Responsabilità del custode: la Cassazione fa il punto sui principi cardine

Paolo Mariotti
Raffaella Caminiti
28 Luglio 2023

La Cassazione chiarisce quali sono i presupposti per la configurazione della responsabilità per danni da cose in custodia ex art. 2051 c.c.
Massima

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 c.c., si fonda sulla relazione di mero fatto con la res, senza che occorra riferirsi alla custodia di fonte contrattuale. L'applicazione della disposizione codicistica si arresta solo dinanzi alle cose che non sono suscettibili di custodia in termini oggettivi.

Il caso

La sentenza trae origine da un'azione risarcitoria promossa nei confronti di un Comune da un utente della strada, caduto mentre si trovava alla guida del proprio motociclo, a causa del manto dissestato.

Il giudice di primo grado aveva condannato la sola amministrazione comunale al risarcimento dei danni, respingendo la domanda di garanzia proposta da quest'ultima nei confronti della società alla quale erano stati appaltati i lavori di sistemazione del tratto stradale, anch'essa convenuta in giudizio.

La Corte d'appello accoglieva il gravame proposto dal Comune, rigettando integralmente la domanda attorea.

Il motociclista proponeva ricorso per cassazione; resisteva con controricorso l'ente custode della strada.

La questione

Quali sono i presupposti per la configurazione della responsabilità per danni da cose in custodia ex art. 2051 c.c.?

Le soluzioni giuridiche

I Giudici di Piazza Cavour hanno accolto il ricorso in relazione al primo e al sesto motivo, con assorbimento dei restanti quattro, rinviando alla Corte d'appello in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

L'iter argomentativo della sentenza prende le mosse da un excursus sui principali arresti giurisprudenziali in tema di responsabilità per danni da cose in custodia, ricordando come il «disordine» e le «incertezze» di carattere ermeneutico venutisi a creare in una materia di peculiare rilevanza per gli aspetti giuridici, sociali ed economici, coinvolgenti soggetti privati e pubblici, abbia richiesto un intervento nomofilattico della medesima sezione ordinaria nel 2018.

Proprio per dirimere le «criticità» e le «distonie emerse nella giurisprudenza di legittimità» è seguito, nel 2022, un intervento delle Sezioni Unite, all'esito del quale la Cassazione ha nondimeno avvertito «la necessità di apportare un definitivo contributo chiarificatore sulla materia in trattazione».

Ripercorrendo i passaggi motivazionali della sentenza, la responsabilità del custode, ai sensi dell'art. 2051 c.c., ha natura oggettiva e prescinde da qualunque connotato di colpa (v. ordinanze Cass., sez. III, 1° febbraio 2018, n. 2477 e n. 2483), «alla luce delle origini storiche della disposizione codicistica, dell'affermazione di fattispecie di responsabilità emancipate dal principio nessuna responsabilità senza colpa, dei criteri di accertamento del nesso causale e della esigibilità (da parte dei consociati) di un'attività di adeguamento della condotta in rapporto alle diverse contingenze nelle quali vengano a contatto con la cosa custodita da altri».

L'oggettività della responsabilità in capo al custode comporta che per la sua configurabilità è sufficiente la dimostrazione, da parte di chi reclama il risarcimento, del rapporto causale tra la res e il danno (a prescindere dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della cosa in custodia), con possibilità di prova liberatoria del caso fortuito, che è onere del custode fornire (Cass., sez. un., ord. 30 giugno 2022, n.20943).

Rileva ai fini della sola fattispecie aquiliana ex art. 2043 c.c. la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge, di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte del custode, a meno che essa sia diretta a dimostrare lo stato della cosa custodita e la sua capacità di produrre danni, a sostenere l'allegazione e la prova del nesso di causalità tra res ed evento pregiudizievole.

Per integrare gli estremi del caso fortuito, esimente la responsabilità del custode, il fatto naturale o del terzo deve presentare i caratteri di «imprevedibilità ed inevitabilità, da intendersi però da un punto di vista oggettivo e della regolarità causale (o della causalità adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode».

Le improvvise modifiche strutturali della cosa custodita diventano, col passare del tempo, «nuove intrinseche condizioni della cosa stessa, di cui il custode deve rispondere».

Anche il comportamento del danneggiato «che entri in interazione con la cosa» può costituire caso fortuito, atteggiandosi «diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell'art. 1227 c.c., comma 1, e da valutarsi «tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 Cost.».

Esiste un rapporto di proporzionalità diretta: quanto più la situazione potenzialmente dannosa è prevedibile e superabile con l'ordinaria cautela da parte del danneggiato, in rapporto alle circostanze concrete, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale della sua condotta incauta nella produzione del danno, finanche ad interrompere il nesso eziologico tra fatto ed evento pregiudizievole quando la stessa condotta, sebbene astrattamente prevedibile, «sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale», connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella verificazione del sinistro (cfr., tra le tante, Cass., sez. VI, ord. 12 gennaio 2022, n.724; id., ord. 17 novembre 2021, n.34886).

Si osserva in sentenza come l'attuale statuto della responsabilità del custode si fondi, quindi, su elementi di fatto individuati sia in positivo, ovvero la prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno («la sequenza è quella che muove dall'accertamento di un danno giuridicamente rilevante per risalire alla sussistenza di una relazione causale tra l'evento dannoso e la cosa custodita e si chiude con l'imputazione in capo al custode dell'obbligazione risarcitoria, dalla quale il custode si libera giusta il disposto dell'art. 2051 c.c., provando il caso fortuito»), sia in negativo («l'inaccettabilità di una mera presunzione di colpa in capo al custode e l'irrilevanza della prova di una sua condotta diligente»).

Il caso fortuito è sussumibile nella categoria dei fatti giuridici e si pone in relazione causale diretta, immediata ed esclusiva con la cosa in custodia, «senza intermediazione di alcun elemento soggettivo».

Le condotte del terzo e del danneggiato rilevano, invece, come atto giuridico connotato dalla colpa (art. 1227, comma 1, c.c.), che può rivestire efficacia eziologica esclusiva o concorrente nella causazione del danno, «intesa, nella specie, come caratterizzazione di una condotta oggettivamente imprevedibile ed oggettivamente imprevenibile da parte del custode».

Sia il fatto (fortuito) sia l'atto (del terzo o del danneggiato) sono causalmente legati all'evento dannoso non nel senso - con definizione impropria - della «interruzione del nesso tra cosa e danno», ma in base al principio penalistico (art. 41 c.p.) «che relega al rango di mera occasione la relazione con la res, deprivata della sua efficienza di causalità materiale», erroneamente confusa, talvolta, con la causalità naturale (Cass., sez. III, ord. 8 giugno 2023, n. 16225 , senza peraltro cancellarne l'efficienza naturalistica; e «ciò tanto nell'ipotesi di efficacia causale assorbente, quanto di causalità concorrente di tali condotte, poiché, senza la preesistenza e la specifica caratterizzazione della res, il danno non si verificherebbe» (viene fatto l'esempio dell'inciampo in una strada perfettamente asfaltata e priva di buche, da porsi in relazione causale con il danno subito dal pedone solo sul piano naturalistico).

Muovendo dalla considerazione che «il sistema risarcitorio si fonda non solo sulla capacità preventiva della colpa (giustizia correttiva), ma anche sul soddisfacimento di esigenze meramente compensative (giustizia redistributiva, cioè il trasferimento del peso economico di un evento pregiudizievole dal danneggiato su chi abbia la signoria della cosa)», come pure dalla «consapevolezza che quello causale, essendo un “giudizio” utilizzato per allocare i costi del danno, deve essere calibrato in relazione alla specifica fattispecie di responsabilità», avverte la Corte che l'irrilevanza della colpa del custode si pone quale condizione necessaria ma non sufficiente per attribuire alla responsabilità in esame natura oggettiva: «Essa fa giustizia di quei modelli di ragionamento che evocano la presunzione di colpa, la quale individua il fondamento della responsabilità pur sempre nel fatto dell'uomo - il custode - venuto meno al suo dovere di controllo e vigilanza affinché la cosa non abbia a produrre danno a terzi» (il richiamo è a Cass., sez. III, 20 maggio 1998, n. 5031), «ma non anche della teoria del riconoscimento di una presunzione di responsabilità in capo al custode, giustificata ritenendo che, se la cosa fosse stata ben governata e controllata, non avrebbe arrecato alcun danno, mentre se il danno si verifica (fatto noto) si presume che ciò sia avvenuto perché la cosa non è stata adeguatamente custodita (fatto ignoto)”, salvo che il custode riesca a dimostrare che il danno si sia verificato in modo imprevedibile e non superabile con lo sforzo diligente adeguato alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto.

Ritenere presuntiva la responsabilità del custode è «indice di una resistenza ad emanciparsi dalla colpa che, infatti, viene evocata in via surrettizia non per fondare, in via di regola, la responsabilità del custode, ma (comunque) per escluderla in via di eccezione. La capacità di vigilare la cosa, di mantenerne il controllo, di neutralizzarne le potenzialità dannose, difatti, non è elemento costitutivo della fattispecie di responsabilità, bensì elemento estrinseco del quale va tenuto conto alla stregua di canone interpretativo della ratio legis, cioè come strumento di spiegazione di “un effetto giuridico che sta a prescindere da essi”».

La finalità di responsabilizzare il custode o di apporre un “contrappeso” al riconoscimento della signoria di fatto sulla res - che entra o può entrare a contatto con la generalità dei consociati (signoria concessagli perché ne tragga o possa trarre beneficio) - con l'obbligazione risarcitoria (Cass., sez. III, ord. 1° febbraio 2018, n. 2480) possono chiarire il criterio scelto per l'allocazione del danno, «ma non sono elementi costitutivi della regola di fattispecie né elementi di cui tener conto per escludere l'obbligazione risarcitoria in capo al custode».

Manca una definizione normativa di «custodia», essendosi limitato l'art. 2051 c.c. a tradurre l'espressione rinvenibile all'art. 1384, comma 1, Code Napoleon («sous sa garde»).

Richiamate le «diverse accezioni della portata della custodia come criterio di determinazione della responsabilità», reperibili dalle fonti romane, quella più recente «si concretizza in un criterio oggettivo di responsabilità, intendendo per tale quello che addossa a colui che ha la custodia della cosa la responsabilità per determinati eventi, indipendentemente dalla ricerca di un nesso causale fra il comportamento del custode e l'evento» (Cass., sez. un., sent. 11 novembre 1991, n. 12019).

Per individuare il responsabile non deve farsi riferimento alla custodia nel senso contrattuale del termine (sentenze Cass., sez. III, 18 febbraio 2000, n. 1859). E poiché la relazione di custodia è meramente fattuale, non è neppure giustificato un mero rinvio ad altri istituti come la proprietà, i diritti reali minori, il possesso, la semplice detenzione; la relazione giuridica con la cosa (corrispondente al diritto reale o alla titolarità demaniale) non è elemento costitutivo della responsabilità, diversamente dalle previsioni degli artt. 2052 (danno cagionato da animali), 2053 (rovina di edificio) e 2054 c.c. (circolazione di veicoli), di modo che responsabile ai sensi dell'art. 2051 c.c. può ben essere un soggetto diverso da quello che ha un titolo giuridico sulla res (Cass., sez. III, sent. 6 luglio 2006, n. 15364), rilevando soltanto la relazione di fatto di natura custodiale.

L'applicabilità di questa norma viene meno esclusivamente nell'ipotesi di cose che non sono oggettivamente passibili di custodia (Cass., sez. III, sent. 20 febbraio 2006, n. 3651).

«L'indeterminatezza della nozione di caso fortuito, talvolta declinato in termini di polivalenza» -prosegue la sentenza - permette «di considerare il fortuito tanto come limite della responsabilità per colpa quanto come limite della causa di imputazione della responsabilità».

Con tutto ciò la nozione di «caso fortuito», quando esso è richiamato espressamente da una norma, va «riempita di contenuto in correlazione con il contesto e con la ratio legis». Benché non decisivo, depone in tal senso anche il tenore letterale della menzionata disposizione se posto a confronto con quello dell'art. 2050 (responsabilità per l'esercizio di attività pericolose) e dei già citati artt. 2053 e 2054 c.c..

Oltre ad essere stato tipizzato legislativamente, il contenuto della prova liberatoria «è stato diversificato secondo la regola di fattispecie di volta in volta presa in considerazione». Allorché detta prova “è costituita dalla ricorrenza del caso fortuito (omissis) è segno che il legislatore non ha voluto che il custode (omissis) possa liberarsi provando di avere tenuto un comportamento diligente volto ad evitare il danno né la dimostrazione che il danno si sarebbe verificato nonostante la diligenza da lui esigibile, data l'imprevedibilità e l'inevitabilità dell'evento dannoso, tantomeno che l'intervento del caso fortuito abbia reso oggettivamente impossibile la custodia».

Esaurita la ricognizione dei principi di diritto che informano la materia e passando ad esaminare i motivi del ricorso, rilevano i giudici di legittimità che la Corte territoriale ha fondato il rigetto della domanda attorea sul mero rilievo di condotte colpose del danneggiato (postosi alla guida del motociclo senza patente, dietro un furgoncino che gli precludeva la visuale e che avrebbe dovuto conoscere le condizioni della strada per la vicinanza alla sua abitazione), omettendo tuttavia di «verificare se le stesse avessero reso del tutto ininfluente la situazione di dissesto del manto stradale, ossia senza accertare se la condotta del danneggiato si fosse sovrapposta alla situazione della cosa in modo tale da degradarla a mera occasione dell'evento di danno».

Così facendo, i giudici del gravame hanno «sostanzialmente eluso l'accertamento del caso fortuito (omissis), erroneamente ritenendolo integrato dalla mera condotta colposa dell'attore, mentre, in mancanza di un siffatto accertamento, e quindi in difetto di prova liberatoria da parte del custode, avrebbe dovuto valutare l'eventuale concorso colposo del danneggiato alla luce dell'art. 1227 c.c.».

Osservazioni

La pronuncia in commento si segnala per la ricognizione del «diritto vivente» rappresentato dall'orientamento della Corte nomofilattica andato consolidandosi in tema di responsabilità per danni cagionati da cose in custodia.

Nel riassumere i principi cardine in materia, il Supremo Collegio riafferma la natura oggettiva (non presunta) della responsabilità ex art. 2051 c.c., incentrata sulla relazione meramente fattuale con la cosa custodita; al riguardo, perciò, non rileva né la condotta del custodeil custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente, se la cosa ha provocato danni a terzi», così Cass., sez. III, sent. 19 febbraio 2008, n. 4279) né l'osservanza o meno, da parte del custode, di uno specifico obbligo di vigilanza, essendo tale responsabilità esclusa solo nell'eventualità della verificazione del caso fortuito (valga per tutte, Cass., sez. un., ord. n. 20943/2022 cit.).

Come esplicitato nella sentenza, il caso fortuito è integrato da quel fatto (evento naturale, ad esempio un fenomeno atmosferico di eccezionale portata) o atto (condotta del terzo o del danneggiato) dotato dei requisiti dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità, idoneo, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, a produrre l'evento pregiudizievole interrompendo il nesso causale tra cosa in custodia e danno.

La res custodita si configura, in tale eventualità, come «mera occasione» o «teatro» dell'evento produttivo di danno.

Rispetto a tale evento la condotta dello stesso danneggiato può atteggiarsi, sotto il profilo eziologico, a concorso colposo valutabile, ai sensi dell'art. 1227, comma 1, c.c., ai fini della riduzione dell'entità del risarcimento, oppure assurgere al rango di causa esclusiva dell'evento, sì da doversi escludere il rapporto causale tra res e danno e, per l'effetto, mandare totalmente esente da responsabilità il custode (tra le tante, Cass., sez. VI, ord. 26 luglio 2021, n. 21395).

Quanto maggiore è la divergenza tra la condotta del danneggiato e le cautele di cui il custode poteva ragionevolmente attendersi il rispetto, anche in virtù del principio solidaristico di cui all'art. 2 Cost., tanto maggiore è la sua imprevedibilità (Cass., sez. III, 21° febbraio 2018, n. 2481; Cass., sez.VI, 31 agosto 2020, n. 18100).

Anche il requisito dell'inevitabilità è da valutarsi sul piano oggettivo e il relativo giudizio «non deve ricondursi all'elemento soggettivo della colpa del custode»; né integra gli estremi del caso fortuito la dimostrazione del rispetto della regola cautelare da parte di quest'ultimo, pena il rischio «evidentemente di ricondurre la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. ad un'ipotesi colposa, eventualità chiaramente incompatibile con la qualificazione della fattispecie in esame quale ipotesi di responsabilità oggettiva» (in questi termini, Trib. Milano, sez. X, 6 luglio 2021, n. 5886 - Est. Spera).

I medesimi principi di massima sono stati richiamati, ancor più di recente, dalle sentenze Cass., sez. III, 23 maggio 2023, n. 14189, nonché dalle ordinanze: Cass., sez. III, 31 maggio 2023, n. 15447.

Riferimenti
  • Giuseppe Sileci, Caduta sul pavè: responsabilità da cose in custodia e riparto dell'onere probatorio, su questa rivista, 21 luglio 2021
  • Redazione Scientifica, La responsabilità civile derivante dai danni da cose in custodia, in Diritto e Giustizia, 17 marzo 2022
  • Redazione Scientifica, La responsabilità dell'ente proprietario della strada in caso di sinistro stradale, in Diritto e Giustizia, 1° aprile 2022
  • Redazione Scientifica, La responsabilità oggettiva da cose in custodia, in Diritto e Giustizia, 27 aprile 2022
  • Redazione Scientifica, Negato il risarcimento al pedone che cade in una buca perché non presta attenzione alla strada, in Diritto e Giustizia, 22 luglio 2022
  • Ilenia Alagna, La colpa del custode può essere evocata per escludere in via di eccezione la sua responsabilità, in Diritto e Giustizia, 9 maggio 2023
  • Redazione Scientifica, Decesso per le conseguenze di una caduta in una buca stradale: la Provincia risponde dei danni?, in Diritto e Giustizia, 10 Gennaio 2023
  • Fabio Piccioni, Responsabilità da cosa in custodia: non sussiste in caso di incidente a un incrocio privo di segnaletica, in Diritto e Giustizia, 5 giugno 2023

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