Condomino in conflitto di interessi: diritto di voto e validità della delibera

07 Agosto 2023

Il Tribunale di Verona è tornato, di recente, sul tema del conflitto di interessi tra singoli condomini e condominio, in particolare risolvendo il problema delle conseguenze sul voto in assemblea dei condomini versanti in conflitto di interessi. Non sfuggirà come detta pronuncia di merito si ponga, peraltro, non in linea con l'indirizzo maggioritario delle pronunce sia di legittimità che di merito. La lettura della motivazione addotta dal giudice del primo grado sarà, comunque, un'occasione per approfondire quelle situazioni, potenzialmente o effettivamente, conflittuali nelle quali un condomino può trovarsi in relazione alla gestione del condominio.
Massima

L'ordinamento giurcivilistico, pur non riconoscendo al condominio una sia pur limitata personalità giuridica, attribuisce, purtuttavia, ad esso potestà e poteri di carattere sostanziale e processuale, desumibili dalla disciplina della sua struttura e dai suoi organi, così che deve ritenersi applicabile, quanto al computo della maggioranza della relativa assemblea, la norma dettata, in materia di società, per il conflitto di interessi, con la conseguente esclusione dal diritto di voto di tutti quei condomini che, rispetto ad una deliberazione assembleare, si pongano come portatori di interessi propri, in potenziale conflitto con quello del condominio. Ai fini della invalidità della delibera assembleare, peraltro, tale conflitto non è configurabile qualora non sia possibile identificare, in concreto, una sicura divergenza tra ragioni personali che potrebbero concorrere a determinare la volontà dei soci di maggioranza ed interesse istituzionale del condominio.

Il caso

Trattasi di impugnazione del verbale di delibera dell'assemblea straordinaria di seconda convocazione da parte di una condomina, in particolare per la sua omessa convocazione, l'erroneo conteggio dei presenti e il mancato raggiungimento del quorum.

Il condominio evidenzia, invece, come non fosse necessaria la convocazione dell'attrice in quanto non avente diritto perché in conflitto d' interessi, determinando così la validità della deliberazione.

Il Tribunale respinge la domanda della condomina ritenendo applicabile la norma dettata, in materia di società, per il conflitto di interessi, con la conseguente esclusione dal diritto di voto di tutti quei condomini che si pongano come portatori di interessi propri, in conflitto con quello del condominio.

La questione

Il Tribunale è intento a vagliare il conflitto di interessi fra i condomini e la conseguente esclusione dal diritto di voto di tutti quei partecipanti al condominio che, rispetto ad una deliberazione assembleare, si pongano come portatori di interessi propri, in potenziale conflitto con quello del condominio.

Non esistendo nel codice civile norme che regolino detto conflitto all'interno della materia condominiale, la possibile soluzione adottata dal Tribunale di Verona è quella di applicare in via analogica le disposizioni previste per le votazioni all'interno della società secondo i dettami dell'art. 2373 c.c.

Le soluzioni giuridiche

Secondo il magistrato scaligero i documenti in atti non confermano la ricostruzione attorea.

Anzitutto, evidenzia che fra le parti sussistono plurimi contenziosi: in particolare, l'impugnazione della delibera assembleare del 10 ottobre 2019, pendente, dalla quale derivava la procedura di mediazione oggetto della delibera impugnata nella presente lite.

Infatti, l'assemblea telematica aveva per oggetto propriamente la mediazione e la proposta di transazione della condomina attrice, conclusasi con verbale negativo.

La convocazione dell'assemblea non risulta estesa alla predetta condomina e, in tale prospettiva, il giudice del primo grado rileva che la mancata convocazione del condomino in conflitto di interessi non determina l'invalidità della deliberazione, in quanto il medesimo non avrebbe comunque potuto partecipare al voto.

In considerazione di quanto sopra, il Tribunale ritiene applicabile, quanto al computo della maggioranza della relativa assemblea, la normativa dettata in materia di società per il conflitto di interessi, escludendo pertanto dal diritto di voto tutti i condomini che, rispetto ad una deliberazione, si pongano in potenziale conflitto con quello del condominio.

Il Tribunale, quindi, rigetta la domanda e le spese di lite seguono la soccombenza.

Osservazioni

Il conflitto di interessi può avere luogo anche nella materia condominiale sotto vari aspetti.

Trattasi, ad esempio, nei casi di delibere relative a cause pendenti contro uno dei condomini, come nel caso di specie; nelle delibere per autorizzare un'azione legale contro un condominio; nelle delibere afferenti al riconoscimento di una spesa di gestione effettuata ex art. 1134 c.c.

La situazione principale riguarda, certamente, il condomino portatore di un proprio interesse individuale in conflitto con quello generale degli altri condomini, di modo che il suo voto non venga espresso nell'interesse comune ma esclusivamente nell'interesse proprio, in contrasto con quello altrui.

Ciò che rende la materia particolarmente ostica risiede nel fatto che non esistono norme del codice civile che regolino specificamente il conflitto di interessi all'interno del condominio, avendo il legislatore della riforma perso una occasione per meglio chiarire la questioni quando, invece, all'art. 67 disp. att. c.c., si è premurato di inserire il comma 5, che dispone il divieto di conferire deleghe all'amministratore per la partecipazione a qualunque assemblea, con l'intenzione di risolvere i casi di conflitto di interessi riguardanti l'amministratore stesso e il condominio.

Inizialmente l'unica norma che veniva presa a riferimento era l'art. 2373 c.c. dettato in materia di società che, in particolare al comma 1 recitava: “La deliberazione approvata con il voto determinante di coloro che abbiano, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società è impugnabile a norma dell'articolo 2377 qualora possa recarle danno”, dove - in sostanza - si riconosceva il diritto di impugnare una deliberazione, che era da ritenersi annullabile, in quanto viziata in relazione ai quorum deliberativi (Cass. civ., sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806), escludendo, pertanto, il diritto di voto del socio nelle deliberazioni in cui aveva, per conto proprio o di terzi, un interesse in conflitto con quello della società.

Analogamente alla materia societaria, anche in àmbito condominiale si riconoscevano i medesimi principi.

La pronuncia in esame sposa quell'orientamento giurisprudenziale, da considerarsi minoritario, in ragione del quale il condomino in conflitto di interessi non deve essere convocato di tal che,“la mancata convocazione del condomino in conflitto d'interessi non determina l'invalidità della deliberazione, atteso che la presenza della controparte processuale lede il diritto di difesa del condominio, condizionando la discussione in merito alla migliore strategia processuale; ne consegue che è corretta la decisione di non convocare il condomino all'assemblea, indetta al fine di assumere decisioni sull'eventualità di procedere al giudizio di appello della pronuncia di primo grado” (Trib. Savona 13 dicembre 2021, n. 941; nello stesso senso, v. Trib. Roma 26 febbraio 2019, n. 4350, e Trib. Roma, 10 ottobre 2018, n. 19275)

Invece, secondo un altro orientamento da definirsi maggioritario, in materia di conflitto di interessi la deliberazione assembleare risulterà invalida soltanto laddove sia dimostrata una evidente divergenza fra specifiche ragioni personali del condomino e l'interesse del condominio nonché che detto condomino non si sia astenuto ed abbia, invece, contribuito alla formazione della maggioranza assembleare con il proprio voto. Quindi, i condomini che versano in una situazione di conflitto di interessi con il condominio hanno diritto di partecipare all'assemblea, pur dovendo, poi, astenersi al momento della votazione relativamente a quegli argomenti dell'ordine del giorno su cui esiste il contrasto (Trib. Genova 26 settembre 2003; Trib. Chieti 11 ottobre 2000; App. Milano 5 maggio 1998).

E ancora, sempre secondo una recente sentenza della Cassazione, “in tema di validità delle delibere assembleari condominiali, sussiste il conflitto di interessi ove sia dedotta e dimostrata in concreto una sicura divergenza tra specifiche ragioni personali di determinati singoli condomini, il cui voto abbia concorso a determinare la necessaria maggioranza ed un parimenti specifico contrario interesse istituzionale del condominio” (Cass. civ., sez. II, 24 maggio 2013, n. 13004).

Pertanto, secondo il predetto filone interpretativo, se i condomini sono chiamati a deliberare sull'azione promossa, ad esempio, da alcuni di essi contro il condominio, non per questo può essere omessa la loro convocazione atteso come, qualunque sia l'interesse dei singoli, tutti hanno il diritto di dare il loro apporto al dibattito assembleare mediante l'esercizio del diritto di voto.

Quindi, nella causa promossa da un condomino contro il condominio, l'assemblea del condominio, chiamata a dichiarare se debba costituirsi e resistere (come nel caso in esame), non può deliberare, se non consta che sono stati invitati tutti i condomini, ivi compreso il condomino che ha promosso la causa (Cass. civ., sez. II, 22 febbraio 1995, n. 1980).

Seguendo questo orientamento, è possibile trarre alcuni principi di carattere generale in forza dei quali: tutti i condomini devono essere convocati in assemblea, compresi quelli aventi un conflitto di interessi (e cosí anche al fine di non imporre all'amministratore, all'atto della convocazione, una valutazione sui possibili “interessi” dei condomini); tutti i condomini hanno diritto di esprimere il proprio voto in assemblea, compresi quelli aventi un conflitto di interessi; i condomini in conflitto di interessi hanno (al pari degli altri) la possibilità di astenersi dalla discussione e dal voto.

Nel caso in cui i condomini in conflitto di interessi non si astengano e votino, la delibera assembleare non sarà automaticamente nulla, bensì annullabile in presenza di tre presupposti: il voto del condomino confliggente è stato determinante per l'assunzione della delibera; il condomino era portatore di un effettivo interesse personale; il conflitto era lesivo degli interessi del condominio

Quanto al primo requisito, sarà onere di colui che impugna la delibera per l'esistenza di un conflitto, fornire la c.d. prova di resistenza, cioè provare che la decisione sarebbe stata diversa escludendo il voto del soggetto in conflitto (Cass. civ., sez. II, 11 febbraio 2019, n. 3925).

Quanto al secondo presupposto, invece, il condomino confliggente deve essere portatore di interessi personali, estranei alla loro personale situazione soggettiva di condomino, in potenziale conflitto con i partecipanti del condominio.

Ciò detto, secondo la Suprema Corte, un tale e simile conflitto non è configurabile se non sia possibile identificare, in concreto, una sicura divergenza tra le ragioni personali, che potrebbero concorrere a determinare la volontà dei condomini di maggioranza, e l'interesse c.d. istituzionale del condominio.

Prosegue la Corte asserendo che la situazione di conflitto di interessi deve essere valutata non con riferimento ai contrastanti interessi tra i condomini ma con riferimento ad un eventuale contrasto tra l'interesse del singolo partecipante al gruppo, che con il voto persegua un interesse estraneo alla sua personale situazione soggettiva di condomino, e l'interesse istituzionale del condominio (Cass. civ., sez. II, 18 maggio 2001 n. 6853).

Infine, quanto al terzo indicatore, il danno deve essere individuato, argomentato e provato, non potendosi ritenere in re ipsa, ovvero presente e provato per il solo fatto della presenza del conflitto di interessi.

Il condomino in conflitto di interesse quindi potrà, ma non dovrà, astenersi dalla votazione: se risulti dimostrata una sicura divergenza tra l'“interesse istituzionale del condominio” e specifiche ragioni personali di determinati singoli partecipanti, i quali non si siano astenuti ed abbiano, perciò, concorso con il loro voto a formare la maggioranza assembleare, la deliberazione approvata sarà invalida (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015, n. 19131).

Infine, laddove possa risultare impossibile addivenire ad una valida delibera assembleare in presenza di un conflitto di interessi, per non paralizzare la continuità gestionale del condominio, sarà possibile e plausibile rivolgersi al Tribunale per richiedere un provvedimento sostitutivo ex art. 1105 c.c.

A chiosa di quanto sopra argomentato, si cita in proposito l'ordinanza 25 gennaio 2018, n. 1853 della Corte di Cassazione, in cui osservava come “in tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del "quorum" costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio (così Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015, n. 19131; Cass. civ., sez. II, 30 gennaio 2002, n. 1201)”.

Riferimenti

Nucera, Il conflitto di interessi in àmbito condominiale, in Arch. loc. e cond., 2019, 350;

Scarpa, Conflitto di interessi e voto per delega nell'assemblea di condominio, in Immob. & proprietà, 2019, 149;

Scarpa, Il voto del condomino in conflitto di interessi, in Giust. civ., 2015, I, 925;

Voi, Assemblea di condominio e conflitto d'interessi. La variabilità dei quorum?, in Immob. & proprietà, 2017, I, 16.

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