Col pagamento del debito tributario viene meno la finalità del sequestro

07 Luglio 2023

La vicenda fattuale in commento prende le mosse dalla decisione emessa dal Tribunale di Brescia in quale, in funzione di giudice del rinvio, disponeva il sequestro preventivo, diretto e per equivalente fino a concorrenza della somma di oltre 1 mln di euro, nonché il sequestro preventivo, diretto e per equivalente, nei confronti di due soggetti in relazione ai beni conferiti in un trust sino a concorrenza dell'importo di oltre 52 mln di euro e dei beni immobili acquistati il da una S.p.a., ma risultanti nell'effettiva disponibilità di uno degli indagati, ovvero di valore equivalente, fino a concorrenza dell'ammontare di quasi 2 mln. di euro.
Massima

Il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all'ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di sgravio da parte dell'Amministrazione finanziaria.

Analogamente va affermato anche nel caso in cui il debito tributario sia stato adempiuto, trattandosi di una fattispecie che - al pari di quella in cui è stata riconosciuta l'insussistenza della pretesa tributaria - si connota ugualmente per il venir meno del debito rispetto al quale il patrimonio del contribuente funge da garanzia patrimoniale per l'erario.

Il caso

L'ordinanza impugnata veniva emessa a seguito di annullamento con rinvio, disposto in accoglimento del ricorso del pubblico ministero, con la quale si riteneva che la determinazione del profitto confiscabile, in relazione al reato di cui all'art. 11 d.Lgs 74/2000, dovesse essere commisurato non già all'importo del debito tributario, bensì al valore dei beni sottratti alla garanzia del credito.

Avverso la suddetta ordinanza gli imputati proponevano ricorso per Cassazione, affidandolo a quattro differenti motivi.

Per ciò che di interesse, con il primo motivo i ricorrenti contestavano, al Tribunale del Riesame di Bresca, il vizio di violazione di legge degli artt. 11 e 12 bis D.Lgs. n. 74 del 2000, laddove l'ordinanza impugnata aveva ritenuto il sopravvenuto integrale pagamento del debito tributario non ostativo al mantenimento del sequestro finalizzato alla confisca.

Sul punto i ricorrenti eccepivano che il comma 2 dell'art. 12-bis del d.Lgs. n. 74 del 2000 nel prevedere che la confisca non opera per la parte del debito che il contribuente si impegna a versare all'erario, implica che, a maggior ragione, l'estinzione del debito sia ostativo al provvedimento ablatorio.

I ricorrenti evidenziavano che in riferimento al delitto di cui all'art. 11 del d.Lgs. n. 74 del 2000, parametrare il profitto del reato all'ammontare del debito tributario e non al reale debito tributario, creerebbe una assoluta sproporzione tra le esigenze di tutela.

Tale tesi era condivisa dalla Suprema Corte, la quale accoglieva il ricorso, annullando senza rinvio l'ordinanza impugnata.

A detta della Suprema Corte, il sopravvenuto integrale pagamento del debito tributario osta al mantenimento del sequestro finalizzato alla confisca anche per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. (v. Cass. 12084/2023).

L'adempimento del debito tributario, ferma restando la sussistenza del reato, fa venire meno l'esigenza di disporre la misura cautelare reale non ponendosi più la necessità della riscossione coattiva e non essendo neppure ipotizzabile una maggiore difficoltà nel recupero dell'imposta dovuta.

La questione

La questione giuridica sottesa nel caso in esame, verte nello stabilire se in merito al delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, laddove il debito tributario sia stato adempiuto, il profitto confiscabile anche per equivalente vada individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase.

La soluzione giuridica

Prima di fornire soluzione alla questione giuridica in premessa, occorre una breve disamina degli istituiti coinvolti nel caso in disamina.

A mente del comma 1 dell'art. 12-bis (Confisca) del D.lgs. 10/03/2000, n. 74 nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 del c.p.p. per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.

Il comma 2 della citata norma prevede che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'erario anche in presenza di sequestro. Nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta.

Il comma 1 della predetta norma introduce una ipotesi di confisca obbligatoria, anche per equivalente, del prezzo e del profitto del reato (v. Cass. 35781/2017).

Per profitto dei reati tributari deve intendersi qualunque vantaggio direttamente derivante dal reato, anche se consistente in un risparmio d'imposta (v. Cass. 11497/2015, Cass. 7359/204 e Cass. SS.UU. 18374/2013).

Il comma 2 dell'art. 12 bis statuisce che la confisca non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all'Erario, anche in presenza di sequestro, privilegiando le pretese dell'Erario rispetto a quelle più strettamente punitive.

Principalmente il disposto di cui al citato comma 2 trova applicazione in caso di accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, transazione fiscale e anche procedure di rateizzazione, automatica o a domanda, come l'accordo per il pagamento rateale del debito d'imposta raggiunto con l'Agenzia delle Entrate.

Va da sé che laddove sia convenuto un accordo rateale tra Fisco e contribuente, la confisca potrà essere egualmente adottata, ma la stessa non diverrà efficace con riguardo alla parte coperta da tale impegno (v. Cass. 42087/2016).

Laddove a fronte del concesso rateizzo, il contribuente dovesse decadere dallo stesso, non ottemperando la dilazione accordata, la confisca andrà disposta per il residuo.

Tornando al caso che ci preme, i ricorrenti proponevano Ricorso per Cassazione avverso l'ordinanza del Tribunale del Riesame, con la quale si riteneva che la determinazione del profitto confiscabile, in relazione al reato di cui all'art. 11 D.Lgs 74/2000, andava commisurata non già all'importo del debito tributario, bensì al valore dei beni sottratti alla garanzia del credito.

Osservazioni

La Corte di Cassazione ha ribadito che il sopravvenuto integrale pagamento del debito tributario, osta al mantenimento del sequestro finalizzato alla confisca, anche per il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (v. Cass. 12084/2023).

Il provvedimento di sequestro, infatti, è finalizzato ad imporre un vincolo sui beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'erario, ma laddove il debito tributario sia estinto viene meno anche l'esigenza di salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore.

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