In caso di accordo per la ristrutturazione del debito il diritto di voto sul consenso o dissenso spetta al titolare del credito

13 Luglio 2023

In materia di omologazione di un accordo di ristrutturazione del debito ex art. 6, L. n. 3/2012, al fine di stabilire la validità, o meno, del dissenso espresso dall' AdER, occorre fare applicazione dei principi generali, secondo cui il diritto di voto (nel concordato così come nelle procedure di sovraindebitamento) spetta unicamente al titolare del credito; ovvero, al soggetto che, avendo la piena disponibilità del relativo diritto può decidere della convenienza di una proposta che ne preveda il pagamento non integrale o dilazionato. È quanto ha disposto la Suprema Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 13877 del 19 maggio 2023.
Massima

Nella pronuncia in commento gli Ermellini hanno altresì precisato che è indubbio che l'Agente della Riscossione non abbia ex sé la facoltà di disporre dei crediti iscritti a ruolo di cui deve curare l'esazione attraverso rinunce, dilazioni o quant'altro implicato dalla valutazione di convenienza della proposta del debitore.

Questione diversa è invece la possibilità per l'AdER di esprimere il consenso/dissenso quale mero nuncius dell'ente impositore.

Pertanto, ove non sia concretamente riconducibile, quel dissenso, all'effettivo titolare del corrispondente credito, quest'ultimo, deve intendersi come rimasto inerte, giusta previsione di cui all'art. 11, comma 1 della L. n. 3/2012, rispetto alla proposta di accordo ex art. 6 della stessa legge.

Quella esposto dai Giudici della Suprema Corte relativamente alla questione trattata è una puntualizzazione particolarmente rilevante riferita alle procedure di ristrutturazione del debito, considerando che, l'effettiva possibilità di ristrutturazione del debito secondo la proposta di accordo formalizzata dal debitore è strettamente subordinata al consenso di chi risulta effettivo titolare del credito per cui si procede; non solo, il consenso dovrà essere recepito anche in caso di mancato riscontro da parte dei creditori alla soluzione prospettata dal debitore

Il caso

Parte ricorrente, in sede di legittimità, eccepiva la violazione ovvero falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c. comma 1, n. 3 in riferimento alla L. n. 3/2012, artt. 11, comma 11 e 12 per avere il Tribunale adito erroneamente ritenuto che la L. n. 3/2012 non fosse equiparabile alla legge fallimentare per ciò che attiene la votazione dei creditori, dovendo, piuttosto, configurarsi un procedimento di espressione del consenso da parte di questi ultimi, ad una proposta contrattuale, con conseguente applicazione solo delle norme che disciplinano la formazione della volontà in materia contrattuale, in caso di consenso viziato, e non di quelle regolanti il principio del silenzio previsto dalla medesima legge.

Veniva, altresì, eccepito da parte ricorrente che relativamente al voto espresso dalla AdER le due comunicazioni pervenute via pec al Gestore della crisi, non risultavano sottoscritte da alcun rappresentante dell'Agenzia delle entrate riscossione, e soprattutto, non risultavano allegate le comunicazioni degli uffici competenti che avevano espresso formale dissenso alla proposta transattiva del debitore. Resisteva in giudizio la controparte previo deposito di rituale controricorso per cassazione, difendendo le ragioni espresse dal giudice di appello in sede di gravame.

La questione

La questione posta al vaglio dei Giudici di Legittimità è riconducibile nel caso di specie alla proposizione di un ricorso straordinario per Cassazione affidato a due motivi di doglianza presentati avverso la pronuncia del Tribunale di Cosenza del 30/10/2019 che ha rigettato il reclamo presentato dalla stessa società ricorrente avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato dello stesso Tribunale aveva respinto la richiesta di omologazione avente ad oggetto l'accordo di ristrutturazione dei debiti presentato dalla stessa società, ritenendo, il giudice adito, non configurabile nella casistica in esame, la maggioranza necessaria.

La soluzione giuridica

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nell'Ordinanza del 19 maggio 2022, n. 13877

La questione posta nel caso di specie al vaglio dei giudici di Legittimità attiene, come già segnalato, alla regolarità o meno di alcuni adempimenti previsti dalla normativa di riferimento nell'ambito di una procedura di ristrutturazione di debiti previa proposta di accordo formalizzata dal debitore con relativa richiesta di omologazione della stessa.

In particolare, nell'Ordinanza in commento, gli Ermellini hanno precisato che la più volte richiamata L. n. 3/2012, art.11, comma 1 dispone che: “ i creditori fanno pervenire, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefax o per posta elettronica certificata, all'organismo di composizione della crisi, apposita dichiarazione scritta del proprio consenso alla proposta di ristrutturazione del debito, da fare pervenire almeno dieci giorni prima dell'udienza di cui all'art.10 comma 1”. In mancanza di una comunicazione espressa si deve ritenere vigente il principio del silenzio assenso, dovendosi considerare implicita l'accettazione della proposta nei termini in cui la stessa è stata indicata dal debitore. Ne deriva che, è pacifica l'applicazione del principio del silenzio-assenso in caso di mancata comunicazione espressa dei creditori, principio introdotto, al fine di favorire per quanto possibile il raggiungimento della maggioranza potendosi così “sfruttare” per certi versi anche l'inerzia dei creditori apatici e disinteressati. La trasmissione all'organismo di composizione della dichiarazione di consenso o dissenso non consuma il diritto del creditore e, pertanto, lo stesso può modificare o revocare la precedente comunicazione trasmettendone un'altra sempre entro il termine perentorio di dieci giorni prima dell'udienza di cui al richiamato art. 10 della L. n. 3/2012; ne deriva che è preclusa la possibilità per i creditori di esprimersi nel corso dell'udienza o nei venti giorni successivi come invece previsto nel concordato preventivo.

Con specifico riferimento alla questione posta al vaglio della Suprema Corte di Cassazione, i giudici di Palazzaccio per quanto hanno ritenuto condivisibile l'orientamento assunto nella vicenda giudiziale dal Tribunale adito secondo il quale l'ipotesi di silenzio- assenso invocato dalla società ricorrente ex art.11 comma 1 della L. n. 3/2012 deve essere inteso in senso restrittivo e, quindi, come un comportamento evidentemente inerte della parte che nulla ha fatto o detto relativamente alla proposta formulata dal debitore; tuttavia, il Collegio di legittimità, non ha potuto esimersi dal ritenere non altrettanto condivisibile la posizione del Tribunale sulla ritenuta validità della manifestazione di dissenso fatta pervenire dall'AdER al professionista nominato.

In particolare, proprio con riferimento a tale ultimo assunto gli Ermellini hanno palesato un principio particolarmente rilevante da tenere bene in considerazione nelle procedure di ristrutturazione dei debiti già evidenziato dalla stessa Corte di Cassazione in occasione della pronuncia n. 35976/2022 concernente l'omologazione di un accordo di ristrutturazione ex L. n. 3/2012, art.6.

In particolare, i giudici di Legittimità hanno precisato che in applicazione dei principi generali, il diritto di voto sia nel concordato preventivo sia nelle procedure di sovraindebitamento spetta sempre al titolare del credito; ovvero, al soggetto che avendo piena disponibilità del diritto (di credito) può evidentemente decidere in ordine alla convenienza o meno della proposta così come formulata dal debitore che pertanto prevede un pagamento non integrale e quindi dilazionato dei debiti accertati.

Osservazioni

In osservanza a quanto sopra richiamato, è preclusa evidentemente la possibilità per l'AdER di manifestare “in proprio” il consenso o dissenso sulla proposta formulata dal debitore, essendo questa una possibilità demandata unicamente all'effettivo titolare del credito per cui si sta procedendo.

Tuttavia, è comunque fatta sala la possibilità per l'AdER di esprimere il proprio consenso o dissenso sulla proposta di dilazione del debito formulata dal debitore solo in qualità di nuncius dell'ente impositore (effettivo titolare del credito); ovvero, fungendo da tramite tra questi e il professionista incaricato.

Con riferimento al caso di specie, secondo quanto espresso dai Supremi giudici, nella vicenda processuale che ci occupa, non è stato possibile accertare che l'AdER abbia effettivamente agito nella procedura unicamente quale nuncius dell'Agenzia delle entrate. Nè, è stato possibile verificare l'esistenza di una “delega generalizzata” rilasciata a tale scopo dagli effettivi creditori. Pertanto, la Corte di Cassazione ha concluso, ritenendo che non essendo concretamente riconducibile il dissenso palesato dall'AdER agli effettivi titolari del credito, questi ultimi, in osservanza a quanto espressamente disposto dal più volte richiamato art. 11, comma 1 della L. n. 3/2012, devono intendersi come rimasti inerti rispetto alla proposta di accordo formulata dal debitore ex art. 6 della stessa L. n. 3/2012, implicando ciò, l'applicazione del principio del silenzio assenso applicabile al caso di specie e tanto reclamato da parte ricorrente.

Per cui, secondo gli Ermellini, il mancato riscontro dei creditori alla proposta formulata dal debitore avente ad oggetto la ristrutturazione del debito, implica ex se l'accettazione tacita degli stessi.

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