente non dichiarato, viene sottoposto ad imposizione in Italia». Ciò, secondo la Corte, è ancor più ragionevole laddove si pensi che al contribuente, una volta presentata l'istanza introduttiva della procedura di collaborazione volontaria, non rimaneva che aderire incondizionatamente agli atti dell'Agenzia delle entrate come unica modalità per ottenere i benefici premiali in termini di riduzione delle sanzioni, previste dalla normativa in parola, in quanto l'attivazione del contraddittorio con l'amministrazione comportava l'impossibilità di usufruire della procedura agevolativa.

La differenza dell'accertamento con adesione rispetto alla VD

La giurisprudenza tributaria territoriale, con orientamento maggioritario e in linea con la sentenza in commento (inter alias, CTR Lombardia sent. nn. 712/2021, 2075/2021, 831/2022), ha più volte messo in evidenza la profonda diversità dell'istituto dell'accertamento con adesione da quello della collaborazione volontaria:

  • l'accertamento con adesione è un procedimento che trova presupposto e scaturigine in una contestazione della A.F., invece assente nel caso di collaborazione volontaria;
  • l'accertamento con adesione ha lo scopo di mediare circostanze oggetto di rilievi dalla A.F. già accertati, nel mentre la collaborazione volontaria ha lo scopo di consentire al contribuente la possibilità di operare una sorta di ravvedimento operoso connotato dal carattere della specialità;
  • l'accertamento con adesione attribuisce alla A.F. la riliquidazione degli importi dovuti sulla base delle risultanze emerse dal contraddittorio con il contribuente, nel mentre nella procedura di collaborazione volontaria è lo stesso contribuente che “autoaccerta” la propria posizione;
  • nella collaborazione volontaria la fase di contraddittorio è solo eventuale, potendo il contribuente accettare la liquidazione proposta dall'Ufficio ovvero avere già auto-liquidato correttamente quanto dovuto;
  • i due procedimenti si distinguono e diversificano anche nelle modalità di versamento e di eventuale rateizzazione delle somme dovute.

Osservazioni

Tali differenze hanno spinto i giudici di merito a condividere l'affermazione della Suprema Corte secondo cui: “l'irretrattabilità, nel caso della volountary disclosure, riguarda il contenuto della dichiarazione confessoria, cioè l'indicazione degli investimenti e delle le attività di natura finanziaria costituiti o detenuti all'estero, anche indirettamente o per interposta persona, nei periodi d'imposta oggetto di regolarizzazione, unitamente ai documenti ed elementi necessari alla ricostruzione dei redditi connessi; essa non preclude al dichiarante di richiedere il rimborso dell'Euroritenuta precedentemente versata, in conformità con quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia, così come attuata nell'ordinamento italiano (art. 10 del d.lgs. 18 aprile 2005 n. 84)".

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